Il battito dell’assoluto di Osho, recensione
Le Upanishad sono la parte finale dei Veda, le antiche sacre scritture indiane. Si dice che le Upanishad contengano l’essenza più pura degli insegnamenti. Uno dei significati di Upanishad è “insegnamenti segreti”.
La Ishavasya Upanishad riprende la sua originaria vitalità nei commenti di Osho, trascritti da discorsi tenuti durante un intenso campo di meditazione durato dieci giorni. Il maestro incoraggiava circa quattrocento ricercatori a sperimentare dal vivo gli stati dell’essere accessibili alla coscienza. L’anno era il 1971 e vi erano ancora pochissimi occidentali tra i partecipanti.
Le Upanishad non rappresentano una filosofia espressa in termini sistematici. Sono invece le descrizioni della natura della Realtà a partire dallo stato di illuminazione. A differenza del metodo scientifico occidentale, che procede per logica e induzione nella scoperta del vero, il metodo orientale parte dalle rivelazioni. Read more
Illuminazione, prima, durante e dopo
Ogni ricercatore vuole l’illuminazione. Gran parte delle persone la sente come uno stato di continua beatitudine e unità e crede che una volta raggiunto questo, la vita sarà per sempre facile e semplice, a causa di quest’eterna espansione nell’oltre.
Mentre è vero che esiste quello che si definisce «l’esperienza dell’illuminazione» che possiede tutte queste caratteristiche, la vera vita illuminata è qualcosa di molto diverso. La beatitudine non è l’esperienza emozionale che conosciamo attraverso l’ego. E’ al di là di questa.
La verità è rivelata per così dire in tempi supplementari, pezzo per pezzo, in relazione alla nostra graduale presa di coscienza di che cosa siamo e alla perdita della nostra identità legata all’ego. Alcune parti del processo sono garantite: dobbiamo per primo riconoscere che siamo al di là del corpo-mente fino al momento in cui accade un cambiamento di prospettiva, di situazione, però in seguito dobbiamo precipitare e scendere dal picco dell’illuminazione. Read more
La scimmia e il Buddha
A parte l’uomo, solo pochissimi animali hanno le caratteristiche fisiche e le capacità mentali per utilizzare uno strumento. Tra questi, le scimmie. Ma come fanno i primati ad apprendere l’uso di uno strumento?
Uno studio di Giacomo Rizzolatti dell’università di Parma ci dice che il cervello usa il trucco di considerare lo strumento come fosse parte del proprio corpo. Alcune ricerche precedenti avevano mostrato che le azioni della mano vengono controllare da un’area del cervello chiamata F5.
Egli ed il suo team hanno registrato l’attività cerebrale di due macachi dopo che avevano appreso ad afferrare il cibo con delle pinze. Hanno documentato l’attività nell’area F5 e in un’area chiamata F1 che a sua volta è implicata nella manipolazione di oggetti. Hanno scoperto che vi era la stessa attività cerebrale sia quando le scimmie afferravano il cibo con l’ausilio delle sole mani che quando usavano le pinze: l’attività neuronale viene trasferita dalle mani allo strumento, come se lo strumento fosse la mano e la sua estremità fossero le dita. Read more
Festival 2.0
A fine Giugno sono andato a trovare Nirodh e Ushma nel loro centro Osho che gestiscono da parecchi anni a Varazze. Nirodh mi ha mostrato diverse foto del periodo degli anni ’70: gli storici festival di Re Nudo, le situazioni hippie, le comuni dell’epoca. Foto stupende del nostro amico comune Italo Bertolasi, fotografo, viaggiatore di confini geografici e interiori, e attualmente impegnato con la sua compagna Ginevra a portare gioia alle sofferenze umane.
Il vulcanico Nirodh, dopo aver pubblicato 60 CD musicali, mi ha parlato dei suoi nuovi progetti cinematografici. Ad Agosto andrà in Israele per seguire lo sviluppo di un film di cui ha scritto la sceneggiatura. Sembra che con l’avanzare della sua malattia parallelamente si espande la sua creatività, dando una testimonianza concreta alla frase “non siamo il nostro corpo”. Read more
Un motivo per sorridere, dalla malattia alla meditazione
E’ da oltre 20 anni che Nirodh non sorride più e non perché non abbia avuto alcun motivo per farlo. Dopo tutto, Nirodh è pieno di creatività. All’età di 28 anni gli viene diagnosticata la distrofia muscolare. I primi sintomi della malattia si manifestarono sul suo viso. Nell’intervista che segue ci racconta come un handicap può essere vissuto e superato al proprio interno.
E’ da oltre 20 anni che Nirodh non sorride più e non perché non abbia avuto alcun motivo per farlo. Dopo tutto, il 52enne Nirodh è pieno di creatività. Insieme alla sua compagna, Ushma, ha fondato e dirige l’Osho Arihant Meditation and Creative Arts Center di Varazze, in Italia. Musicoterapista ed etnomusicologo, è anche direttore della società di servizi musicali e multimediali “Nostudio”. Read more