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Alcune domande a chi ha fatto delle domande – quattro in particolare – un espediente illuminante per risvegliarti alla realtà, per rompere la catena della sofferenza causata non tanto dagli eventi in se’, quanto – come Byron Katie chiaramente espone – dai nostri pensieri su tali eventi. Pensieri a cui puntualmente diamo credito.

Byron Katie, che con il suo risveglio ha sviluppato il metodo chiamato Il Lavoro, ed è autrice, tra gli altri, dei libri Amare ciò che è e I mille nomi della gioia, sarà per la prima volta in Italia – a Bellaria – per un evento il 21 giugno. La sua visita, iniziativa dell’intervistatrice, è organizzata da Diapasonbooking e Macrolibrarsi.

Una intervista a Byron Katie a cura di Elsa Nityama Masetti.

Qual è la differenza – se c’è – tra “amare ciò che è” e “prenderla con leggerezza” (easy)?

C’è una grande differenza. È facile “prenderla easy” quando le cose vanno come vuoi. È facile “andare con il flusso” quando la corrente va nella direzione dove tu pensi debba andare. Ma che cosa accade quando ti arrabbi, o sei triste, o frustrato, o infastidito? A quel punto puoi continuare a dire a te stesso “prendila con leggerezza” finché diventi livido, ma non può funzionare.

Perché? Perché stai affrontanto l’effetto, non la causa. Lo stress (rabbia, tristezza, frustrazione) è sempre l’effetto che segue all’atto di credere a un pensiero non vero. Prima arriva il pensiero che “ti mette in ginocchio”, poi ci credi, poi senti l’emozione negativa.

L’intero mondo è proiettato. Quando credi ai tuoi pensieri stressanti, il mondo sembra ostile; quando ami veramente ciò che è, ogni cosa nel mondo diventa l’amato. Dentro e fuori corrispondono – sono riflessi l’uno dell’altro. Il mondo è l’immagine specchio della tua mente.

“Amare ciò che è” non è semplicemente un’idea spirituale, è una realtà e chiunque con una mente aperta può viverla. È un risultato diretto dell’interrogare i tuoi pensieri stressanti. Finchè non ami ciò che è – tutto della tua vita – incluse le apparenti sfortune (sfighe) – tu sei separato dal mondo, e lo vedi come pericoloso e terrorizzante. Invito te, e ognuno, a mettere questi pensieri che incutono timore sulla carta, per interrogarli, e rendersi liberi. Quando la mente non è in guerra con sé stessa, non c’è separazione (al suo interno). Ho sessantanove anni e sono senza limiti. Se mai ebbi un nome, sarebbe Servizio. Se mai ebbi un nome, sarebbe Gratitudine.

Alcuni metodi dicono che dobbiamo riprogrammare le nostre credenze, tu dici che dobbiamo interrogarle. Interrogarle è una sorta di riprogrammazione?

Sì, è una riprogrammazione al massimo della profondità. Nella mia esperienza, cercare di riprogrammare la mente non funziona. La mente è troppo astuta. Ti aggirerà ogni volta. La verità è che la mente non può riprogrammare la mente. La mente non può lasciare andare la mente. Questo è un altro modo per cercare di controllare le cose.

Io non lascio andare i miei pensieri. Li incontro con comprensione. Poi essi lasciano andare me.

Prima d’indagare o interrogare un pensiero è necessario che ne sia testimone, ovvero prenda nota che c’è. C’è una similitudine tra semplicemente osservare un pensiero e interrogarlo?

Se impari a meditare, la mente diventa quieta, puoi diventare molto calmo. E poi succede che quando torni alla tua vita ordinaria e ritiri il biglietto del parcheggio, bam! Sei infastidito. È facile essere spirituale quando le cose vanno secondo i tuoi propositi. Quando i pensieri sono semplicemente osservati e non investigati, essi trattengono il potere di causare stress. O credi ai tuoi pensieri o non ci credi; non hai altra scelta. Essi sono come qualcuno che ti sossurra; non stai davvero ascoltando, quindi non reagisci. Ma se senti quella persona forte e chiaro, non puoi ignorare quello che dice e puoi entrare in reazione. Con l’autoindagine, non notiamo soltanto i nostri pensieri, vediamo che non corrispondono alla realtà, realizziamo esattamente quali sono i loro effetti, abbiamo un bagliore di chi saremmo se non credessimo loro e sperimentiamo i loro opposti come altrettanto validi. Una mente aperta è l’inizio della libertà.

Non puoi lasciare andare un pensiero stressante, perché in prima istanza non l’hai creato. Un pensiero appare, semplicemente. Non l’hai “fatto”. Non puoi lasciare andare ciò su cui non hai controllo. Finché non hai interrogato il pensiero, non lo lasci andare, esso ti lascia andare. Alla lunga non significa più ciò che hai creduto significasse. Il mondo cambia, perché la mente che lo proietta è cambiata. La tua intera vita cambia e neanche te ne importa perché hai realizzato che hai già tutto ciò di cui hai bisogno.

Questo va la di là della semplice consapevolezza. Incontri i tuoi pensieri con comprensione, che significa che li puoi amare incondizionatamente. E fino a che non vedi in profondità che neanche i pensieri esistono, puoi passare la tua intera vita in loro controllo o a combattere contro di essi. Osservarli semplicemente (prender nota di essi) funziona mentre stai meditando, ma può non funzionare così bene quando prendi il biglietto del parcheggio o quando il tuo partner ti lascia. Prendi soltanto nota dei tuoi sentimenti senza alcun residuo? Io non credo. Non siamo lì finché non ci siamo. Quando andiamo dentro e in verità incontriamo quei pensieri con comprensione, i pensieri cambiano. Vediamo attraverso di essi. E poi, se mai sorgono di nuovo, a quel punto semplicemente sperimentiamo chiarezza – una chiarezza che include tutti.

Ramesh Balsekar ha affermato: “ non puoi imparare come vivere la vita perché sei vissuto”. E ho sentito anche tu dire: “io sono pensata” e “io sono vissuta”. Che cosa vive e pensa attraverso di te?

Nel 1986 ho scoperto che non sono colei che agisce, che fa. Ho realizzato che non ero io a respirare, ero respirata. Allo stesso modo non ero io a pensare, ero pensata. Il fatto che non sei colui che fa è così ovvio quando interroghi quotidianamente i tuoi pensieri stressanti. Un altro modo per dirlo è “ Dio è ogni cosa, Dio è buono. “ Io la chiamo “l’ultima storia”. Se l’hai compreso, sei libero, a casa.

Se ciò “che mi pensa”, per es., non vuole che io faccia Il Lavoro, pensi che ho scelta per farlo?

Di certo no. Come puoi metterti in grado di voler fare qualcosa quando non vuoi farla? Niente viene prima del tempo.

Se la tua intenzione è di avere ragione, piuttosto che quella di conoscere la verità, che senso ha continuare? Semplicemente realizza che la storia a cui sei attaccata ha più valore per te, ora, della tua libertà, e va bene così. Torna a indagare più tardi.

Puoi non soffrire abbastanza, o può non importartene veramente, anche se pensi che t’importi.
Siate gentili con voi stessi. La vita vi porterà ogni cosa di cui avete bisogno.?

Sei stata severamente depressa e ti sei esposta totalmente a tale depressione. Alcuni dei cosiddetti “risvegliati”hanno attraversato la depressione per testimoniare alla fine che siamo pura gioia, pura vita. Sembrerebbe che abbiamo bisogno di attraversare l’inferno per riconoscere il paradiso, o si tratta al momento di un approccio superato?

No, nessuno deve attraversare l’inferno. Non è necessario. Tutto ciò di cui avete bisogno è interrogare i vostri pensieri stressanti.

Quando avevo quarantatre anni, dopo dieci anni di depressione profonda e di disperazione, mi sono svegliata alla realtà. Quello che ho scoperto in quel momento fu che quando credevo ai miei pensieri, soffrivo, ma quando non ci credevo, non soffrivo, e questo è vero per ogni essere umano. La libertà è semplice, così. Ho scoperto che soffrire è una opzione possibile. Ho trovato una gioia dentro di me che non è mai scomparsa, neanche per un singolo momento. Quella gioia è in ognuno, sempre. Quando interroghi la tua mente per amore della verità, la tua vita diventa sempre più felice e più gentile.

Talvolta – confrontandomi con un pensiero – la domanda salta su da sola: è vero? Immediatamente vedo un castello di sabbia che si dissolve nell’oceano. La domanda “è vero?” è sufficiente o devo muovermi attraverso le Quattro domande?

Beninteso, tu non devi fare niente, tuttavia soltanto prender nota di un pensiero senza metterlo su carta e semplicemente chiedendo una singola domanda non è Il Lavoro. Può essere d’aiuto, ma non è abbastanza se realmente vuoi essere libera. Come ho detto prima, la mente ti aggirerà ogni volta.

Segui le semplici indicazioni. Scrivi I tuoi pensieri stressanti. Riempi il Foglio di lavoro Giudica il tuo Vicino (scaricabile gratuitamente). Poi interroga ogni affermazione sul tuo foglio di lavoro con le Quattro domande e capovolgi ogni affermazione. Le istruzioni complete sono sul sito web.

Attraverso questo processo esplora l’essere aperto a possibilità oltre ciò che pensi di sapere. Non c’è niente di più eccitante che scoprire la mente “non so”.

È come immergersi. Continua a chiedere la domanda e aspetta. Lascia che la risposta ti trovi. Lo chiamo il cuore che incontra la mente: la polarità più gentile della mente (che io chiamo cuore) che incontra la polarità che è confusa perché non è stata investigata. Quando la mente chiede con sincerità il cuore risponde. Puoi cominciare a sperimentare delle rivelazioni su te stessa e il tuo mondo, rivelazioni che possono trasformare la tua vita, per sempre.

One Response to “Se mai ebbi un nome, sarebbe Gratitudine. Intervista a Byron Katie”

  1. sada ha detto:

    stupendo

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