U.G. Krishnamurti, l’anarchico divino
Per vivere, U.G. Krishnamurti usa quello che entra nella valigetta che porta in giro per il mondo. A 19 anni era già un oratore famoso e un bramino destinato a una grandezza senza precedenti, ma decise di abbandonare tutto. Autentico maestro dell’Advaita Vedanta (anche se non si definirebbe mai così), egli è un uomo senza orgoglio, senza vanità, senza sensi di colpa. Una persona libera.
È il 21 dicembre 2001 a Bangalore, nello stato indiano del Karnataka. La sera precedente ho incontrato la mia amica Kirsti nella polverosa strada all’esterno dell’ashram di Ramana Maharshi a Tiruvannamalai, nel Tamil Nadu. Kirsti, nata in Finlandia, è venuta in India venticinque anni fa per una vacanza di tre settimane, è diventata una sadhu e non ha mai più abbandonato il suolo indiano.
«Ho appena sentito una voce. Indovina chi c’è a Bangalore?», mi chiede.
«Non ne ho idea.»
«Indovina», mi ha detto; «Egli è l’anarchico supremo».
«Krishnamurti?», ho scherzato; «pensavo fosse morto».
«L’altro», ha risposto; «U.G. Avrai sentito parlare di lui».
«Solo di nome, in verità.»
Ha sorriso in modo tale da rendermi molto curiosa. «Ti garantisco che non hai mai incontrato nessuno come lui», ha ridacchiato; «se vuoi sapere fino a che punto può spingersi un essere umano, devi semplicemente andare a vederlo».
Meno di dodici ore dopo sono a bordo del più economico e sgangherato autobus indiano in cui abbia mai messo piede, così male in arnese che avrebbe tremato per tutte e cinque le ore del viaggio. Seduta accanto alla mia amica sadhu, mentre la pioggia cade all’esterno (e talvolta anche all’interno del bus), sto andando a fare visita a U.G. Krishnamurti.
Kirsti disfa le valigie nella minuscola stanza che ho affittato per noi, mentre cerco di scrivere le domande da fargli, nel caso dovessi ottenere l’intervista per questo articolo.
«Faremo meglio a portare con noi il Rescue Remedy [fiori di Bach che sono di ausilio in caso di trauma], nel caso tu ottenessi il colloquio oggi stesso», dice Kirsti scherzando, ma non troppo.
Sono terrorizzata, anche se non so da cosa.
Ben presto vengo a sapere che U.G. non ha una vera e propria casa. Puoi incontrarlo solo se hai la fortuna di ricevere un messaggio da qualcuno che conosce qualcun’altro che sta da qualche parte. E anche allora, devi metterti alla ricerca dell’indirizzo che ti è stato dato e che nessun conducente di risciò sembra conoscere; poi, bisogna vedere se egli sta davvero là; infine, se ti riceverà o meno.
Dichiarato da ammiratori e avversari uno “jivan mukti”, un genio, un nichilista, U.G. respinge ogni definizione: “Sono solo un grande elefante che sta cercando un posto dove passare i miei ultimi anni”, mi ha detto; “prima consideravo il mondo intero la mia casa; ora, non mi sento più a mio agio da nessuna parte”.
Per vivere, U.G. Krishnamurti usa soltanto quello che entra nella valigetta che porta sempre con sé in giro per il mondo. All’età di 19 anni era già un oratore famoso, un bramino perfettamente istruito e un esperto di sanscrito e delle scritture, destinato a una grandezza spirituale e intellettuale senza precedenti; tuttavia, decise di abbandonare tutto. Ora, all’età di ottantaquattro anni, è stato “sulla strada” per più di 65 anni, evitando i potenziali discepoli, le organizzazioni che gli sorgono intorno e tutto ciò che possa far pensare a lui come a un guru.
Tra tutti gli insegnanti spirituali che affermano di non essere tali, giustificandosi “dharmicamente” dicendo che “non c’è nessuno che insegni” e “niente da insegnare”, ma raccogliendo allo stesso tempo grandi somme di denaro e un numero considerevole di “non-studenti”, U.G. è l’unico da me conosciuto che da questo punto di vista sia coerente. Egli non ha studenti, non ha un’organizzazione, ufficialmente non tiene discorsi da decenni, non raccoglie donazioni né ha la minima intenzione di farlo. Tuttavia, non può non trasmettere un insegnamento attraverso la radicalità del suo esempio.
Alle due e mezza del pomeriggio entriamo in un piccolo salotto di una casa alla periferia di Bangalore, e anche se non ho idea dell’aspetto di U.G., l’uomo dalla piccola statura e i capelli bianchi seduto sul divano è chiaramente la persona che siamo venuti a trovare. Indossa una giacca bianca, i capelli d’argento incorniciano una mascella chiaramente delineata, le guance sono accuratamente rasate, gli occhi profondi e marroni, il sorriso luminoso (si direbbe che gli siano appena cresciuti dei nuovi, bianchissimi denti).
Il primo pomeriggio con U.G. Krishnamurti lo trascorro ascoltando, tra la meraviglia e il piacere, le chiacchiere e le battute (mischiate a momenti di grande, spiazzante serietà) che scambia con le varie persone venute a trovarlo. Alcuni vengono a godere della sua compagnia, altri in cerca di risposte alle loro difficoltà spirituali e terrene, altri ancora per pura curiosità.
Quella notte riscrivo le mie domande, perché egli le ha già rese tutte inutili.
Per fortuna, gli anni passati con il mio insegnante spirituale Lee Lozowicz, il Baul americano insegnante della pazza saggezza, sono una buona preparazione a questo incontro. Avendo passato dieci anni con un insegnante noto per gli atteggiamenti che sfidano tutte le tradizionali idee occidentali sulla spiritualità, sono già deprogrammata quando U.G. mi dice: “Il tuo inglese è terribile!”, o “Sei il peggior tipo di intervistatore possibile. Sei piena di avidità! Ogni parola che mi dici, ogni domanda, è un’espressione della tua avidità! Qualunque cosa vuoi da me, è avidità! Ti garantisco che non hai mai avuto un pensiero originale in vita tua!”.
Davanti a U.G. Krishnamurti non è possibile avere alcun appiglio, ideologico, emotivo o spirituale. La persona di U.G. è un rullo compressore che demolisce tutte le tendenze verso il materialismo spirituale, orientali e occidentali. Ogni intuizione spirituale, idea, maestro e possibilità può essere rapidamente cooptata dall’ego per rinforzare le sue difese, creando così un ego spiritualizzato che è ancora più difficile da eliminare.
Se dovessi descrivere il mondo in cui U.G. “insegna” alle persone, anche se egli lo negherebbe recisamente, parlerei di una demolizione totale di ogni ricerca religiosa e di ogni fantasia su ciò che è “spirituale”. Non parlo di una demolizione concettuale, ma di una distruzione vera e propria.
Per esempio, gli chiedo: «U.G., come…».
Mi interrompe subito:
«Non appena dici “come”, sei in un concetto, e ne stai cercando un altro per sostituirlo.”
«Ma come posso non farlo?»
«Non cercare di non fare nulla!»
«Ma…»
«L’idea stessa che devi essere qualcosa di diverso da ciò che sei, l’idea che c’è qualcosa che puoi ottenere, tutto questo ti è stato messo dentro dall’esterno!»
«Posso liberarmene?»
«No! Non puoi liberarti di nulla.»
«Ma come posso progredire sul cammino spirituale?»
«Non esiste un cammino spirituale! Non c’è nulla al di fuori di te!»
E poi:
«Ma cosa consigli agli occidentali sul cammino?».
«Lascia perdere tutto! Dimenticati del cammino spirituale.»
«Ma con cosa lo sostituisco?»
«Non sostituirlo con niente!»
Poi: U.G. colpisce il tavolo con il pugno, in modo tanto violento che le ossa di un uomo robusto e molto più giovane di lui potrebbero rompersi. Nel far questo, urla: «L’unica ragione per cui questo fa male a certe persone è che alcuni ti hanno insegnato che questo è un tavolo e che esiste qualcosa chiamato “dolore”!».
E così passiamo il pomeriggio, interrotto da spuntini, dibattiti politici, produttori cinematografici e politici famosi venuti per ricevere questa bizzarra forma di “benedizione” e osservare la recita di U.G., intento a cacciare dalla stanza alcuni pretendenti discepoli e a distruggere i fondamenti psicologici e ideologici di altri. Le risate a crepapelle sono generali.
Tuttavia, mentre U.G. fa a pezzi senza pietà i paradigmi filosofici e spirituali dei pochi nella stanza abbastanza folli da affrontarlo, smantellando allo stesso tempo la loro personalità, il suo rispetto per la Forza Vitale che guida l’umanità è immenso. Le persone stupide e ignoranti che lo circondano sono la sua compagnia, ed egli è al loro servizio, giorno dopo giorno, senza ottenere niente in cambio. Gli altri insegnanti sono a disposizione in modo irregolare, tramite invito, pagamento o prenotazione. Quando U.G. è presente, è semplicemente presente, dieci o quindici ore al giorno, per rispondere a chiunque voglia sottoporsi al suo fuoco.
Benché ripeta di non avere nulla da offrire a nessuno, e di non voler cambiare, egli è pronto ad alzare la voce con una forza sconosciuta alla maggior parte dei suoi coetanei, urlando a squarciagola per la decima o ventimillesima volta alla persona davanti a lui, incapace di vedere il pantano della sofferenza che si crea da sola: “È molto difficile capire cosa sto dicendo! Stai ponendo domande alle quali hai già le risposte. Se non avessi la risposta, non potresti avere la domanda”. E poi: “Il fatto che la vita non abbia senso, scopo o importanza è qualcosa che non riesci ad accettare”.
U.G. Krishnamurti è un autentico maestro dell’Advaita Vedanta, anche se egli non si definirebbe mai così. Nella spiritualità occidentale, gli insegnanti della filosofia Advaita Vedanta spuntano con la stessa rapidità dei funghi. Centinaia di aspiranti neofiti spirituali operano sotto l’etichetta di “maestri Advaita”, predicando l’Advaita Vedanta, insegnandoci che l’«io-pensiero» è l’unico problema e dandoci tecniche per avere dei vaghi bagliori del non-io. Ma questa comprensione fondamentale, necessaria per erodere la falsa identificazione con la personalità egoica, va non solo intuita, ma anche integrata nella totalità del corpo, trasformando quest’ultimo in modo che la realizzazione diventi tacita e acquisita. Sfortunatamente, per la maggior parte delle persone l’intuizione resta a livello della mente, e poi dei ricordi. Dunque, quando viene trasmessa, è priva di quella profondità necessaria non solo per cambiare il comportamento o le conoscenze di base, ma anche la totalità dell’esistenza.
La comprensione di questo insegnamento, da parte di U.G., è tale che egli non si limita a esporlo, ma ne è un esempio vivente. Forse la mente rimane più impressionata da qualcuno che declami elegantemente: “Non esiste l’«io», ma solo la consapevolezza”, guardandoti con l’aria di chi sa il fatto suo, tranquillo, rilassato e avvolto da un’aura di austerità. Ma posso assicurarti che nulla di tutto ciò si trova in U.G. Egli non ti guarderà fisso negli occhi dicendoti che sei già una cosa sola con l’esistenza, ma esprimerà ugualmente l’essenza degli insegnamenti Advaita di tutte le epoche. Il silenzio e la spaziosità descritti da coloro che hanno realizzato i principi dell’Advaita si possono trovare nel vuoto dietro le sue parole, ovvero nel non-attaccamento totale alle sue stesse idee, nella sua capacità di parlare senza orgoglio, senza vanità e senza aggrapparsi a niente e nessuno.
Egli è anche un grande eretico, e per questo non piace a molti. A un certo punto dice che il Buddha era “il più grande ciarlatano mai esistito”, poi ci racconta che l’unico dio che ammira è Krishna, perché ebbe otto mogli e 16.000 concubine, mentre lui non riuscirebbe a reggere nemmeno una moglie. Ma questa è solo la superficie, e chi non percepisce cosa c’è sotto vede solo i propri concetti e manca completamente l’uomo. Influenzato dagli insegnamenti dei grandi maestri spirituali del mondo, tra cui Ramana Maharshi e J. Krishnamurti, U.G. ha praticato decenni di sadhana spirituale così dura che quasi nessun essere vivente riuscirebbe a immaginarla. Conosce gli dei tanto bene che durante la sua trasformazione gli archetipi sono entrati in lui, ed egli si è trasformato fisicamente in loro, uno dopo l’altro. U.G. è un uomo che ha sofferto, ha pregato, ha digiunato, ha vissuto come un senzatetto nelle strade di Londra per anni e ha attraversato un processo di trasformazione così fisicamente doloroso che ripete a tutti coloro che gli stanno intorno che nessuno vuole illuminarsi davvero, perché tale processo di trasformazione è quasi intollerabile. Il suo cinismo verso la vita spirituale è controbilanciato dalla saggezza; le sue critiche, dalla pura-conoscenza. Le sue parole e i suoi gesti sono finalizzati all’insegnamento, anche se egli non lo ammetterà mai.
U.G. è un uomo meraviglioso, perché è un esempio vivente della vera spontaneità. Il suo stesso essere contraddice tutte le idee sulla spiritualità, l’illuminazione, la religione e ogni altro tipo di immagine convenzionale. Negli ambienti spirituali viene spesso definito “maleducato”, “offensivo”, “arrogante”, “accondiscendente” e “blasfemo”, e in relazione al nostro stile di vita, al nostro pensiero e alle nostre azioni, egli è davvero tutte queste cose. Egli è un insulto per la mente piena di condizionamenti, e un Amante solo per la libertà completamente disadorna che esiste dentro ognuno di noi. Se esiste un’idea con cui siamo identificati, anche se grandiosa come il buddismo, la giustizia, Krishna, Dio o la vita spirituale, U.G. la prenderà sicuramente di mira. Quanti di noi sono pronti a sentire definire Gesù Cristo o il Buddha “ciarlatani”? O le donne “streghe che rovinano i loro figli”?
A questo punto, chi gli sta di fronte ha due possibilità: liquidarlo come un arrogante, freddo e presuntuoso cinico spirituale; oppure, guardare più in profondità negli insegnamenti cui sta facendo riferimento. U.G. insegna che il motivo per cui abbiamo la sensazione di essere carenti in tutto, o di aver bisogno di qualche fantasticata illuminazione, è il fatto che le religioni organizzate (tanto il buddismo quanto il cristianesimo) ci hanno insegnato che ci manca qualcosa. Quando egli critica le madri, ha di mira quel concetto della “proprietà” tra genitori e figli che si forma quando il figlio si sente dire: “Io sono tua madre”, creando l’illusione della separatezza tra di noi. Un’illusione per liberarci dalla quale dovremo lavorare per tutta la nostra vita spirituale.
U.G. Krishanmurti non è il mio maestro, e non ho interesse a elogiarlo o santificarlo. Ma poiché il mio lavoro è diventato intervistare insegnanti famosi in tutto il mondo, cercando di trovare tra i tanti fondi di bicchiere spirituali i pochi diamanti autentici, voglio rivelare chi è davvero l’uomo U.G. Krishnamurti: una rara gemma tra i maestri, una tra le più rare che abbia mai visto. Egli è un uomo senza orgoglio, senza vanità, senza sensi di colpa. Una persona davvero libera e disadorna.
Mariana Caplan, Ph. D., è autrice di sei libri, tra cui Do you Need a Guru? Understanding the Student-Teacher Relationship in an Era of False Prophets (Thorsons, 2002), e Halfway Up the Mountain: The Error of Premature Claims to Enlightenment (Hohm Press, 1999). Collabora inoltre con molte riviste sulla spiritualità. Svolge una pratica di guida spirituale nella San Francisco Bay Area. www.realspirituality.com
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U.G. Krishnamurti. Il coraggio di essere liberi dal passato. Jubal, 2004. ISBN: 8888985212
U.G. Krishnamurti. L’inganno dell’illuminazione. Jubal. 2003. ISBN: 8888985050
U.G. Krishnamurti. Liberarsi dalle illusioni. Macro Edizioni. 2004. ISBN: 8876160132
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Mariana Caplan. The Way of Failure: Winning Through Losing. Hohm Press. 2001. ISBN: 1890772100
Copyright originale Mariana Caplan, per gentile concessione.
Traduzione di Gagan Daniele Pietrini.
Copyright per l’edizione Italiana: Innernet
Toh il grande U.G., ogni tanto un po’ di acqua fresca fa bene.
Ovunque ci si volta non si vedono altro che: Premadvaitaoshoanandashankarapitagoraplotinozenreikitaoistbtrahmavisnushivaishvaraatman scio’, pussa via!
Questo e’ stato un grande Maestro….Zen!
Zen!
..Lasciamoci in piedi almeno quest’ultima etichetta..hi hi hi!
Eppure ti avrebbe sputato in occhio,se ti fosse saltato in mente di chiamarlo “Maestro”
ah ah ah!
Rimane infine solo il “grande,grande,grande”..
..e soprattutto Zen…
Bisognerà proprio che io approfondisca: conoscevo l’altro, Krishnamurti. Anche se penso che una come me, questo Krishnamurti la massacrerebbe senza pietà: non so, un’impressione…;) ma a me lui piacerebbe: un’impressione anche questa. :)
Zen, eh? c’è giusto un bel seminario qui a Genova…
Un abbraccio.
ciao Riyueren…
sì, temo anch’io ti “massacrerebbe” come ha “massacrato” ogni convinzione di chi gli si è avvicinato..
l’atto finale sta a “massacrarlo” a nostra volta..
allora si è realmente Liberi..
ps: grazie delle info :-)
Beh non è che J. Krishnamurti vada meno leggero. È diretto anche lui ma in modo differente. Leggendo senza pregiudizio le parole di J.Krishnamurti non si può non perdere qualche strato di convinzioni nelle quale siamo quotidianamente avvolti. A me ha aiutato parecchio a smantellare convinzioni obsolete che mi trascinavo dentro per anni. Trovo che il modo di U. Krishnamurti sia controproducente. Molti di quelli che lo visitano probabilmente potrebbero anche offendersi e chiudersi maggiormente nel ego, nel centro offeso. Da questo punto di vista J. Krishamurti è più accessibile. Egli coglieva l’animo delle persone e adattava la comunicazione alla persona che aveva dinanzi. Chi ha letto i dialoghi avrà sicuramente colto questa sua considerevole capacità. Il buddhismo zen è pieno di aneddoti di maestri che si comportano in maniera anticonvenzionale per rompere schemi. I koan stessi hanno lo scopo di rompere la mente.
Per citare J. Krishamurti: La verità è una terra priva di sentieri.
C’è chi ci si libera dal falso attraverso qualche insulto di U. Krishamurti c’è chi ci arriva attraverso la consapevolezza passiva di J. Krishnamurti. Il mio rispetto ad entrambi, la mia preferenza a J.Krishnamurti, senza per questo fare di lui un’autorità visto che questo non era lo scopo del suo insegnamento e della sua vita.
I maestri sono tanti quanti gli esseri umani.
Quindi cio’ che conta è scoprire il proprio maestro interiore,quello esteriore è la coperta che avvolge il proprio ego,e lo fa’ diventare mansueto,ecco messo in contrapposizione all’ego i maestri esteriori non hanno diversita’ o differenze l’uno dall’altro.Cio’ vuol dire non farsi consigliare dall’ego nella scelta di un maestro:-)
Non sempre i maestri sono esseri umani. Chi ha mai guardato negli occhi un cane ha avuto occasione di comprendere che cosa sia l’amore incondizionato. Non è una frase fatta per chi ha per una volta nella vita ha adottato e vissuto con un cane. In quanto ai “maestri” che avvolgono l’ego questo ha senso se il “maestro” ti offre un rapporto di scambio. Lui a te da appigli di sicurezza e l’illusione che stai progredendo e tu a lui denaro e attenzione o quant’altro.
I due Krishnamurti di cui ho scritto io invece non lasciano appigli.
Non vi è rapporto. Nessuno dei due ha voluto essere chiamato “maestro” ne “esserlo”. J o U che sia…Krishnamurti non è applicabile. È come l’advaita…non applicabile. Cercare di applicarlo è esercizio della mente. È corruzione.
Loro non avevano niente da insegnare perché non vi è nulla da insegnare.
J. Krishnamurti non incrementa l’ego se letto con sincerità e non come mero esercizio di cultura filosofica.
Come U.Krishnamurti J.Krishnamurti , ti mostra il falso che hai dentro, semplicemente lo fa con un dialogo adatto al tuo stato d’animo.
Niente di questo è insegnabile. Nessuno può insegnarti a comprendere e nemmeno ad essere. Ecco perché nessuno di loro ha avuto la pretesa di essere “maestro”.
La penso anch’io come Dev/null: anni fa ho avuto come “maestro” un cespuglio di violette cresciuto in una crepa ai piedi del muraglione di cemento nella strada sotto casa. Ogni giorno era lì, con le sue foglie, poi le sue violette, ha resistito persino ad una nevicata fuori stagione. Nessuno lo notava (lo avrebbero strappato, altrimenti): io lo guardavo e lo salutavo ogni giorno. Con la sua sola prsenza mi insegnava molte cose. Dopo tanti anni è svanito nel nulla. L’ho ritrovato negli occhi del mio cane, Sunny, che è con me da 7 anni e ho allevato da quando aveva 14 gg.
Per Atisha ( e per tutti quelli che sono di Genova) : da vedere la mostra Imago Buddha alla Loggia degli Abati a Palazzo Ducale (presto posterò da me le foto che ho scattato ieri, ma voglio tornarci ancora con calma e sedermi davanti al giardino zen, prima). Venerdì prossimo inizia (sperando che la neve non ci metta lo zampino) un seminario sullo Zen in 6 incontri settimanali all’ Istituto CELSO in Galleria Mazzini. Un abbraccio.
Scusate se non c’entra con l’argomento…
^__________^
Ryueren…i tuoi haiku mi hanno fatto venire i brividi. Profondissime immagini del momento presente tramutate in parole. Bellissimi.
Riyueren: La penso anch’io come Dev/null: anni fa ho avuto come “maestro” un cespuglio di violette cresciuto in una crepa ai piedi del muraglione di cemento nella strada sotto casa.
ati: un cespuglio di violette però (concedimi) ha il suo limite… come gli occhi del tuo cane.. la funzione di un Maestro deve essere ed è anche (e soprattutto altro)
grazie per le informazioni sul Ducale ecc..
un sorriso e namastè :-)
Scusate se ringrazio qui Dev, non saprei dove rintracciarlo. Innerland è una specie di tana, uno scavo interiore che continua e di cui non so se riuscirò mai a vedere la fine. ^___^ i brividi dicevano che li facevo venire quando cantavo (infatti, prima di diventare più sorda di quel che già sono, mi sono regalata alcune cantatine sulla mia terra interiore). Quanto agli haiku…mah, si vede che il cespuglio di violette qualcosa ha fatto. :)
Mi permettete, da quella povera casalinga che sono, di lanciare, sulla base delle parole di Atisha, una domanda? Qual’è la “funzione altra” di un Maestro? Che differenza c’è tra un filo d’erba e un essere umano? Differenza spirituale, intendo…A volte, un linguaggio comune, cioè, il parlare la stessa lingua, non può essere un ostacolo? A me piace la comunicazione attraverso altri canali, mi piacciono le sinestesie, per esempio, il contatto visivo…beh, qui per me è obbligato, dovendomi aiutare con la lettura del labiale. Il silenzio, poi, dice molto.
Atisha, spero di vederti al CELSO: quando c’è stata la cerimonia della distruzione del Mandala non sono riuscita a trovarti :(( Spero di poterti conoscere di persona.
Scusate, scrivo sempre troppo. Namasté, e un abbraccio.
Bella la storia dei Maestri non umani..
anch’io ho il mio Maestro personale..e sarebbe la casa..
la casa dove vivo..
All’inizio cercavo la pulizia..l’assenza di rumori..di odori..di muffe..
ma la Casa mi fece capire che era impossibile realizzare quello che volevo..perchè non c’era mai il silenzio o la pulizia assoluta..
Alle volte di notte sentivo un fischio..
da dove veniva..?
Dal tetto ..o da qualche elettrodomestico..o da fuori..?
Ascoltavo..e il fischio continuava..sottile..lontano…continuo..
Co tempo ho capito che il suono era dentro di me..e non l’ho più ascoltato..l’ho accettato..trasceso..e non lo sento più..
come gli odori…infiniti odori di muffa..di plastica ..di gomma..di cibi..
di marcio…la vita era un incubo..la notte..
Poi la Casa mi ha detto che ero io il problema..che ero troppo sensibile..e avrei dovuto rinforzarmi..
e mi sono rinforzato..e la casa mi impone di farlo..altrimenti mi uccide..
Gli odori..i rumori..sono come le foglie secche nel giardino …qualche foglia ci vuole..lo rende vivo..totale..non parziale..
La casa mi aiuta ad essere totale..senza perfezionismi..ad accettare il negativo..
tollerare una ragnatela..un geco che entra dalla finestra..un indefinibile odore di legno ..spezie e muffa..
Nell’equilibrio tra gli opposti c’è la Verità..e rimanerci nel mezzo è la vera pulizia..e i Maestro che ti batte se righi storto e ti sbilanci è una benedizione..e fortunato è chi lo trova nelle cose..nelle piante..
nella vita..
Naturalmente U.G. non c’entra nulla..o forse si..?
8/dev/null
Non sempre i maestri sono esseri umani.
———
Esatto!!,ecco perchè o subito detto “bisogna scoprire il maestro interiore.Chi altro senno’ ti guida verso l’insegnamento che puo’ darti un fiore sotto casa,un cane……o la casa stessa,come dice Paritoshluca.Ma cio’ non basta chiaramente, allora il maestro in carne ed ossa,e solo lui,puo’ rispecchiare il tuo fragile ego,quello che porta dentro le “emozioni” piu’ sinistre,quelle dell’altra faccia della medaglia che sei.
Già sorrydi:la vita ci è maestra,ma solo la consapevolezza può farci da specchio,ovvero il maestro esteriore.
Anche noi in italia, abbiamo avuto un grande maestro, che assomiglia un pò a U.G. Carmelo Bene. Magari non sarà stato illuminato, ma era certamente un grande.
Eckart,
su You tube, o anche nei peer-to-peer, sono disponibili filmati tipo quello al Maurizio Costanzo Show. Vatteli a vedere e poi dimmi se non parla da great master:)
Non direi proprio..
UG era semplice e diretto,tutto qui..
Non aveva di certo l’istrionismo narcisista , l’aggressività e l’esibizionismo di Carmelo Bene.
Li può accomunare l’anticonformismo.
Riyueren: Atisha, spero di vederti al CELSO: quando c’è stata la cerimonia della distruzione del Mandala non sono riuscita a trovarti :(( Spero di poterti conoscere di persona.
atisha: in effetti non ci sono potuta venire… certamente prima o poi c’incontreremo.. e se domani non diluvia, chissà…
grazie delle informazioni. guarderò il tuo sito…
namastè :-)
Eccomi. Stavo pensando a quello che è stato scritto sui Maestri e non riesco a non essere…come dire? irriverente? cioè, paradossalmente, non potrebbe essere che il Maestro esteriore, quello in carne ed ossa, per intenderci, arriva, al contrario di quel che si dice, quando l’allievo non è pronto? A dargli una “bastonata”, più o meno metaforica, in testa per illuminargli la zucca, visto che non è stato in grado di “leggere” i segni, cioè gli insegnamenti, della Natura che lo circonda? Che poi, c’è davvero così tanto bisogno di parole? Il Maestro Ideale…e il Discepolo ideale? com’è?
Cercherò di ascoltare il video con Carmelo Bene ( ma perchè non ci sono i sottotitoli in You Tube?) :(((
Io lo avevo visto recitare una trentina di anni fa e non mi era piaciuto: mi ricordo una recitazione enfatica e supponente. Non era spontaneo, troppo “studiato” Ma voglio ascoltare cosa dice. Cioè… vedrò cosa riesco a sentire, aiutandomi con il labiale.
Atisha, spero di conoscerti domani, il seminario comincia un po’ tardino, alle 19.Ricordati di cercare un “codino” con gli occhiali :)
Un abbraccio a tutti.