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Madhukar, come definirebbe il Suo messaggio in poche parole?

Che ogni persona, indipendentemente delle sue circostanze di vita, è libertà e pace.

È allo stesso tempo anche il messaggio fondamentale di Advaita?

Sì, il messaggio di Advaita è: Tu sei Questo! Essere tutt’uno, Essere qui. Il Questo comprende tutto. Nella nostra cultura e nella tradizione cristiana il Questo viene chiamato Dio, l’intero universo. Nella tradizione dell’Advaita il Questo viene descritto con “Sat-Chit-Ananda”. Si traduce generalmente con esistenza-coscienza-beatitudine. Secondo la mia esperienza, anche la beatitudine è solo un’apparenza di corpo e mente.

La pace è verità assoluta: questo è conoscenza vera. Perciò descriverei il Questo con: esistenza-coscienza-pace. Advaita è una direzione filosofica e la filosofia non può mai spiegare realmente l’Essere o l’esperienza dell’Essere, ma può solamente provare a interpretarlo. La verità assoluta è che la Divinità è già qui. Non viene da fuori, ma esiste in ognuno di noi. Non c’è separazione. Solo Essere. Non esiste dualità. Questa è l’essenza dell’Advaita. La parola del Sanscrito indo-germanico significa letteralmente “non-dualità”.

Lei chiede alle persone che L’ascoltano di indagare sé stessi. Cos’è la sostanza dell’autoindagine? Come la si pratica?

Non esigo niente dalla gente. Ma presuppongo che vengono nelle mie riunioni perchè vogliono sentire la verità assoluta, riconoscere chi sono. Perciò consiglio l’autoindagine. Tra l’altro la parola autoindagine secondo me è più adatta che autoricerca, perché la ricerca secondo la nostra comprensione è legata con attività.

Autoindagine significa due cose: per prima cosa tratta del Sé. Il Sé ha sempre a che fare con me stesso. Il Sé viene definito dalla scienza moderna come concetto per descrivere quello che è la nostra coscienza, la consapevolezza conscia. Gli scienziati, i neurologi e psicologi non sanno con certezza, se si tratta di una coscienza personale o se, in realtà esiste una coscienza assoluta, la quale viene percepita solo tramite l’identificazione del corpo e della mente come coscienza individuale. L’Advaita si riferisce al Sé già da millenni di anni.

In secondo luogo, l’autoindagine ha a che fare con la ricerca della sorgente dell’Essere. L’orientamento su questo non lo vedo come ricerca con la mente, ma più come un risveglio permanente dal nostro sogno quotidiano, il sogno di una realtà apparente: arrivare Qui e raggiungere la verità assoluta. Essere qui. La verità assoluta per me è qualcosa di molto naturale. Nella terminologia dell’Advaita chiamiamo questo Sahaja Samadhi, Essere naturale. E siccome so che ciascuno è Questo, è possibile per ognuno conoscerlo.

Nelle antiche tradizioni di saggezza spesso mettevano condizioni per aprirsi ad una via o per praticare una via di saggezza particolare. Come funziona l’autoindagine? La possono fare tutti? Sono necessarie particolari condizioni fisiche, mentali o morali?

Non è compito mio dire alla gente: “Dovete fare questo o quello e soltanto allora potrete riconoscere chi siete”. Non vorrei appesantire nessuno con condizioni morali o etiche. Ciascuno di noi ha già in base alla sua educazione e cultura certi concetti etici e vive conforme a questi o li contravviene. Qui però non si tratta di morale, ma di riuscire a capire, chi “è” realmente presente. Per questo non c’è bisogno di particolari presupposti.

È sufficiente il desiderio ardente di libertà. Se la libertà esiste veramente, deve essere qui e adesso. Se la verità esiste, deve essere qui e adesso. È dimostrato dalla storia che sia uomini non etici, che quelli che erano considerati moralmente superiori, si sono risvegliati, completamente indipendente dalla loro vita precedente.

Se il risveglio li ha resi uomini “migliori” – bene, però questo non è essenziale. Si tratta della conoscenza di se stessi. E questo è possibile, indipendentemente di ogni condizione.

Evidentemente alla maggior parte degli uomini risulta difficile risvegliarsi spontaneamente. Ci sono degli ostacoli. Lei a cosa riconduce che la sola informazione non basta per il risveglio? E secondo Lei cos’è necessario per superare questi ostacoli?

L’ostacolo è l’identificazione con il corpo e la mente. Nel caso di un neonato questa identificazione ancora non c’è. Si potrebbe dire che ci viene insegnata. E più tardi questo insegnamento diventa realtà e gli uomini pensano di essere questa persona, che in realtà non è nient’altro che un collegamento complesso di pensieri e sentimenti.

È utile l’autoindagine con la semplice domanda “Chi sono io?” Erroneamente si pensa che l’autoindagine sia un esercizio per arrivare ad un certo stato o che sia la meta del risveglio. In realtà però è così, che l’autoindagine serve a smascherare gli ostacoli che ci fanno pensare, che non siamo liberi. Inoltre è molto utile il contatto con un risvegliato.

Come si distingue allora la percezione di un risvegliato da una persona normale? Percepisce il mondo che lo circonda in modo diverso?

La differenza è nell’identificazione accennata. Il risvegliato è il Sé. Invece la persona normale si identifica completamente con la sua percezione di corpo e mente, con le sue emozioni e il suo umore. Si potrebbe addirittura dire che è dipendente dai suoi succhi corporei, prigioniera delle reazioni biochimiche del suo cervello. Anche questa persona sorge dal Cuore, però è identificata con il pensiero dell’Io. Invece il risvegliato ha realizzato senza dubbi che è Questo, l’eterno, dove tutto ha luogo. Però, non è che vada per le strade e che mi dica sempre “Sono l’eterno, nel quale tutto succede”, ma l’essere qui è del tutto naturale.
Non c’è una separazione fra l’eterno e le manifestazioni della persona comune.

Come sappiamo, ognuno di noi vede il mondo in modo soggettivo e ciò nonostante partiamo da una realtà fissa, esistente e oggettiva. Anch’io percepisco il mondo con le sue bellezze e le sue sofferenze. Ma la coscienza dell’esistenza propria, del Sé, il quale non è influenzabile, è semplicemente più forte. La verità è di una grande chiarezza e naturalezza.

Il risveglio è un processo o un momento? Può descrivere il prima e il dopo della Sua esperienza?

Finché Lei pensa di essere in un processo, sembra come se fosse parte di questo processo. Tra illusione e verità, tra vita quotidiana e realtà, sonno profondo, sogno, stato di veglia, chi lo percepisce? Nel momento in cui Lei si è risvegliato, si rende conto che è sempre stato sveglio, che non è mai stato altro che questa presenza e che aveva solo orientato la Sua attenzione ad apparenze. Vorrei compararlo con la nostra percezione del sole. Come sappiamo, il sole splende sempre. In caso di una giornata nuvolosa però diciamo: “Il sole non c’è”. Peró il sole c’è sempre. Solo che tra noi e il sole si sono messe delle nuvole.

Quando le nuvole scompaiono, si dice: “Il sole splende”. Così diciamo anche al mattino: “Il sole sorge”. Ma in realtà la sera noi ci giriamo dall’altra parte e al mattino ci rivolgiamo di nuovo verso di esso. Anche quello che viene definito risveglio è sempre stato. In realtà non esiste un risveglio. Se esistesse un risveglio, significherebbe che prima non eravamo risvegliati. In realtà la libertà è sempre qui. Lei si rende conto che nella Sua vita è stato sveglio in molti momenti, però che non ha riconosciuto senza dubbio cos’è la realtà. Nessuno Le ha assicurato: la verità è adesso! Il vero Sé è adesso! Se si risveglia, allora riconoscerà che è sempre stato sveglio. Non esiste nient’altro.

Come ha vissuto questo momento del risveglio? Come una conseguenza dei Suoi sforzi? Oppure a cosa ha collegato il fatto che ad un certo momento si è risvegliato?

Io lo riconduco alla grazia. Gli sforzi sono solo apparenti. Per la persona questi sforzi magari sono stati necessari, ma non per Questo che sono io. Quello che sono non ha bisogno di nessun sforzo. Attraverso la grazia ho seguito il desiderio di libertà, ho seguito la chiamata del mio Maestro. Perché quando ho sentito il suo messaggio per la prima volta, è stato riportata da uno yoghi che parlava negativamente di Papaji, che dava un cattivo giudizio di questo Maestro a me ancora sconosciuto. Non mi sono lasciato influenzare da questa opinione, ma dal messaggio di libertà di Papaji: “Sei già libero, non devi fare niente, non devi meditare, nessun Sadhana , nessun esercizio spirituale è necessario”. Fu come un fulmine. Chiarissimo. Potevo solo dire: “Sì, sì, sì!” Perchè?

Anche io come molti altri, mi ero sforzato, come yoghi mi alzavo presto ogni mattina e facevo i miei esercizi, meditavo, per anni, decenni. Ho riconosciuto che tutto questo mi ha portato delle esperienze meravigliose, alle quali aspirano gli uomini spiritualmente interessati, come illuminazione, esplosioni energetiche, stati trascendentali, esperienze di morte, percezioni extracorporee, quindi varie realtà della coscienza, ecc. Però non mi era stato possibile la cognizione vera e propria di sapere chi sono. Ero stanco di esercitare, di tutta questa pratica, di questa ricerca nella cristianità, nello sciamanismo, nel buddhismo, nel tantra, nella filosofia.

Volevo la libertà. E se veramente Lei aspira alla libertà e sente questo messaggio di libertà, allora è un riconoscere immediato. Di conseguenza ho voluto incontrare subito questo guru. Ho preso il primo treno e ho viaggiato per 42 ore attraverso tutta l’India. Arrivato a Lucknow, mi sono reso conto che non sapevo neanche dove abitasse. Conoscevo solo il suo nome, Papaji, che non era il suo nome di famiglia, ma il titolo di onore “Padre venerando”. Ciò nonostante lo trovai in breve tempo, e al nostro primo incontro cadde da me un grande peso, tutto il passato, tutto quello che avevo imparato, tutta l’esperienza spirituale. Non l’ho considerato subito come il mio Maestro, questo diventò così poco a poco, nel praticare quello che mi consigliava, così tutto avvenne come doveva.

Non si potrebbe dire che i Suoi sforzi anteriori sono stati proficui per il Suo risveglio, così come lo descrivono i metodi yoga tradizionali? Nella sua breve biografia ho potuto leggere che ha avuto delle esperienze Kundalini, e tradizionalmente l’illuminazione è vista come punto d’arrivo di queste esperienze.

Nel percorso Yoga Samadhi è la meta. Esperimentare Samadhi è molto raro e meraviglioso, però si tratta ancora di stati. Ci sono dei yoghi potenti che sanno controllare il loro corpo e la loro mente, però non hanno necessariamente riconosciuto chi sono. Sembra come se gli sforzi o le cosiddette vie spirituali avessero portato al risveglio. Però in realtà è grazia e la presenza del Maestro. È ovvio che la via spirituale per molti è solo un rinvio che li ostacola nel riconoscere quello che è già qui! Le persone si sforzano, ma così la verità viene solo rinviata.

La verità è già qui. Perchè dobbiamo fare esercizi per questo? Perchè? Perchè pensiamo che ci sia un’impurezza nel corpo o nella mente, che questa o quella relazione debba essere ancora chiarita, che questo o quello dell’infanzia o del rapporto genitori-figli debba essere aggiustato, ecc? Fatto è: il Sé non è mai stato toccato da relazioni o esperienze. Il Sé è assolutamente intatto, assolutamente puro. Sempre qui, sempre adesso.

Ci può essere ancora uno sviluppo per la persona quando ha riconosciuto Questo?

Per la persona potrà esserci uno sviluppo, per il Sé no.

Che cosa vuole dire per Lei sviluppo?

Io penso a due saggi che hanno vissuto molto vicino, Sri Ramana Maharshi e Sri Aurobindo. Avevano realizzazioni simili, ma nella loro dottrina, se nel caso di Ramana si può parlare di una dottrina, Ramana ha vissuto il Sé come statico, mentre Aurobindo dopo il Nirvana ha riconosciuto ulteriori livelli di sviluppo della coscienza.

Sri Aurobindo pensa che il divino venga dall’alto, scenda verso livelli di coscienza inferiori e risalga poi di nuovo. Presuppone quindi un processo. La mia cognizione non è così, perché la verità assoluta non conosce questo processo, solo corpo e mente conoscono processi. Sarà servito a Sri Aurobindo e ai suoi praticare questo. È verità assoluta? Verità è che il divino è già qui e non viene da fuori, ma è in ognuno di noi.

La via spirituale viene spesso paragonata con un affinamento della personalità. Avviene un cambiamento nella psiche, nella mente, quando uno si è risvegliato?

Non si può generalizzare. Ci sono delle forme diverse: persone che dopo il loro risveglio si sono ritirate totalmente. Altri hanno trascurato il loro corpo e vissuto come selvaggi. Ramana Maharshi invece si è messo a disposizione 24 ore al giorno per le persone che venivano da lui e ha condotto una vita molto pura. Secondo la mia esperienza, se qualcosa si deve raffinare o cambiare, succede da solo. Specialmente se è ancorato nell’autoindagine.

Il mio Maestro mi diceva: “You don’t need to change anything” (Non devi cambiare niente). Lo sforzo di essere una persona migliore è sicuramente nobile, ma purtroppo non garantisce il risveglio. Esiste un detto di Buddha: “Per riposare nel Sé è più benefico il tempo che una formica richiede per camminare dalla punta alla radice del naso che tre vite piene di buone azioni.” Quindi anche il fondatore del buddismo, per il quale comprensione e buone azioni sono fondamentali, dichiara che il soffermarsi nel Sé è la cosa più importante.

Qual è la sua motivazione per comunicare? Lei comunica attraverso le Sue riunioni o Satsang che hanno una struttura precisa; vorrei quasi dire che sono un rito. Perché proprio in questo modo? Ha preso questo dal suo Maestro? Le sembra efficace?

È efficace! La grande gratitudine che molti mi esprimono per ciò che gli succede, dimostra senza ombra di dubbio: gli incontri sono benefici. Io non ho motivazione. Tutto succede semplicemente. Avvolte dico scherzando: “Io sono uno schiavo del mio Maestro”. Forse posso spiegarlo con il concetto d’onore delle antiche tradizioni di indiani e germani: se una persona ti ha salvato la vita, gli eri obbligato per tutta la vita. Originariamente non avevo il desiderio di vivere ed agire come lo sto facendo adesso.

Quando andai da Sri Poonjaji, avevo solo il desiderio concreto di essere libero. Tutto il resto è capitato da solo. Dopo due anni, Papaji mi ha predetto in un Satsang che molte persone, “tutto il mondo” come diceva lui, sarebbero venute da me. Se ci penso, devo dire che all’epoca mi sembrava irreale – e neanche attraente. Cos’è successo alcuni anni più tardi? Sono stato invitato a tenere Satsang da gente che si sentiva attratta da me, e ho accettato gli inviti. Così si sono sviluppate sempre di più queste tournée annuali di incontri, e migliaia di persone condividono queste riunioni con me. E mi piace così com’è.

Per quanto riguarda la forma del Satsang non vedo nessun motivo di cambiarla. La forma non è così importante. Quello che si rivela nel Satsang, quello che succede, è l’essenziale: meraviglioso e indescrivibile. La forma invece è molto semplice: da una parte il silenzio e dall’altra il dialogo. Il dialogo serve a chiarire domande e dubbi. È bene se le persone chiariscono i loro dubbi. La chiarezza è meravigliosa. La chiarezza è la chiave per il paradiso. Perchè il silenzio è una componente importante delle riunioni? Solo nel silenzio la verità si può rivelare.

Inoltre esprimo all’inizio del Satsang, secondo una tradizione antichissima, il desiderio del Gayatri-mantra: che tutta l’umanità, che tutte le creature trovino la pace. Nonostante che da migliaia di anni vediamo che il mondo non è in pace, continuiamo a desiderarlo. Prima di tutto intono un OM. Questo mantra già mi rallegrava e affascinava quando 25 anni fa venni in India per la prima volta. Secondo la sapienza vedica in questo suono si manifesta l’intero universo.

Nell’attuale cultura giovanile questa lettera, il logo di questo mantra, è molto popolare. Anche il mio Maestro ha cantato l’OM e ha parlato del suo grande effetto. Questo mantra è un suono universale, che suona anche nella religione cristiana in forma di un amen e nel buddismo come aum, nell’islam come amin.

Per il resto la forma del satsang è abbastanza libera. Certe volte può essere molto divertente e abbastanza sciolta e avvolte invece l’atmosfera è più sacra. Si balla con musica leggera, si ride, si piange, dipende. Però: un buon vino gusta meglio bevuto da un bicchiere di cristallo che da un bicchiere di plastica. Anche se la forma non è prioritaria, viene percepita superficialmente per prima. In realtà si tratta di qualcos’altro, cioè della conoscenza di sé stessi in chiarezza e amore.

Lavora consapevolmente con una forma di energia che trasmette alle persone? Lei guarda a lungo negli occhi. Ci sono molti momenti di silenzio. Esiste un impulso consapevole in direzione delle persone per aiutarle? Riconosce se qualcuno si risveglia? Succede consapevolmente qualcosa in Lei?

Noi tutti siamo energie. Se sa questo, non c’è più bisogno di lavoro. Aiuto e grazia scorrono senza interruzione. Non c’è l’illusione che sono io quello che aiuta. Impulsi e riflessioni sono possibili e utili per riconoscere a che “punto” si trova la persona che è davanti a me. Però sono utili per venire incontro individualmente alla persona. In realtà tutto succede da sé. Il silenzio è il mezzo migliore. In questo silenzio tutto succede da sé. Questo amore è senza forma e pure così tangibile.

Il sito di Madhukar è www.madhukar.org

261 Responses to “Essere tutt’uno, vivere con Advaita, intervista con Madhukar”

  1. (Y)am ha detto:

    Eckh, ma chi ha mai messo in discussione il puro messaggio dell’Advaita?
    Semmai osserva chi blatera questo e quel concetto filosofico intortandosi in un “fare” senza fine.
    Osserva chi crea ad hoc false atmosfere spirituali, chi pretende di aver capito questo e quello, chi fa sermoni, chi veste i panni del guru, chi impara a memoria ogni cosa, chi giustifica se stesso, chi si erge al di sopra del suo stesso sogno.

    Personalmente contemplo il Satcitananda dove ananda e’ l’energia del Se’: Ishvara dei cui tre aspetti, Shiva mi e’ il piu’ caro.

  2. eckhart ha detto:

    E’ chiaro che stavo ironizzando sui piedi..
    Intendevo dire che un forte senso critico non denota sempre una forma d’intelligenza,quanto di ego…
    Comunque,riesco a distinguere l’atmosfera da ciò che è Luce..
    Per il resto..d’accordo contempliamo il Satcitananda..
    d’altronde qui non ci sono “fazioni” da difendere
    ma solo il Vero…
    e lontano da ogni blablabla..
    Almeno su questo sarai d’accordo. ;-)

  3. eckhart ha detto:

    PS Rimane da dire e sottolineare,almeno per me,
    se non vogliamo rimanere al livello dell’illusione…
    che tutto è Grazia
    e che non c’è da fare nulla di diverso da ciò che stai facendo ADESSO.
    Tutto il resto è proiezione.
    L’Adesso è Accettazione e non ti propone che ciò che Sei,Adesso.
    Questa la pura Contemplazione.
    Questo è l’Adavaita.
    Questa la Via Diretta.
    Fare questo e quello invece,programmarselo..
    è invece ambizione e retorica mentale…

  4. paritoshluca ha detto:

    23eckhart
    PS Rimane da dire e sottolineare,almeno per me,
    se non vogliamo rimanere al livello dell’illusione…
    che tutto è Grazia
    e che non c’è da fare nulla di diverso da ciò che stai facendo ADESSO.
    Tutto il resto è proiezione.
    L’Adesso è Accettazione e non ti propone che ciò che Sei,Adesso.
    Questa la pura Contemplazione.
    Questo è l’Adavaita.
    Questa la Via Diretta.
    Fare questo e quello invece,programmarselo..
    è invece ambizione e retorica mentale…
    ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
    Ciò che dici ha un’intima verità..ma alle volte “la via diretta non è la più breve”
    E dal momento che la lotta interiore..”che non c’è” si svolge sul piano mentale…possiamo usare la mente per uscire da posizioni mentali incrostate..e arrivare a posizioni più malleabili..da dove la Grazia potrà svolgere il Suo ruolo con maggiore profitto..
    Chi vuol saltare deve prendere la rincorsa..e la rincorsa porta in direzione opposta al salto..
    così..chi vuol trascendere la mente è bene che si diriga verso la mente..o qualche tecnica..per saltare oltre con più decisione..
    Le parole di Ramana non le commento..perchè si riferiscono a cose ben diverse che non mutare identificazione per rendere la cosa meno stabile..
    Chi è fortemente identificato..troverà sollievo..sollievo momentaneo ..se il Maestro e con ciò intendo anche il Maestro Interiore..comanderà di fare qualche cosa per sfuggire alle pressioni della mente..
    E’ vero che non bisogna fare niente..tranne essere consapevoli..se vogliamo evolvere spiritualmente verso ciò che siamo..ma è anche vero che certe identificazioni non si spezzano a chiacchiera..e alle volte è necessario anche qualche azione concreta che non pensare che non ci sia niente da fare…
    Il Comprendere è già azione concreta..perchè porta alla mutazione…ma il Comprendere..implica già che certe “fissazioni” siano già sciolte..
    e in attesa che si sciolgano..fare qualcosa alle volte può salvare la vita da quella passività..che se mal interpretata è come lo sguardo del vampiro che ipnotizza..e ci rende schiavi e vittime dell’illusione..

  5. (Y)am ha detto:

    Vabbeh, non capisci, fa lo stesso. La vita e’ tua e puoi farci quello che vuoi. Per me tu continui solo a fare della retorica per giustificare la tua assoluta pigrizia spirituale, l’advaita si presta anche a questo gioco.

    Ti lascio alcune parole di Nisargadatta (Io sono quello)
    (pg.134)
    La pratica spirituale e’ l’intenzione continuamente riaffermata.

    E’ in inganno sia chi pretende di essere dio sia chi lo mette in dubbio.

    Come si puo’ descrivere questo stato con il linguaggio del paese dei sogni?

    Se vuoi delle parole te ne daro’ qualcuna di potere (Japa) che risale all’antichita’. Ripetine di continuo una qualsiasi, e vedrai che fara’ miracoli.

    V.: Non occorre credere nell’efficacia dei mezzi?
    M: No, perche’ la fede non e’ altro che l’aspettativa del risultato. In questo caso conta soltanto l’azione. Qualunque cosa tu faccia per amore della verita’, ti portera’ alla verita’. Devi solo essere serio ed onesto….

    (pg.219)
    (sul satsang)
    Ti portera’ al fiume, ma attraversarlo sara’ compito tuo. Senza l’intenzionedi ottenerla, la liberta’ non puo’ essere ne raggiunta ne mantenuta. Devi lottare con tutte le tue forze per averla. Il meno che tu possa fare e’ scoprire e rimuovere tutti gli ostacoli con cura. Se vuoi la pace devi lottare. non la otterrai rimanendo semplicemente calmo.

    (Per ora Eckh sei un wanna be, capirai queste parole quando avrai sbattutto le corna sino a consumarle completamente. Capirai perche’ allora le corna non ti proteggeranno piu’ la testa e allora sbattendo la testa ti sveglierai.)

  6. eckhart ha detto:

    Apro un piccolo siparietto personale con Yam..mi scuso anticipatamente con Ivo,il quale se lo trova inadeguato al thread,pazienza…che lo cancelli..
    .
    Ciò che osservo caro Yam,da quando ti conosco ,è un certo schema sempre uguale che utilizzi in questi dialoghi virtuali. E cioè :utilizzare l’attacco frontale utilizzando un tris vincente (almeno tu così credi)
    Così formato :accusa di ipocrisia , sonno e blablabla altrui..
    Poiché l’uso di questi fattori è reiterato ,diventa lampante che si tratta di una strategia,non necessariamente consapevole:sono accuse che mascherano un ombra che non si vuole mostrare.
    S’,perchèaccusare gli altri di ipocrisia ci mette nella condizione di sentirci più nudi,più veri degli altri.
    Dare dell’addormentato ci fa sentire per differenza belli svegli..il confronto esalta questo punto..
    E sappiamo quanto l’ego ha bisogno di tali conferme..
    Il blablabla esasperatamenteadditato, nasconde malamente il proprio blablabla:un modo più che banale per prendere le distanze da qualcosa che conosciamo bene e che ci insegue nella mente…
    Adesso i giochi sono fatti caro Yam..direi di finirla con questa pantomima e piuttosto di parlare di temi alti,
    comincerei da questi.E’ più onesto..meno ipocrita.
    Una mano come vedi te la do sempre a saltare il fosso dell’orgoglio,ma costantemente rifiuti e contrattacchi, lanciando anatemi a destra e a manca…chiaramente poco lucidi..
    Non so se ci riproverò ancora.Lo faccio adesso perché l’atmosfera quasi vacanziera,rilassata e solitaria del
    Blog me lo concede.
    Già prevedo la tua risposta da copione..ma,mai dire mai..e chissà se stavolta colpirò nel cuore piuttosto che nella testa..
    Ovvero:essere accolti,accogliere e non rigettare…
    Ti ringrazio comunque per tutto ciò che mi hai finora dato.
    A proposito:non ti ho mai sentito ringraziare nessuno:nessuno che ti abbia dato mai abbastanza?
    Oppure?A te le tue risposte.
    Io ho già svuotato le mie.Ciao
    :-)

  7. (Y)am ha detto:

    Caro Eckh, che tu ci creda o no, e’ solo per amore che cerco di dissuadere chi si sente sveglio dicendogli che non lo e’, chi fa le cose facili quando facili non sono.
    Il riconoscimento della consapevolezza e’ il primo passo…e anche l’ultimo, ma sino a che il frutto maturo non cadra’ improvvisamente dall’albero, non saremo svegli.
    L’ipocrisia e’ reale.
    Discriminare tra vero Se’ e falso se..e’ il mio sport preferito.

  8. eckhart ha detto:

    Yam:e’ solo per amore che cerco di dissuadere chi si sente sveglio dicendogli che non lo e’, chi fa le cose facili quando facili non sono

    °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

    Se fosse facile ci arriverebbero tutti e subito!
    Mi spiace, sottovaluti troppo la profondità altrui..e non c’entra nulla l’amore..
    te la stai raccontando ancora una volta..
    Chi agisce per amore utilizza..l’amore non il pensiero discriminante..
    ( che non c’entra nulla col discriminare tra vero Sè e falso sè…questa è retorica..)
    Ovvero:non attacca,non giudica sommariamente,ha compassione,è umile..
    Questa non è retorica..e se manca questa consapevolezza..che parliamo a fa’..
    La Via è’ invece SEMPLICE se si sa cogliere..
    Quelle parole di Nisargadatta parlano più a te che me,mi pare.
    Raccogliere l’inganno del sogno non è complicare le cose,anzi,
    ma semplificare la faccenda non è facile..se non si comprende la mente e i suoi tranelli..
    Utilizziamo l’intelligenza a favore del Sè,non a nostro piacimento.
    Concordo:l’ipocrisia è reale.
    Osserviamola pazientemente senza proiettarla

  9. eckhart ha detto:

    Paritosh:Comprendere..implica già che certe “fissazioni” siano già sciolte..
    e in attesa che si sciolgano..fare qualcosa alle volte può salvare la vita da quella passività..

    ççççççççççççççç
    Ma certo che stai facendo qualcosa!
    Sempre!
    Il Sè sta lavorando per te ogni momento..e tu non puoi sceglierlo..
    stai “facendo” e basta..
    L’illusione è credere che lo stia facendo tu..
    oppure ,se te la stai raccontando perchè sei un pigro,
    vorrà dire che dovrai sbatterci prima le corna per percepirlo,come dice pure Yam,ma se non Accetti (che significa Vedere che non c’è altro che questo senza fuggirlo!) questo momento, non puoi vedere nemmeno che te la stai raccontando..
    Il Punto non è il fare o il non fare,ma capire Chi fa..
    Ingannarsi è allora affermare che vi sia qualcosa da fare per “raggiungere” il Sè ,come se dovresti mettere dei mattoni per costruire una casa.
    E’ tutto un “come se”..
    e se non si capisce questo..
    altro che discriminare il vero dal falso sè..

  10. atisha ha detto:

    Non pensare di avere capacità di determinare correttamente il progresso spirituale di chiunque, compreso te stesso.
    Non puoi.
    Non lo sai.
    Magari uno ti sembra molto indietro e poi puà trovarsi più avanti in un lampo.. e un altro che ti sembra così avanti può essere seriamente infortunato.
    Tutto il concetto di “avanti” e “indietro” è privo di significato, perchè non sai dove si trovi la linea di partenza e neppure il traguardo.
    Gli altri non iniziano nrecessariamente dal tuo stesso punto, nè devono arrivare dove arrivi tu.
    Per alcuni il viaggio è breve ma zeppo di insidie stressanti.
    Per altri il viaggio è lungo, composto ma molte “lezioni” poco significative.
    Puoi forse guardare gli altri e pensare di aver capito, ma stai solo prendendo in giro te stesso.
    Non hai idea di come sia la vita di un altro.
    E in realtà non tocca a te saperlo.
    Non sono affari tuoi.
    Le tue lezioni bastano per tenerti occupato.
    Solo afferrare quali siano quelle che ti riguardano, ed iniziare ad assimilarle, è un lavoro che prende la vita intera.
    Se sei un “maestro spirituale”, chiediti se hai scelto quel ruolo per evitare le lezioni che sei venuto ad impartire..
    dato che sei un’autorità e prescrivi ricette agli altri, non sei mai obbligato a guardare te stesso.
    Ma non potrai nasconderti per sempre! Col tempo anche i tuoi panni sporchi dovranno prendere aria.
    E’ inevitabile.

    (Paul Ferrini)

    :-)

  11. Gianni De Martino ha detto:

    La pace “è verità assoluta “? Mah! Pare che questo innovatore della tradizione dell’Advaita, il signor Madhukar, abbia un po’ paura della beatitudine infinita e senza causa, forse gli sembra una gioia eccessiva. Sostituisce infatti “ananda” con “pace”, e fa figura di illuminato prudente, informato, accattivante.

    Naturalmente potrei sbagliarmi, ma a lume di naso, sembra uno dei tanti ciechi illuminati che da un po’ di tempo vanno vestendo i panni del “guru”, ripetendo banalità e riducendo l’Advaita a luoghi comuni – tipo ” il-sole-brilla-anche-dietro-le-nuvole”, “tu -sei – quello”, eccetera.

    Forse è in casi del genere che occorrerebbe far tesoro di quell’altro celebre luogo comune che dice: ” Se incontri un Buddha nel blog bannalo!”.

    Non vorrei trasmettere qualche buddanata, ma mi pare che diffondere “messaggi” parlando della propria “esperienza” personale, senza avere una realizzazione definitiva, esponga a trasmettere una conoscenza imperfetta, incompleta, limita, appunto, dalle “proprie” esperienze.

    Il rischio di parlare di certe “esperienze” personali ipernormali, percepite come positive, porta inevitabilmente a una discussione che può generare attitudini guresche, se non orgogliose, e ogni sorta di sentimenti negli interlocutori – come si vede in questo post. Fra i sentimenti che la trasmissione di un'”esperienza” imperfetta può generare occorre mettere in conto una specie di gelosia, se non di vera e propria invidia: ” Ah, il signor Madhukkar, ha avuto per esperienza la conoscenza che la beatitudine è solo un’apparenza di corpo e mente? Non io…”, una specie di gelosia. Non a caso, una buona e giusta regola sarebbe di non fare sfoggio delle “proprie” esperienze, specialmente se ipernormali, come l’aver approssimato qualche lampeggiamento della grande pace che connota l’essere-coscienza-beatitudine che resta nell’istante, intenso e feroce, in cui ogni proiezione dualistica o non-dualistica cessa. O perlomeno così pare…

    Un saluto cordiale

    Gianni De Martino

  12. atisha ha detto:

    De Martino: Non a caso, una buona e giusta regola sarebbe di non fare sfoggio delle “proprie” esperienze, specialmente se ipernormali, come l’aver approssimato qualche lampeggiamento della grande pace che connota l’essere-coscienza-beatitudine che resta nell’istante, intenso e feroce, in cui ogni proiezione dualistica o non-dualistica cessa. O perlomeno così pare…

    atisha: ecco.. a tal proposito, anche in queste parole vi leggo una sorta d’ invidia ed inutile sarcasmo..

    saluti :-)

  13. (Y)am ha detto:

    Scopro che Madhukar ha avuto un risveglio spontaneo della Kundalini poi sarebbe diventato discepolo del mio maestro (C.N.N.) poi, poi, poi….(si veda Wiki). Ormai tutti raccontano le stesse cose. Un mal di schiena e’ sicuro segno del risveglio della kundala, cosi una emicrania, cosi un prurito qualsiasi. Uno stato d’ansia che si sblocca all’improvviso e’ l’illuminazione e cosi via….

    Condivido il pensiero di Gianni de Martino, non sulla gelosia e l’invidia..pero’. Di che cosa si potrebbe essere invidiosi? Del successo di un presunto Guru che fa sfoggio di immagini e parole altrui (Ramana e Poonja)?
    Del denaro che sta incassando?
    Del potere che occupa sedendo su un trono?
    Del fatto che si fa baciare i piedi?
    Del suo sguardo bovino quando tenta di imitare Ramana seduto mezzo nudo di fronte al suo pubblico che sta sotto il palcoscenico? (si vedano le centinaia di foto che cirolano in rete..)
    Mah….

  14. eckhart ha detto:

    Gianni De Martino:Fra i sentimenti che la trasmissione di un’”esperienza” imperfetta può generare occorre mettere in conto una specie di gelosia, se non di vera e propria invidia: ”
    °°°°°°°°°°°°°°°°°
    Certo..ma perchè solo quella imperfetta?
    pensi che quella “perfetta” non possa generarlo o cosa (non ho capito)?

  15. eckhart ha detto:

    Yam:Di che cosa si potrebbe essere invidiosi? Del successo di un presunto Guru che fa sfoggio di immagini e parole altrui (Ramana e Poonja)?
    Del denaro che sta incassando?
    Del potere che occupa sedendo su un trono?
    Del fatto che si fa baciare i piedi?
    Del suo sguardo bovino quando tenta di imitare Ramana seduto mezzo nudo di fronte al suo pubblico che sta sotto il palcoscenico? (si vedano le centinaia di foto che cirolano in rete..)
    Mah….
    °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
    Ehi ehi calma..ma quanta energia per qualcuno che afferma di aver ritrovato la Pace..
    Ma che v’importa?
    Ma giudici di quale moralismo o presunto “vero” siete’?
    D’altronde anche la volpe sminuiva il valore dell’uva..
    Ed era soltanto uva!
    Ragazzi non me la date più a bere con questo discriminare,sminuire la vita altrui..
    e giustificarvi pure!
    Liberatevi da voi stessi per carità!
    Indiscriminata-mente.

  16. paritoshluca ha detto:

    29eckhart

    Ma certo che stai facendo qualcosa!
    Sempre!
    Il Sè sta lavorando per te ogni momento..e tu non puoi sceglierlo..
    stai “facendo” e basta..
    L’illusione è credere che lo stia facendo tu..
    oppure ,se te la stai raccontando perchè sei un pigro,
    vorrà dire che dovrai sbatterci prima le corna per percepirlo,come dice pure Yam,ma se non Accetti (che significa Vedere che non c’è altro che questo senza fuggirlo!) questo momento, non puoi vedere nemmeno che te la stai raccontando..
    Il Punto non è il fare o il non fare,ma capire Chi fa..
    Ingannarsi è allora affermare che vi sia qualcosa da fare per “raggiungere” il Sè ,come se dovresti mettere dei mattoni per costruire una casa.
    E’ tutto un “come se”..
    e se non si capisce questo..
    altro che discriminare il vero dal falso sè..

    Risiamo al solito punto..
    Comprendere che noi siamo il Sè..non è capire che noi siamo il Sè..
    La Comprensione è totale..mentre il capire è mentale..e solo col capire..il Sè non arriva a se stesso..ma si perde nella molteplicità delle esperienze e dell’io che le vive..
    Il punto non è sapere che il Sè fa tutto..anche se spesso lo fa nelle vesti dell’io..dell’individualità e non dell’universalità..
    Il punto è come trasformare un’esperienza mentale in una realtà oggettiva..metamentale..
    Il punto è come fare per spogliare il Sè dei suoi involucri e renderlo puro e limpido..
    Il punto è come fare a meditare..quando il Sè ..non ne vuol sapere di ascoltare se stesso..e si perde nei pensieri e nelle passioni..
    Che tutto sia Sè..è indubbio..ma è anche indubbio che ce ne dimentichiamo…ed ecco allora che nasce il “fare”.. tramite un oggetto o una tecnica pieghiamo la mente o l’ego a porsi di fronte al Sè..che poi significa trasformare l’oscurità in Consapevolezza..
    e non dei pensieri..ma dell’Essere..
    E qui siamo nella pratica.. e non nella teoria.. nè tantomeno nella filosofia..

  17. Gianni De Martino ha detto:

    eckhart: Certo..ma perchè solo quella imperfetta?
    pensi che quella “perfetta” non possa generarlo o cosa (non ho capito)?
    °°°°°°°°°°°°°°°°°

    Mmm… vogliamo fare un siparietto sulla trasmissione? Occorrerebbe allora partire dalla nozione di non-dualità ( “advaita”, in Sk; “Nyi Mé”, in tibetano: una nozione presente al cuore di molte tradizioni, compresa quella cristiana, quella taoista e quella islamica – a livello di quello che Ananda K. Coomaraswamy chiamava, come peraltro anche Aldous Huxley, “Philosophia perennis”.

    Tramite la “tradizione” ( dal latino “tradere”, trasmettere, ma anche “tra-dire” ), ciò che viene trasmesso è quello che si potrebbe avvicinare parlando, appunto, di non-dualità.

    Grosso modo, occorre dunque distinguere, all’interno della trasmissione:
    – ciò che viene trasmesso;
    – i mezzi di trasmissione ( in particolare il linguaggio simbolico);
    – quelli che trasmettono la tradizione.

    Ciò che viene trasmesso – a vari livelli di realtà, dato il carattere “profondo” e segreto della realtà – non è mai la “propria” esperienza, oppure una cultura “orientale” o “occidentale”, o addirittura un pio conservatorismo.

    Tutto quello che è utile trasmettere a chi vi si predispone con un minimo di fiducia è, con le parole di René Guenon ( che non ho l’abitudine di citare, ma che questa volta cade a fagiuolo ) : ” un corpus di verità principiali, d’origine trascendente, che sfuggono a ogni nvestigazione storica”. In altri termini, il carattere liberatorio della conoscenza non-duale è dovuto alla sapienza che lega ogni cosa alla verità divina.

    Una tale sapienza ( o saggezza, secondo una variante linguistica) è assenza non solo di soggetto e oggetto, ma anche di quel terzo termine, un medium, sempre in azione nella concettualizzazione di soggetto e oggetto.

    La trasmissione della conoscenza passa attraverso il linguaggio simbolico, ma non è opera “personale” del trasmettitore. Non a caso, infatti, buddha è un epitoto che indica lo stato di veglia im-mediata ( nel duplice senso di sempre “prossima” in termini spaziali, “istantanea” in termini di temporalità).

    Il compimento ( più che la “perfezione”, che è termine fuorviante, in quanto allude alla tecnica e al tecnicismo) è auto-evidente. Comprendendo e accogliendo inoltre in un “cuore” l’innumerevole esistere non si potrebbe invidiare niente e nessuno, anzi non si potrebbe che com-patire, ovvero andare insieme a miriadi di creature ferite che non cessano di darsi tanti pugni in testa le une con le altre. E questo ( verrebbe da sorridere) in un campo di tensioni vuoto di dualità e di qualsivoglia “esperienza”, piccola o grande che possa apparire.

    In tal senso, forse forzando un po’ il testo di san Paolo, maestro Eckart scrive: “nihil videbat”.

    E il beato Nagarjuna, nelle sue “Stanze del cammino di mezzo”, così si esprime nella sua “Lode alla suprema realtà”:

    ” Io ho lodato chi non è andato né venuto. Il Beneandato, privo di ogni andare. E i meriti che ho ottenuto con questa lode a Te, o profondità suprema, possano aiutare questo mondo ad andare sulla strada sicura del Beneandato”.

    Naturalmente, caro eckhart, non escludo che anche la trasmissione, attraverso una laude, di un’esperienza “perfetta”, per quanto paradossale, come quella di Nagarjuna non possa generare una qualche gelosia o addirittura qualche forma d’invidia. In tal caso potremmo riconoscere subito, in noi, tantricamente, il famoso dèmone dell’ego. O anche quello che cristianamente si chiama la “carne” : la famosa “barbaque”, come la chiamava zio Artaud, e
    cioè il dèmone della “carne prudente, impaurita, che invecchia”, come scriveva zio Burroughs eccetera.

    E’ proprio così: lo stato di coscienza ordinario è duale: sembra non esserci altro che “coscienza-DI”, ovvero dell’oggetto, del soggetto e del medium costituito da concettualizzazioni e proiezioni.

    Sulla via spirituale direi che siamo passerotti, per fortuna o sventura inquieti, uccellini che vorrebbero seguire la scia ( ma dov’è la scia? ) dell’aquila. Insomma, dite pure quello che volete, ma a me questo giovanotto non sembra un’aquila. D’altra parte, la
    tradizione ci dice che diminuendo invidia, attaccamento all’ io e al mio e cattiverie varie, potremmo oltrepassare, trascendere l’autopreoccupazione e aprirci – oltre la morsa di tante emozioni negative, compreso il pacifismo irresponsabile – a stati di consapevolezza sempre meno limitati, sempre meno condizionati, sempre meno tristi e più gioiosi, più responsabilmente liberi e più accoglienti.

    Insomma, banalità per banalità, continuerei a pensare che più che la “pace”, compresa quella dei cimiteri, o la “bellezza quieta” , sia l’Amore l’ anestetico più potente che ci sia.

    D’altra parte, se un maestro impersona l’Amore e trasmette ciò che è utile, vale a dire la non-dualità, non vedrei niente in contrario a sedermi ai suoi piedi e anche a predisporre qualche cuscino di fiori… Tanto più che pare che “celebrare il Maestro procura comunque una catarsi…”.

    ( Chissà perché il termine “catarsi” mi ha fatto sempre pensare alla purga…). Celebrare il Maestro significa accogliere l’Altro e gli altri senza discriminare, solo per Amore, e risvegliare quello che, in noi, è ancora capace di venerazione. Celebrare il Maestro significa riconoscere il mistero di gloria del suo volto radioso. E la celebrazione implica la grazia della Fede, o perlomeno di un minimo di fiducia. Tradizionalmente ci si avvicina al Maestro per essere distrutti e resi Viventi in Lui. Ma “chi” è il Maestro ? Ce lo diranno la pratica e i frutti della pratica, non la filosofia, neanche la “Philosophia Perennis” con la quale abbiamo aperto un siparietto spero non inutile.
    saluti :-)

    P.s. Quanto ad atisha ( “ecco.. a tal proposito, anche in queste parole vi leggo una sorta d’ invidia ed inutile sarcasmo..”), beh, credo che abbia proprio colto nel segno: potrebbe essermi capitato d’invidiare uno che mettendo a frutto l’Atma Vichara, l’auto-indagine
    appresa da maestro Poonja, i suoi studi in economia e l’esperienza di fotomodello e di giornalista televisivo, si è costituito un invidiabile fondo di commercio dalle parti dell’Advaita – mentre io, lasciamo stare… che da giovane volevo morire per amore e poi ho finito con il fare il giornalista. Mica è facile, data la mia situazione, andare con
    Madhukar, molto più agile, giovane e carino di me, “a casa nel Sé/ Senza nome senza forma/ Bellezza pura”, e “fondersi in quello Che Tu sei veramente/ Bellezza quieta e piena di pace.” E’ come se la Bellezza madhukariana dovesse starsene “quieta”, e nella sua “pace” non vi fosse Energia, Beatitudine e Vita d’intensità prodigiosa, ma un che di mortuario e di stucchevole.

    Inutile sarcasmo ? Forse un po’ di amarezza, in fondo, cara atisha…forse starei invecchiando, avrei la kundalini che incomincia a sfarfallare e non ho ancora imparato a stare zitto, a invecchiare e morire nel vuoto, accontentandomi di scartocciare qualche bacio perugina contenente solo “un po'” di anandamina… Il desiderio di felicità può assumere tante forme, può anche apparire come desiderio senza oggetto, desiderio di assoluto. Il desiderio, non è una cosa semplice. – Scusatemi se alla fine non ho resistito alla tentazione di menar Lacan per l’aia.. :-)

  18. eckhart ha detto:

    Paritosh:Il punto è come trasformare un’esperienza mentale in una realtà oggettiva..metamentale..
    Il punto è come fare per spogliare il Sè dei suoi involucri e renderlo puro e limpido..
    Il punto è come fare a meditare..quando il Sè ..non ne vuol sapere di ascoltare se stesso..e si perde nei pensieri e nelle passioni..
    Che tutto sia Sè..è indubbio..ma è anche indubbio che ce ne dimentichiamo…ed ecco allora che nasce il “fare”.. tramite un oggetto o una tecnica pieghiamo la mente o l’ego a porsi di fronte al Sè..che poi significa trasformare l’oscurità in Consapevolezza..
    e non dei pensieri..ma dell’Essere..
    E qui siamo nella pratica.. e non nella teoria.. nè tantomeno nella filosofia..
    °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
    E daglie con questa teoria e pratica..
    Non stavo facendo filosofia,ne teoria..mi sembrava si fosse capito..
    Né, ne stavo facendo una faccenda mentale,e parlavo di una certa Comprensione..
    che parte in modo intellettuale e discende nel corpo,irraggiandosi dal cuore spirituale…e poi risale e si espande..
    Insomma:l’Abbandono non è mentale e non puoi importelo,ma la Fiducia che nasce con quella prima Comprensione intellettuale,se attecchisce bene,fa sbocciare empaticamente anche la Fiducia che funziona alchemicamente in nuova energia trasformante.Se invece,come detto,si rimane all’idea del fare,dimoriamo impantanati ancora nella mente.Sono dell’idea che la disperazione assoluta funzioni meglio di qualsiasi appiglio strumentale:la cosiddetta ricerca di una pratica,che ci trattiene li,nella mente,alle sue convinzioni e paure,e non consente che possa avanzare e dispiegarsi la Grazia.
    Il segreto rimane li,nella Resa.
    E da quella disperazione,abbandono di ogni certezza, si spalanca poco alla volta, la Luce, e ci si fissa lì senza cercare altro:
    questa è la Via Diretta,questo il mio esperire,non lo Yoga dei maestri e dei libri di Yam..
    PS:
    In tutto questo discorso,si noterà che la Sadhana,la propria pratica, si presenterà,accadrà da sé.
    Ci sentiremo spinti verso qualcosa del la quale non riusciremo col fare a meno.
    Potrà essere un’incontro,una lettura,una tecnica che ci richiama inesorabilmente come una febbre..
    Tutto questo è Sadhana,che riconosceremo, abraccieremo,assimileremo,lascieremo andare senza attaccarci..
    Tutto questo è Terreno del Sé che si offre.
    Ancora una volta ci ritroviamo aldilà della teoria e della pratica,in una terra che non ci appartiene,ma a cui sentiamo di appartenere inesorabilmente.

    Con la totale Fiducia si spostano pure le montagne…

  19. (Y)am ha detto:

    Eckh: Ehi ehi calma..ma quanta energia per qualcuno che afferma di aver ritrovato la Pace..

    (Y)am: Qualcuno che siede al governo di questo paese disse di essere unto dal Signore, certo tu Eckh, ti sarai bevuto anche questa.

    Eckh: L’illusione è credere che lo stia facendo tu..

    (Y)am: O che sia (Y)am a dire qualcosa che mi urta.

    Eckh: Quelle parole di Nisargadatta parlano più a te che me,mi pare.

    (Y)am: Di cosi…quelle parole di Nisargadatta sono preziosissime per me, per te, per Atisha, per Sak, per Ivo e per tutti noi.

  20. (Y)am ha detto:

    atisha: ecco.. a tal proposito, anche in queste parole vi leggo una sorta d’ invidia ed inutile sarcasmo..

    (Y)am: Credo invece sia importante….iniziare a far chiarezza. Nella Tradizione sono ben conosciute tantissime esperienze fasulle, anche se qui si parla di Yogi autentici e non di casalinghe o pensionati che pensano di aver avuto un risveglio della kundala dopo mesi di mal di schiena o di aver sperimentato l’illuminazione dopo un periodo di attacchi d’ansia…..(scusa la schiettezza…un po’ cattivella..ma non se ne po piu’, claro?)