Innernet: Journey into Awareness
and Anima Mundi

16
Dec
2008
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Spiritualità  e relazioni intime: monogamia, poligamia e oltre

Nel buddismo, la gioia compassionevole (mudita) è vista come una dei “quattro stati incommensurabili” o qualità dell’essere illuminato-gli altri tre sono: la gentilezza amorevole (metta) la compassione (karuna) e l’equanimità (upeksha). La gioia compassionevole si riferisce alla capacità umana di partecipare alla gioia degli altri e sentirsi felici quando gli altri lo sono.

Anche se con diversa enfasi, tale comprensione può essere ritrovata negli insegnamenti alla contemplazione di molte altre tradizioni religiose, come la Kabbalah, il Cristianesimo o il Sufismo, che nei loro rispettivi linguaggi, si riferiscono alla gioia compassionevole, per esempio, in termini di apertura dell’“occhio del cuore”.

Stando a queste e altre tradizioni, il coltivare la gioia compassionevole, può squarciare l’ultimo lembo di falsa dualità tra sé e gli altri, ed essere, pertanto, un potente aiuto nel cammino verso il superamento dell’egocentrismo ed ottenerne la liberazione.

Sebbene l’obiettivo ultimo di molte pratiche religiose sia lo sviluppo della gioia compassionevole verso tutti gli esseri senzienti, le relazioni intime offrono agli esseri umani – che siano o no praticanti di spiritualità – una preziosa opportunità di assaggiare il suo sapore esperienziale. Molti individui per natura equilibrati, condividono in certa misura la felicità dei loro partner.

La beatitudine e la gioia possono facilmente emergere dentro di noi nel sentire la gioia in un ballo estatico col partner, nel godimento di una spettacolo artistico, nel gustare il piatto preferito, o nella contemplazione serena di uno splendido tramonto. E questa innata capacità per la gioia compassionevole nelle relazioni intime, spesso raggiunge il suo picco emotivo nelle esperienze emozionali profondamente condivise, nello scambio sensuale e nel fare l’amore. Quando siamo innamorati, la gioia rappresentata dall’amato diventa molto contagiosa.

E se la gioia sessuale ed emotiva del partner non dovesse sorgere in relazione a noi, ma verso altri? Per la maggior parte della gente, la reazione immediata probabilmente non sarebbe di apertura e amore, quanto piuttosto di paura contratta, rabbia e forse anche violenza. Il cambiamento di una singola variabile ha rapidamente trasformato l’appagamento disinteressato della gioia compassionevole nel “il mostro dagli occhi verdi” della gelosia, come Shakespeare chiama questa emozione compulsiva. Read More

9
Dec
2008
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U.G. Krishnamurti, l’anarchico divino

u g krishnamurti2.jpgPer vivere, U.G. Krishnamurti usa quello che entra nella valigetta che porta in giro per il mondo. A 19 anni era già un oratore famoso e un bramino destinato a una grandezza senza precedenti, ma decise di abbandonare tutto. Autentico maestro dell’Advaita Vedanta (anche se non si definirebbe mai così), egli è un uomo senza orgoglio, senza vanità, senza sensi di colpa. Una persona libera.

È il 21 dicembre 2001 a Bangalore, nello stato indiano del Karnataka. La sera precedente ho incontrato la mia amica Kirsti nella polverosa strada all’esterno dell’ashram di Ramana Maharshi a Tiruvannamalai, nel Tamil Nadu. Kirsti, nata in Finlandia, è venuta in India venticinque anni fa per una vacanza di tre settimane, è diventata una sadhu e non ha mai più abbandonato il suolo indiano.

«Ho appena sentito una voce. Indovina chi c’è a Bangalore?», mi chiede.
«Non ne ho idea.»
«Indovina», mi ha detto; «Egli è l’anarchico supremo».
«Krishnamurti?», ho scherzato; «pensavo fosse morto».
«L’altro», ha risposto; «U.G. Avrai sentito parlare di lui».
«Solo di nome, in verità.»

Ha sorriso in modo tale da rendermi molto curiosa. «Ti garantisco che non hai mai incontrato nessuno come lui», ha ridacchiato; «se vuoi sapere fino a che punto può spingersi un essere umano, devi semplicemente andare a vederlo».

Meno di dodici ore dopo sono a bordo del più economico e sgangherato autobus indiano in cui abbia mai messo piede, così male in arnese che avrebbe tremato per tutte e cinque le ore del viaggio. Seduta accanto alla mia amica sadhu, mentre la pioggia cade all’esterno (e talvolta anche all’interno del bus), sto andando a fare visita a U.G. Krishnamurti.

Kirsti disfa le valigie nella minuscola stanza che ho affittato per noi, mentre cerco di scrivere le domande da fargli, nel caso dovessi ottenere l’intervista per questo articolo.

«Faremo meglio a portare con noi il Rescue Remedy [fiori di Bach che sono di ausilio in caso di trauma], nel caso tu ottenessi il colloquio oggi stesso», dice Kirsti scherzando, ma non troppo. Read More

2
Dec
2008
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Non c’è scampo dal mondo

In questo colloquio-intervista, Andrew Cohen e Joseph Goldstein si chiedono se sia necessario rinunciare al mondo per raggiungere la liberazione. La pratica spirituale riguarda la liberazione della mente dagli attaccamenti. Questa non è né indifferenza né un tirarsi indietro. Riguarda il nostro rapporto col mondo.

Andrew Cohen intervista Joseph Goldstein

Andrew Cohen: Joseph, sembri una persona che ha voltato le spalle al mondo per dedicare la vita alla pratica della meditazione e al raggiungimento della liberazione, ma anche per fare da guida spirituale agli altri. Non sei un monaco, ma la tua vita, paragonata a quella di molta gente qui in occidente, verrebbe in realtà considerata quella di un monaco. Dal momento che hai dedicato la vita alla via del risveglio del Buddha, perché non sei diventato un monaco?

Joseph Goldstein: Non credo di condurre una vita di particolari rinunce, perché sono molto impegnato nel mondo. Sto lavorando con varie istituzioni, come la “Insight Meditation Society”, il “Barre Center for Buddhist Studies” e sto progettando un nuovo ritiro a lungo termine; inoltre, viaggio e insegno. Vivo anche in modo confortevole, quindi voglio dissipare ogni dubbio: non sto assolutamente conducendo una vita di rinuncia dedicata alla pratica intensiva della meditazione, anche se, ogni anno, mi concedo dei periodi per farlo.

AC: Ma, paragonata a quella degli altri, la tua vita è simile a quella di un monaco. Vivi lontano dal mondo, in un centro di meditazione; non hai, al momento, rapporti sessuali; e tutto ciò che ti riguarda ha a che fare con la diffusione del dharma e l’insegnamento della meditazione.

JG: Una delle ragioni per cui non sono mai diventato un monaco è che, quando iniziai a praticare, mi trovavo in India, che non è un paese buddista. La maggior parte dei miei primi insegnanti erano laici; quindi, anche se più tardi ho avuto degli insegnanti monaci, il modello laico è stata la forma con cui sono cresciuto. Ho preso i voti solo per un breve periodo, ma non sono mai stato particolarmente attratto dalla formalità della disciplina monastica.

AC: Se i tuoi primi insegnanti fossero stati dei monaci, pensi che avresti potuto prendere i voti? Read More

23
Nov
2008
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E dopo, cosa ve ne farete di questo mondo?

Cosa ve ne farete di questo mondo quando ci saranno solo grandi città sovrappopolate, piene di grattacieli sempre più alti e di centri commerciali sempre più larghi, collegate da fitte reti di catrame e cemento dalle quali nessuno potrà ne vorrà più uscire?

Quando saranno spariti i piccoli paesi, le borgate di montagna, gli antichi casali in pietra, e la vita scorrerà solo da una città all’altra? Cosa ve ne farete di questo mondo quando tutti i sentieri saranno stati cancellati dai campi perché nessuno più andrà a spasso, se non seduto su un veicolo motorizzato?

Cosa ve ne farete di questo mondo quando i nomi dei grandi filosofi, dei poeti e degli artisti del passato saranno dimenticati, sostituiti dai volti dei personaggi mediatici che voi crederete essere gli unici eroi esistenti? Quando verrà considerata arte solo ciò che porta profitto e non ciò che porta gioia, quando verrà considerata cultura solo ciò che farà vendere e non ciò che farà pensare, quando la creatività dipenderà dal mercato e non dal genio umano, e quando verrà considerata fede solo ciò che farà inginocchiare l’uomo e non ciò che lo farà alzare?

Quando non esisteranno più persone ma solo servi? Quando ogni creatura avrà un microchip installato nel cervello che lo controllerà a distanza? Cosa ve ne farete di questo mondo quando non esisteranno più i miti, le fate, gli angeli, gli spiriti, i presagi, gli sguardi invisibili, i sogni, le carezze notturne di chi vi vuole bene… ma esisterà soltanto la tecnologia e la scienza che spiega tutto, anche ciò che non conosce, con il poco che conosce?

Cosa ve ne farete di questo mondo quando più nessuno di notte tirerà sassi contro una finestra per attirare l’attenzione di un amico o di un amante ma tutti si manderanno solo messaggi digitali tramite apparecchi elettronici? Quando agli odori e ai colori della natura si saranno sostituiti ovunque profumi sintetici che vi circonderanno sin dalla culla e nemmeno più sentirete il lezzo dei sepolcri imbiancati di cui le vostre case saranno impregnate? Read More

23
Nov
2008
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Ellin Selae

Presento sopra un articolo di Franco Del Moro, “E dopo, cosa ve ne farete di questo mondo?”. Franco pubblica la rivista Ellin Selae da vent’anni, con la quale collaboro occasionalmente. Ellin Selae è una “raccolta illustrata di pensieri, tracce, armonie e disarmonie umane”, una rivista pubblicata con la passione dell’artigiano, qualità in via di estensione nel mondo editoriale.

Ellin Selae è un antidoto contro l’omologazione del pensiero e contro le mode, C’è qualcosa di unico nella rivista: ogni singola copia contiene una piccola opera d’arte originale, rendendola in questo senso unica e letteralmente personalizzata.

Nonostante la cura artigianale, Ellin Selae è anche un rivista a tecnologia avanzatissima. A differenza dei monitor attuali e anche dei migliori lettori di ebook dell’ultima generazione, può essere letta con qualsiasi angolazione e anche con il sole accecante di una giornata di luglio a mezzogiorno, grazie ad un materiale innovativo chiamato “carta”. Inoltre non richiede alcuna forma di energia per essere letta, se non un minimo contributo della nostra mano per sfogliare le pagine, il cui dispendio energetico è paragonabile al movimento del polso con il mouse. Tuttavia, a differenza del mouse, pare non si rischino infiammazioni ai tendini dell’avambraccio.

Il materiale di cui è composto, questa “carta”, consente anche di essere piegata e arrotolata senza che che le informazioni ne risentano, sempre che non si esageri. Il formato in cui le informazioni sono memorizzate non diverrà facilmente obsoleto come i formati per computer. Ci possiamo aspettare almeno un centinaio d’anni di vita da una rivista su carta, a differenza dei venti o trent’anni di vita di un CD o anche meno per un hard disk o una memoria analoga, e questo solo nel caso in cui il formato software sia ancora leggibile dai programmi futuri.

La “carta” viene prodotta da materiale completamente rinnovabile, chiamate “piante”, le cui fonti di nutrimento richiedono solamente l’apporto del sole e della pioggia. La carta è anche completamente riciclabile e non tossica per l’ambiente, purché si usino gli inchiostri senza piombo, ora largamente diffusi.

L’oggetto di carta non richiede connessioni Internet né attrezzature particolari per essere condiviso con altri, né si verrà  mai perseguiti legalmente per averlo dato. Si richiede solo la nostra presenza fisica e quella della persona ricevente; la disponibilità fisica della rivista ci ricorderà la persona probabilmente meglio di un file nel nostro computer.

16
Nov
2008
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Il Maha Kumbha Mela

Kumbha mela cilum sadhu.jpgIl più grande raduno mondiale di saggi e sadhu viandanti è un’esperienza forte e selvaggia, traboccante di vita, colore e politica come solo in India è possibile.

Il Maha Kumbha Mela del 2001. Il più grande raduno di famiglia al mondo

Intorno al 1570, l’imperatore Gran Mogol Akbar cominciò la costruzione di un’imponente fortezza ad Allahabad, alla confluenza dei fiumi Yamuna e Gange, un sito che gli asceti e i pellegrini veneravano da molto tempo come luogo per le abluzioni sacre. Akbar, quando negli ultimi decenni del sedicesimo secolo cercò di estendere e consolidare il potere mongolo verso il sud, arruolò spie in tutta la popolazione, in particolare tra gli asceti noti per la loro combattività e rudezza.

Più di quattrocento anni dopo, nazionalisti hindu, politici fondamentalisti e agitatori vari hanno forse pensato che il Maha Kumbha Mela, il grande festival di sei settimane cominciato nel gennaio 2001 ad Allahabad, in India, era una buona occasione per fare proseliti. Il forte di Akbar resta una presenza imponente sopra i caotici accampamenti del Mela, dove circa cinquanta milioni di saggi, mistici e pellegrini sono passati per una visita e per la rituale abluzione quotidiana. In tempi recenti la politica è diventata sempre più importante al Mela, ma la grande maggioranza di pellegrini al raduno di questo anno era semplicemente gente di fede, e l’atmosfera era per lo più di celebrazione e gioia.

Il Maha Kumbha Mela 1.jpg

Prima dell’alba sul Gange, l’aria è fredda e appesantita dal fumo di decine di migliaia di fuochi di legna e sterco di vacca. In questo giorno del “grande bagno”, gruppi di scalzi sadhu (santi in tuniche color zafferano), alla luce della luna crescente, si muovono in gruppi verso la “Sangham”, la grande spiaggia che scende bruscamente nell’acqua alla convergenza dei due fiumi.

Si dice che il mitico Saraswati scorra sotto la corrente. I sadhu intonano a bassa voce dei mantra, facendo tintinnare le brocche d’acqua e i bastoni. Agli stranieri rispondono con entusiasmo “Hari Om!”, un saluto al dio Krishna. Dai lontani accampamenti del Mela, e a monte della Sangham, migliaia di altoparlanti (da alcuni dei quali escono infuocate arringhe, da altri languide voci in trance meditativa) si fondono in un ronzio indistinto.

Un incenso dolce si mischia al fumo onnipresente. In uno degli accampamenti sul promontorio a picco, la puja dell’alba, una cerimonia devozionale hindu, è in pieno svolgimento. Squilli ritmici di corni e di conchiglie evocano i suoni della creazione; a essi si accompagna una cacofonia di campane e di canti ad alta voce in sanscrito, l’antica lingua dei Veda. Read More

9
Nov
2008
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Una nuova scienza del misticismo: Pitagora ai giorni nostri

pitagora.jpgPitagora fu il padre della scienza e del misticismo occidentali. La sua figura storica è avvolta nella leggenda – era considerato un dio e si diceva che operasse miracoli – ed esistono molti punti oscuri riguardo la sua vita e i suoi insegnamenti. Persino le date di nascita e di morte sono incerte (forse il 569 e il 470 a.C.).

Conosciamo il suo pensiero grazie ai molti seguaci, inclusi Platone e Plotino, e gli antichi biografi Porfirio, Giamblico e Diogene Laertio. È pressoché certo che sia stato allievo dei filosofi greci contemporanei e che abbia soggiornato per lunghi periodi in Egitto e Babilonia. Mentre era in vita, i suoi insegnamenti vennero tenuti in gran parte segreti, ma non ci sono dubbi sul fatto che Pitagora stesso fosse una persona straordinaria. Comunque, tutto ciò che gli viene attribuito è inevitabilmente di origine dubbia, ed è possibile che molto di ciò che insegnò derivasse da fonti più antiche.

Cosa avrebbe pensato Pitagora delle nostre moderne idee sul mondo? Immaginiamo che una macchina del tempo lo abbia trasportato ai giorni nostri e che egli abbia studiato gli sviluppi della matematica, della musica, della filosofia e della fisica negli ultimi 2500 anni. Ora abbiamo avuto l’opportunità di intervistarlo.

Una nuova scienza del misticismo Sistema babilonese.jpg

Figura 1 Sistema babilonese dell’universo.

Christian Wertenbaker: Ebbene, trovi congeniale la nostra civiltà moderna?

Pitagora: Naturalmente, le vostre invenzioni tecnologiche sono assolutamente fenomenali e alcune sono davvero meravigliose. Inoltre avete sviluppato, almeno in alcuni luoghi, le idee di democrazia e di diritti umani nate nel mio Paese più di duemila anni fa. Ma la vostra vita è così febbrile! Che fine ha fatto il diritto di contemplare un’idea per lungo tempo o di avere una conversazione senza interruzioni? Ma non ci siamo incontrati per parlare di queste cose; volevi farmi delle domande sulle mie idee scientifiche e matematiche, e se al giorno d’oggi esse conservano un senso.

Christian Wertenbaker: Hai ragione. Suppongo che la prima domanda sia: com’è cambiata la natura dell’indagine scientifica e matematica dall’epoca dei tuoi fondamentali contributi?

Pitagora: Affrontiamo le due cose separatamente, anche se sono chiaramente collegate. In tal modo, possiamo anche parlare di ciò che non è cambiato, che secondo me è la parte più interessante. Innanzitutto, il cambiamento maggiore nella scienza è riportato in tutti i vostri libri di testo: la chiarificazione e la fedeltà a quello che chiamate il metodo scientifico, secondo il quale tutto deve essere verificato sperimentalmente; la speculazione e la logica non sono sufficienti. Naturalmente, io condussi esperimenti su corde vibranti e altri corpi, e facemmo osservazioni attente dei moti planetari, ma all’epoca gli esperimenti non erano considerati importanti. Inoltre, non disponevamo dei sofisticati mezzi di misurazione che avete inventato, come il microscopio, il telescopio, gli acceleratori di particelle e così via. Anche la precisione della logica è aumentata, soprattutto grazie all’opera dei matematici. Quindi, tutto è più rigoroso.

D’altra parte, è possibile affermare – come fanno molti contemporanei – che l’anima o il sentimento sono scomparsi dalla scienza. È come il vostro capitalismo moderno: la priorità è fare soldi, e la qualità, la bellezza, l’appagamento e l’empatia sono tutte cose secondarie. In modo simile, nella scienza la produzione di fatti è diventata eminente; lo scopo della vita, il significato della natura, la percezione di una comunione con un universo conscio e vivente, sono scomparsi. Noi consideravamo i numeri principi divini, e ci connettevamo a essi non solo tramite il pensiero, ma anche attraverso un sentimento superiore. Read More

4
Nov
2008
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I mercati finanziari e l’ego collettivo

I mercati finanziari hanno collegato tutto a tutto il resto. Economia, finanza, materie prime, fonti energetiche, politica, conflitti, ambiente sono diventati completamente interdipendenti. Mimine variazioni in uno degli elementi possono creare terremoti in settori che a prima vista potrebbero sembrare distanti.

In qualche modo la finanza ha creato un ego planetario. La finanza ha accentrato su di sé la direzione e i destini del pianeta. Ma, come l’ego di una persona, questo è avvenuto non tramite la costruzione di solide basi umane supportate dalle qualità essenziali quali la consapevolezza, la compassione o la ricerca del vero. E’, come ogni ego, un pallone gonfiato.

L’ego finanziario ha costruito la famosa “bolla”, una ricchezza irreale basata fondamentalmente sul niente e sull’inganno narcisistico. Ha fatto credere che vi sia qualcosa di reale quando c’era solamente una speculazione. Il termine speculazione si adatta perfettamente ai suoi due significati, uno di pensiero astratto che si astrae, che si separa dalla realtà e l’altro di manovra mercantile tendente al lucro.

La speculazione è fondamentalmente un atto mentale non connesso con la realtà. Questo atto mentale crea però una pseudo realtà condivisa da tutti in una sorta di allucinazione collettiva, analogamente all’ego individuale che crea una stretta rete di pensieri che supportano il singolo individuo nel credere “io sono così e cosà, credo a queste cose, mi piace questo ma non quello”.

E’ sorprendente vedere come tutto il pianeta si stia dando da fare per “salvare” il mercato finanziario. Le interdipendenze sono diventate talmente strette che anche le nazioni storicamente ostili al sistema occidentale non si augurano certo la fine del “sistema”. I paesi produttori di petrolio, Iran e Venezuela compresi, tremano alla prospettiva di una recessione che diminiusca il prezzo e il consumo di petrolio, la Cina e la Russia sono atterriti nel vedere il mercato occidentale contrarsi e  nella diminuzione delle proprie esportazioni.

A livello individuale, ognuno ha qualcosa da perdere nella crisi finanziaria; chi ha denaro ed investimenti li vede erodere, chi non ne ha vede comunque avvicinarsi lo spettro della disoccupazione e dell’inflazione che limita il potere d’acquisto. Imprenditori ed operai sono accomunati dalla stessa paura. Anche chi avrebbe da perdere solamente le proprie catena trema all’idea di una crisi globale. E a ragione in quanto storicamente le crisi sono sempre state più dure nei confronti di chi ha meno possibilità.

Nessuno vuole che questo grande ego illusorio collettivo si frantumi, i meccanismi di difesa dell’ego, sia a livello individuale che collettivo sono enormi. La morte dell’ego è liberatoria ma allo stesso tempo terrorizzante. L’ego in sé non si arrenderà mai.

Ma la realtà è che questa grande bolla collettiva si sta frantumando per implosione e ne stiamo vedendo gli effetti in termini patologici, che in questa fase sembrano di tipo maniaco-depressiva. Gli indici delle borse, delle materie prime, del petrolio e della altre fonti di energia vanno su e giù come mai è avvenuto.

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30
Oct
2008
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Drogati di emozioni

Drogati di emozioni
Chi non conosce una persona che potrebbe definire “collerica”? Avrete sicuramente notato che – immediatamente dopo una “crisi di nervi” – questa persona apparirà calma, al punto da indurci a pensare: “Bene, ora si è sfogato! Gli è passata!”.

E, purtroppo, sappiamo anche che questa calma sarà solo momentanea, non durerà che poche ore: la nostra esperienza con questa persona ci dice che, ben presto, la sua mente troverà qualcos’altro da giudicare “sbagliato” e su cui focalizzarsi per dare inizio ad una nuova “crisi”.

La stessa cosa avviene in persone solitamente depresse, tristi, ansiose, paurose – o anche con un costante senso di preoccupazione, di vergogna o con un profondo senso di colpa o di indegnità.

Tutto, nella loro vita, può trasformarsi in qualcosa per cui arrabbiarsi, preoccuparsi, spaventarsi, intristirsi, deprimersi, vergognarsi,… in una sorta di assuefazione ad uno o più “modelli emozionali”, vere “abitudini” negative e distruttive che controllano e dirigono pensieri e comportamenti. “Espressione” non è quindi il contrario di “repressione”: esprimere un’emozione non significa “liberarsene” lasciandola andare… tutt’altro! Se fosse vero, dopo ogni tipo di “crisi” le persone avrebbero lunghi periodi di “immunità” da queste emozioni.

Il parere della neuro-scienza. Il corpo umano è costituito di cellule, ed è una “macchina” che produce proteine. I capelli, la pelle, i muscoli, le ossa, gli enzimi che digeriscono il cibo, i nostri ormoni… sono proteine. Le cellule dei muscoli creano proteine dei muscoli, le cellule delle ossa proteine delle ossa. Sulla superficie delle cellule si trovano delle “porte” attraverso le quali le cellule traggono nutrimento ed informazioni, chiamati recettori. Read More