Se mai ebbi un nome, sarebbe Gratitudine. Intervista a Byron Katie
Alcune domande a chi ha fatto delle domande – quattro in particolare – un espediente illuminante per risvegliarti alla realtà, per rompere la catena della sofferenza causata non tanto dagli eventi in se’, quanto – come Byron Katie chiaramente espone – dai nostri pensieri su tali eventi. Pensieri a cui puntualmente diamo credito.
Byron Katie, che con il suo risveglio ha sviluppato il metodo chiamato Il Lavoro, ed è autrice, tra gli altri, dei libri Amare ciò che è e I mille nomi della gioia, sarà per la prima volta in Italia – a Bellaria – per un evento il 21 giugno. La sua visita, iniziativa dell’intervistatrice, è organizzata da Diapasonbooking e Macrolibrarsi.
Una intervista a Byron Katie a cura di Elsa Nityama Masetti.
Qual è la differenza – se c’è – tra “amare ciò che è” e “prenderla con leggerezza” (easy)?
C’è una grande differenza. È facile “prenderla easy” quando le cose vanno come vuoi. È facile “andare con il flusso” quando la corrente va nella direzione dove tu pensi debba andare. Ma che cosa accade quando ti arrabbi, o sei triste, o frustrato, o infastidito? A quel punto puoi continuare a dire a te stesso “prendila con leggerezza” finché diventi livido, ma non può funzionare.
Perché? Perché stai affrontanto l’effetto, non la causa. Lo stress (rabbia, tristezza, frustrazione) è sempre l’effetto che segue all’atto di credere a un pensiero non vero. Prima arriva il pensiero che “ti mette in ginocchio”, poi ci credi, poi senti l’emozione negativa.
Narra la leggenda che una sera, nel bel mezzo di un festival del canto religioso, la Madre Divina Anandamayi Ma all’improvviso si alzò e abbandonò il suo ashram. Ai due discepoli che la seguirono ansiosamente chiedendole dove stesse andando, rispose soltanto: «Sarnath», il nome di una città a molti chilometri di distanza.






