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and Anima Mundi

8
Aug
2008
0

Essere tutt’uno, vivere con Advaita, intervista con Madhukar

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Madhukar, come definirebbe il Suo messaggio in poche parole?

Che ogni persona, indipendentemente delle sue circostanze di vita, è libertà e pace.

È allo stesso tempo anche il messaggio fondamentale di Advaita?

Sì, il messaggio di Advaita è: Tu sei Questo! Essere tutt’uno, Essere qui. Il Questo comprende tutto. Nella nostra cultura e nella tradizione cristiana il Questo viene chiamato Dio, l’intero universo. Nella tradizione dell’Advaita il Questo viene descritto con “Sat-Chit-Ananda”. Si traduce generalmente con esistenza-coscienza-beatitudine. Secondo la mia esperienza, anche la beatitudine è solo un’apparenza di corpo e mente.

La pace è verità assoluta: questo è conoscenza vera. Perciò descriverei il Questo con: esistenza-coscienza-pace. Advaita è una direzione filosofica e la filosofia non può mai spiegare realmente l’Essere o l’esperienza dell’Essere, ma può solamente provare a interpretarlo. La verità assoluta è che la Divinità è già qui. Non viene da fuori, ma esiste in ognuno di noi. Non c’è separazione. Solo Essere. Non esiste dualità. Questa è l’essenza dell’Advaita. La parola del Sanscrito indo-germanico significa letteralmente “non-dualità”.

Lei chiede alle persone che L’ascoltano di indagare sé stessi. Cos’è la sostanza dell’autoindagine? Come la si pratica?

Non esigo niente dalla gente. Ma presuppongo che vengono nelle mie riunioni perchè vogliono sentire la verità assoluta, riconoscere chi sono. Perciò consiglio l’autoindagine. Tra l’altro la parola autoindagine secondo me è più adatta che autoricerca, perché la ricerca secondo la nostra comprensione è legata con attività.

Autoindagine significa due cose: per prima cosa tratta del Sé. Il Sé ha sempre a che fare con me stesso. Il Sé viene definito dalla scienza moderna come concetto per descrivere quello che è la nostra coscienza, la consapevolezza conscia. Gli scienziati, i neurologi e psicologi non sanno con certezza, se si tratta di una coscienza personale o se, in realtà esiste una coscienza assoluta, la quale viene percepita solo tramite l’identificazione del corpo e della mente come coscienza individuale. L’Advaita si riferisce al Sé già da millenni di anni.

In secondo luogo, l’autoindagine ha a che fare con la ricerca della sorgente dell’Essere. L’orientamento su questo non lo vedo come ricerca con la mente, ma più come un risveglio permanente dal nostro sogno quotidiano, il sogno di una realtà apparente: arrivare Qui e raggiungere la verità assoluta. Essere qui. La verità assoluta per me è qualcosa di molto naturale. Nella terminologia dell’Advaita chiamiamo questo Sahaja Samadhi, Essere naturale. E siccome so che ciascuno è Questo, è possibile per ognuno conoscerlo.

Nelle antiche tradizioni di saggezza spesso mettevano condizioni per aprirsi ad una via o per praticare una via di saggezza particolare. Come funziona l’autoindagine? La possono fare tutti? Sono necessarie particolari condizioni fisiche, mentali o morali?

Non è compito mio dire alla gente: “Dovete fare questo o quello e soltanto allora potrete riconoscere chi siete”. Non vorrei appesantire nessuno con condizioni morali o etiche. Ciascuno di noi ha già in base alla sua educazione e cultura certi concetti etici e vive conforme a questi o li contravviene. Qui però non si tratta di morale, ma di riuscire a capire, chi “è” realmente presente. Per questo non c’è bisogno di particolari presupposti.

È sufficiente il desiderio ardente di libertà. Se la libertà esiste veramente, deve essere qui e adesso. Se la verità esiste, deve essere qui e adesso. È dimostrato dalla storia che sia uomini non etici, che quelli che erano considerati moralmente superiori, si sono risvegliati, completamente indipendente dalla loro vita precedente.

Se il risveglio li ha resi uomini “migliori” – bene, però questo non è essenziale. Si tratta della conoscenza di se stessi. E questo è possibile, indipendentemente di ogni condizione.

Evidentemente alla maggior parte degli uomini risulta difficile risvegliarsi spontaneamente. Ci sono degli ostacoli. Lei a cosa riconduce che la sola informazione non basta per il risveglio? E secondo Lei cos’è necessario per superare questi ostacoli?

L’ostacolo è l’identificazione con il corpo e la mente. Nel caso di un neonato questa identificazione ancora non c’è. Si potrebbe dire che ci viene insegnata. E più tardi questo insegnamento diventa realtà e gli uomini pensano di essere questa persona, che in realtà non è nient’altro che un collegamento complesso di pensieri e sentimenti.

È utile l’autoindagine con la semplice domanda “Chi sono io?” Erroneamente si pensa che l’autoindagine sia un esercizio per arrivare ad un certo stato o che sia la meta del risveglio. In realtà però è così, che l’autoindagine serve a smascherare gli ostacoli che ci fanno pensare, che non siamo liberi. Inoltre è molto utile il contatto con un risvegliato.

Come si distingue allora la percezione di un risvegliato da una persona normale? Percepisce il mondo che lo circonda in modo diverso?

La differenza è nell’identificazione accennata. Il risvegliato è il Sé. Invece la persona normale si identifica completamente con la sua percezione di corpo e mente, con le sue emozioni e il suo umore. Si potrebbe addirittura dire che è dipendente dai suoi succhi corporei, prigioniera delle reazioni biochimiche del suo cervello. Anche questa persona sorge dal Cuore, però è identificata con il pensiero dell’Io. Invece il risvegliato ha realizzato senza dubbi che è Questo, l’eterno, dove tutto ha luogo. Però, non è che vada per le strade e che mi dica sempre “Sono l’eterno, nel quale tutto succede”, ma l’essere qui è del tutto naturale.
Non c’è una separazione fra l’eterno e le manifestazioni della persona comune.

Come sappiamo, ognuno di noi vede il mondo in modo soggettivo e ciò nonostante partiamo da una realtà fissa, esistente e oggettiva. Anch’io percepisco il mondo con le sue bellezze e le sue sofferenze. Ma la coscienza dell’esistenza propria, del Sé, il quale non è influenzabile, è semplicemente più forte. La verità è di una grande chiarezza e naturalezza.

Il risveglio è un processo o un momento? Può descrivere il prima e il dopo della Sua esperienza?

Finché Lei pensa di essere in un processo, sembra come se fosse parte di questo processo. Tra illusione e verità, tra vita quotidiana e realtà, sonno profondo, sogno, stato di veglia, chi lo percepisce? Nel momento in cui Lei si è risvegliato, si rende conto che è sempre stato sveglio, che non è mai stato altro che questa presenza e che aveva solo orientato la Sua attenzione ad apparenze. Vorrei compararlo con la nostra percezione del sole. Come sappiamo, il sole splende sempre. In caso di una giornata nuvolosa però diciamo: “Il sole non c’è”. Peró il sole c’è sempre. Solo che tra noi e il sole si sono messe delle nuvole.

Quando le nuvole scompaiono, si dice: “Il sole splende”. Così diciamo anche al mattino: “Il sole sorge”. Ma in realtà la sera noi ci giriamo dall’altra parte e al mattino ci rivolgiamo di nuovo verso di esso. Anche quello che viene definito risveglio è sempre stato. In realtà non esiste un risveglio. Se esistesse un risveglio, significherebbe che prima non eravamo risvegliati. In realtà la libertà è sempre qui. Lei si rende conto che nella Sua vita è stato sveglio in molti momenti, però che non ha riconosciuto senza dubbio cos’è la realtà. Nessuno Le ha assicurato: la verità è adesso! Il vero Sé è adesso! Se si risveglia, allora riconoscerà che è sempre stato sveglio. Non esiste nient’altro.

Come ha vissuto questo momento del risveglio? Come una conseguenza dei Suoi sforzi? Oppure a cosa ha collegato il fatto che ad un certo momento si è risvegliato?

Io lo riconduco alla grazia. Gli sforzi sono solo apparenti. Per la persona questi sforzi magari sono stati necessari, ma non per Questo che sono io. Quello che sono non ha bisogno di nessun sforzo. Attraverso la grazia ho seguito il desiderio di libertà, ho seguito la chiamata del mio Maestro. Perché quando ho sentito il suo messaggio per la prima volta, è stato riportata da uno yoghi che parlava negativamente di Papaji, che dava un cattivo giudizio di questo Maestro a me ancora sconosciuto. Non mi sono lasciato influenzare da questa opinione, ma dal messaggio di libertà di Papaji: “Sei già libero, non devi fare niente, non devi meditare, nessun Sadhana , nessun esercizio spirituale è necessario”. Fu come un fulmine. Chiarissimo. Potevo solo dire: “Sì, sì, sì!” Perchè?

Anche io come molti altri, mi ero sforzato, come yoghi mi alzavo presto ogni mattina e facevo i miei esercizi, meditavo, per anni, decenni. Ho riconosciuto che tutto questo mi ha portato delle esperienze meravigliose, alle quali aspirano gli uomini spiritualmente interessati, come illuminazione, esplosioni energetiche, stati trascendentali, esperienze di morte, percezioni extracorporee, quindi varie realtà della coscienza, ecc. Però non mi era stato possibile la cognizione vera e propria di sapere chi sono. Ero stanco di esercitare, di tutta questa pratica, di questa ricerca nella cristianità, nello sciamanismo, nel buddhismo, nel tantra, nella filosofia.

Volevo la libertà. E se veramente Lei aspira alla libertà e sente questo messaggio di libertà, allora è un riconoscere immediato. Di conseguenza ho voluto incontrare subito questo guru. Ho preso il primo treno e ho viaggiato per 42 ore attraverso tutta l’India. Arrivato a Lucknow, mi sono reso conto che non sapevo neanche dove abitasse. Conoscevo solo il suo nome, Papaji, che non era il suo nome di famiglia, ma il titolo di onore “Padre venerando”. Ciò nonostante lo trovai in breve tempo, e al nostro primo incontro cadde da me un grande peso, tutto il passato, tutto quello che avevo imparato, tutta l’esperienza spirituale. Non l’ho considerato subito come il mio Maestro, questo diventò così poco a poco, nel praticare quello che mi consigliava, così tutto avvenne come doveva.

Non si potrebbe dire che i Suoi sforzi anteriori sono stati proficui per il Suo risveglio, così come lo descrivono i metodi yoga tradizionali? Nella sua breve biografia ho potuto leggere che ha avuto delle esperienze Kundalini, e tradizionalmente l’illuminazione è vista come punto d’arrivo di queste esperienze.

Nel percorso Yoga Samadhi è la meta. Esperimentare Samadhi è molto raro e meraviglioso, però si tratta ancora di stati. Ci sono dei yoghi potenti che sanno controllare il loro corpo e la loro mente, però non hanno necessariamente riconosciuto chi sono. Sembra come se gli sforzi o le cosiddette vie spirituali avessero portato al risveglio. Però in realtà è grazia e la presenza del Maestro. È ovvio che la via spirituale per molti è solo un rinvio che li ostacola nel riconoscere quello che è già qui! Le persone si sforzano, ma così la verità viene solo rinviata.

La verità è già qui. Perchè dobbiamo fare esercizi per questo? Perchè? Perchè pensiamo che ci sia un’impurezza nel corpo o nella mente, che questa o quella relazione debba essere ancora chiarita, che questo o quello dell’infanzia o del rapporto genitori-figli debba essere aggiustato, ecc? Fatto è: il Sé non è mai stato toccato da relazioni o esperienze. Il Sé è assolutamente intatto, assolutamente puro. Sempre qui, sempre adesso.

Ci può essere ancora uno sviluppo per la persona quando ha riconosciuto Questo?

Per la persona potrà esserci uno sviluppo, per il Sé no.

Che cosa vuole dire per Lei sviluppo?

Io penso a due saggi che hanno vissuto molto vicino, Sri Ramana Maharshi e Sri Aurobindo. Avevano realizzazioni simili, ma nella loro dottrina, se nel caso di Ramana si può parlare di una dottrina, Ramana ha vissuto il Sé come statico, mentre Aurobindo dopo il Nirvana ha riconosciuto ulteriori livelli di sviluppo della coscienza.

Sri Aurobindo pensa che il divino venga dall’alto, scenda verso livelli di coscienza inferiori e risalga poi di nuovo. Presuppone quindi un processo. La mia cognizione non è così, perché la verità assoluta non conosce questo processo, solo corpo e mente conoscono processi. Sarà servito a Sri Aurobindo e ai suoi praticare questo. È verità assoluta? Verità è che il divino è già qui e non viene da fuori, ma è in ognuno di noi.

La via spirituale viene spesso paragonata con un affinamento della personalità. Avviene un cambiamento nella psiche, nella mente, quando uno si è risvegliato?

Non si può generalizzare. Ci sono delle forme diverse: persone che dopo il loro risveglio si sono ritirate totalmente. Altri hanno trascurato il loro corpo e vissuto come selvaggi. Ramana Maharshi invece si è messo a disposizione 24 ore al giorno per le persone che venivano da lui e ha condotto una vita molto pura. Secondo la mia esperienza, se qualcosa si deve raffinare o cambiare, succede da solo. Specialmente se è ancorato nell’autoindagine.

Il mio Maestro mi diceva: “You don’t need to change anything” (Non devi cambiare niente). Lo sforzo di essere una persona migliore è sicuramente nobile, ma purtroppo non garantisce il risveglio. Esiste un detto di Buddha: “Per riposare nel Sé è più benefico il tempo che una formica richiede per camminare dalla punta alla radice del naso che tre vite piene di buone azioni.” Quindi anche il fondatore del buddismo, per il quale comprensione e buone azioni sono fondamentali, dichiara che il soffermarsi nel Sé è la cosa più importante.

Qual è la sua motivazione per comunicare? Lei comunica attraverso le Sue riunioni o Satsang che hanno una struttura precisa; vorrei quasi dire che sono un rito. Perché proprio in questo modo? Ha preso questo dal suo Maestro? Le sembra efficace?

È efficace! La grande gratitudine che molti mi esprimono per ciò che gli succede, dimostra senza ombra di dubbio: gli incontri sono benefici. Io non ho motivazione. Tutto succede semplicemente. Avvolte dico scherzando: “Io sono uno schiavo del mio Maestro”. Forse posso spiegarlo con il concetto d’onore delle antiche tradizioni di indiani e germani: se una persona ti ha salvato la vita, gli eri obbligato per tutta la vita. Originariamente non avevo il desiderio di vivere ed agire come lo sto facendo adesso.

Quando andai da Sri Poonjaji, avevo solo il desiderio concreto di essere libero. Tutto il resto è capitato da solo. Dopo due anni, Papaji mi ha predetto in un Satsang che molte persone, “tutto il mondo” come diceva lui, sarebbero venute da me. Se ci penso, devo dire che all’epoca mi sembrava irreale – e neanche attraente. Cos’è successo alcuni anni più tardi? Sono stato invitato a tenere Satsang da gente che si sentiva attratta da me, e ho accettato gli inviti. Così si sono sviluppate sempre di più queste tournée annuali di incontri, e migliaia di persone condividono queste riunioni con me. E mi piace così com’è.

Per quanto riguarda la forma del Satsang non vedo nessun motivo di cambiarla. La forma non è così importante. Quello che si rivela nel Satsang, quello che succede, è l’essenziale: meraviglioso e indescrivibile. La forma invece è molto semplice: da una parte il silenzio e dall’altra il dialogo. Il dialogo serve a chiarire domande e dubbi. È bene se le persone chiariscono i loro dubbi. La chiarezza è meravigliosa. La chiarezza è la chiave per il paradiso. Perchè il silenzio è una componente importante delle riunioni? Solo nel silenzio la verità si può rivelare.

Inoltre esprimo all’inizio del Satsang, secondo una tradizione antichissima, il desiderio del Gayatri-mantra: che tutta l’umanità, che tutte le creature trovino la pace. Nonostante che da migliaia di anni vediamo che il mondo non è in pace, continuiamo a desiderarlo. Prima di tutto intono un OM. Questo mantra già mi rallegrava e affascinava quando 25 anni fa venni in India per la prima volta. Secondo la sapienza vedica in questo suono si manifesta l’intero universo.

Nell’attuale cultura giovanile questa lettera, il logo di questo mantra, è molto popolare. Anche il mio Maestro ha cantato l’OM e ha parlato del suo grande effetto. Questo mantra è un suono universale, che suona anche nella religione cristiana in forma di un amen e nel buddismo come aum, nell’islam come amin.

Per il resto la forma del satsang è abbastanza libera. Certe volte può essere molto divertente e abbastanza sciolta e avvolte invece l’atmosfera è più sacra. Si balla con musica leggera, si ride, si piange, dipende. Però: un buon vino gusta meglio bevuto da un bicchiere di cristallo che da un bicchiere di plastica. Anche se la forma non è prioritaria, viene percepita superficialmente per prima. In realtà si tratta di qualcos’altro, cioè della conoscenza di sé stessi in chiarezza e amore.

Lavora consapevolmente con una forma di energia che trasmette alle persone? Lei guarda a lungo negli occhi. Ci sono molti momenti di silenzio. Esiste un impulso consapevole in direzione delle persone per aiutarle? Riconosce se qualcuno si risveglia? Succede consapevolmente qualcosa in Lei?

Noi tutti siamo energie. Se sa questo, non c’è più bisogno di lavoro. Aiuto e grazia scorrono senza interruzione. Non c’è l’illusione che sono io quello che aiuta. Impulsi e riflessioni sono possibili e utili per riconoscere a che “punto” si trova la persona che è davanti a me. Però sono utili per venire incontro individualmente alla persona. In realtà tutto succede da sé. Il silenzio è il mezzo migliore. In questo silenzio tutto succede da sé. Questo amore è senza forma e pure così tangibile.

Il sito di Madhukar è www.madhukar.org

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261 Responses

  1. ottimo Gianni… :-)
    bello il tuo appunto su Jung..
    quanto al Pavone avevo capito… ho solo preso l’occasione al volo per aggiungere un mio commento…

    saluti

  2. Sakshin

    Una volta chiamavo la schiavitù libertà, soltanto perchè non ero capace di immaginare il confine e le pareti del recinto nelle quali mi ero confinato. L’arbitrio libero che tanto proclamavo è stato un mito che è esistito in me fino a quando mi sono raccontato, convinto: io sono questo corpo.
    L’ identità con la carne, con l’emozioni, con i pensieri, pur se rosei e celesti, mi dava un senso vertiginoso che appariva scelta, mentre in realtà ero relegato, vagante e sordo, in una prigione dalle sbarre invisibili e inafferrabili. Quando questo credermi persona cadde, il senso dell’interdipendenza con il Tutto divenne sempre più smagliante, evidente oltre ogni titubanza. Stupore e meraviglia mi avevano invaso, e avevano dissolto l’immagine di me.
    Non esisteva più la libertà dell’io, ma esisteva ora solo la libertà dall’io. Il tabù si era dissolto; il Velo era caduto.
    Ora sapevo che la liberazione dal presunto libero agire, da me creduto suprema e umana legge, era invece il tabù più difficile da smontare che ci fosse. Un tabù che ci accompagna da sempre.
    Allora non sapevo che a colui che è immerso sognante in questo potente credo non piaceva vedersi morire sull’altare alchemico della mistica rinascita. Questa effimera entità non voleva e non poteva lasciare il posto, sorridendo, al soffio pulsante del Sè infinito. Adesso invece so che non ho confini, ma accetto di crearmeli consapevolmente per permettermi di danzare con Voi.

  3. Bipo

    Caro Gianni, il mio sul Chaudhuri ed il leghismo era solo uno stupido gioco di parole: il nome del poeta mi ha ricordato il “celodurismo”…

    Caro Sak, a proposito della storia delle poesie per la scelta del successore del patriarca in Hui Neng, ho letto da poco un libro della maestra Zen Charlotte Joko Beck. Non sto a dire che se questa signora sia illuminata o no (lei afferma di non esserlo), se sia autorevole o no, ecc., ognuno se vuole si documenti in merito, se vuole. Il libro si intitola “Zen Quotidiano” e personalmente l’ho trovato molto interssate. Ad ogni modo, ella riferisce lo stesso episodio, e conclude dicendo che sì la poesia di Hui Neng dimostrava un elevato grado di realizzazione, ma anche che la prima poesia rappresenta uno dei migliori modi di rappresentare la paritica per chi realizzato non è, e quindi consiglia di partire da questa prima.

    A ciascuno il suo…

  4. Sakshin

    Bipo:
    A ciascuno il suo…
    ***
    Hai ragione. Anche la Scuola dell’illuminazione graduale, diversamente dalla scuola della illuminazione improvvisa ( Rinzai ) ha una sua verità. La metafora dello specchio sporco per indicare la mente del praticante è spesso ripetuta nella tradizione Zen.
    Un detto Zen dice: “Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone”.
    Perciò: certo, c’è qualcosa da “realizzare”, la pratica del non far nulla indolente non porta frutti.
    Se fosse diversamente, a che cosa la Via? In questo senso, dunque, ripuliamo il nostro specchio.
    Ma è anche vero che concepire la pratica come un graduale avvicinamento alla pulizia totale, rischia di farci fa cadere in una ambizione spirituale tesa rincorsa di qualcosa che vediamo sempre davanti a noi, che non realizzeremo mai.
    È il dualismo. Il vuoto è già qui: c’è solo da realizzarlo. Nessuno ha mai detto che al vuoto si giunge: si realizza, questo sì!
    Per questo allora la pratica, come ritiene la scuola della illuminazione graduale (Soto Zen ), non è qualcosa per diventare illuminati, ma è essa stessa illuminazione: samsara è nirvana.
    Basta solo coglierlo.

  5. Bipo: Il vuoto è già qui: c’è solo da realizzarlo. Nessuno ha mai detto che al vuoto si giunge: si realizza, questo sì!

    atisha (1959/2002 scuola Rinzai/Soto Zen): le scuole servono, ad un certo punto ad allontanarci vorticosamente dal realizzare… sempre secondo me… cioè data la mia esperienza…
    Le scuole diverse, i sentieri, servono a moltissimo fattori che non sto ad elencare… mascherando però la spiritualità stessa.. perchè la confondono con il “sentimentalismo” della scuola di appartenenza che non viene mai superato…
    se si è ben guidati nello studio e pratica (q qui non dipende dalla scuola ma dall’Individuo che guida), certamente ci procureremo grande serenità e ciò ci farà credere di essere sulla strada giusta (questo in qualsiasi disciplina o scuola)…ma nel contempo dovrebbe farci sviluppar L’INTUIZIONE.. e senza intuizione non si salta da nessuna parte… resta materia morta, diventa tutto un dogma alla lunga infruttoso che prende la strada di una qualsiasi religione …
    un ghetto insomma…

    :-)

  6. errata corrige:
    X Bipo: Il vuoto è già qui: c’è solo da realizzarlo. Nessuno ha mai detto che al vuoto si giunge: si realizza, questo sì! (Sak)

  7. Sakshin

    Bipo:
    … ho letto da poco un libro della maestra Zen Charlotte Joko Beck. Non sto a dire che se questa signora sia illuminata o no (lei afferma di non esserlo), se sia autorevole o no…
    ***
    E’ ovvio che non possa dirlo… perchè quando accade l’Illuminazione viene meno anche quel “a me” che lo possa affermare.
    Non si può dire “io” sono illuminato, senza invalidare l’illuminazione stessa. Al massimo si allude…

  8. pellegrino

    Il vuoto non esiste, è un concetto relativo. Stai in silenzio ed ecco il vuoto. Poi si approfondisce. Finchè l’incommensurabile, che è la vita medesima, non ti sovrasta.

    Scusate, ma siccome non sono pratico di blog, più che altro è un commento di prova per vedere come funziona.

    Ciao e grazie.

    :-))

  9. Sakshin

    Pellegrino:
    Il vuoto non esiste,
    è un concetto relativo.
    Stai in silenzio ed ecco il vuoto.
    Poi si approfondisce.
    Finchè l’incommensurabile,
    che è la vita medesima,
    non ti sovrasta.
    °°°
    Esordio più bello non potevi fare.
    Benvenuto, Pellegrino! :-)
    Namastè

  10. Desiderata

    Scritto di una mistica ignota ritrovato in un monastero spagnolo

    Passa tranquillamente fra il rumore e la fretta e ricorda quanta pace può esserci nel silenzio.

    Finchè è possibile, senza doverti abbassare, sii in buoni rapporti con le persone.

    Dì la verità con calma e chiarezza, e ascolta gli altri, anche i noiosi e gli ignoranti, anche loro hanno una storia da raccontare.

    Evita le persone volgari ed aggressive, esse opprimono lo spirito.

    Se ti paragoni agli altri corri il rischio di far crescere in te orgoglio e acredine, perché sempre ci saranno persone più in basso e più in alto di te.

    Gioisci dei tuoi affari, perché il mondo è pieno di tranelli. Ma ciò non accechi la tua capacità di distinguere la virtù; molte persone lottano per grandi ideali, e dovunque la vita è piena di eroismo.

    Sii te stesso. Soprattutto non fingere negli affetti e neppure sii cinico riguardo all’amore, poiché a dispetto di tutte le aridità e disillusioni, esso è perenne come l’erba.

    Accetta benevolmente gli ammaestramenti che derivano dall’età, lasciando con un sorriso sereno le cose della giovinezza.

    Coltiva la forza dello spirito per difenderti contro l’improvvisa sfortuna. Ma non tormentarti con l’immaginazione. Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine.

    Al di là di una disciplina morale, sii tranquillo con te stesso. Tu sei un figlio dell’universo, non meno degli alberi e delle stelle; tu hai diritto di essere qui.

    Che ti sia chiaro o no, non vi è dubbio che l’universo ti si stia schiudendo come dovrebbe.

    Perciò sii in pace con Dio, comunque tu lo concepisca e qualunque siano le tue aspirazioni, conserva la pace con la tua anima pur nella rumorosa confusione della vita. Con tutti i suoi inganni, i lavori ingrati e i sogni infranti è ancora un mondo stupendo.

    Fa’ attenzione.. Cerca di essere felice!

  11. paritoshluca

    on 24 Ago 2008 at 09:46228Sakshin
    Bipo:
    … ho letto da poco un libro della maestra Zen Charlotte Joko Beck. Non sto a dire che se questa signora sia illuminata o no (lei afferma di non esserlo), se sia autorevole o no…
    ***
    E’ ovvio che non possa dirlo… perchè quando accade l’Illuminazione viene meno anche quel “a me” che lo possa affermare.
    Non si può dire “io” sono illuminato, senza invalidare l’illuminazione stessa. Al massimo si allude…
    ………………
    Il fatto che il linguaggio sia insufficiente a descrivere realtà metafisiche..non significa l’impossibilità ad usarlo ..anche in termini simbolici..
    Se un Maestro dice di essere illuminato..”io sono illuminato”..non vuol dire che il suo io è illuminato..ma che tramite Lui parla quell’Illuminazione che trascende l’individualità..
    Se dovessimo usare il linguaggio del mondo formale e individuale nel significato informale e sopra individuale..dovremo rimanere zitti..con grave danno verso chi vorrebbe conoscere certe cose..e trova solo gente silenziosa…

  12. Paritosh: Se un Maestro dice di essere illuminato..”io sono illuminato”..non vuol dire che il suo io è illuminato..ma che tramite Lui parla quell’Illuminazione che trascende l’individualità..
    Se dovessimo usare il linguaggio del mondo formale e individuale nel significato informale e sopra individuale..dovremo rimanere zitti..con grave danno verso chi vorrebbe conoscere certe cose..e trova solo gente silenziosa…

    —————-

    ooohhh grazie Paritosh!… era ciò che avrei voluto scrivere.. ma non osavo per “paura” di essere come sempre fraintesa…

    :-)

  13. eckhart

    Eppure non trovo male il silenzio di certi Maestri zen,che indicano con un grugnito,un battito di mani,una risata,il silenzio,e che mandano KO la mente..altro che grave danno..anzi,più utile per allentare a disancorarsi da certa identificazione con una mente che ritiene di poter ottenere qualcosa che non appartiene a nessuno come l’illuminazione.
    Il simbolismo,il linguaggio poetico :va tutto bene,ma infine ci si attacca pure a questi e sempre più alla mente.

  14. Bipo

    on 24 Ago 2008 at 09:46228
    Sakshin
    Bipo:
    … ho letto da poco un libro della maestra Zen Charlotte Joko Beck. Non sto a dire che se questa signora sia illuminata o no (lei afferma di non esserlo), se sia autorevole o no…
    ***
    E’ ovvio che non possa dirlo… perchè quando accade l’Illuminazione viene meno anche quel “a me” che lo possa affermare.
    Non si può dire “io” sono illuminato, senza invalidare l’illuminazione stessa. Al massimo si allude…
    ******
    Sak, io non ho scritto che Joko non afferma di essere illuminata, ho scritto che afferma di non essere illuminata. Da Uno come Te mi aspetto più attenzione.

  15. Sakshin

    … non lo può dire, altrimenti quelli come te… capisci? … ah ah ah!
    Per il resto… sono solo aspettative.
    Ciao ;-)

  16. paritoshluca

    dice Bipo
    Sak, io non ho scritto che Joko non afferma di essere illuminata, ho scritto che afferma di non essere illuminata. Da Uno come Te mi aspetto più attenzione.
    …………
    Ma è chiaro…
    un vero illuminato dirà che non lo è..perchè se dicesse di esserlo..dimostrerebbe di non esserlo..(sorrisetto)
    Insomma..si allude..si fa ma non si dice..segni e presagi ci indicano gli Illuminati..che negano di esserlo..
    Io per esempio nego di essere illuminato..
    che significa..?
    Una cosa è chiara..però..non è che confondendo la mente che la mente si trascende..
    la mente non ama essere sminuita e ridicolizzata..o peggio..usata per negarsi..
    La mente vuole essere usata al meglio..per così poi lasciare il campo a chi o a cosa né è superiore..
    allora potrà dirci con commozione..
    Ti ho servito fedelmente..anche quando mi usavi in modo improprio..non mi sono tirata indietro..aspettando che venissi valorizzata nel mio ruolo..
    Alla fine mi hai capito e ti ho portato docilmente là dove potrai spiccare il balzo verso luoghi a me estranei..e che non ambisco a frequentare..
    Ecco..ci siamo aiutati..e adesso ti lascio..sono contenta..che in te ho trovato un padrone attento e giusto..adesso vado a servire chi ne ha bisogno.. e ti lascio..ma potrai sempre chiamarmi..ed io sarò lì..pronta..non avere paura..che non mi distruggo….ti accompagno in disparte..

  17. Bipo

    Al termine di dieci anni di apprendistato, Zenno pensava di poter già essere elevato alla categoria di maestro zen. In un giorno di pioggia, andò a trovare il famoso professore Nan-in.
    Mentre entrava nella casa di Nan-in, questi domandò:
    “Avete lasciato il vostro parapioggia e le vostre scarpe fuori?”“Ovviamente,” rispose Zenno. “È ciò che detta la buona educazione. Mi comporterei così in qualsiasi luogo.”
    “Allora ditemi: avete messo il parapioggia a destra o a sinistra delle scarpe?”
    “Non ne ho la minima idea, maestro.”
    “Il buddismo zen è l’arte della coscienza totale di ciò che facciamo,” disse Nan-in. “La mancanza di attenzione ai piccoli dettagli può distruggere completamente la vita di un uomo. Un padre che esce di casa di corsa non può mai dimenticare un pugnale alla portata di suo figlio piccolo. Un samurai che non guarda tutti i giorni la sua spada finirà per trovarla arrugginita quando ne avrà più bisogno. Un giovane che dimentica di offrire dei fiori all’amata finirà per perderla.” E Zenno comprese che, benché conoscesse bene le tecniche zen del mondo spirituale, si era dimenticato di applicarle nel mondo degli uomini.

  18. Sakshin

    Ti ho risposto che lei afferma di non esserlo, ben sapendo che dire di esserlo ingenera equivoci e aspettative in chi fa dello Zen una scopo, una meta…
    Dire di non essere illuminato, essendolo, è inerente allo spirito Zen.
    Ecco dove è stata messa la spada.
    Altro gioco fa invece Madhukar.

  19. eckhart

    Paritosh: la mente non ama essere sminuita e ridicolizzata..o peggio..usata per negarsi..
    *****************************
    Chi lo ha detto che ciò che è meglio per lei ,è ciò che lei ama?