Innernet: Journey into Awareness
and Anima Mundi

2
Jul
2008
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La semantica del Samadhi

Un neurologo e praticante zen registra le fasi, e i significati, del samadhi. Nelle profondità dell’assorbimento interiore, non solo gli stimoli sensori vengono meno, ma nessun pensiero provoca alcuno dei suoi consueti riflessi mentali.

“La scienza senza la religione è zoppa, la religione senza la scienza è cieca.” Albert Einstein (1879-1955).

“Con tutta la tua scienza puoi dirmi in che modo, e da dove, la luce è entrata nell’anima?” Henry David Thoreau (1817-1862).

“Arriva il momento in cui non appare alcun riflesso. Si arriva a non scorgere, non sentire, non udire, non vedere nulla… Ma non si tratta di un vuoto «vacuo». Piuttosto, è la condizione più pura della nostra esistenza.” Katsuki Sekida.

Un argomento insidioso, il samadhi. Una parola così multiforme da porre grandi problemi semantici. Essa viene molto impoverita nelle traduzioni, come sa chiunque cerchi di limitarla a un solo significato. Alcuni la rendono come concentrazione, altri come assorbimento, altri ancora come trance, quiete, collettività ecc.

Le ambiguità risalgono ai tempi antichi. Nel sanscrito, “samadhi” significava raccogliere insieme, riunire varie cose. Successive tradizioni culturali hanno dato a questo termine significati diversi. Per tradurre la parola “samadhi”, furono impiegati sei diversi caratteri cinesi: tre per trasmettere il suono e tre per conferire significato. Read More

27
Jun
2008
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Il Dalai Lama sul contributo individuale alla pace nel mondo

Dalai Lama Tibet Libero UrraQuesto sempre attuale discorso del Dalai Lama è tratto dal libro Il mio Tibet Libero, in pubblicazione per Apogeo/Urra a Luglio, in anteprima per gentile concessione.

Quando ci alziamo la mattina e ascoltiamo la radio o leggiamo il giornale ci troviamo davanti sempre le stesse notizie tragiche: violenza, crimini, guerre e catastrofi naturali. Non riesco a ricordare nemmeno un giorno in cui non abbia sentito parlare di qualche sciagura nel mondo.

Anche nella nostra epoca moderna è evidente che quel bene prezioso che è la vita di un individuo non è affatto al sicuro. Nessuna generazione precedente ha dovuto confrontarsi con così tante notizie tragiche come noi oggi; queste paura e tensione costanti dovrebbero portare qualsiasi individuo sensibile e compassionevole a dubitare seriamente dei progressi raggiunti dal mondo moderno.

Ironicamente i problemi più seri originano dalle società più avanzate a livello industriale. La scienza e la tecnologia hanno compiuto miracoli in molti settori, tuttavia i problemi fondamentali dell’uomo sono sempre i medesimi. Oggi molte più persone di un tempo sanno leggere e scrivere, eppure l’istruzione universale non sembra aver reso gli individui più buoni, ma, al contrario, solo più inquieti e insoddisfatti.

Senza dubbio dobbiamo riconoscere enormi progressi a livello materiale e tecnologico, ma per certi aspetti questo non è sufficiente, poiché non siamo ancora riusciti a creare pace e felicità e a vincere la sofferenza. Da tutto questo possiamo solo dedurre che c’è qualcosa di veramente sbagliato nel nostro progresso e sviluppo, e se non lo scopriamo in tempo potrebbe avere conseguenze disastrose per il futuro dell’umanità.

Non sono assolutamente contrario alla scienza e alla tecnologia: hanno contribuito enormemente a migliorare la vita dell’uomo, gli hanno messo a disposizione comodità e benessere materiale e gli hanno fatto conoscere meglio il mondo in cui vive. Se però le sopravvalutiamo, rischiamo di perdere il contatto con quegli aspetti della coscienza e dell’intelligenza umana che aspirano alla lealtà e all’altruismo. Read More

23
Jun
2008
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Meditazione e servizio sociale

beard-dancing-bearsSe tutto quanto fa parte dello stesso ‘Uno’, l’idea di ritirarsi dal mondo per connettersi con la coscienza universale non ha senso.

Prima di cominciare a meditare avevo alcuni preconcetti. La meditazione mi sembrava una buona cosa: sedersi in silenzio a contemplare la pace interiore, trovare il proprio centro, concentrarsi sull’infinito. Ma mi sembrava anche una cosa per persone introverse, tranquille, per tipi meditativi – e io non rientravo certo in quella categoria.

Io ero piuttosto estroversa e rumorosa, molto coinvolta nell’azione sociale, specialmente nelle tematiche femminili. Perciò avevo un altro pregiudizio: forse la meditazione in realtà era solo una fuga dalla realtà. Forse i tipi tranquilli e meditativi erano egoisti, che si preoccupavano solo della propria crescita spirituale e non della giustizia sociale e dell’uguaglianza.

Inoltre la meditazione mi sembrava un artificio per distrarre la gente dalla lotta contro lo sfruttamento. I diseredati non sono stati sempre placati con la religione? “Prega Dio e le cose miglioreranno.” “Taci, guardati dentro.” “L’aldilà è meglio di questo mondo.” Io non volevo tacere: volevo cambiare il mondo.

Le mie idee sulla meditazione non erano infondate. Sicuramente in Occidente siamo abituati ad associarla all’immagine del monaco che si rinchiude nella caverna. Ma quando, superati alcuni dei miei pregiudizi, cominciai a meditare (e a capire più chiaramente la via del Tantra, la tradizione spirituale che sviluppa il vigore spirituale sia tramite la meditazione, sia tramite l’incontro con circostanze esterne difficili), mi resi conto che un vero progresso spirituale è possibile solo quando l’interno e l’esterno vanno di pari passo. Read More

19
Jun
2008
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Dare forma allo spirito: il potere del ritmo

sciamano russia tamburo.jpgIl ritmo crea la trance.
Nella trance c’è l’emozione.
E nell’emozione trovi il potere.

La magia della musica dal vivo risiede in un misterioso meccanismo che unisce i musicisti tra loro e con il pubblico. Quando funziona, il risultato è un’onda di energia che fluttua avanti e indietro tra chi sta sul palco e chi di fronte ad esso. Nelle mani di un maestro, questa onda aumenta di intensità fino a provocare la trascendenza della consapevolezza ordinaria in chi si trova sotto il suo influsso. Pochi riescono in questo impresa come Mickey Hart.

Percussionista da lungo tempo dei Grateful Dead (e in numerosi altri gruppi meno noti), Mickey Hart mette a frutto il talento che possiede. Ha dato il suo aiuto alla Library of Congress a favore del “Progetto per la musica a rischio di estinzione”, ha contribuito alle serie musicali “The World” (distribuite da Rykodisk) e al progetto “Ritmo per la vita”, che comprende musiche con intenti curativi.

Mickey Hart si è riunito con i suoi ex-compagni Bob Weir e Phil Lesh per formare “The Other Ones”. Insieme a Bruce Hornsby, che fu un tastierista occasionale dei Grateful Dead, e quattro altri musicisti nuovi al gruppo, “The Other Ones” sono stati l’attrazione principale della terza edizione del “Furthur Festival”, dove hanno entusiasmato i fan dei Grateful Dead proponendo pezzi di repertorio e nuovi, energici brani.

Subito dopo, Hart ha messo in commercio il suo ultimo lavoro musicale, sulla scia di “Planet Drum”: Supralingua, frutto di una collaborazione tra Hart e un gruppo di percussionisti e cantanti di fama mondiale, tra cui un altro batterista degli “Other Ones”, John Molo. Tradotto liberamente, Supralingua vuol dire “al di là del linguaggio”, un titolo adeguato per una raccolta di ritmi e sonorità da tutto il mondo. Read More

16
Jun
2008
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Un motivo per sorridere, dalla malattia alla meditazione

nirodh-keyboard.jpgE’ da oltre 20 anni che Nirodh non sorride più e non perché non abbia avuto alcun motivo per farlo. Dopo tutto, Nirodh è pieno di creatività. All’età di 28 anni gli viene diagnosticata la distrofia muscolare. I primi sintomi della malattia si manifestarono sul suo viso. Nell’intervista che segue ci racconta come un handicap può essere vissuto e superato al proprio interno.

E’ da oltre 20 anni che Nirodh non sorride più e non perché non abbia avuto alcun motivo per farlo. Dopo tutto, il 52enne Nirodh è pieno di creatività. Insieme alla sua compagna, Ushma, ha fondato e dirige l’Osho Arihant Meditation and Creative Arts Center di Varazze, in Italia. Musicoterapista ed etnomusicologo, è anche direttore della società di servizi musicali e multimediali “Nostudio”.

Dopo due anni dal matrimonio, all’età di 28 anni e con un figlio che non aveva ancora compiuto un anno, a Nirodh viene diagnosticata la distrofia muscolare. Una malattia degenerativa, di origini genetiche (anche sua sorella ne è affetta), per la quale non si conoscono cure efficaci.

I primi sintomi della malattia si manifestano sul suo viso. Nirodh non può sorridere, ridere, corrugare la fronte o lasciarsi andare a qualsiasi altra delle tante espressioni facciali di cui si serve la maggior parte delle persone per manifestare le proprie emozioni e per comunicare con gli altri.

Dopo essersi dedicato alla meditazione per 30 anni, Nirodh decide di organizzare seminari per persone disabili. Tema dei seminari: “Come la meditazione può trasformare uno stile di vita delimitato da confini sempre più ristretti in un’opportunità per espandere illimitatamente la propria crescita interiore”.

Nell’intervista che segue, Nirodh spiega alcuni aspetti della sua esperienza e offre suggerimenti a chi si trova in una situazione simile alla sua. Read More

11
Jun
2008
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I voti del Bodhisattva

robert aitken.jpgI Grandi Voti, noti come i Voti del Bodhisattva, sono nati probabilmente in Cina intorno al sesto secolo come derivazione di un precedente “gatha” (canto) sanscrito. Alla fine dell’VIII secolo li troviamo spiegati dal maestro zen cinese Hui-Neng. Oggi sono recitati alla fine delle funzioni religiose nella maggior parte dei centri Mahayana.

Composti di sette caratteri cinesi per verso, i Grandi Voti sono poeticamente espressi in rime, reiterazioni e analogie. Le traduzioni inglesi contemporanee dei Grandi Voti si rifanno massicciamente alla versione di D. T. Suzuki, pubblicata per la prima volta nel 1935. Egli usò il titolo “I quattro grandi voti”, abbreviazione di quello utilizzato da Hui Neng, “I quattro grandi voti larghi”, dove “larghi” significa “per una larga diffusione”.

Nakagawa Soen Roshi (1908-83) coniò il titolo “I Grandi Voti per Tutti” nella sua traduzione del 1957, e due anni dopo, al Diamond Sangha – una comunità appena formatisi a Honolulu – usammo questo titolo nel nostro primo libro sui sutra. Oggi le nostre traduzioni si sono fatte molto più precise, e tale titolo è praticamente l’unica parte dei voti a non essere cambiata. Read More

9
Jun
2008
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Una ricerca mostra che il blogging ha un valore terapeutico a livello neurologico, immunitario e psicologico

Scientific American riporta uno studio della rivista Oncologist sui pazienti affetti da cancro. I pazienti che si sono impegnati nella scrittura espressiva appena prima della cure si sono sentiti notevolmente meglio, mentalmente e fisicamente, a confronto di altri pazienti.

Gli scienziati affermano che la ragione della diffusione della blogosfera potrebbe essere la necessità di automedicazione e si sono ripromessi di iniziare nuovi studi per capire le basi neurologiche implicate. L’atto di scrivere attiva una serie di reazioni neurologiche che sono perlopiù ancora sconosciute nei loro meccanismi. Il blogging quindi può dare spazio all’espressione della propria psiche nel rivelare le nostre interiorità ed a migliorare il nostro benessere psicosomatico, in particolare in queste condizioni di sofferenza che coinvolgono l’intera persona.

Che la riflessione e l’autoconsapevolezza nella scrittura siano atti che coinvolgono l’intera persona è noto ai contemplativi di ogni epoca.

Scrivere della propria vita interiore è un processo che ha effetto su tutti i nostri livelli perchè l’atto di riflessione profonda in sè richiede la partecipazione di tutta la persona, non è solamente un atto mentale. Chiama in causa la mente, le emozioni, le sensazioni, le visioni interiori.

Questi atti di interiorità, affinchè vadano in profondità, necessitano tipicamente di uno spazio interiore di silenzio e di vuoto che difficilmente possiamo avere mentre siamo connessi ad Internet. Non c’è bisogno di andare in una caverna di montagna a meditare, ma le distrazioni in Rete sono innumerevoli.

Riporto (di nuovo) qui una classica citazione di James Hillman, da 100 anni di psicoterapia e il mondo va sempre peggio, scritto all’inizio degli anni ’90 quando Internet era presente solo in qualche università.

Tutta quell’immensa industria dell’ipercomunicazione, del telefono portatile e del telefono cellulare, delle segreterie telefoniche, dei fax, dei cercapersone, dei modem, dei sistemi per selezionare le risposte, dei registratori attivati dalla voce, tutti quei gusci d’ostrica colorati, quei dispositivi a gettone ricoperti di plastica, che trasformano il cittadino in un professionista dell’informazione rapida in contatto con chiunque e dovunque – “sono accessibile dunque esisto” – non pongono fine, e insisto sul non, alla mia solitudine, ma anzi la intensificano. Se per esistere devo essere collegato alla rete, allora quando sono per conto mio sono fuori del circuito, fuori della comunicazione, un silenzio, un vuoto: niente. Non posso essere raggiunto. Se esistere vuol dire essere raggiungibile, allora per esistere devo rimanere collegato alla rete. Risultato: la sindrome del nostro tempo, la comunicomania.

Quando mi metto seduto a scrivere, sono uscito dal circuito. Non sono più nello schema dell’assuefazione, sono semplicemente lì, in questa gelida notte senza luna, da solo – ma non mi sento solo. C’è silenzio; appena il leggero rumore del pennino o il ronzio della macchina. Non sono sparpagliato qua e là per la rete; non sono in collegamento, ma in raccoglimento.

9
Jun
2008
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L’arte come sorgente di una comunità ideale

franco-del-moro-arte-spring2Il male viene fatto senza sforzo, naturalmente, è opera del fato; il bene è sempre il prodotto di un’arte. CHARLES BAUDELAIRE

Una nuova specie di partigiani dovrà un giorno nascere…

La cosa migliore che possiamo fare per noi stessi e per gli altri è mettere a frutto i nostri talenti, ossia fare quello che ci viene meglio fare e che facendolo ci fa stare bene. Ovvero quello per cui siamo nati.

È una scelta etica e biofila, giacché quando questo avviene non facciamo altro che mettere le nostre qualità al servizio della vita, la propria e quella altrui, e instauriamo con la realtà un rapporto di tipo creativo; dunque i frutti delle nostre azioni, di qualunque specie siano, possono essere equiparati ad opere d’arte.

Il vero problema è che sebbene tutti abbiano un “dono” innato, non tutti scoprono quale esso sia; non tutti arrivano a essere consapevoli del loro talento naturale e a poterlo usare; non tutti scoprono qual è la peculiarità unica e irripetibile data loro dalla natura.

Questo accade a causa di interferenze e forze contrarie di origine esterna: una educazione deficitaria, l’appartenenza a una comunità fortemente omologata e omologante, l’essere quotidianamente sommersi da spazzatura di tipo culturale e psicologico… ma anche interna: la paura di rischiare, di mettersi in gioco, di lasciare il battuto sentiero della monotonia, di andare troppo dentro sé stessi… Read More

3
Jun
2008
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Che cos’è l’Illuminazione? Intervista ad Avasa

Avasa.jpgÈ difficile spiegare la sensazione, era come se il mio normale modo di ragionare si fosse spostato e fosse diventato più globale. Vedevo le cose da un punto molto più globale. Sapevo che qualcosa stava per accadere. Lo potevo sentire. Tutto quanto fuori era in sincronicità con ciò che sentivo dentro…. Tratto da “Che cos’è l’illuminazione, Le interviste integrali a 10 maestri Illuminati Viventi” di Siddhi Dafna Moscati – Macro Edizioni.

Intervista ad Avasa (Amarti, Toscana, 2005)

Che cos’è l’Illuminazione?

È svegliarsi finalmente alla realizzazione che “non c’è nessuno nel corpo”, e che quella cosa a cui ti riferivi come “me” o “io” non c’è, non è ciò che credevi fosse.

È risvegliarsi all’improvviso al fatto che, quando usi la parola “me” o “io”, il “tu” che la sta usando è in realtà la Sorgente dell’Universo stesso che si riferisce a se stessa. Questo è il perché “Me”, “Io”, sono il sacro nome, la parola sacra. In tutte le scritture è detto che solo Dio può nominare il sacro nome di Dio. L’uso della parola “Me”, “Io”, si riferisce al vuoto che è il corpo e in cui vive, il vuoto della mente che appare.

L’illusione è che ci sia qualcuno all’interno del corpo-mente che si riferisca a stesso con queste parole. Ma noi non siamo qualcuno, noi siamo nessuno che vive attraverso i “qualcuno”, che gioca con loro, danza con loro…

Quindi, la risposta alla tua domanda è che l’Illuminazione è quel momento in cui la Consapevolezza si risveglia al fatto che c’è solo la Consapevolezza che vive attraverso la forma umana, e che la Consapevolezza stessa originariamente credeva di essere qualcuno, qualcosa all’interno di questa forma. Questi sono dei tubi sacri (toccando il suo corpo e il mio N.d.A.), questi sono tubi sacri! Il respiro del Divino scorre attraverso essi tutto il tempo… Esiste solo il Divino qui, che vive la vita attraverso la forma umana, per il divertimento della vita.

Non so nulla di te: com’era la tua vita prima dell’Illuminazione? Questo incuriosisce molte persone, perché nella mente di molti c’è l’idea che ci sia una certa strada da percorrere per arrivare “là”, ed essere consapevoli che naturalmente ognuno può arrivare “là” in un modo molto diverso.

Questo è il problema con la parola “Là”, non è vero? “Là” è sempre “qua”! Penso che molte persone abbiano avuto un’infanzia molto difficile, ciò confonde molto… E c’è stata molta sofferenza là… Penso che questo sia vero per la maggior parte delle persone. Io ho dovuto veramente mettere in discussione molto fin dall’infanzia, molte cose… E questo è vero per molte persone che arrivano al Satsang, o che partecipano a dei ritiri… Questo investigare è già l’inizio del cammino spirituale, non è un cammino che scegli. È già predisposto…

All’età di 15 anni ho lasciato casa: ero perso… disilluso verso mia madre, il mio patrigno e il resto della mia famiglia, non mi fidavo di nessuno. Mi sono arruolato nella marina mercantile e ho fatto ciò che fanno i marinai. Sono finito in un uragano e la nave si stava quasi spezzando a metà, e ho realizzato che tutti quei grandi e robusti marinai in quel momento stavano pregando, dicendo qualcosa come: «Portaci al porto salvi!». Quindi ognuno ha questo sapere intuitivo che c’è qualcosa a cui rivolgersi… Perfino il capitano aveva il mal di mare! Read More