Innernet: Journey into Awareness
and Anima Mundi

14
Feb
2012
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Il sutra del battito del cuore

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frattale farfalle.jpgTanto nel buddismo Vajrayana quanto nella teoria del caos, per la trasformazione viene usato ciò che si ha sotto mano: divinità feroci vengono utilizzate per dissipare la negatività, o impulsi irregolari verso il cuore vengono usati per curare battiti cardiaci irregolari. Entrambe le discipline considerano i sistemi aperti e suscettibili di cambiamento a ogni istante.

La teoria del caos, il karma e altre fluttuazioni.

La prima volta che ho parlato di buddismo con il “Dr. Caos” era una sera di gennaio di due anni fa, in California. Eravamo seduti sul pavimento della casa di un amico, a Big Sur, a sessanta metri sul mare. Da quel punto si potevano vedere e sentire le onde infrangersi. Mentre ascoltavamo e guardavamo, l’acqua si stendeva all’orizzonte come un grande specchio, e il sole invernale tramontava lentamente diffondendo una splendida luce di colore magenta, ambra e scarlatto: uno di quegli scenari naturali che per bellezza e profondità lasciano senza parole lo spettatore, al punto che ci prese una sorta di vertigine.

«Sai, non ho mai guardato un tramonto in vita mia, non fino in fondo», disse il dr. Caos quando l’oscurità si alzò dall’oceano coprendoci.

«Come mai?», chiesi, scioccata dal fatto che qualcuno avesse potuto lasciarsi sfuggire quello spettacolo per cinquanta anni. Di sicuro, anche un fisico nascosto nella Stanford University e nei laboratori Lawrence Livermore sarà stato lontano dai computer il tempo sufficiente per imbattersi ogni tanto in un tramonto.

«Perché mi faceva sentire troppo solo», rispose. «Non riuscivo a guardarlo in solitudine, era uno spettacolo troppo forte».

Allora capii, in qualche modo, qualcosa di nuovo a proposito del lavoro di Minh Duong-Van sul “controllo del caos”. Per lui, il mondo naturale dei fenomeni – per esempio, quei colori selvaggi e appassionati che tingevano di sangue il cielo – era troppo imprevedibile per affrontarlo direttamente. Parlando, capii che naturalmente un uomo simile avrebbe potuto trovare la felicità nell’ordine matematico: incapace di contenere le sue emozioni, lottava – e prosperava – nel mondo della teoria.

Minh Duong-Van è nato in un villaggio vietnamita intorno al 1940. Non conosce la sua data di nascita. Suo padre faceva il bidello in una scuola gesuita, e quando un giorno non poté andare al lavoro, Minh lo sostituì. I gesuiti presero in simpatia il ragazzo, che sembrava portato per la matematica, e lo mandarono in Francia a studiare. Tornò brevemente in Vietnam, poi la vita lo portò a Cornell, Stanford e infine nei laboratori Lawrence Livermore. È stato tra i primi vietnamiti a ricevere un dottorato negli Stati Uniti. La sua specialità accademica è la teoria del caos, in particolare il “controllo del caos”. In realtà, la sua fama è dovuta agli esperimenti per controllare il caos tramite i laser. Ma negli ultimi anni egli ha applicato le sue idee anche alla defibrillazione del cuore.

La scienza del caos è cominciata negli anni ‘70 a Santa Cruz, in California, e si è rapidamente diffusa in tutta la comunità scientifica. Oggi vi sono circa 20.000 “praticanti”. È un ramo della Fisica che riguarda in generale il disordine dei sistemi, le fluttuazioni, le irregolarità e le anomalie. Esso studia i modelli, le periodicità e le equazioni non-lineari. Molte persone hanno familiarità con le forme sorprendenti e i modelli dei frattali, le immagini geometriche non-lineari del caos (e dell’ordine). Come dice James Gleick nel suo famoso libro sull’argomento, Chaos: Making a New Science: “Dove comincia il caos, finisce la scienza classica”.

Chiunque abbia mai praticato la meditazione tibetana “shi-ne” (o “samatha”) conoscerà la nozione del controllo del caos. Ricordando le metafore usate da molti insegnanti per descrivere lo stato quotidiano della mente – “turbolenta”, “fuori dal controllo”, “caotica” – ho detto a Minh che Controllo del caos mi sembrava un titolo adatto per un intensivo di meditazione a Esalen. “Così dovrebbe chiamarsi”, mi ha risposto. E mentre Minh, seduto accanto a me nel buio della notte, parlava del caos, mi sono venute in mente altre definizioni buddiste del mondo.

Il sutra del battito del cuore frattale.jpgUn concetto fondamentale sia della teoria del caos sia del buddismo è quello secondo cui il lavoro avviene dall’interno verso l’esterno, cominciando “dal proiettore, non dal proiettato”. Tanto nel buddismo Vajrayana quanto nella teoria del caos, per la trasformazione viene usato ciò che si ha sotto mano: divinità feroci vengono utilizzate per dissipare la negatività, o impulsi irregolari verso il cuore vengono usati per curare battiti cardiaci irregolari. Entrambe le discipline considerano i sistemi aperti e suscettibili di cambiamento a ogni istante; entrambe riguardano il processo piuttosto che l’oggetto. La teoria del caos viene definita “una scienza del processo”; la meditazione buddista, “una pratica”.

È possibile trovare descrizioni simili in concetti che spaziano dai più semplici principi della meditazione alla possibilità di equazioni matematiche per il karma. L’idea del vuoto desunta dal filosofo buddista Nagarjuna, vissuto nel secondo secolo, ha molte cose in comune con l’antimateria della “fluttuazione universale”.

In Path to the Middle, Kensur Yeshey Thupden afferma: “Oggi, gli scienziati comprendono bene la «nascita dipendente»: sono in grado di identificare cosa proviene da cosa e per quali motivi… Le loro conoscenze [comunque] riguardano le cause temporali immediate, non le origini più distanti e profonde”. In realtà, alla luce del nuovo pensiero sul caos, una tale affermazione potrebbe presto apparire superata.

La gran parte della teoria del caos comincia con quella che è nota come un’equazione non-lineare. Quest’ultima è stata spiegata per la prima volta da un uomo che, come Minh e me, ebbe un’intuizione osservando le condizioni atmosferiche. Nel 1961, Edward Lorenz, un meteorologo, stava digitando al computer una serie di numeri che rappresentavano modelli del tempo atmosferico. Un giorno, poiché aveva fretta di pranzare, digitò i soliti numeri saltando un po’ di decimali, pensando che differenze tanto minuscole non potevano influenzare i numeri più grandi (che rappresentavano i cumulonembi e gli alisei) alla sinistra dei decimali. Al ritorno, scoprì con meraviglia che i suoi calcoli erano impazziti: in quelli che erano stati modelli regolari, apparivano ora grandi fluttuazioni caotiche. In altre parole, i cambiamenti non erano direttamente proporzionali alla causa; la relazione tra causa ed effetto era non-lineare.

Ufficialmente, gli scienziati del caos definiscono tale situazione “sensibilità alle condizioni iniziali”: una variazione microscopica che (in certi sistemi) ha effetti profondi a un livello macroscopico. Minh si spinge ancora più in là quando afferma che la “sensibilità alle condizioni iniziali” è ciò che i buddisti chiamano “karma”: le condizioni iniziali che sono state create nel passato e che continuano a manifestarsi nel presente.

La forza cui inizialmente siamo tanto sensibili è la “fluttuazione”, e Minh usa un altro esempio per spiegarla: “Un’idea comunemente accettata è che quando lanci in aria una moneta, la probabilità che esca testa è del cinquanta per cento. Questa è la nozione su cui basiamo il nostro pensiero. Ma ciò che accade davvero è molto diverso. Diciamo, per esempio, di lanciare in aria la moneta cento volte; la percentuale di testa o croce è sempre leggermente sopra o sotto il cinquanta per cento: 50.002, 49.005 e così via. Andando avanti per un’ora, i numeri continuano all’infinito a oscillare intorno a questo equilibrio, pendendo sempre da una parte o dall’altra. Contrariamente a tutte le nostre aspettative teoretiche, il cinquanta per cento è qualcosa che non accade mai davvero”.

Questa è una spiegazione plausibile del karma: le fluttuazioni nascoste che ci sballottolano da una parte e dall’altra, il quoziente nascosto di tutte le nostre azioni, l’irregolarità di ogni giorno. Possiamo immaginare che la nostra vita, come le monete, sia diretta verso un qualche equilibrio, ma oscillando costantemente da un polo all’altro.

Minh aggiunge che è fondamentale ricordare che “il risultato di un’azione dipende dalla natura di quest’ultima”. Nel lancio della moneta, un leggero angolo della mano o una sottilissima corrente d’aria determineranno la caduta della moneta. Quindi, il risultato viene collegato all’azione che l’ha prodotto.

La mano che lancia la moneta è ciò che un buddista potrebbe chiamare l’intenzione. L’importanza dell’intenzione nel determinare l’effetto karmico di un’azione è ben nota. Kalu Rinpoche scrive: “L’atteggiamento mentale è il fattore cruciale in ogni situazione”, e “Cambiando il nostro atteggiamento, cambiamo la nostra esperienza”.

Minh crede che non sia soltanto la fluttuazione a provocare risultati diversi quando la moneta cade; egli pensa che si crei un nuovo modello. Le cose sono cambiate a un livello profondo, e potrebbero anche non tornare mai alla forma precedente.

Questo spezzare gli “schemi abituali” è una nota idea buddista. Quando è possibile spezzare lo schema abituale, interrompendolo anche solo per un momento, si determina una sorta di apertura che manda in corto circuito gli schemi abituali di comportamento. Da un punto di vista buddista, il cambiamento di questi schemi può determinare la sfera nella quale si nasce.

Una volta ho letto che il compianto Dilgo Kyentse Rinpoche zoppicava perché da ragazzo aveva camminato con noncuranza sopra un libro del dharma. La teoria del caos ci insegna che questi passi decisivi avvengono a ogni istante. Qualsiasi istante può avere conseguenze incredibili. Toccare la mano di un amico al momento giusto può fare una grande differenza, mentre toccarla un momento dopo può non significare nulla. Lo stesso principio si applica alla fibrillazione del cuore; non è solo la quantità di “zap” inviati al cuore malato a essere importante, ma anche il momento. La scelta dei tempi è fondamentale.

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Gli alberi sono disposti secondo modelli di frattali, dalle radici fino alle vene di ogni foglia.
Minh dice: “La vita non è un’equazione diretta causa-effetto, cioè un’equazione lineare. Ecco perché mi piace il buddismo, perché è non-lineare. I matematici odiano le equazioni non-lineari, perché sono difficilissime da risolvere. Il cristianesimo è lineare, deterministico. La scienza si è sviluppata all’interno di quella mentalità. Ma la non-linearità… Ebbene, su di essa possiamo lavorare”.

Chiedo a Minh: “Saresti in grado di rendere il karma in equazioni matematiche?”. “Certo”, risponde. “Penso di sì. Forse. È facile predire la traiettoria di una palla da tennis nell’aria, ma difficilissimo stabilire il comportamento di un granello di polline che cade nell’acqua di uno stagno. Davanti a un granello di polline – e davanti a una persona – la Fisica newtoniana esce di scena e subentra la non-linearità”.

Secondo l’idea di Minh, le probabilità di comprendere il karma variano con la natura del karma; cambiare il comportamento di una persona sarà più facile o difficile a seconda del suo stesso comportamento. Nei sistemi caotici (come il samsara) è spesso possibile introdurre l’ordine attraverso il feedback. Minh spiega in che modo ciò funziona.

“Immagina di essere in un elicottero sopra il deserto del Mojave e di osservare una jeep che si muove su una strada sterrata e impervia nel tavolato arido. La jeep gira bruscamente ora da una parte ora dall’altra, rallentando fino a fermarsi completamente e accelerando poi oltre i novanta. Certe volte le ruote si avvicinano pericolosamente a un burrone. Dall’elicottero pensiamo che ci devono essere ostacoli sul terreno: la strada avrà rocce e buche che non riusciamo a vedere. È così che la scienza tradizionale opera ancora oggi: essa presume che ci basterà dare un’occhiata ravvicinata per vedere tutte le cause.

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Ma la teoria del caos ci dice che il vero motivo per una guida tanto eccentrica è che l’autista ha scoperto la notte prima che la moglie lo tradiva. Egli è arrabbiatissimo, leggermente ubriaco, e la sua mente è piena di immagini tumultuose. Quindi, bisogna riparare la sua mente, non la strada. Ma forse non hai nemmeno bisogno di ripararla, perché questa situazione è diventata tanto caotica che potrebbe mettersi a posto da sola.

A questo punto subentra la nozione di feedback. In tale situazione, il fatto che l’uomo continui a guidare praticamente sull’orlo del burrone, che devii dalla sua strada urtando i cactus, cambierà la sua mente. Il pericolo che sta correndo avrà un effetto di ritorno [“feed back” in inglese, NdT] sulla sua rabbia, frenandola. Egli comprenderà che la sua rabbia potrà ucciderlo e si calmerà un po’; non uscirà più dalla strada, perché in realtà non vuole morire per questa donna. Ciò cambia quello che chiamo il parametro spazio, che in questo caso è il suo stato mentale”.

Di quando in quando, chiacchiero con Minh a notte fonda. Egli dorme seduto su una sedia di futon in un appartamento moderno di Palo Alto; odia il buio e la solitudine, per questo vive in appartamenti in cui può udire la presenza degli altri. Intanto, cerca una moglie che sia sempre presente e allo stesso tempo non ci sia mai: un’aspirazione tipica di un uomo che, per sua stessa ammissione, “ha inseguito le fluttuazioni per tutta la vita”. Ma il punto è che egli vede la sua vita come una meditazione continua.

“Medito tutto il tempo”, dice Minh, “ma non medito con la quiete, bensì con più rumore. Vado a Las Vegas e gioco con le slot machines. È così che medito”.

In The Dawn of Tantra, mi sono imbattuta nella seguente risposta data da Trungpa Rinpoche a una domanda sulla complessità e la confusione della vita quotidiana:

“Domanda: Maggiore è la confusione, maggiore è l’unità?

Trungpa Rinpoche: Questo è quello che afferma la gente del tantra.

Domanda: Vuoi dire che più c’è confusione, più è difficile imporre un sistema alla realtà?

Trungpa Rinpoche: Il caos possiede un ordine, in virtù del quale non è davvero un caos. Ma quando non c’è né caos né confusione, c’è lusso, comodità. Il lusso e le comodità ti portano maggiormente nel samsara, creando situazioni più lussuose e aumentando il tuo caos. Tutte queste situazioni lussuose tornano su di te e cominci ad avere dei dubbi; ciò ti porta a comprendere che, dopo tutto, questo disagio possiede un ordine”.

Forse Minh aveva ragione in tutto il suo disordine. “Non ho mai fatto il tipo di meditazione di cui parli, ma lo capisco. In verità, penso che la fluttuazione alla base dell’universo sia nascosta nella meditazione. Quando qualcuno medita molto bene, può fare l’esperienza della fluttuazione nascosta dell’universo, della pulsazione tra la materia e l’antimateria che è la natura delle cose a livello subatomico”.

Di nuovo, mi tornano in mente gli scritti di Trungpa Rinpoche sulla meditazione: il lasciar venire i pensieri, l’esprimere la loro energia e l’andare oltre: “Il contatto non ha senso senza la separazione; sono simultanei. Questa simultaneità è la consapevolezza”.

Tali unioni di concetti sono presenti in tutto l’insegnamento buddista, come nell’unione tra saggezza e compassione che rappresenta l’illuminazione. Jeffrey Hopkins, nella sua introduzione a Kalachakra Tantra: Rite of Initiation, si spinge fino ad attribuire una “carica” alle qualità della mente. Secondo Hopkins, “Una carica è la chiara natura della mente, un fenomeno positivo, l’altra il vuoto inerente alla mente, un fenomeno negativo”.

Ho mostrato a Minh un dipinto delle divinità Paramasukha e Chakrasamvara nella posizione “yab-yum” (l’unione di maschile e femminile), ed egli ha risposto disegnando una fila di elettroni alternati.

Ho chiesto a Minh se la capacità di percepire questa fluttuazione, questa pulsazione, potesse essere collegata a ciò che il buddismo chiama la forma e il vuoto.

“Oh, sì”, ha risposto; “Ciò che tu chiami forma e vuoto, io lo definisco materia e antimateria. L’oscillazione costante tra materia e antimateria nell’universo è la base di ogni fluttuazione”.

In questo caso, la materia è la forma, il vuoto l’antimateria. Parlando a livello della meccanica quantica, la materia è nata nel passato e muore nel presente, mentre l’antimateria è nata nel futuro e muore nel presente. La materia pura, l’unione di queste due, è un fotone. Quando viene emessa della luce, questa è la prova della materia pura.

Quanto sono perfetti, ho pensato, i frutti di queste unioni: la luce dalla materia o l’illuminazione dalla mente. Luce e illuminazione.

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Il cavolfiore si sviluppa secondo modelli frattali che sono immagini geometriche non-lineari del caos (e dell’ordine).
Qualche settimana fa, Minh è venuto a cena. Dopo, mentre con una mano fumava Marlboro e con l’altra beveva ottimo champagne (che portava sempre), ho cercato di farlo parlare del vuoto. Ho accennato al Prajnaparamita Sutra dicendo che era noto come il sutra del cuore. Egli ha capito sutura del cuore, ma ha cominciato lo stesso a parlare del cuore. Cercando di riportarlo al vuoto, ho letto alcune frasi del filosofo buddista indiano Nagarjuna: “Né la nascita né la morte avvengono nel tempo”. “Quello che un buddista potrebbe chiamare il vuoto”, ha commentato Minh, “noi la chiamiamo la fluttuazione vuota della materia: l’oscillazione costante tra la materia e l’antimateria che stabilisce un modello di pulsazione in ogni cellula vivente. Dal momento che sto lavorando sul cuore, prendiamo il cuore. Non esiste un momento, nell’utero, in cui il cuore comincia a battere: le cellule battono sin dall’inizio. Quando le cellule si moltiplicano in quello che diventerà il sistema circolatorio, prendono spunto dal battito cardiaco materno, quindi il cuore della madre è il segnale che dice al cuore fetale come battere, con quale ritmo e così via. A quel punto puoi domandarti: quando ha cominciato a battere il cuore della madre? E arrivi allo stesso problema. Se tutte le cellule stavano battendo prima di diventare un cuore, come può esserci stato un momento in cui sono diventate un cuore?”.

“Né perituro né eterno.”

Il commento di Minh: “Il cuore è un sistema circolatorio: non ha fine né inizio. Questo è qualcosa che stiamo cominciando a capire solo adesso. Il motivo per cui i cuori artificiali hanno avuto poco successo è perché il cuore veniva considerato una semplice pompa, quasi un organo a parte. Ma in realtà sto scoprendo che anche l’aorta, che esce dal cuore, può fungere da pompa, e andando avanti scopri che il cuore è di fatto tutte le vene e le arterie che gli stanno attaccate”.

“Niente nasce dal caso.”

Minh: “Non esiste nulla di simile al caso. Quindi, naturalmente, questa affermazione è vera”.

Infine, chiedo a Minh di immaginare di essere un insegnante, anziché alla Stanford University nel 1995, a Nalanda, il grande centro indiano di studi buddisti, durante l’ottavo secolo. Con le sue attuali conoscenze sulla Fisica e il caos, se gli venisse chiesto di parlare della possibilità che le cose abbiano un’esistenza intrinseca, affermerebbe che non possiamo dire nulla al riguardo?

“Affermerei che non possiamo dimostrare che nulla ha un’esistenza intrinseca. Ecco perché nel 1936 il famoso matematico Kurt Godel ha sviluppato l’assioma noto come la prova di Godel. Egli dimostra che esiste sempre un problema, un assioma, un’equazione, che è vera ma non può essere risolta.

La matematica è fatta di assiomi che riteniamo veri. Per esempio: 1 + 1 = 2, e così via. Godel ne ha aggiunto un altro, secondo cui c’è sempre qualcosa in più che è vero, ma che non può essere dimostrato. Questa incertezza fa parte della logica operativa della matematica. È una prova coerente. Anche altre persone, provenienti da altri rami della matematica, hanno dimostrato la stessa cosa.

“Non sostengo nulla, quindi non posso essere contraddetto”: così Chandrakirti (della scuola Prasangika di Nagarjuna) cerca di dimostrare che è inutile sostenere una teoria secondo la quale la logica e il linguaggio hanno una solida base ontologica. Niente ha basi, perché niente esiste.

Questa logica contesta tutte le affermazioni, senza sostituirle con altre. Nagarjuna era alla ricerca di “un equilibrio supremo”, una tecnica di eliminazione dialettica che confutasse tutti gli argomenti degli avversari senza proporne altri. La prova di Godel sostiene che per tutto ciò che è dimostrato, esiste qualcos’altro che non può esserlo. In entrambi i mondi, c’è sempre un altro argomento o un’altra equazione; è impossibile chiudere la discussione.

Di fatto, più studiamo le possibilità create da questi due modi di descrivere l’universo, più esse si aprono a formare combinazioni simili a un mandala, anziché chiudersi in se stesse.

Nella teoria del caos esistono descrizioni delle sequenza che l’acqua, per esempio, attraversa nel suo movimento caotico. Esistono biforcazioni, biforcazioni doppie, periodi di “fuoco” (“generazione spontanea di caos temporaneo locale-spaziale), interrotti da fasi di calma; tutte queste varietà di mutamento non sono causate da un intervento esterno, ma sono intrinseche alla materia stessa.

Mi chiedo se tutto ciò può essere simile al viaggio degli esseri verso la completa illuminazione, una sorta di preparazione a quest’ultima attraverso gli stadi del bodhisattva, fino al decimo “bhumi” (stadio di illuminazione) degli esseri illuminati. Una mente illuminata “si infiamma” di attività illuminata, o il caos tra periodi di quiete è una micro-versione di un viaggio del bardo? Gli elettroni viaggiano nel bardo?

Nella nostra ricerca della “verità”, è sempre interessante supporre l’esistenza di un ordine intrinseco nel mondo fisico e spirituale, cioè la coerenza delle cose. Infatti, il ritmo del battito cardiaco umano è in proporzione perfetta con il tempo che la Terra impiega a girare intorno al sole… Almeno secondo Minh.

Barbara Roether, scrittrice e giornalista, vive a San Francisco

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James Gleick. Caos. La nascita di una nuova scienza. Rizzoli. 2000. ISBN: 881725875X

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Anne Carolyn Klein, Kensur. Path to the Middle: Oral Madhyamika Philosophy in Tibet: The Spoken Scholarship of Kensur Yeshey Tupden. State University of New York Press. 1999. ISBN: 0791420442

Herbert V. Guenther, Chogyam Trungpa. The Dawn of Tantra. Shambhala. 2001. ISBN: 1570628963

Jeffrey Hopkins (Translator). Kalachakra Tantra: Rite of Initiation. Wisdom Publications. 1999. ISBN: 0861711513

Copyright originale Barbara Roether, per gentile concessione.
Originalmente pubblicato su Tricycle magazine, www.tricycle.com
Traduzione di Gagan Daniele Pietrini.
Copyright per l’edizione Italiana: Innernet.

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