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Madhukar, come definirebbe il Suo messaggio in poche parole?

Che ogni persona, indipendentemente delle sue circostanze di vita, è libertà e pace.

È allo stesso tempo anche il messaggio fondamentale di Advaita?

Sì, il messaggio di Advaita è: Tu sei Questo! Essere tutt’uno, Essere qui. Il Questo comprende tutto. Nella nostra cultura e nella tradizione cristiana il Questo viene chiamato Dio, l’intero universo. Nella tradizione dell’Advaita il Questo viene descritto con “Sat-Chit-Ananda”. Si traduce generalmente con esistenza-coscienza-beatitudine. Secondo la mia esperienza, anche la beatitudine è solo un’apparenza di corpo e mente.

La pace è verità assoluta: questo è conoscenza vera. Perciò descriverei il Questo con: esistenza-coscienza-pace. Advaita è una direzione filosofica e la filosofia non può mai spiegare realmente l’Essere o l’esperienza dell’Essere, ma può solamente provare a interpretarlo. La verità assoluta è che la Divinità è già qui. Non viene da fuori, ma esiste in ognuno di noi. Non c’è separazione. Solo Essere. Non esiste dualità. Questa è l’essenza dell’Advaita. La parola del Sanscrito indo-germanico significa letteralmente “non-dualità”.

Lei chiede alle persone che L’ascoltano di indagare sé stessi. Cos’è la sostanza dell’autoindagine? Come la si pratica?

Non esigo niente dalla gente. Ma presuppongo che vengono nelle mie riunioni perchè vogliono sentire la verità assoluta, riconoscere chi sono. Perciò consiglio l’autoindagine. Tra l’altro la parola autoindagine secondo me è più adatta che autoricerca, perché la ricerca secondo la nostra comprensione è legata con attività.

Autoindagine significa due cose: per prima cosa tratta del Sé. Il Sé ha sempre a che fare con me stesso. Il Sé viene definito dalla scienza moderna come concetto per descrivere quello che è la nostra coscienza, la consapevolezza conscia. Gli scienziati, i neurologi e psicologi non sanno con certezza, se si tratta di una coscienza personale o se, in realtà esiste una coscienza assoluta, la quale viene percepita solo tramite l’identificazione del corpo e della mente come coscienza individuale. L’Advaita si riferisce al Sé già da millenni di anni.

In secondo luogo, l’autoindagine ha a che fare con la ricerca della sorgente dell’Essere. L’orientamento su questo non lo vedo come ricerca con la mente, ma più come un risveglio permanente dal nostro sogno quotidiano, il sogno di una realtà apparente: arrivare Qui e raggiungere la verità assoluta. Essere qui. La verità assoluta per me è qualcosa di molto naturale. Nella terminologia dell’Advaita chiamiamo questo Sahaja Samadhi, Essere naturale. E siccome so che ciascuno è Questo, è possibile per ognuno conoscerlo.

Nelle antiche tradizioni di saggezza spesso mettevano condizioni per aprirsi ad una via o per praticare una via di saggezza particolare. Come funziona l’autoindagine? La possono fare tutti? Sono necessarie particolari condizioni fisiche, mentali o morali?

Non è compito mio dire alla gente: “Dovete fare questo o quello e soltanto allora potrete riconoscere chi siete”. Non vorrei appesantire nessuno con condizioni morali o etiche. Ciascuno di noi ha già in base alla sua educazione e cultura certi concetti etici e vive conforme a questi o li contravviene. Qui però non si tratta di morale, ma di riuscire a capire, chi “è” realmente presente. Per questo non c’è bisogno di particolari presupposti.

È sufficiente il desiderio ardente di libertà. Se la libertà esiste veramente, deve essere qui e adesso. Se la verità esiste, deve essere qui e adesso. È dimostrato dalla storia che sia uomini non etici, che quelli che erano considerati moralmente superiori, si sono risvegliati, completamente indipendente dalla loro vita precedente.

Se il risveglio li ha resi uomini “migliori” – bene, però questo non è essenziale. Si tratta della conoscenza di se stessi. E questo è possibile, indipendentemente di ogni condizione.

Evidentemente alla maggior parte degli uomini risulta difficile risvegliarsi spontaneamente. Ci sono degli ostacoli. Lei a cosa riconduce che la sola informazione non basta per il risveglio? E secondo Lei cos’è necessario per superare questi ostacoli?

L’ostacolo è l’identificazione con il corpo e la mente. Nel caso di un neonato questa identificazione ancora non c’è. Si potrebbe dire che ci viene insegnata. E più tardi questo insegnamento diventa realtà e gli uomini pensano di essere questa persona, che in realtà non è nient’altro che un collegamento complesso di pensieri e sentimenti.

È utile l’autoindagine con la semplice domanda “Chi sono io?” Erroneamente si pensa che l’autoindagine sia un esercizio per arrivare ad un certo stato o che sia la meta del risveglio. In realtà però è così, che l’autoindagine serve a smascherare gli ostacoli che ci fanno pensare, che non siamo liberi. Inoltre è molto utile il contatto con un risvegliato.

Come si distingue allora la percezione di un risvegliato da una persona normale? Percepisce il mondo che lo circonda in modo diverso?

La differenza è nell’identificazione accennata. Il risvegliato è il Sé. Invece la persona normale si identifica completamente con la sua percezione di corpo e mente, con le sue emozioni e il suo umore. Si potrebbe addirittura dire che è dipendente dai suoi succhi corporei, prigioniera delle reazioni biochimiche del suo cervello. Anche questa persona sorge dal Cuore, però è identificata con il pensiero dell’Io. Invece il risvegliato ha realizzato senza dubbi che è Questo, l’eterno, dove tutto ha luogo. Però, non è che vada per le strade e che mi dica sempre “Sono l’eterno, nel quale tutto succede”, ma l’essere qui è del tutto naturale.
Non c’è una separazione fra l’eterno e le manifestazioni della persona comune.

Come sappiamo, ognuno di noi vede il mondo in modo soggettivo e ciò nonostante partiamo da una realtà fissa, esistente e oggettiva. Anch’io percepisco il mondo con le sue bellezze e le sue sofferenze. Ma la coscienza dell’esistenza propria, del Sé, il quale non è influenzabile, è semplicemente più forte. La verità è di una grande chiarezza e naturalezza.

Il risveglio è un processo o un momento? Può descrivere il prima e il dopo della Sua esperienza?

Finché Lei pensa di essere in un processo, sembra come se fosse parte di questo processo. Tra illusione e verità, tra vita quotidiana e realtà, sonno profondo, sogno, stato di veglia, chi lo percepisce? Nel momento in cui Lei si è risvegliato, si rende conto che è sempre stato sveglio, che non è mai stato altro che questa presenza e che aveva solo orientato la Sua attenzione ad apparenze. Vorrei compararlo con la nostra percezione del sole. Come sappiamo, il sole splende sempre. In caso di una giornata nuvolosa però diciamo: “Il sole non c’è”. Peró il sole c’è sempre. Solo che tra noi e il sole si sono messe delle nuvole.

Quando le nuvole scompaiono, si dice: “Il sole splende”. Così diciamo anche al mattino: “Il sole sorge”. Ma in realtà la sera noi ci giriamo dall’altra parte e al mattino ci rivolgiamo di nuovo verso di esso. Anche quello che viene definito risveglio è sempre stato. In realtà non esiste un risveglio. Se esistesse un risveglio, significherebbe che prima non eravamo risvegliati. In realtà la libertà è sempre qui. Lei si rende conto che nella Sua vita è stato sveglio in molti momenti, però che non ha riconosciuto senza dubbio cos’è la realtà. Nessuno Le ha assicurato: la verità è adesso! Il vero Sé è adesso! Se si risveglia, allora riconoscerà che è sempre stato sveglio. Non esiste nient’altro.

Come ha vissuto questo momento del risveglio? Come una conseguenza dei Suoi sforzi? Oppure a cosa ha collegato il fatto che ad un certo momento si è risvegliato?

Io lo riconduco alla grazia. Gli sforzi sono solo apparenti. Per la persona questi sforzi magari sono stati necessari, ma non per Questo che sono io. Quello che sono non ha bisogno di nessun sforzo. Attraverso la grazia ho seguito il desiderio di libertà, ho seguito la chiamata del mio Maestro. Perché quando ho sentito il suo messaggio per la prima volta, è stato riportata da uno yoghi che parlava negativamente di Papaji, che dava un cattivo giudizio di questo Maestro a me ancora sconosciuto. Non mi sono lasciato influenzare da questa opinione, ma dal messaggio di libertà di Papaji: “Sei già libero, non devi fare niente, non devi meditare, nessun Sadhana , nessun esercizio spirituale è necessario”. Fu come un fulmine. Chiarissimo. Potevo solo dire: “Sì, sì, sì!” Perchè?

Anche io come molti altri, mi ero sforzato, come yoghi mi alzavo presto ogni mattina e facevo i miei esercizi, meditavo, per anni, decenni. Ho riconosciuto che tutto questo mi ha portato delle esperienze meravigliose, alle quali aspirano gli uomini spiritualmente interessati, come illuminazione, esplosioni energetiche, stati trascendentali, esperienze di morte, percezioni extracorporee, quindi varie realtà della coscienza, ecc. Però non mi era stato possibile la cognizione vera e propria di sapere chi sono. Ero stanco di esercitare, di tutta questa pratica, di questa ricerca nella cristianità, nello sciamanismo, nel buddhismo, nel tantra, nella filosofia.

Volevo la libertà. E se veramente Lei aspira alla libertà e sente questo messaggio di libertà, allora è un riconoscere immediato. Di conseguenza ho voluto incontrare subito questo guru. Ho preso il primo treno e ho viaggiato per 42 ore attraverso tutta l’India. Arrivato a Lucknow, mi sono reso conto che non sapevo neanche dove abitasse. Conoscevo solo il suo nome, Papaji, che non era il suo nome di famiglia, ma il titolo di onore “Padre venerando”. Ciò nonostante lo trovai in breve tempo, e al nostro primo incontro cadde da me un grande peso, tutto il passato, tutto quello che avevo imparato, tutta l’esperienza spirituale. Non l’ho considerato subito come il mio Maestro, questo diventò così poco a poco, nel praticare quello che mi consigliava, così tutto avvenne come doveva.

Non si potrebbe dire che i Suoi sforzi anteriori sono stati proficui per il Suo risveglio, così come lo descrivono i metodi yoga tradizionali? Nella sua breve biografia ho potuto leggere che ha avuto delle esperienze Kundalini, e tradizionalmente l’illuminazione è vista come punto d’arrivo di queste esperienze.

Nel percorso Yoga Samadhi è la meta. Esperimentare Samadhi è molto raro e meraviglioso, però si tratta ancora di stati. Ci sono dei yoghi potenti che sanno controllare il loro corpo e la loro mente, però non hanno necessariamente riconosciuto chi sono. Sembra come se gli sforzi o le cosiddette vie spirituali avessero portato al risveglio. Però in realtà è grazia e la presenza del Maestro. È ovvio che la via spirituale per molti è solo un rinvio che li ostacola nel riconoscere quello che è già qui! Le persone si sforzano, ma così la verità viene solo rinviata.

La verità è già qui. Perchè dobbiamo fare esercizi per questo? Perchè? Perchè pensiamo che ci sia un’impurezza nel corpo o nella mente, che questa o quella relazione debba essere ancora chiarita, che questo o quello dell’infanzia o del rapporto genitori-figli debba essere aggiustato, ecc? Fatto è: il Sé non è mai stato toccato da relazioni o esperienze. Il Sé è assolutamente intatto, assolutamente puro. Sempre qui, sempre adesso.

Ci può essere ancora uno sviluppo per la persona quando ha riconosciuto Questo?

Per la persona potrà esserci uno sviluppo, per il Sé no.

Che cosa vuole dire per Lei sviluppo?

Io penso a due saggi che hanno vissuto molto vicino, Sri Ramana Maharshi e Sri Aurobindo. Avevano realizzazioni simili, ma nella loro dottrina, se nel caso di Ramana si può parlare di una dottrina, Ramana ha vissuto il Sé come statico, mentre Aurobindo dopo il Nirvana ha riconosciuto ulteriori livelli di sviluppo della coscienza.

Sri Aurobindo pensa che il divino venga dall’alto, scenda verso livelli di coscienza inferiori e risalga poi di nuovo. Presuppone quindi un processo. La mia cognizione non è così, perché la verità assoluta non conosce questo processo, solo corpo e mente conoscono processi. Sarà servito a Sri Aurobindo e ai suoi praticare questo. È verità assoluta? Verità è che il divino è già qui e non viene da fuori, ma è in ognuno di noi.

La via spirituale viene spesso paragonata con un affinamento della personalità. Avviene un cambiamento nella psiche, nella mente, quando uno si è risvegliato?

Non si può generalizzare. Ci sono delle forme diverse: persone che dopo il loro risveglio si sono ritirate totalmente. Altri hanno trascurato il loro corpo e vissuto come selvaggi. Ramana Maharshi invece si è messo a disposizione 24 ore al giorno per le persone che venivano da lui e ha condotto una vita molto pura. Secondo la mia esperienza, se qualcosa si deve raffinare o cambiare, succede da solo. Specialmente se è ancorato nell’autoindagine.

Il mio Maestro mi diceva: “You don’t need to change anything” (Non devi cambiare niente). Lo sforzo di essere una persona migliore è sicuramente nobile, ma purtroppo non garantisce il risveglio. Esiste un detto di Buddha: “Per riposare nel Sé è più benefico il tempo che una formica richiede per camminare dalla punta alla radice del naso che tre vite piene di buone azioni.” Quindi anche il fondatore del buddismo, per il quale comprensione e buone azioni sono fondamentali, dichiara che il soffermarsi nel Sé è la cosa più importante.

Qual è la sua motivazione per comunicare? Lei comunica attraverso le Sue riunioni o Satsang che hanno una struttura precisa; vorrei quasi dire che sono un rito. Perché proprio in questo modo? Ha preso questo dal suo Maestro? Le sembra efficace?

È efficace! La grande gratitudine che molti mi esprimono per ciò che gli succede, dimostra senza ombra di dubbio: gli incontri sono benefici. Io non ho motivazione. Tutto succede semplicemente. Avvolte dico scherzando: “Io sono uno schiavo del mio Maestro”. Forse posso spiegarlo con il concetto d’onore delle antiche tradizioni di indiani e germani: se una persona ti ha salvato la vita, gli eri obbligato per tutta la vita. Originariamente non avevo il desiderio di vivere ed agire come lo sto facendo adesso.

Quando andai da Sri Poonjaji, avevo solo il desiderio concreto di essere libero. Tutto il resto è capitato da solo. Dopo due anni, Papaji mi ha predetto in un Satsang che molte persone, “tutto il mondo” come diceva lui, sarebbero venute da me. Se ci penso, devo dire che all’epoca mi sembrava irreale – e neanche attraente. Cos’è successo alcuni anni più tardi? Sono stato invitato a tenere Satsang da gente che si sentiva attratta da me, e ho accettato gli inviti. Così si sono sviluppate sempre di più queste tournée annuali di incontri, e migliaia di persone condividono queste riunioni con me. E mi piace così com’è.

Per quanto riguarda la forma del Satsang non vedo nessun motivo di cambiarla. La forma non è così importante. Quello che si rivela nel Satsang, quello che succede, è l’essenziale: meraviglioso e indescrivibile. La forma invece è molto semplice: da una parte il silenzio e dall’altra il dialogo. Il dialogo serve a chiarire domande e dubbi. È bene se le persone chiariscono i loro dubbi. La chiarezza è meravigliosa. La chiarezza è la chiave per il paradiso. Perchè il silenzio è una componente importante delle riunioni? Solo nel silenzio la verità si può rivelare.

Inoltre esprimo all’inizio del Satsang, secondo una tradizione antichissima, il desiderio del Gayatri-mantra: che tutta l’umanità, che tutte le creature trovino la pace. Nonostante che da migliaia di anni vediamo che il mondo non è in pace, continuiamo a desiderarlo. Prima di tutto intono un OM. Questo mantra già mi rallegrava e affascinava quando 25 anni fa venni in India per la prima volta. Secondo la sapienza vedica in questo suono si manifesta l’intero universo.

Nell’attuale cultura giovanile questa lettera, il logo di questo mantra, è molto popolare. Anche il mio Maestro ha cantato l’OM e ha parlato del suo grande effetto. Questo mantra è un suono universale, che suona anche nella religione cristiana in forma di un amen e nel buddismo come aum, nell’islam come amin.

Per il resto la forma del satsang è abbastanza libera. Certe volte può essere molto divertente e abbastanza sciolta e avvolte invece l’atmosfera è più sacra. Si balla con musica leggera, si ride, si piange, dipende. Però: un buon vino gusta meglio bevuto da un bicchiere di cristallo che da un bicchiere di plastica. Anche se la forma non è prioritaria, viene percepita superficialmente per prima. In realtà si tratta di qualcos’altro, cioè della conoscenza di sé stessi in chiarezza e amore.

Lavora consapevolmente con una forma di energia che trasmette alle persone? Lei guarda a lungo negli occhi. Ci sono molti momenti di silenzio. Esiste un impulso consapevole in direzione delle persone per aiutarle? Riconosce se qualcuno si risveglia? Succede consapevolmente qualcosa in Lei?

Noi tutti siamo energie. Se sa questo, non c’è più bisogno di lavoro. Aiuto e grazia scorrono senza interruzione. Non c’è l’illusione che sono io quello che aiuta. Impulsi e riflessioni sono possibili e utili per riconoscere a che “punto” si trova la persona che è davanti a me. Però sono utili per venire incontro individualmente alla persona. In realtà tutto succede da sé. Il silenzio è il mezzo migliore. In questo silenzio tutto succede da sé. Questo amore è senza forma e pure così tangibile.

Il sito di Madhukar è www.madhukar.org

261 Responses to “Essere tutt’uno, vivere con Advaita, intervista con Madhukar”

  1. eckhart ha detto:

    Ah ah ah ! E’ tutto perfetto,cos’altro aggiungere?
    Solo qualche stralcio dell’intervista che sintetizza alcuni punti importanti,a parer mio:

    “l’autoindagine serve a smascherare gli ostacoli che ci fanno pensare, che non siamo liberi.

    La verità è di una grande chiarezza e naturalezza.

    Gli sforzi sono solo apparenti. Per la persona questi sforzi magari sono stati necessari, ma non per Questo che sono io. Quello che sono non ha bisogno di nessun sforzo. Attraverso la grazia ho seguito il desiderio di libertà, ho seguito la chiamata del mio Maestro.

    dal messaggio di libertà di Papaji: “Sei già libero, non devi fare niente, non devi meditare, nessun Sadhana , nessun esercizio spirituale è necessario”. Fu come un fulmine. Chiarissimo. Potevo solo dire: “Sì, sì, sì!” Perchè?

    Le persone si sforzano, ma così la verità viene solo rinviata.

    Il Sé è assolutamente intatto, assolutamente puro. Sempre qui, sempre adesso.”

    WOW! :-))))

  2. sorrydi ha detto:

    Anche io trovo molto interessante questo articolo,un’alto passo che per me è un “concetto”di vera inportanza,nonche da assimilare,e che trova riscontri è:

    l’autoindagine ha a che fare con la ricerca della sorgente dell’Essere.

    L’orientamento su questo non lo vedo come ricerca con la mente, ma più come un risveglio permanente dal nostro sogno quotidiano,

  3. eckhart ha detto:

    PS. A scanso di equivoci,per quanto ho detto sopra:
    Dice Balsekar,Maestro Advaita:
    “Tutto serve a preparare la prossima scena.”
    Questa frase emblematica,spiega bene il senso di ciò che si diceva prima.
    Chi arriva da un Mestro Advaita,solitamente ha già un lungo percorso alle spalle,una “scena” precedente..
    Spesso proviene dal mondo di osho,e col quale ha svolto la sua sadhana (solitamente meditazione) e che serve come “preparazione” appunto,alla scena odierna,all’incontro con l’ultimo Maestro.
    Per questo può sembrare superficiale un’Advitin che afferma :“non c’è nulla da fare” e “tutto già è”.
    Questo spezza definitivamente l’Incantesimo,e l’ultimo sogno del Ricercatore svanisce nel nulla, rivolgendo tutta l’Energia all’interno di sé,piuttosto che verso l’ipotetica carota.

  4. (Y)am ha detto:

    Mah, ho dato una occhiata alle foto…ai fiori, alle ghirlande, al trono, a quella che gli bacia i piedi …contenti loro….

  5. eckhart ha detto:

    Yam:Mah, ho dato una occhiata alle foto…ai fiori, alle ghirlande, al trono, a quella che gli bacia i piedi …contenti loro….

    —————–

    Notare la forma senza badare al contenuto è come soffermarsi alla lettera e non al Succo.
    I troni,i fiori, i baciapiedi fanno parte di una esteriore rappresentazione rituale del mondo indiano.
    C’erano anche in Poonja,Osho,Nisargadatta…
    Celebrare il Maestro procura comunque una catarsi…
    ha la sua ragione d’essere…
    Il Maestro lo sa e lascia fare..
    Ma fa invece ancora parte del “Teorema della Carota”,del suo sogno,in quanto appartenente all’ego d’altronde, questo orgoglio che non può accettare totalmente questo “mondo” e notare solo alcuni riflessi e sue proiezioni.

  6. sorrydi ha detto:

    Pensavo anche io la stessa cosa di Eck.
    Poi pensavo alle 90 Rohls Royce,di Osho(il fine non è lo stesso del rituale come tradizione),ma voleva mettere in ridicolo la schiavitu’,dalla possessivita’, e dal materialismo.

  7. (Y)am ha detto:

    Ma fatemi il piacere, ormai anche un software e’ in grado di fare il guru advaita….fake!

  8. winter ha detto:

    Ricordo che Papaji raccontava di aver conosciuto solo due o tre illuminati: il primo era ovviamente Ramana, il secondo un sadhu lacero e malandato ai margini di una foresta, e il terzo – se ricordo bene – un sufi. Incredibile quanti discepoli illuminati non sapeva di avere… ;-)

  9. eckhart ha detto:

    Eppoi l’ipocrita sarei io..
    vedo che siete tutti ben preoccupati di capire tramite gossip o fiori vari ,(non avere altri strumenti d’altronde…) quanto questo personaggio sia o meno un Illuminato DOC,lanciando anatemi generici e giudizi..
    piuttosto che soffermarsi su quanto dice…
    ma forse è vero: non servono parole per capire ciò che si dovrebbe…
    E questo per me la dice lunga,come sempre..
    La solita retorica del sospetto..

  10. atisha ha detto:

    …Ciò che noto in Madhukar è una ripetizione di un certo linguaggio…
    ma nessuno sforzo per portarne innovazione..
    ciò che esprime è un po’ un disco fisso, un repeat dell’ambiente…
    Quanto al “detto”, al succo di ciò che esprime, niente da dire…

  11. sorrydi ha detto:

    Devo ammettere che da occidentale,i riti con fiori,troni,e riverenze,mi fatto prendere una certa distanza,ma siccome cerco di giudicare sempre l’insieme del quadro,lascio cadere i pregiudizi,e i preconcetti.
    Certo è che non ho mai considerato illuminati, le schiere di discepoli che ha un guru.Viceversa ho sempre considerato e ponderato cio’ che dice.

  12. paritoshluca ha detto:

    9eckhart
    Eppoi l’ipocrita sarei io..
    vedo che siete tutti ben preoccupati di capire tramite gossip o fiori vari ,(non avere altri strumenti d’altronde…) quanto questo personaggio sia o meno un Illuminato DOC,lanciando anatemi generici e giudizi..
    piuttosto che soffermarsi su quanto dice…
    ma forse è vero: non servono parole per capire ciò che si dovrebbe…
    E questo per me la dice lunga,come sempre..
    La solita retorica del sospetto..

    ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||

    E’ detto che anche il diavolo è un’ottimo teologo..però.lascia sempre trasparire un pezzo di coda..
    ma naturalmente la coda non appartiene alla teoria e alle chiacchiere..perchè studiare la lezione non è poi così difficile..
    la coda…si origina dal passaggio dalla teoria alla prassi..come si diceva una volta..e per vedere una “prassi” non in regola..non è tanto semplice..in quanto è necessario che anche noi dobbiamo avere operato questo passaggio..e allora i “gesti” del Maestro incontrano un terreno “simpatico” per risuonare dentro di noi..ma se nulla risuona..può essere che defettiamo noi delle corde adatte per recepirlo..e allora il Maestro o il ciarlatano non fa per noi..senza analizzare oltre..che non avrebbe senso..
    E riguardo alle accuse di ipocrisia..credo si originino dal fatto che echkart rivoga sempre principi teorici di pubblico dominio..senza relazionarsi a questi “principi”..lasciando velatamente intuire..che il piano mentale..è specchio purissimo di raggiungimenti interiori..e quindi delle due l’una..o eckart è illuminato..oppure l’accusa di ipocrisia..cioè di predicare e fare diversamente..non è tanto pellegrina..
    Naturalmente io non opto per nessuna delle due soluzioni..non ho prove per aderire all’una o all’altra..

  13. eckhart ha detto:

    Paritosh:riguardo alle accuse di ipocrisia..credo si originino dal fatto che eckhart rivoga sempre principi teorici di pubblico dominio..senza relazionarsi a questi “principi”..lasciando velatamente intuire..che il piano mentale..è specchio purissimo di raggiungimenti interiori..e quindi delle due l’una..o eckhart è illuminato..oppure l’accusa di ipocrisia..cioè di predicare e fare diversamente..non è tanto pellegrina..
    ————–
    Ottima analisi Paritosh..più che logica,anche se defetta sempre di quella retorica del sospetto,se ci fai caso..
    Chissà ,magari la verità sta in mezzo:non sono un illuminato ,conosco bene la lezione (e ciò non significa necessariamente, in superficie,mentalmente…) e ho intuito che certa logica della Meta non fa più per me,e per questo sento di seguire una via Diretta, e non teoricamente come Yam ..immerso in pratica in una Via duale .(Niente di male:ma perché umilmente non riconoscerlo? Solo questo,tra le righe gli osservavo..)

    PS Può darsi che neanche Madhukar sia un illuminato,chi lo sa..
    Ha ragione Atisha che osserva che questi segue pedissequamente la lezione e ciò non lo rende abbastanza stimolante..
    Propongo comunque un nuovo punto di vista,provocatorio se volete,e cioè:
    ammettiamo che Madhukar sia un impostore (magari in buona fede,e si è solo convinto..)
    ma che funzioni bene come Veicolo della Sorgente,
    potrebbe darsi ciò?
    Sta frodando l’anima di qualcuno,così?
    Ci sentiremmo di giudicarlo comunque,in tal caso?

  14. Sakshin ha detto:

    La prevedibile insopportabilità, fastidio, per il “Risveglio” altrui è una delle caratteristiche più evidenti che si possono riscontrare nell’ambiente dei ricercatori spirituali. E’ l’invidia spirituale.
    Bisogna dire che è prevedibile perché basata sui sentimenti pilastro dell’ego: invidia, sfiducia, rabbia, gelosia.
    Cambieranno mai questi atteggiamenti fino ad essere capovolti in: contentezza, fiducia, gioia, soddisfazione?
    No, non è possibile, perché in qualche misura, questa positività può averla solo chi è già Risvegliato verso un altro Risvegliato.
    Può averla solo il Sé che si è riconosciuto che riconosce il Sé in un altra forma della manifestazione.
    In realtà e in genere accade solo che questi sentimenti positivi e negativi saranno mischiati; ed emergeranno in varia misura a seconda dei momenti che si stanno attraversando e degli stimoli che producono nella mente, oltre che agitare i punti non risolti che vanno a toccare e i nodi sensibili che il senso dell’ego sostiene.

  15. sorrydi ha detto:

    Eckhart
    Propongo comunque un nuovo punto di vista,provocatorio se volete,e cioè:
    ammettiamo che Madhukar sia un impostore (magari in buona fede,e si è solo convinto..)
    ma che funzioni bene come Veicolo della Sorgente,
    potrebbe darsi ciò?
    Sta frodando l’anima di qualcuno,così?
    Ci sentiremmo di giudicarlo comunque,in tal caso?
    ——————–
    Ancora Eck:…ma che funzioni bene come veicolo della sorgente.

    Di questo ne sono ciecamente convinto.
    Il mondo contiene tutto.Un colore ha mille tonalita’,come dire il blu’ contiene una parte di azzurro.
    Noi siamo testimoni di Mahdukar,per quel che è per quel che uno percepisce hai suoi”piedi”,e ne trarra i giovamenti che “va cercando”,…..se proprio, è convinto di cercare qualcosa.
    Voglio dire se cè un’impostore,magari in una cera misura,è per me cosa normale,nel duale ci sono gradi di bellezza,e ogniuno ne vede il suo(grado).

  16. (Y)am ha detto:

    Io penso che tutti i nostri blah blah blah siano quanto di piu’ lontano ci possa essere dalla nostra vera natura profonda, il nostro comune vero Se’.

    Per quel che riguarda questo scimmiottatore di Poonja mi e’ bastato vedere le foto dei suoi satsang e condivido cio’ che ha detto Atisha.

    Penso a mia figlia e ai suoi amici che hanno iniziato a girare per l’india e a praticare yoga e meditazione, conoscendo lei e i suoi amici se si trovassero di fronte ad un personaggio come Madhukar non lo prenderebbero neanche in considerazione. Penso a me a quando ero giovane (ossia anche oggi…) . C’e’ un aspetto dello Yoga (considero lo Yoga uno solo ma con diverse sfumature..nelle sue varie forme) che e’ scientifico. Sono cioe’ istruzioni precise sulla vera natura della Realta’.
    Al diavolo quella forma di ipocrisia da cui J.K. per primo mise tutti in guardia.

    I piedi no, il feticismo spirituale e’ roba da accattoni spirituali….
    Cosi il puro messaggio dell’Advaita viene deturpato ad uso e consumo dei cretini.

  17. eckhart ha detto:

    Certo la pratica,l’ossessione della pratica…
    prima che diventi un blablabla pure quello..
    Soffermiaci sui piedi..contempliamoli, che è meglio..
    Tutto può diventare feticismo,anche la pratica.
    La Consapevolezza Vede pure questo.

  18. eckhart ha detto:

    PS :
    La mente considera la pratica,la Sadhana quasi fosse una ginnastica (per il corpo o la mente,nulla cambia).
    E’ qualcosa di molto più sottile invece,che dipende soprattutto dal “disporsi” che dal raggiungimento di un fine.
    JK lo sapeva e lo diceva..
    Se guardiamo gli illuminati,a parte un po’ di meditazione,essenzialmente,non è che abbiano fatto tanto (almeno come “fare”).
    Evidentemente doveva accadere che in quel corpo-mente,al di là di un ipotetico “sforzo” personale..
    (per chi si illude ancora che vi sia da sforzarsi..)
    La parola per chi ci riesce,è Accettazione,per gli altri che si illudono ancora (il loro ego)
    meglio che si rassegnino.

  19. eckhart ha detto:

    Questo Contributo,dovrebbe ritenersi definitivo-visto chi lo ha detto ,e non è un neoadvitin…-sull’argomento “fare” nella Pratica:

    “Chi dice a un fervente cercatore di fare questo e quello,non è un vero maestro.
    Il cercatore è già abbastanza afflitto dalle sue azioni e cerca pace,riposo e quiete.
    Un insegnante che assegna al cercatore altre cose da fare,oppure cose nuove in luogo di quelle vecchie,non lo aiuta.
    Fare significa creare immagini mentali,concettualizzare.
    L’azione,in quanto sforzo individuale,implica la distruzione dello stato di felicità intrinseca,sat-cit-ananda,
    attraverso quello che è un rafforzamento egoico.
    Un insegnante che assegni compiti non è un maestro,ma un distruttore.
    Non può liberare l’aspirante,può solo stringere ancora di più i ceppi che lo imprigionano.”

    RAMANA MAHARSHI

  20. (Y)am ha detto:

    Eckh: Soffermiaci sui piedi..contempliamoli, che è meglio..

    (Y)am: Certo, capisco. Tieni pero’ presente che non tutti gli esseri umani sono cosi addormentati, molti sono dotati di una forma di intelligenza che li tiene ben lontani da quelle forme di menzogna che da sempre affliggono la ricerca spirituale.
    Scimmiottare il mauna di Ramana creando atmosfere spirituali “cult” e’ artificioso….