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almaas5.jpgUn’intervista ad Almaas sulla maturazione dell’anima da parte di Toshan Ivo Quartiroli. Tra i temi dell’intervista, quali gli strumenti esteriori e interiori che catalizzano la crescita dell’anima, come la mente può essere volta a questo scopo, i possibili ruoli di fattori esterni quali le sostanze neurochimiche o i mezzi tecnologici, quando e se la ricerca di noi stessi arriva a un termine e il ruolo della sessualità sul cammino.

Toshan Ivo: Vorrei farti qualche altra domanda sul tema dell’oggettività – soggettività nella nostra cultura. Cartesio ha detto che se l’uomo fosse liberato dalla prigione del corpo, troverebbe l’idea di Dio in se stesso. Sembra che la nostra cultura occidentale si basi sulla convinzione che ciò che è soggettivo e dotato di un corpo sia viziato all’origine; apparentemente, perdiamo la nostra natura divina quando diventiamo “personali” e soggettivi. Nella teologia cristiana, il male e il peccato sono attributi del libero arbitrio dell’essere umano, almeno originariamente. Dunque, secondo questa convinzione, quando gli uomini fanno le loro scelte soggettive, vanno contro la volontà di Dio. Mi chiedo se per molto tempo la nostra cultura non ha riconosciuto il valore della soggettività a causa di questa e altre convinzioni storiche, o se lo sviluppo dell’anima per sua natura richiede stadi in cui non assegniamo alla verità soggettiva il giusto valore.

Hameed Ali: Innanzitutto, non sono sicuro che in Occidente la pensino come te sulla concezione occidentale del personale e del soggettivo. In realtà, è l’Oriente che storicamente ha diffidato del personale e del soggettivo, dando più importanza all’impersonale. In Occidente sembrano essere esistite due concezioni sovrapposte: una diffidente del personale e del corporeo, come osserviamo nel pensiero greco e in seguito nel Cristianesimo; l’altra che esalta il personale, il corporeo e il soggettivo, come vediamo nell’arte e nella letteratura occidentale. La nostra scienza è più influenzata dalla prima corrente, come dimostra il tentativo di Cartesio di separare il soggetto dal mondo, per poter studiare quest’ultimo oggettivamente.

La mia opinione è che il punto di vista della scienza sul soggettivo è esatto, ma incompleto. È esatto nel senso che la nostra soggettività tende a oscurare le nostre percezioni e la nostra conoscenza, a causa delle inclinazioni e convinzioni personali. La psicologia moderna ha ampiamente confermato ciò tramite lo sviluppo dato da Freud alla nozione dell’inconscio, il quale influenza i nostri sentimenti, comportamenti e azioni senza che ce ne accorgiamo. In questo senso, penso che le varie tradizioni che hanno diffidato del soggettivo, sia occidentali sia orientali, hanno avuto un’intuizione profonda della soggettività dell’umanità.

In ogni caso, si tratta di un’intuizione incompleta della soggettività umana, perché se è vero che essa valuta correttamente la consapevolezza ordinaria dell’individuo, è anche vero che non tiene conto del potenziale della soggettività umana. Tale concezione non considera che questa soggettività prevenuta è la soggettività dell’ego, e che l’anima umana può essere libera dall’ego. La cultura occidentale apprezza l’individuale, il personale e anche il soggettivo, come vediamo nelle arti, nelle scienze e nella vita quotidiana degli occidentali. Ciò potrebbe considerarsi il risultato di un riconoscimento profondo, ma inconscio, del potenziale della soggettività umana. Tuttavia, non vediamo la presenza di una soggettività così aperta e bilanciata se non in stadi molto profondi di realizzazione, in cui l’anima non soltanto è connessa alla sua natura spirituale, ma ha portato avanti questa integrazione fino a sviluppare una persona reale ed essenziale.

Possiamo ipotizzare che sia l’Oriente sia l’Occidente avevano diffidato del personale e del soggettivo perché la gente aveva di essi una conoscenza prevenuta e non autentica. Ciò che è davvero soggettivo e personale – ovvero, il proprio essere autentico al di là delle influenze provenienti dall’esterno – è uno sviluppo raro e dunque prezioso. Ecco perché gli antichi insegnamenti si riferiscono a esso come alla perla senza prezzo.

Toshan Ivo: Il Diamond Approach valorizza la mente ordinaria in quanto strumento per l’«inquiry», l’indagine. Quali sono le altre tradizioni che usano la mente in questo modo, e perché molti cammini mistici e spirituali considerano la mente un ostacolo alla verità e al raggiungimento di stati più elevati?

Hameed Ali: Nemmeno in questo caso la verità è così semplice. Le tradizioni spirituali in generale diffidano della mente individuale, perché quest’ultima tende a ostacolare l’apertura spirituale. La mente ordinaria è solitamente il supporto dell’ego, in quanto quest’ultimo è fondamentalmente un costrutto mentale basato sulle convinzioni e le conoscenze della mente. Ciononostante, la maggior parte degli insegnamenti spirituali impiega la mente nel tentativo di comprendere la condizione umana. Non direi che il Diamond Approach è il solo a usare la mente ordinaria; infatti, anche la maggior parte degli insegnamenti spirituali la usa, ma generalmente non estensivamente come fa il Diamond Approach. Quindi, penso che sia una questione di gradi. Anche la tradizione Zen, che è la più radicale e diretta per quanto riguarda l’eliminazione della mente ordinaria, la usa quando si tratta di parlare e comunicare.

Credo che la situazione sia più complessa di quanto appaia. La mente ha molte parti e qualità. Alcune di queste ultime sono indispensabili per la comprensione, la comunicazione e la sopravvivenza. Ma certe parti e qualità della mente contribuiscono alla creazione e al mantenimento dell’ego stesso. Alcuni insegnamenti tendono ad aggirare, evitare o eliminare la mente, a causa della sua connessione all’ego. Tuttavia, non possono fare a meno di usarla quando si tratta di pensare e comunicare. Alcune tradizioni usano la mente anche perché fanno ricorso alla logica e alla ragione, come certe scuole buddiste, induiste e cristiane.

Nel Diamond Approach usiamo la mente in modo più esteso, perché la nostra tecnica è quella dell’indagine sull’esperienza di ogni giorno. Nel tentativo di comprendere tale esperienza, abbiamo bisogno della ragione e della razionalità della mente. Inoltre, poiché in questo processo ci imbattiamo in una grande quantità di materiale dal passato, abbiamo bisogno di usare la memoria della mente e i suoi ricordi del passato.

La concezione del Diamond Approach è che la mente è una facoltà neutrale e che dipende da noi usarla come un sostegno all’apertura spirituale o come un ostacolo a quest’ultima. Inoltre, la mente normale è l’espressione esteriore di una profonda e fondamentale facoltà dell’anima, il suo intelletto o “nous”. Il nous, quello che chiamiamo la Guida di Diamante, è l’intelletto autentico, la facoltà di discernere che l’anima umana possiede in potenza. Più questo profondo elemento della nostra anima è attivo e integrato, più esso guida e permea il funzionamento della nostra mente normale. L’inquiry è una tecnica finalizzata allo sviluppo e la concretizzazione di questa possibilità.

Toshan Ivo: I bambini che non ricevono amore e affetto sviluppano quasi sempre problemi fisici e cognitivi. La verità può considerarsi un bisogno primario allo stesso modo dell’affetto? Non mi riferisco alla verità assoluta, ma anche alla semplice verità di tutti i giorni. Per esempio, Gregory Bateson riconobbe il problema del “double bind”, il doppio vincolo che può contribuire a provocare disturbi mentali, nei casi in cui una persona riceveva un messaggio ambiguo, specialmente se quest’ultimo includeva aspetti emotivi. Poiché la verità libera, in che modo l’anima viene deformata quando la verità non è presente nella società e nella famiglia?

Hameed Ali: L’assenza della verità nell’infanzia è una delle ragioni fondamentali per cui lo sviluppo normale della consapevolezza viene dominato dall’ego. L’assenza della verità consiste fondamentalmente nell’ignoranza e nella mancanza di esperienza da parte dei genitori della vera natura e delle sue varie qualità. È la mancanza di autenticità nella presenza e nel comportamento dei genitori che esercita un’influenza negativa sul bambino. Ma ciò non vuol dire che i genitori devono raccontare al bambino la verità così come la conosce un adulto, perché ciò potrebbe creare confusione. Si tratta più che altro della necessità da parte dei genitori di essere autentici e sinceramente affettuosi. Talvolta, ciò può voler dire che la verità in tutto o in parte non viene comunicata, perché per un bambino sarebbe troppo.

Ma l’abitudine di mentire ai bambini finirà con l’avere un impatto negativo. Alcuni psicologi ritengono che, a seconda dello stadio di sviluppo, i bambini hanno bisogno di alcune illusioni per riuscire a sopravvivere. Penso che molte di queste cosiddette illusioni sono in effetti vere, ma gli psicologi le considerano illusioni. Per esempio: la condizione della prima infanzia in cui il bambino si sente connesso alla madre, come se formassero un campo continuo di esperienza, quella che viene chiamata unità duale… Gli psicologi credono che si tratti di un’unione illusoria, non autentica, ma per chi sa vedere essa non è un’illusione, bensì l’esperienza effettiva del neonato, e le cose stanno così anche per la mente non modellata dall’ego e dalle sue convinzioni.

Toshan Ivo: Lavorando sul mio condizionamento, e condividendo con altre persone sulla Via, noto che talvolta i condizionamenti collettivi e storici di una certa nazione o di un certo tipo possono essere più radicati di quelli individuali. Le due forme di condizionamento sono intrecciate, ma quello collettivo sembra più inconsapevole e difficile da cogliere. I due tipi di condizionamento vanno affrontati allo stesso modo o quello collettivo richiede un approccio particolare?

Hameed Ali: Il condizionamento collettivo non è solitamente più radicato di quello individuale, a meno che non siamo di fronte a circostanze insolite, come nel caso di una società che stia attraversando una lunga guerra. Ma ordinariamente anche il condizionamento culturale è parte di quello individuale, ovvero accade attraverso la consapevolezza individuale e fa parte del condizionamento di quest’ultima.

Il condizionamento culturale è solitamente sottile e fa da sfondo a quello individuale. Questo è il contesto emotivo e mentale in cui il bambino vive e cresce, e viene assorbito senza alcun riconoscimento consapevole. È più difficile da riconoscere e osservare, perché si ha la tendenza a considerarlo parte della realtà. Di solito, non occorre lavorare sul condizionamento culturale in modo particolare, né c’è bisogno di mettersi a cercarlo. Lavorando sul condizionamento individuale, la dimensione culturale comincia ad affiorare da sé, poiché fa parte dell’impalcatura del condizionamento individuale. Ordinariamente, essa non si presenta fino a quando non si è profondamente liberi dal proprio condizionamento individuale.

In particolare, per affrontare il condizionamento culturale, raccomando una cosa: viaggiare in culture molto diverse e fare esperienza direttamente e personalmente delle differenze.

Toshan Ivo: Sin dall’antichità, sembra che l’umanità abbia espresso il bisogno di andare “oltre”, non solo attraverso pratiche spirituali, ma anche attraverso l’uso di sostanze psichedeliche. Le persone che percorrono quest’ultimo cammino in un contesto sacro o talvolta anche profano, parlano di stati che sembrano molto vicini a quelli mistici, come la fusione con il tutto. Secondo te, quali sono le differenze tra gli stati prodotti dal lavoro spirituale e quelli generati dall’uso di sostanze? Esistono rischi connessi a queste ultime?

Hameed Ali: In generale, le sostanze psichedeliche alterano il cervello in modo da permettere di sperimentare le cose senza i filtri consueti, oppure di avere esperienze più intense e acute. Ciò vuol dire che le esperienze spirituali generate da quelle sostanze sono uguali a quelle provocate dalla pratica spirituale; in effetti, la sostanza compie il lavoro della pratica.

Una prima differenza non sta nel tipo di esperienza, ma nel fatto che essa accade nonostante i propri filtri, senza aver lavorato su di essi. Ciò dà una sensazione di maggiore perdita di controllo o di scelta, e può rendere l’esperienza molto più emotivamente intensa ed esplosiva.

Penso che un primo, possibile rischio è quello della dipendenza dalla sostanza. Usando quest’ultima, non esercitiamo né sviluppiamo i muscoli dell’anima. Ci apriamo senza diventare spiritualmente maturi, e ciò può avere conseguenze serie per il proprio cammino spirituale.

I rischi più noti sono i danni fisiologici al cervello o al sistema nervoso, che possono insorgere in caso di uso prolungato di alcune sostanze.

Toshan Ivo: Il Diamond Heart si basa sull’osservazione e include l’interiorità nel processo di inquiry. È possibile un nuovo metodo scientifico che includa sia l’approccio soggettivo sia quello oggettivo? Un metodo che, operando sui dati, fornisca conclusioni valide come quelle del metodo scientifico tradizionale?

Hameed Ali: Penso che questa sia una cosa su cui lavorare. Non c’è una risposta semplice alla tua domanda. Questo nuovo metodo può richiedere molto tempo per venire sviluppato. So che l’aiuto che la guida di diamante può darci in termini di ricerca, indagine, discernimento, analisi, sintesi e così via può essere molto utile in qualsiasi campo di ricerca; ma perché questo avvenga, il ricercatore deve integrare questa facoltà spirituale nel suo lavoro. Non importa l’area di studio, perché stiamo parlando di una migliore intelligenza, discriminazione, chiarezza, penetrazione, sintesi ecc.: tutte qualità che possono trovare applicazione in qualsiasi ramo della scienza.

Integrare questa facoltà richiede chiarezza e oggettività personali, ovvero bisogna riconoscere in che modo i nostri pregiudizi soggettivi influenzano le osservazioni e i pensieri. Non è facile, comunque, integrare questa facoltà in modo completo o profondo; sono necessari maturità spirituale e un lavoro costante per applicare questa facoltà.

Toshan Ivo: La neuroscienza e le conoscenze sul cervello si stanno espandendo. Lo stesso Dalai Lama è attivamente impegnato nello studio dei punti di contatto tra le neuroscienza e gli antichi insegnamenti tibetani sulla mente e la meditazione. Nel tuo libro The Inner Journey Home scrivi: “È anche possibile che la vita biologica sia uno degli stadi dello sviluppo dell’anima: è necessario, ma è solo uno stadio”. Hans Moravec immagina un incontro tra informatica, nanotecnologia e bioscienza in grado di cambiare la nostra definizione dell’essere umano. Prevedi che un giorno sarà possibile fare il lavoro su noi stessi con l’ausilio di sostanze biochimiche e “neurosupporti” tecnologici (per esempio, la versione futura di apparecchiature già oggi in grado di alterare le frequenze del cervello)? Lo sviluppo dell’anima può essere facilitato o guidato dalla tecnologia? Quali prevedi che saranno gli stadi della crescita?

Hameed Ali: Perché no? L’anima umana, che è la sede della consapevolezza e delle sue facoltà, opera attraverso il corpo, e dipende dalla condizione di quest’ultimo per funzionare. Non vedo ragioni per sostenere che il miglioramento della condizione del corpo attraverso la tecnologia non possa aiutare lo sviluppo dell’anima. Non ho idea degli stadi della crescita a questo proposito: dipenderanno dal tipo di miglioramento che le tecnologie apporteranno e da quanto incideranno sul normale funzionamento fisico. È più probabile che gli stadi saranno gli stessi, ma l’anima potrebbe riuscire ad attraversarli con più facilità, ricevendo più sostegno.

A ogni modo, non mi piace l’idea che la mia realizzazione accada senza che io eserciti i miei muscoli spirituali, in quanto gran parte della gioia del lavoro spirituale sta nel lavoro stesso. Sono le scoperte senza fine a costituire la vera gioia della vita e l’entusiasmante estasi del viaggio.

Toshan Ivo: Apparentemente, la sessualità non costituisce un “capitolo a sé” negli insegnamenti del Diamond Approach, ma sembra inclusa del modello generale dell’anima. In che modo questa potente energia – che può avere molti diversi effetti sull’anima – viene trattata nell’insegnamento, e perché a essa non viene data molta importanza?

Hameed Ali: Forse avrai osservato che il Diamond Approach non dà un’importanza speciale a nessuna area particolare della vita. Esso affronta i fondamenti dell’esperienza, a prescindere dalle varie aeree della vita. La sessualità, il lavoro, la creatività ecc., sono aree particolari della vita, e anche se lavoriamo con esse, non è normale per noi sottolinearne una anziché un’altra.

Gli insegnamenti che mettono in evidenza la sessualità, in realtà mettono in evidenza l’energia sessuale, e a un livello più fondamentale la dimensione dell’energia. La sessualità è un modo di lavorare con l’energia. Nel Diamond Approach c’è una parte dell’insegnamento dedicata alla dimensione dell’energia, quella che chiamiamo la dimensione “shakti”. In essa troviamo insegnamenti su come sperimentare, riconoscere e lavorare con la shakti, affrontando tutti gli argomenti correlati. La maggior parte degli studenti non ha familiarità con questa parte dell’insegnamento.

Il Diamond Approach contiene anche un insegnamento tantrico, ma è piuttosto avanzato e non è ciò che la maggior parte della gente intende per tantra. Esso include la sessualità, ma non si identifica esattamente con il sesso.

Toshan Ivo: Nel corso del “lavoro”, del cammino di auto-scoperta, possono esserci stadi in cui ci si sente lontani dall’insegnamento e dalle pratiche. Esistono insegnanti spirituali, soprattutto nell’area neo-advaita, secondo i quali “non c’è bisogno di praticare o cercare”, perché siamo già “a casa”. C’è uno stadio in cui la ricerca termina davvero? Se sì, come possiamo sapere che questa è davvero la fine della ricerca e non un trucco dell’ego per la propria sopravvivenza?

Hameed Ali: Nel Diamond Approach c’è uno stadio in cui la ricerca finisce. Sappiamo che quella è la fine della ricerca, perché c’è il riconoscimento certo di essere arrivati a casa. Una delle conseguenze di tale arrivo è il riconoscimento che la ricerca è finita: non c’è più bisogno di cercare alcunché, né c’è più qualcuno che stia cercando.

Questo in genere non accade spontaneamente; senza pratica, di solito non arriviamo a questi livelli. Può succedere, ma per la maggior parte delle persone, senza la pratica, è solo una vana speranza. È vero che questa è la nostra casa primordiale e che in un certo senso siamo già in essa, ma la nostra anima non ne è consapevole, né può esserlo se non matura. Senza maturazione, è possibile avere un bagliore della casa, ma non dimorare in essa. Conosco bene alcuni insegnamenti neo advaita, e penso che molti di essi semplicemente non conoscono il nostro potenziale spirituale. Di solito, essi colgono una dimensione della natura autentica e parlano come se essa esaurisse tutta la realtà, senza riconoscere la ricchezza del nostro potenziale. Per esempio, questi insegnamenti non conoscono o riconoscono la natura dell’anima, così come noi la intendiamo nel Diamond Approach.

Per maggiori informazioni su libri e articoli di Almaas, http://www.ahalmaas.com/
Il sito della scuola Ridhwan: http://www.ridhwan.org

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Almaas. Essenza. Il nucleo divino nell’uomo. Crisalide. 1999. ISBN: 8871830873

Almaas. Il cuore del diamante. Elementi del reale nell’uomo. Crisalide. 1999. ISBN: 8871830776

Almaas. L’elisir dell’illuminazione. Crisalide. 2002. ISBN: 887183125X

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Almaas. Inner Journey Home: The Soul’s Realization of the Unity of Reality. Shambhala. 2004. ISBN: 1590301099

Almaas. Diamond Heart Book 2 The Freedom to Be. Shambhala. 2000. ISBN: 0936713046

Almaas. Diamond Heart Book 3: Being and the Meaning of Life. Shambhala. 2000. ISBN: 0936713054

Almaas. Diamond Heart Book 4: Indestructible Innocence. Shambhala. 2000. ISBN: 0936713119

Almaas. Facets of Unity: The Enneagram of Holy Ideas. Diamond Books. 2000. ISBN: 0936713143

Almaas. Luminous Night’s Journey: An Autobiographical Fragment. Shambhala. 2000. ISBN: 0936713089

Almaas. Spacecruiser Inquiry: True Guidance for the Inner Journey. Shambhala. 2002. ISBN: 1570628599

Almaas. The Pearl Beyond Price: Integration of Personality into Being, an Object Relations Approach. Shambhala. 2000. ISBN: 093671302X

Almaas. The Point of Existence: Transformations of Narcissism in Self-Realization. Shambhala. 2000. ISBN: 0936713097

Almaas. The Void: Inner Spaciousness and Ego Structure. Shambhala. 2000. ISBN: 0936713062

Almaas. Work on the Superego. Diamond Books.1992. ASIN: 0936713070

Traduzione di Gagan Daniele Pietrini
Copyright: Innernet.

91 Responses to “Strumenti per la maturazione dell’anima”

  1. Mi aggancio in parte alla discussione degli articoli precedenti e ripresento questa intervista ad Almaas che si era un po’ persa nei meandri, essendo stata presentata prima della inaugurazione ufficiale del nuovo Innernet. In realtà l’intervista era stata ripubblicata a sua volta poiché originalmente era stata presentata ad inizio 2006 nel vechio Innernet. Ripubblicare non fa molto blog ma quando le parole non sono legate a notizie del momento lo trovo opportuno.

  2. doghen ha detto:

    Toshan,
    mi sembra che questo Almaas ti stia a cuore.
    E’ il tuo maestro?

  3. atisha ha detto:

    trovo che ripubblicare invece sia importante…
    anche se non farà molto blog/notizia fresca… ma in questo ambito fornisce “energia” alla “pentola”…
    Rileggendo trovo sempre più fresco il suo messaggio.. quindi condivisibile… a parte che, come in ogni scuola, ognuno crede di prendere l’acqua “pura” dal proprio pozzo…

    :-)

  4. sakshin ha detto:

    Toshan Ivo: Nel corso del “lavoro”, del cammino di auto-scoperta, possono esserci stadi in cui ci si sente lontani dall’insegnamento e dalle pratiche. Esistono insegnanti spirituali, soprattutto nell’area neo-advaita, secondo i quali “non c’è bisogno di praticare o cercare”, perché siamo già “a casa”. C’è uno stadio in cui la ricerca termina davvero? Se sì, come possiamo sapere che questa è davvero la fine della ricerca e non un trucco dell’ego per la propria sopravvivenza?

    Hameed Ali: Nel Diamond Approach c’è uno stadio in cui la ricerca finisce. Sappiamo che quella è la fine della ricerca, perché c’è il riconoscimento certo di essere arrivati a casa. Una delle conseguenze di tale arrivo è il riconoscimento che la ricerca è finita: non c’è più bisogno di cercare alcunché, né c’è più qualcuno che stia cercando.

    Sak: appunto; e in quella condizione di coscienza non c’è più bisogno che nessuno ti certifichi.

    Hameed Ali:
    … Questo in genere non accade spontaneamente; senza pratica, di solito non arriviamo a questi livelli. Può succedere, ma per la maggior parte delle persone, senza la pratica, è solo una vana speranza. È vero che questa è la nostra casa primordiale e che in un certo senso siamo già in essa, ma la nostra anima non ne è consapevole, né può esserlo se non matura. Senza maturazione, è possibile avere un bagliore della casa, ma non dimorare in essa.

    Sak: su questo sono d’accordo. Però, bisognerebbe vedere anche in cosa consiste la “pratica”.

    Hameed Ali:
    Conosco bene alcuni insegnamenti neo advaita, e penso che molti di essi semplicemente non conoscono il nostro potenziale spirituale. Di solito, essi colgono una dimensione della natura autentica e parlano come se essa esaurisse tutta la realtà, senza riconoscere la ricchezza del nostro potenziale. Per esempio, questi insegnamenti non conoscono o riconoscono la natura dell’anima, così come noi la intendiamo nel Diamond Approach.

    Sak: qui H.A. , secondo me, entra nella sfera del legittimo marketing per la sua scuola, generalizzando sul lavoro di altri.

  5. Dogchen, sono uno “studente” della scuola da lui fondata, dal 2000, prima negli Stati Uniti e mi sembra dal 2004 in Italia. Più che un maestro Almaas si definisce un insegnante, come altri insegnanti della scuola. Può sembrare una sottigliezza di parole, ma comunica qualcosa sull’approccio dove l’insegnamento è più importante dei singoli insegnanti e non vi è chiamiamolo il “culto della personalità”.

    Tuttavia riconosco altri come maestri o insegnanti che dir si voglia, Osho per primo, sono promiscuo nel riconoscere diversi maestri :-) Credo nella filosofia perenne, dove gira e rigira parlano quasi tutti dello stesso stato. Qualche volta ci scappa forse anche qualche fulminato invece che illuminato su Innernet… ma ci sta dentro pure quello.

  6. Sak: qui H.A. , secondo me, entra nella sfera del legittimo marketing per la sua scuola, generalizzando sul lavoro di altri.

    Non per difendere il mio “insegnante”, ma forse posso interpretare ciò che intende come “questi insegnamenti non conoscono o riconoscono la natura dell’anima, così come noi la intendiamo nel Diamond Approach.”

    Il Diamond Approach è un percorso mooooolto lento, che lavora con le strutture psicologiche, con gli aspetti essenziali, con la fine interrogazione interiore degli stati e dei condizionamenti che impediscono la visione chiara. E’ un approccio passo a passo che non scavalca la psiche e l’anima per rivolgersi direttamente al non-duale. Allo stesso tempo è ben diverso dalla psicoterapia.

    Al neo advaita nunglieneppofregàddemeno di sciogliere i singoli nodi della psiche, di capire come si sviluppa l’anima nelle sue fasi, di riconoscere ed attivare gli aspetti essenziali, ma va direttamente alla non dualità. In questo senso, senza dubbio, non conosce la natura dell’anima ed il suo lento sviluppo in quanto non è il suo ambito.

    Come spesso si legge qui… ad ognuno il suo.

  7. eckhart ha detto:

    Sì,il Diamond Aproach è una Via Indiretta..

  8. Gianni De Martino ha detto:

    Ivo: ” Credo nella filosofia perenne, dove gira e rigira parlano quasi tutti dello stesso stato. Qualche volta ci scappa forse anche qualche fulminato invece che illuminato su Innernet… ma ci sta dentro pure quello”.

    Non so se nel campo del Sanātana Dharma ( “Filosofia” Perenne) tutto faccia davvero, per così dire, brodo – o, con termine più nobile, anima.

    In un tale movimento indifferenziato, non si corre forse il pericolo di diventare vittime, variamente consapevoli, di quella grande ammucchiata che gli stessi perennialisti indicano in molteplici movimenti esoterici: il sincretismo ?

    Altra, mi pare, l’indicazione contenuta nell’approccio di Almaas a una cultura del risveglio: un insegnamento non fideistico, o da credente, ma molto ben articolato, altamente differenziato e aperto alla metafisica ( orientale) e alla psicologia ( occidentale).

  9. doghen ha detto:

    Bene, Toshan.
    Ma che cosa dice Almaas di quelli che hanno diversi maestri per la testa?
    Ti presenti a lui come Toshan o Ivo? O tutt’e due?
    In sintesi, perchè tutte queste identità?
    E come vivi il fatto che frequenti la scuola di Almaas e fai pubblicità al Festival di meditazione di Nirodh?
    (tieni sempre presente che in me c’è un rompic….. continuamente all’opera!!!) :-)

  10. Bipo ha detto:

    Doghen, il rompic… continuamente all’opera… non è forse un’identità?

  11. Per Gianni (8): Innernet non è una scuola esoterica dove le fonti di conoscenza vengono selezionate con cura. E’ un semplice sito di divulgazione di conoscenze e notizie nel campo della ricerca della consapevolezza, talvolta da fonti poco disponibili in italiano. Il mio è un semplice servizio che soddisfa la mia natura mercuriana. Non essendo questo un sito settario, l’ampia portata delle informazioni porta senza dubbio all’includere talvolta messaggi che non sono interessanti per tutti o non abbastanza profondi o, magari, ci scappa pure qualche pacco. Tuttavia preferisco “sbagliare”… in eccesso piuttosto che in difetto.

    Per doghen (9): Il conflitto c’è solo se lo vediamo. Non ho mai sentito i due percorsi come in conflitto, ma come inclusivi, tantomeno Almaas mi tirerebbe le orecchie per pubblicizzare un festival Osho. Non si tratta di partiti politici, suvvia. Necessito tanto dell’intensità, del gioco, della varietà e dell’integrazione col corpo che avviene nel percorso con Osho quanto della chiarezza, della struttura e dell’estremo rispetto per ogni fase del percorso (anche del bistrattato ego) che si ha con la scuola di Almaas. I due approcci si arricchiscono a vicenda. Diversi conduttori di gruppi dell’area Osho ad esempio hanno integrato il lavoro sull’essenza e sui “buchi” interiori nel loro lavoro. Poi, il percorso, mio come credo di molti, non è mai lineare. Ognuno ha una strada altamente personalizzata dove si può seguire un percorso, poi un altro, allontanarsi anche da se stessi, ritrovarsi, dove le scelte forse sono in parte nostre e in parte della Coscienza. Questo ancora non lo so con certezza, ma “si sente dire” spesso da queste parti e voglio tenere aperta questa possibilità.

  12. doghen ha detto:

    Caro Toshan,
    ma non si potrebbe dire che una “via” di Osho, non esiste?
    nel senso che nessuno si presta a fare il maestro? o forse perchè si è deciso che deve includere troppo? o forse perchè è inafferrabile e confusa? (via facciamo un pò di critiche che ci guadagnamo l’inferno, dai!!)
    Inoltre non capisco assolutamente gli ultimi 6 righi del tuo ultimo post (allontanarsi da se stessi???!! come è possibile?) (ci sono due centri, coscienza e noi??)

  13. paritoshluca ha detto:

    Osho è un campo base di “ricerca spirituale”..dove a fronte dell’Essenza..elemento comune alle vie ortodosse..o vere..ci sta una molteplicità di sentieri che attingono alle varie tecniche che si sono manifestate nel corso dei millenni..
    Poi..dopo il “campo base” ci stanno le varie specializzazioni che non negano il punto d’origine ma ne sono uno sviluppo..
    Personalmente..per esempio..ho approfondito la metafisica nella sua espressione concettuale alla Guenon..cosa che Osho non aveva fatto..e mi interesso all’alimentazione in relazione alle energie o ai cakra..altra cosa che Osho non aveva approfondito..ma nel medesimo tempo considero Osho il mio Maestro..Colui che mi ha indirizzato al Centro…ma la via per arrivarvi..va aggiustata e anche costruita..se lo riteniamo opportuno..
    E al riguardo della sintesi o del sicretismo..come espone Gianni De Martino..mi sa che non c’è niente da fare..perchè il sincretismo ..fa parte di una mente che che non riconosce il Centro..per definizione..oppure perchè attribuisce al centro un significato “inferiore”..o relativo alla propria comprensione..
    Da manuale per esempio è l’attribuzione ..che avviene da parte dei guenoniani..del significato di Centro ad una forma storica come l’Islam..e confondere esoterismo con exoterismo..perchè inevitabilmente il linguaggio è simbolo e l’interpretazione che si da alle parole è relativa alla comprensione di chi le usa..e oltre le parole il discorso cessa perchè inesistente da parte di chi basa la mente e il sentimento come strumenti di Conoscenza..
    Insomma..la sintesi deve nascere da un Maestro vero..a cui poi si aggiungono a cascata..varie tecniche o abilità..o concetti..che ne siano un logico sviluppo..e non è cosa che possa avvenire in qualche anno..ma in secoli…così..l’inevitabile sincretismo di chi non capisce l’Essenza..sarà solo l’esplorazione di un aspetto della “dottrina”..che però a differenza del sincretismo..potrà portare a sviluppi superiori..

  14. Bipo ha detto:

    Io non ho mai considerato nessuno il mio Maestro.

    E’ probabilmente il mio un atto di arroganza, anche se in questa affermazione vi un evidente auto-biasimo.

    In fondo in fondo, credo di ritenere di essere uno di quegli esseri umani cui l’illuminazione accadrà senza la guida di un maestro “esteriore”, solo con la guida del maestro interiore.

    In questo leggo la mania di grandezza della mia personalità: chi sono stati questi esseri “autonomamente illuminati”? il Buddha storico, Gesù, Osho, tanto per dirne qualcuno. Ad ogni modo, quelli “famosi”.

    Eh sì, perché se proprio deve morire, il mio ego pensa che debba valerne davvero la pena. Almeno deve succedere che l’essere umano che con esso si era identificato lasci un’orma importante nella storia della grande maggioranza di coloro che con il loro ego resteranno identificati.

    Mania di grandezza, desiderio di superiorità, senso di inadeguatezza, paura.

  15. Bipo ha detto:

    Il fatto che la verità sia inesprimibile a parole lo vedo anche riflesso nel fatto che il falso, ad esempio l’ego, sia perfettamente descrivibile a parole.

  16. paritoshluca ha detto:

    14Bipo
    Io non ho mai considerato nessuno il mio Maestro.

    …………….
    Maestro è Colui che dalle tenebre ti ha tratto a vedere la Luce..
    Maestro è chi ti ha fatto capire l’importanza di ciò che consideravi come una pietra..mentre invece era un diamante sporco..
    Maestro è chi ti ha fatto rinascere nella mente prima che con lo Spirito..
    Maestro è Chi ti ha iniziato al Sé..che da solo non ci eri arrivato..
    Poi il Maestro si trasforma in insegnante..e tanti lo possono essere..ma solo Uno..ti ha comunicato quella Fiamma che è il bene più prezioso..da noi così poco ben custodito…

  17. Bipo ha detto:

    Beh, se così fosse come affermi, Luca, direi che il mio Maestro è il mio ego.

    Brrrr…

  18. paritoshluca ha detto:

    17Bipo
    Beh, se così fosse come affermi, Luca, direi che il mio Maestro è il mio ego.

    Brrrr…
    ………………

    Anche per me l’ego è stato un buon maestro..e mi ha salvato la vita quando stavo per essere travolto dalle tenebre..
    ma poi..con l’ego non si va avanti..è necessario introdurre qualcosa di superiore all’ego..
    magari l’ego rimane..ma riceve ..almeno intellettualmente una bella ramazzata..e lascia spazio a cose la cui soddisfazione necessità una certa umiltà..o rimpicciolimento del nostro orgoglio..
    In fin dei conti il problema non è così ozioso..che la mente..ristrutturata intorno all’ego è quella del mondo profano..mentre la mente ristrutturata intorno alla Consapevolezza fa parte del mondo iniziatico..anche se poi il possesso della Stessa necessita quel lavoro interiore possibile solo se è stata operata quella ristrutturazione mentale e culturale..capace di accogliere Questa ..senza creare un gap con la mente..

  19. Bipo ha detto:

    Parafrasando il titolo dell’articolo: L’ego, uno strumento per la maturazione dell’anima.

    Suona un po’ come: Berlusconi presidente operaio…

  20. doghen ha detto:

    Bipo,
    c’è un giochetto che fa così: prima si prendono un’insieme di impressioni, pensieri, condizionamenti, vibrazioni, ecc e gli si dà un nome, “ego”.
    Poi si sostiene l’idea che questo “ego” esista.
    Poi si prova l’intenso desiderio di liberarsene.
    Un, due, tre il gioco è fatto. :)

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