Essere tutt’uno, vivere con Advaita, intervista con Madhukar
Madhukar, come definirebbe il Suo messaggio in poche parole?
Che ogni persona, indipendentemente delle sue circostanze di vita, è libertà e pace.
È allo stesso tempo anche il messaggio fondamentale di Advaita?
Sì, il messaggio di Advaita è: Tu sei Questo! Essere tutt’uno, Essere qui. Il Questo comprende tutto. Nella nostra cultura e nella tradizione cristiana il Questo viene chiamato Dio, l’intero universo. Nella tradizione dell’Advaita il Questo viene descritto con “Sat-Chit-Ananda”. Si traduce generalmente con esistenza-coscienza-beatitudine. Secondo la mia esperienza, anche la beatitudine è solo un’apparenza di corpo e mente.
La pace è verità assoluta: questo è conoscenza vera. Perciò descriverei il Questo con: esistenza-coscienza-pace. Advaita è una direzione filosofica e la filosofia non può mai spiegare realmente l’Essere o l’esperienza dell’Essere, ma può solamente provare a interpretarlo. La verità assoluta è che la Divinità è già qui. Non viene da fuori, ma esiste in ognuno di noi. Non c’è separazione. Solo Essere. Non esiste dualità. Questa è l’essenza dell’Advaita. La parola del Sanscrito indo-germanico significa letteralmente “non-dualità”.
Lei chiede alle persone che L’ascoltano di indagare sé stessi. Cos’è la sostanza dell’autoindagine? Come la si pratica?
Non esigo niente dalla gente. Ma presuppongo che vengono nelle mie riunioni perchè vogliono sentire la verità assoluta, riconoscere chi sono. Perciò consiglio l’autoindagine. Tra l’altro la parola autoindagine secondo me è più adatta che autoricerca, perché la ricerca secondo la nostra comprensione è legata con attività.
Autoindagine significa due cose: per prima cosa tratta del Sé. Il Sé ha sempre a che fare con me stesso. Il Sé viene definito dalla scienza moderna come concetto per descrivere quello che è la nostra coscienza, la consapevolezza conscia. Gli scienziati, i neurologi e psicologi non sanno con certezza, se si tratta di una coscienza personale o se, in realtà esiste una coscienza assoluta, la quale viene percepita solo tramite l’identificazione del corpo e della mente come coscienza individuale. L’Advaita si riferisce al Sé già da millenni di anni.
In secondo luogo, l’autoindagine ha a che fare con la ricerca della sorgente dell’Essere. L’orientamento su questo non lo vedo come ricerca con la mente, ma più come un risveglio permanente dal nostro sogno quotidiano, il sogno di una realtà apparente: arrivare Qui e raggiungere la verità assoluta. Essere qui. La verità assoluta per me è qualcosa di molto naturale. Nella terminologia dell’Advaita chiamiamo questo Sahaja Samadhi, Essere naturale. E siccome so che ciascuno è Questo, è possibile per ognuno conoscerlo.
Nelle antiche tradizioni di saggezza spesso mettevano condizioni per aprirsi ad una via o per praticare una via di saggezza particolare. Come funziona l’autoindagine? La possono fare tutti? Sono necessarie particolari condizioni fisiche, mentali o morali?
Non è compito mio dire alla gente: “Dovete fare questo o quello e soltanto allora potrete riconoscere chi siete”. Non vorrei appesantire nessuno con condizioni morali o etiche. Ciascuno di noi ha già in base alla sua educazione e cultura certi concetti etici e vive conforme a questi o li contravviene. Qui però non si tratta di morale, ma di riuscire a capire, chi “è” realmente presente. Per questo non c’è bisogno di particolari presupposti.
È sufficiente il desiderio ardente di libertà. Se la libertà esiste veramente, deve essere qui e adesso. Se la verità esiste, deve essere qui e adesso. È dimostrato dalla storia che sia uomini non etici, che quelli che erano considerati moralmente superiori, si sono risvegliati, completamente indipendente dalla loro vita precedente.
Se il risveglio li ha resi uomini “migliori” – bene, però questo non è essenziale. Si tratta della conoscenza di se stessi. E questo è possibile, indipendentemente di ogni condizione.
Evidentemente alla maggior parte degli uomini risulta difficile risvegliarsi spontaneamente. Ci sono degli ostacoli. Lei a cosa riconduce che la sola informazione non basta per il risveglio? E secondo Lei cos’è necessario per superare questi ostacoli?
L’ostacolo è l’identificazione con il corpo e la mente. Nel caso di un neonato questa identificazione ancora non c’è. Si potrebbe dire che ci viene insegnata. E più tardi questo insegnamento diventa realtà e gli uomini pensano di essere questa persona, che in realtà non è nient’altro che un collegamento complesso di pensieri e sentimenti.
È utile l’autoindagine con la semplice domanda “Chi sono io?” Erroneamente si pensa che l’autoindagine sia un esercizio per arrivare ad un certo stato o che sia la meta del risveglio. In realtà però è così, che l’autoindagine serve a smascherare gli ostacoli che ci fanno pensare, che non siamo liberi. Inoltre è molto utile il contatto con un risvegliato.
Come si distingue allora la percezione di un risvegliato da una persona normale? Percepisce il mondo che lo circonda in modo diverso?
La differenza è nell’identificazione accennata. Il risvegliato è il Sé. Invece la persona normale si identifica completamente con la sua percezione di corpo e mente, con le sue emozioni e il suo umore. Si potrebbe addirittura dire che è dipendente dai suoi succhi corporei, prigioniera delle reazioni biochimiche del suo cervello. Anche questa persona sorge dal Cuore, però è identificata con il pensiero dell’Io. Invece il risvegliato ha realizzato senza dubbi che è Questo, l’eterno, dove tutto ha luogo. Però, non è che vada per le strade e che mi dica sempre “Sono l’eterno, nel quale tutto succede”, ma l’essere qui è del tutto naturale.
Non c’è una separazione fra l’eterno e le manifestazioni della persona comune.
Come sappiamo, ognuno di noi vede il mondo in modo soggettivo e ciò nonostante partiamo da una realtà fissa, esistente e oggettiva. Anch’io percepisco il mondo con le sue bellezze e le sue sofferenze. Ma la coscienza dell’esistenza propria, del Sé, il quale non è influenzabile, è semplicemente più forte. La verità è di una grande chiarezza e naturalezza.
Il risveglio è un processo o un momento? Può descrivere il prima e il dopo della Sua esperienza?
Finché Lei pensa di essere in un processo, sembra come se fosse parte di questo processo. Tra illusione e verità, tra vita quotidiana e realtà, sonno profondo, sogno, stato di veglia, chi lo percepisce? Nel momento in cui Lei si è risvegliato, si rende conto che è sempre stato sveglio, che non è mai stato altro che questa presenza e che aveva solo orientato la Sua attenzione ad apparenze. Vorrei compararlo con la nostra percezione del sole. Come sappiamo, il sole splende sempre. In caso di una giornata nuvolosa però diciamo: “Il sole non c’è”. Peró il sole c’è sempre. Solo che tra noi e il sole si sono messe delle nuvole.
Quando le nuvole scompaiono, si dice: “Il sole splende”. Così diciamo anche al mattino: “Il sole sorge”. Ma in realtà la sera noi ci giriamo dall’altra parte e al mattino ci rivolgiamo di nuovo verso di esso. Anche quello che viene definito risveglio è sempre stato. In realtà non esiste un risveglio. Se esistesse un risveglio, significherebbe che prima non eravamo risvegliati. In realtà la libertà è sempre qui. Lei si rende conto che nella Sua vita è stato sveglio in molti momenti, però che non ha riconosciuto senza dubbio cos’è la realtà. Nessuno Le ha assicurato: la verità è adesso! Il vero Sé è adesso! Se si risveglia, allora riconoscerà che è sempre stato sveglio. Non esiste nient’altro.
Come ha vissuto questo momento del risveglio? Come una conseguenza dei Suoi sforzi? Oppure a cosa ha collegato il fatto che ad un certo momento si è risvegliato?
Io lo riconduco alla grazia. Gli sforzi sono solo apparenti. Per la persona questi sforzi magari sono stati necessari, ma non per Questo che sono io. Quello che sono non ha bisogno di nessun sforzo. Attraverso la grazia ho seguito il desiderio di libertà, ho seguito la chiamata del mio Maestro. Perché quando ho sentito il suo messaggio per la prima volta, è stato riportata da uno yoghi che parlava negativamente di Papaji, che dava un cattivo giudizio di questo Maestro a me ancora sconosciuto. Non mi sono lasciato influenzare da questa opinione, ma dal messaggio di libertà di Papaji: “Sei già libero, non devi fare niente, non devi meditare, nessun Sadhana , nessun esercizio spirituale è necessario”. Fu come un fulmine. Chiarissimo. Potevo solo dire: “Sì, sì, sì!” Perchè?
Anche io come molti altri, mi ero sforzato, come yoghi mi alzavo presto ogni mattina e facevo i miei esercizi, meditavo, per anni, decenni. Ho riconosciuto che tutto questo mi ha portato delle esperienze meravigliose, alle quali aspirano gli uomini spiritualmente interessati, come illuminazione, esplosioni energetiche, stati trascendentali, esperienze di morte, percezioni extracorporee, quindi varie realtà della coscienza, ecc. Però non mi era stato possibile la cognizione vera e propria di sapere chi sono. Ero stanco di esercitare, di tutta questa pratica, di questa ricerca nella cristianità, nello sciamanismo, nel buddhismo, nel tantra, nella filosofia.
Volevo la libertà. E se veramente Lei aspira alla libertà e sente questo messaggio di libertà, allora è un riconoscere immediato. Di conseguenza ho voluto incontrare subito questo guru. Ho preso il primo treno e ho viaggiato per 42 ore attraverso tutta l’India. Arrivato a Lucknow, mi sono reso conto che non sapevo neanche dove abitasse. Conoscevo solo il suo nome, Papaji, che non era il suo nome di famiglia, ma il titolo di onore “Padre venerando”. Ciò nonostante lo trovai in breve tempo, e al nostro primo incontro cadde da me un grande peso, tutto il passato, tutto quello che avevo imparato, tutta l’esperienza spirituale. Non l’ho considerato subito come il mio Maestro, questo diventò così poco a poco, nel praticare quello che mi consigliava, così tutto avvenne come doveva.
Non si potrebbe dire che i Suoi sforzi anteriori sono stati proficui per il Suo risveglio, così come lo descrivono i metodi yoga tradizionali? Nella sua breve biografia ho potuto leggere che ha avuto delle esperienze Kundalini, e tradizionalmente l’illuminazione è vista come punto d’arrivo di queste esperienze.
Nel percorso Yoga Samadhi è la meta. Esperimentare Samadhi è molto raro e meraviglioso, però si tratta ancora di stati. Ci sono dei yoghi potenti che sanno controllare il loro corpo e la loro mente, però non hanno necessariamente riconosciuto chi sono. Sembra come se gli sforzi o le cosiddette vie spirituali avessero portato al risveglio. Però in realtà è grazia e la presenza del Maestro. È ovvio che la via spirituale per molti è solo un rinvio che li ostacola nel riconoscere quello che è già qui! Le persone si sforzano, ma così la verità viene solo rinviata.
La verità è già qui. Perchè dobbiamo fare esercizi per questo? Perchè? Perchè pensiamo che ci sia un’impurezza nel corpo o nella mente, che questa o quella relazione debba essere ancora chiarita, che questo o quello dell’infanzia o del rapporto genitori-figli debba essere aggiustato, ecc? Fatto è: il Sé non è mai stato toccato da relazioni o esperienze. Il Sé è assolutamente intatto, assolutamente puro. Sempre qui, sempre adesso.
Ci può essere ancora uno sviluppo per la persona quando ha riconosciuto Questo?
Per la persona potrà esserci uno sviluppo, per il Sé no.
Che cosa vuole dire per Lei sviluppo?
Io penso a due saggi che hanno vissuto molto vicino, Sri Ramana Maharshi e Sri Aurobindo. Avevano realizzazioni simili, ma nella loro dottrina, se nel caso di Ramana si può parlare di una dottrina, Ramana ha vissuto il Sé come statico, mentre Aurobindo dopo il Nirvana ha riconosciuto ulteriori livelli di sviluppo della coscienza.
Sri Aurobindo pensa che il divino venga dall’alto, scenda verso livelli di coscienza inferiori e risalga poi di nuovo. Presuppone quindi un processo. La mia cognizione non è così, perché la verità assoluta non conosce questo processo, solo corpo e mente conoscono processi. Sarà servito a Sri Aurobindo e ai suoi praticare questo. È verità assoluta? Verità è che il divino è già qui e non viene da fuori, ma è in ognuno di noi.
La via spirituale viene spesso paragonata con un affinamento della personalità. Avviene un cambiamento nella psiche, nella mente, quando uno si è risvegliato?
Non si può generalizzare. Ci sono delle forme diverse: persone che dopo il loro risveglio si sono ritirate totalmente. Altri hanno trascurato il loro corpo e vissuto come selvaggi. Ramana Maharshi invece si è messo a disposizione 24 ore al giorno per le persone che venivano da lui e ha condotto una vita molto pura. Secondo la mia esperienza, se qualcosa si deve raffinare o cambiare, succede da solo. Specialmente se è ancorato nell’autoindagine.
Il mio Maestro mi diceva: “You don’t need to change anything” (Non devi cambiare niente). Lo sforzo di essere una persona migliore è sicuramente nobile, ma purtroppo non garantisce il risveglio. Esiste un detto di Buddha: “Per riposare nel Sé è più benefico il tempo che una formica richiede per camminare dalla punta alla radice del naso che tre vite piene di buone azioni.” Quindi anche il fondatore del buddismo, per il quale comprensione e buone azioni sono fondamentali, dichiara che il soffermarsi nel Sé è la cosa più importante.
Qual è la sua motivazione per comunicare? Lei comunica attraverso le Sue riunioni o Satsang che hanno una struttura precisa; vorrei quasi dire che sono un rito. Perché proprio in questo modo? Ha preso questo dal suo Maestro? Le sembra efficace?
È efficace! La grande gratitudine che molti mi esprimono per ciò che gli succede, dimostra senza ombra di dubbio: gli incontri sono benefici. Io non ho motivazione. Tutto succede semplicemente. Avvolte dico scherzando: “Io sono uno schiavo del mio Maestro”. Forse posso spiegarlo con il concetto d’onore delle antiche tradizioni di indiani e germani: se una persona ti ha salvato la vita, gli eri obbligato per tutta la vita. Originariamente non avevo il desiderio di vivere ed agire come lo sto facendo adesso.
Quando andai da Sri Poonjaji, avevo solo il desiderio concreto di essere libero. Tutto il resto è capitato da solo. Dopo due anni, Papaji mi ha predetto in un Satsang che molte persone, “tutto il mondo” come diceva lui, sarebbero venute da me. Se ci penso, devo dire che all’epoca mi sembrava irreale – e neanche attraente. Cos’è successo alcuni anni più tardi? Sono stato invitato a tenere Satsang da gente che si sentiva attratta da me, e ho accettato gli inviti. Così si sono sviluppate sempre di più queste tournée annuali di incontri, e migliaia di persone condividono queste riunioni con me. E mi piace così com’è.
Per quanto riguarda la forma del Satsang non vedo nessun motivo di cambiarla. La forma non è così importante. Quello che si rivela nel Satsang, quello che succede, è l’essenziale: meraviglioso e indescrivibile. La forma invece è molto semplice: da una parte il silenzio e dall’altra il dialogo. Il dialogo serve a chiarire domande e dubbi. È bene se le persone chiariscono i loro dubbi. La chiarezza è meravigliosa. La chiarezza è la chiave per il paradiso. Perchè il silenzio è una componente importante delle riunioni? Solo nel silenzio la verità si può rivelare.
Inoltre esprimo all’inizio del Satsang, secondo una tradizione antichissima, il desiderio del Gayatri-mantra: che tutta l’umanità, che tutte le creature trovino la pace. Nonostante che da migliaia di anni vediamo che il mondo non è in pace, continuiamo a desiderarlo. Prima di tutto intono un OM. Questo mantra già mi rallegrava e affascinava quando 25 anni fa venni in India per la prima volta. Secondo la sapienza vedica in questo suono si manifesta l’intero universo.
Nell’attuale cultura giovanile questa lettera, il logo di questo mantra, è molto popolare. Anche il mio Maestro ha cantato l’OM e ha parlato del suo grande effetto. Questo mantra è un suono universale, che suona anche nella religione cristiana in forma di un amen e nel buddismo come aum, nell’islam come amin.
Per il resto la forma del satsang è abbastanza libera. Certe volte può essere molto divertente e abbastanza sciolta e avvolte invece l’atmosfera è più sacra. Si balla con musica leggera, si ride, si piange, dipende. Però: un buon vino gusta meglio bevuto da un bicchiere di cristallo che da un bicchiere di plastica. Anche se la forma non è prioritaria, viene percepita superficialmente per prima. In realtà si tratta di qualcos’altro, cioè della conoscenza di sé stessi in chiarezza e amore.
Lavora consapevolmente con una forma di energia che trasmette alle persone? Lei guarda a lungo negli occhi. Ci sono molti momenti di silenzio. Esiste un impulso consapevole in direzione delle persone per aiutarle? Riconosce se qualcuno si risveglia? Succede consapevolmente qualcosa in Lei?
Noi tutti siamo energie. Se sa questo, non c’è più bisogno di lavoro. Aiuto e grazia scorrono senza interruzione. Non c’è l’illusione che sono io quello che aiuta. Impulsi e riflessioni sono possibili e utili per riconoscere a che “punto” si trova la persona che è davanti a me. Però sono utili per venire incontro individualmente alla persona. In realtà tutto succede da sé. Il silenzio è il mezzo migliore. In questo silenzio tutto succede da sé. Questo amore è senza forma e pure così tangibile.
Il sito di Madhukar è www.madhukar.org
Paritosh:
Afferrare questo momento..è lo scopo del nostro perder tempo..e si rende possibile..solo se comprediamo la differenza tra tra il domandarsi “chi sono io”..con il pensiero..o con quel qualcosa che superiore al pensiero..è quel barbiere che vorrebbe tosarci..solo se lo lasciassimo fare..
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Senza scopo,non afferrando,nulla perdendo..
questo è l’unico momento per Essere senza altro chiedersi ..
Ma il commento di Indira è veramente prezioso, perchè ci rivela una mentalità dominante, quella della maggioranza dei “semplici”.
Chi sono? Sono gli sbrigativi, quelli che hanno già risolto, quelli per cui è tutto facile (a parole). Imparare a vivere non è una questione di impegno, di studio, di sforzo. Non occorre farsi “il culo”, ma è questione “di culo”, sembrano affermare.
E’ annoiato il nostro Indira. Ha letto qualcosa, fatto qualcosina….ed eccolo, nel blog a carattere “spirituale” a cercare complicità per le sue profonde affermazioni….
E’ la mentalità dominante, la mentalità dei “signorini”. Un tratto distintivo dei nostri tempi. Un segno di profonda degenerazione mentale, fisica, spirituale.
Ti ci vorrebbe qualche bastonata, amico. E ricordati di ringraziare quando la riceverai…..
Quanta virilità caro ragazzo,ma quanti muscoli..
Signorini?Molto di più :questa è una Via moolto femminile ïŠ)))
Ma guarda che questo Gioco non è come fare le Olimpiadi! ïŠ))
Facile..difficile:sono solo concetti per la mente…
Altra cosa è la semplicità oltre ogni cosa.
Come il riporre l’attenzione nel riconoscere prima o poi,che quel meccanismo dell’ottenere è solo sforzo della mente.
Ma mettendo via i muscoli e lasciando spazio all’accadere dell’unica Forza…
ci si potrà anche permettere il Lusso di osservarsi tutto questo bello Spettacolo che si apre sempre nuovo e vivo..e riscoprire la nostra vera Natura senza sforzo..che mangia du spaghi quando ha fame,e fa solo quello..
In ciò ,non c’è nessuna degenerazione ..è una Via della Tradizione che ha radici almeno da Lao-Tse.
Boh, è strano, ma io (io chi?) più leggo il post di indira (che non sono io con un altro nicknale, e poi pensando ad Indira Gandhi ho pensato ad una donna), più lo trovo “vero”.
“interessante vedere quante parole e parole riempiono le nostre menti.” Le NOSTRE menti: lei (per me è una lei, ripeto) si è messa in gioco, insieme a tutti gli altri. Poi vedere le parole, i pensieri, che riempiono le menti mi ricorda tanto la metafora delle nuvole passaggere nel cielo vuoto permanente.
“ma la noia mi ha assalita al quarto messaggio.”; la noia l’ha assalita, non ha potuto farne a meno, come quando ti assale la fame, o il sonno. Che male c’è? Perché, Sak, vedi una critica? Ha raccontato un fatto, non ha detto “i vostri post sono noiosi”; per me il messaggio è diverso, semmai ho letto un giudizio di se stessa, che non ha avuto la forza di andare avanti e di sconfiggere la noia che l’aveva assalita.
Infine una proposta ed un commento: ““Chi sono?” questa è l’unica cosa da chiedersi… non pensate? Il resto è intrattenimento.”
Io (io chi?) nella parola “intrattenimento” ho letto il significato di “gioco”, di “lila”. E’ quello che accade qui, si scrive, si legge, si dibatte, si critica, si giudica, ma l’importante, sono d’accordo, è non prendersi troppo seriamente, soprattutto con se stessi. O no?
Che lo sforzo sia con voi!
Effettivamente i nostri post sono noiosi..
montagne di concetti che scimmiottano i Maestri..in una sorta di Babele posta in un labirinto..
Ma è chiaro che la necessità interiore ..se sentita ..mette tutto in secondo interesse..tranne la “dottrina”..che però il blog non è il luogo per impararla ma solo per temprarla..a chiacchiera..
In fin dei conti..chi reputa l’erudizione spirituale un ciarpame..non è che può dare molta energia alla stessa..e inevitabilmente il parlare diventa una sorte di recherche..in chat….e come la recherche..molta noiosa..
Credo che nella società del futuro..quella degli uomini consapevoli..la spiritualità chiacchierata sia una sorta di diario interiore..appassionante per chi sa scrivere..noioso per chi è irrimediabilmente palloso..
Luca, mentre ti leggevo ho notato una cosa nel tuo stile di scrittura, e mi va di dirtela. Ovviamente tu puoi farne quello che vuoi.
Ho notato l’uso molto intenso dei puntini di sospensione (non sei il solo).
E’ come se non volessi pause nel tuo scritto. Nessuna soluzione di continuità, nessun silenzio, anche quando non dici vuoi dire qualcosa, o tenere accesa l’attenzione (la tua? quella degli altri?).
Forse un po’ di “horror vacui”?
Voglio aggiungere che a volte alcuni usano i puntini per dire senza dire, un po’ alla “capito mi hai?”. O almeno così io (io chi?) interpreto.
Tu no. Tu potresti usare degli “underscore”, vale a dire il carattere “_”, in alternativa ai puntini, giusto per riempire.
Ad ogni modo, e poi cerco di darmi allo slow comment, è chiaro il perché indira sia stata assalita dalla noia leggendo il quarto commento: l’aveva scritto (Gn-Y)am.
Nella mente tutto è noioso se non si accendono le lucine che preferisce.
Insomma..tutto terreno per la letteratura,blog..
Non a caso i Maestri hanno solo parlato..e mai scritto nulla..
Ognuno cerca,trova ,quello che ha in mente di trovare.
Anche nel ciarpame,o fuori dalla mente.
O anche in un blog.
(Anzi no.Fuori dalla mente non c’è nessuno che cerchi qualcosa)
Eck, mi induci a rompere il mio silenzio.
Non è vero che i Maestri hanno solo parlato. Vedi ad esempio il tuo omonimo Tolle, che scrive, eccome. Anche J. Krishnamurti mi pare scrivesse, oltre a parlare, anche se su questo sono meno sicuro.
Qualcuno dirà che non sono Maestri. Boh?
126Bipo
Luca, mentre ti leggevo ho notato una cosa nel tuo stile di scrittura, e mi va di dirtela. Ovviamente tu puoi farne quello che vuoi.
Ho notato l’uso molto intenso dei puntini di sospensione (non sei il solo).
E’ come se non volessi pause nel tuo scritto. Nessuna soluzione di continuità, nessun silenzio, anche quando non dici vuoi dire qualcosa, o tenere accesa l’attenzione (la tua? quella degli altri?).
Forse un po’ di “horror vacui”?
………….
Il punto e lo spazio sono la punteggiatura essenziale..
Il punto è l’Essere..mentre lo spazio è il Non Essere…
e tra un puntino e l’altro c’è il Non Essere..
La virgola è la mediazione..le complicazioni..il mondo psichico..mentre il punto è il mondo materiale e lo spazio il mondo spirituale..
Punto e spazio sono l’alfa e l’omega..Zorba e Budda..
Zorba è il punto..che afferma..mentre Budda è lo spazio..che è il silenzio..
Il mondo profano appartiene alle virgole..alle indefinite variazioni psichiche..mentre a me interessa il corpo..come punto d’appoggio..e di partenza..e lo Spirito..come meta celeste e punto d’arrivo..
Insomma..i puntini che metto tra una frase e l’altra..rappresentano un silenzio lampeggiante..una Consapevolezza che nasce e muore assorbita da quell’Infinito che è la Sua origine..
Le virgole..non mi interessano..come Farinata..mi ergo dalla tomba con “gran dispitto”..circondato dalla punteggiatura..a cui rivolgo sguardi sprezzanti..
Caro Bipo (sapevo che qualcuno si sarebbe attaccato,non cogliendone il senso)
ho affermato che i Maestri non fanno mai letteratura (neanche quella di Guirdjeff ,che ti sei dimenticato,si può definire letteratura).
NB “Il Potere di Adesso” è tratto da un insieme di discorsi.
PS Ehi Paritosh..cosa hai bevuto? ïŠ)))
Una nota tecnica: tolgo la visualizzazione degli ultimi commenti in home page. Rallentano la visualizzazione delle pagine e diventa particolarmente pesante per chi non ha una connessione veloce. Credo comunque che chi scrive con regolarità utilizza il “Mandami una notifica via email quando vi sono nuovi commenti” per essere informato degli aggiornamenti.
IVO: Credo comunque che chi scrive con regolarità utilizza il “Mandami una notifica via email quando vi sono nuovi commenti” per essere informato degli aggiornamenti.
ati: mi spieghi dove trovo l’opzione? a me arriva solo notifica di nuovi messaggi… ma non nuovi commenti… Ho cercato ma nisba :-)
un caro saluto…
Certo che Indira l’avete smontato e rimontato in un paio di post’…..ma dove sta’ la vostra saggezza!quella che dovrebbe prevaricare sulla mente pensante e scimmiesca,dove sta’ la vostra calma,quelle che vi dovrebbe far scaturire carezze…(almeno inizialmente),dove sta’ la vostra “buddihta”qualcuno di voi ha raggiunto…la tolleranza.
Non parlo dello “stereotipo” del saggio,che l’ho superato da un po’,anche se qui bisognerebbe capire dove comincia l’insegnamento,e finisce l’identificazione arroccata nella mente.
Indira ha fatto un post,contro i vostri cinque barra….
Cio’ che voglio dire è che qui si diventa inconsapevoli nell’intrattenimento,nel voler andare in casa”degli altri,senza nemmeno conoscerli un po’.
Poi per carita’,non siamo tutti uguali.
Se poi sono solo vascelli di passaggio,è un problema loro.
Grazie Ivo,io usavo l’apertura della homepeige come meditazione..hhaa hhaa.
sorrydi: …..ma dove sta’ la vostra saggezza!quella che dovrebbe prevaricare sulla mente pensante e scimmiesca,dove sta’ la vostra calma,quelle che vi dovrebbe far scaturire carezze…(almeno inizialmente),dove sta’ la vostra “buddihta”qualcuno di voi ha raggiunto…la tolleranza.
atisha: non c’è tolleranza.. già… c’è la mente pensante.. che dubita..
non c’è buddhità… non ci sono carezze…
Non puoi trovarla in un blog/forum… nuda!
La buddhità è ovunque, ma puoi trovarla solo dove fissi l’Attenzione… ;-)
“Qualcuno chiese al maestro Zen Un-mun ‘Cos’è Buddha?’ Un-mun rispose ‘sterco secco’.”
Questo koan zen mi ha sempre infuso una notevole speranza: forse anch’io, che mi reputo sterco secco, sono Buddha.
PS Ati il flag di cui parla Ivo sta proprio sotto il pulsante “submit comment” che si preme quando si vuole postare un commento.
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C’è una serie di dialoghi di J. Krishnamurti con un maestro buddhista (ma anche quelli famosi col fisico quantico Bohm) ove ,pur partendo apparentemente da “posizioni”diverse ,se non opposte,si apprezza lo sforzo di capirsi,di voler convergere verso un unico Fine,di dire la stessa cosa con parole diverse,o quando non è.. non c’è un forzare il concetto sottintenso,un voler “dividere” a tutti i costi.
E’ il vero Ascolto dell’Altro,che in Unità, diventa l’Attenzione impersonale a cu fa riferimento Atisha.
Può accadere anche in un blog,perchè no..se vi sono quelle giuste premesse e facendo i conti con l’ego.
Sicuramente la strada non è mai la critica sulla critica..meglio a volte spezzare col silenzio (lo dico pure a me..)
ma siccome ci piace tanto parlare per il gusto di..nulla di male se ci si intrattenga.