Il cervello del Buddha. Dharma e neuroscienze
Chiunque studi la mente ben presto si imbatte in una fondamentale tensione fra le descrizioni dell’attività cognitiva in prima persona e quelle in terza persona. Da un lato abbiamo un chilo e mezzo di materia grigia che si è sviluppata in cima a una colonna vertebrale post-scimmiesca – una massa di carne di cui si possono tracciare mappe, in cui si possono inserire elettrodi e il cui funzionamento si può modificare chimicamente.
Dall’altro abbiamo il nostro flusso di impressioni, pensieri, sensazioni e ricordi, un flusso di coscienza che può comprendere anche pensieri come “il flusso di coscienza è un’illusione”. Come possiamo integrare questi due mondi? Ha senso tentare di farlo?
Famosi studiosi del cervello come Daniel Dennett e Paul e Patricia Churchland sono riluttanti ad attribuire all’interno della coscienza o dell’esperienza un sostanziale peso esplicativo e ritengono che descrizioni oggettive della coscienza siano di gran lunga più utili per capire come la mente effettivamente funziona. Read more