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almaas5.jpgUn’intervista ad Almaas sulla maturazione dell’anima da parte di Toshan Ivo Quartiroli. Tra i temi dell’intervista, quali gli strumenti esteriori e interiori che catalizzano la crescita dell’anima, come la mente può essere volta a questo scopo, i possibili ruoli di fattori esterni quali le sostanze neurochimiche o i mezzi tecnologici, quando e se la ricerca di noi stessi arriva a un termine e il ruolo della sessualità sul cammino.

Toshan Ivo: Vorrei farti qualche altra domanda sul tema dell’oggettività – soggettività nella nostra cultura. Cartesio ha detto che se l’uomo fosse liberato dalla prigione del corpo, troverebbe l’idea di Dio in se stesso. Sembra che la nostra cultura occidentale si basi sulla convinzione che ciò che è soggettivo e dotato di un corpo sia viziato all’origine; apparentemente, perdiamo la nostra natura divina quando diventiamo “personali” e soggettivi. Nella teologia cristiana, il male e il peccato sono attributi del libero arbitrio dell’essere umano, almeno originariamente. Dunque, secondo questa convinzione, quando gli uomini fanno le loro scelte soggettive, vanno contro la volontà di Dio. Mi chiedo se per molto tempo la nostra cultura non ha riconosciuto il valore della soggettività a causa di questa e altre convinzioni storiche, o se lo sviluppo dell’anima per sua natura richiede stadi in cui non assegniamo alla verità soggettiva il giusto valore.

Hameed Ali: Innanzitutto, non sono sicuro che in Occidente la pensino come te sulla concezione occidentale del personale e del soggettivo. In realtà, è l’Oriente che storicamente ha diffidato del personale e del soggettivo, dando più importanza all’impersonale. In Occidente sembrano essere esistite due concezioni sovrapposte: una diffidente del personale e del corporeo, come osserviamo nel pensiero greco e in seguito nel Cristianesimo; l’altra che esalta il personale, il corporeo e il soggettivo, come vediamo nell’arte e nella letteratura occidentale. La nostra scienza è più influenzata dalla prima corrente, come dimostra il tentativo di Cartesio di separare il soggetto dal mondo, per poter studiare quest’ultimo oggettivamente.

La mia opinione è che il punto di vista della scienza sul soggettivo è esatto, ma incompleto. È esatto nel senso che la nostra soggettività tende a oscurare le nostre percezioni e la nostra conoscenza, a causa delle inclinazioni e convinzioni personali. La psicologia moderna ha ampiamente confermato ciò tramite lo sviluppo dato da Freud alla nozione dell’inconscio, il quale influenza i nostri sentimenti, comportamenti e azioni senza che ce ne accorgiamo. In questo senso, penso che le varie tradizioni che hanno diffidato del soggettivo, sia occidentali sia orientali, hanno avuto un’intuizione profonda della soggettività dell’umanità.

In ogni caso, si tratta di un’intuizione incompleta della soggettività umana, perché se è vero che essa valuta correttamente la consapevolezza ordinaria dell’individuo, è anche vero che non tiene conto del potenziale della soggettività umana. Tale concezione non considera che questa soggettività prevenuta è la soggettività dell’ego, e che l’anima umana può essere libera dall’ego. La cultura occidentale apprezza l’individuale, il personale e anche il soggettivo, come vediamo nelle arti, nelle scienze e nella vita quotidiana degli occidentali. Ciò potrebbe considerarsi il risultato di un riconoscimento profondo, ma inconscio, del potenziale della soggettività umana. Tuttavia, non vediamo la presenza di una soggettività così aperta e bilanciata se non in stadi molto profondi di realizzazione, in cui l’anima non soltanto è connessa alla sua natura spirituale, ma ha portato avanti questa integrazione fino a sviluppare una persona reale ed essenziale.

Possiamo ipotizzare che sia l’Oriente sia l’Occidente avevano diffidato del personale e del soggettivo perché la gente aveva di essi una conoscenza prevenuta e non autentica. Ciò che è davvero soggettivo e personale – ovvero, il proprio essere autentico al di là delle influenze provenienti dall’esterno – è uno sviluppo raro e dunque prezioso. Ecco perché gli antichi insegnamenti si riferiscono a esso come alla perla senza prezzo.

Toshan Ivo: Il Diamond Approach valorizza la mente ordinaria in quanto strumento per l’«inquiry», l’indagine. Quali sono le altre tradizioni che usano la mente in questo modo, e perché molti cammini mistici e spirituali considerano la mente un ostacolo alla verità e al raggiungimento di stati più elevati?

Hameed Ali: Nemmeno in questo caso la verità è così semplice. Le tradizioni spirituali in generale diffidano della mente individuale, perché quest’ultima tende a ostacolare l’apertura spirituale. La mente ordinaria è solitamente il supporto dell’ego, in quanto quest’ultimo è fondamentalmente un costrutto mentale basato sulle convinzioni e le conoscenze della mente. Ciononostante, la maggior parte degli insegnamenti spirituali impiega la mente nel tentativo di comprendere la condizione umana. Non direi che il Diamond Approach è il solo a usare la mente ordinaria; infatti, anche la maggior parte degli insegnamenti spirituali la usa, ma generalmente non estensivamente come fa il Diamond Approach. Quindi, penso che sia una questione di gradi. Anche la tradizione Zen, che è la più radicale e diretta per quanto riguarda l’eliminazione della mente ordinaria, la usa quando si tratta di parlare e comunicare.

Credo che la situazione sia più complessa di quanto appaia. La mente ha molte parti e qualità. Alcune di queste ultime sono indispensabili per la comprensione, la comunicazione e la sopravvivenza. Ma certe parti e qualità della mente contribuiscono alla creazione e al mantenimento dell’ego stesso. Alcuni insegnamenti tendono ad aggirare, evitare o eliminare la mente, a causa della sua connessione all’ego. Tuttavia, non possono fare a meno di usarla quando si tratta di pensare e comunicare. Alcune tradizioni usano la mente anche perché fanno ricorso alla logica e alla ragione, come certe scuole buddiste, induiste e cristiane.

Nel Diamond Approach usiamo la mente in modo più esteso, perché la nostra tecnica è quella dell’indagine sull’esperienza di ogni giorno. Nel tentativo di comprendere tale esperienza, abbiamo bisogno della ragione e della razionalità della mente. Inoltre, poiché in questo processo ci imbattiamo in una grande quantità di materiale dal passato, abbiamo bisogno di usare la memoria della mente e i suoi ricordi del passato.

La concezione del Diamond Approach è che la mente è una facoltà neutrale e che dipende da noi usarla come un sostegno all’apertura spirituale o come un ostacolo a quest’ultima. Inoltre, la mente normale è l’espressione esteriore di una profonda e fondamentale facoltà dell’anima, il suo intelletto o “nous”. Il nous, quello che chiamiamo la Guida di Diamante, è l’intelletto autentico, la facoltà di discernere che l’anima umana possiede in potenza. Più questo profondo elemento della nostra anima è attivo e integrato, più esso guida e permea il funzionamento della nostra mente normale. L’inquiry è una tecnica finalizzata allo sviluppo e la concretizzazione di questa possibilità.

Toshan Ivo: I bambini che non ricevono amore e affetto sviluppano quasi sempre problemi fisici e cognitivi. La verità può considerarsi un bisogno primario allo stesso modo dell’affetto? Non mi riferisco alla verità assoluta, ma anche alla semplice verità di tutti i giorni. Per esempio, Gregory Bateson riconobbe il problema del “double bind”, il doppio vincolo che può contribuire a provocare disturbi mentali, nei casi in cui una persona riceveva un messaggio ambiguo, specialmente se quest’ultimo includeva aspetti emotivi. Poiché la verità libera, in che modo l’anima viene deformata quando la verità non è presente nella società e nella famiglia?

Hameed Ali: L’assenza della verità nell’infanzia è una delle ragioni fondamentali per cui lo sviluppo normale della consapevolezza viene dominato dall’ego. L’assenza della verità consiste fondamentalmente nell’ignoranza e nella mancanza di esperienza da parte dei genitori della vera natura e delle sue varie qualità. È la mancanza di autenticità nella presenza e nel comportamento dei genitori che esercita un’influenza negativa sul bambino. Ma ciò non vuol dire che i genitori devono raccontare al bambino la verità così come la conosce un adulto, perché ciò potrebbe creare confusione. Si tratta più che altro della necessità da parte dei genitori di essere autentici e sinceramente affettuosi. Talvolta, ciò può voler dire che la verità in tutto o in parte non viene comunicata, perché per un bambino sarebbe troppo.

Ma l’abitudine di mentire ai bambini finirà con l’avere un impatto negativo. Alcuni psicologi ritengono che, a seconda dello stadio di sviluppo, i bambini hanno bisogno di alcune illusioni per riuscire a sopravvivere. Penso che molte di queste cosiddette illusioni sono in effetti vere, ma gli psicologi le considerano illusioni. Per esempio: la condizione della prima infanzia in cui il bambino si sente connesso alla madre, come se formassero un campo continuo di esperienza, quella che viene chiamata unità duale… Gli psicologi credono che si tratti di un’unione illusoria, non autentica, ma per chi sa vedere essa non è un’illusione, bensì l’esperienza effettiva del neonato, e le cose stanno così anche per la mente non modellata dall’ego e dalle sue convinzioni.

Toshan Ivo: Lavorando sul mio condizionamento, e condividendo con altre persone sulla Via, noto che talvolta i condizionamenti collettivi e storici di una certa nazione o di un certo tipo possono essere più radicati di quelli individuali. Le due forme di condizionamento sono intrecciate, ma quello collettivo sembra più inconsapevole e difficile da cogliere. I due tipi di condizionamento vanno affrontati allo stesso modo o quello collettivo richiede un approccio particolare?

Hameed Ali: Il condizionamento collettivo non è solitamente più radicato di quello individuale, a meno che non siamo di fronte a circostanze insolite, come nel caso di una società che stia attraversando una lunga guerra. Ma ordinariamente anche il condizionamento culturale è parte di quello individuale, ovvero accade attraverso la consapevolezza individuale e fa parte del condizionamento di quest’ultima.

Il condizionamento culturale è solitamente sottile e fa da sfondo a quello individuale. Questo è il contesto emotivo e mentale in cui il bambino vive e cresce, e viene assorbito senza alcun riconoscimento consapevole. È più difficile da riconoscere e osservare, perché si ha la tendenza a considerarlo parte della realtà. Di solito, non occorre lavorare sul condizionamento culturale in modo particolare, né c’è bisogno di mettersi a cercarlo. Lavorando sul condizionamento individuale, la dimensione culturale comincia ad affiorare da sé, poiché fa parte dell’impalcatura del condizionamento individuale. Ordinariamente, essa non si presenta fino a quando non si è profondamente liberi dal proprio condizionamento individuale.

In particolare, per affrontare il condizionamento culturale, raccomando una cosa: viaggiare in culture molto diverse e fare esperienza direttamente e personalmente delle differenze.

Toshan Ivo: Sin dall’antichità, sembra che l’umanità abbia espresso il bisogno di andare “oltre”, non solo attraverso pratiche spirituali, ma anche attraverso l’uso di sostanze psichedeliche. Le persone che percorrono quest’ultimo cammino in un contesto sacro o talvolta anche profano, parlano di stati che sembrano molto vicini a quelli mistici, come la fusione con il tutto. Secondo te, quali sono le differenze tra gli stati prodotti dal lavoro spirituale e quelli generati dall’uso di sostanze? Esistono rischi connessi a queste ultime?

Hameed Ali: In generale, le sostanze psichedeliche alterano il cervello in modo da permettere di sperimentare le cose senza i filtri consueti, oppure di avere esperienze più intense e acute. Ciò vuol dire che le esperienze spirituali generate da quelle sostanze sono uguali a quelle provocate dalla pratica spirituale; in effetti, la sostanza compie il lavoro della pratica.

Una prima differenza non sta nel tipo di esperienza, ma nel fatto che essa accade nonostante i propri filtri, senza aver lavorato su di essi. Ciò dà una sensazione di maggiore perdita di controllo o di scelta, e può rendere l’esperienza molto più emotivamente intensa ed esplosiva.

Penso che un primo, possibile rischio è quello della dipendenza dalla sostanza. Usando quest’ultima, non esercitiamo né sviluppiamo i muscoli dell’anima. Ci apriamo senza diventare spiritualmente maturi, e ciò può avere conseguenze serie per il proprio cammino spirituale.

I rischi più noti sono i danni fisiologici al cervello o al sistema nervoso, che possono insorgere in caso di uso prolungato di alcune sostanze.

Toshan Ivo: Il Diamond Heart si basa sull’osservazione e include l’interiorità nel processo di inquiry. È possibile un nuovo metodo scientifico che includa sia l’approccio soggettivo sia quello oggettivo? Un metodo che, operando sui dati, fornisca conclusioni valide come quelle del metodo scientifico tradizionale?

Hameed Ali: Penso che questa sia una cosa su cui lavorare. Non c’è una risposta semplice alla tua domanda. Questo nuovo metodo può richiedere molto tempo per venire sviluppato. So che l’aiuto che la guida di diamante può darci in termini di ricerca, indagine, discernimento, analisi, sintesi e così via può essere molto utile in qualsiasi campo di ricerca; ma perché questo avvenga, il ricercatore deve integrare questa facoltà spirituale nel suo lavoro. Non importa l’area di studio, perché stiamo parlando di una migliore intelligenza, discriminazione, chiarezza, penetrazione, sintesi ecc.: tutte qualità che possono trovare applicazione in qualsiasi ramo della scienza.

Integrare questa facoltà richiede chiarezza e oggettività personali, ovvero bisogna riconoscere in che modo i nostri pregiudizi soggettivi influenzano le osservazioni e i pensieri. Non è facile, comunque, integrare questa facoltà in modo completo o profondo; sono necessari maturità spirituale e un lavoro costante per applicare questa facoltà.

Toshan Ivo: La neuroscienza e le conoscenze sul cervello si stanno espandendo. Lo stesso Dalai Lama è attivamente impegnato nello studio dei punti di contatto tra le neuroscienza e gli antichi insegnamenti tibetani sulla mente e la meditazione. Nel tuo libro The Inner Journey Home scrivi: “È anche possibile che la vita biologica sia uno degli stadi dello sviluppo dell’anima: è necessario, ma è solo uno stadio”. Hans Moravec immagina un incontro tra informatica, nanotecnologia e bioscienza in grado di cambiare la nostra definizione dell’essere umano. Prevedi che un giorno sarà possibile fare il lavoro su noi stessi con l’ausilio di sostanze biochimiche e “neurosupporti” tecnologici (per esempio, la versione futura di apparecchiature già oggi in grado di alterare le frequenze del cervello)? Lo sviluppo dell’anima può essere facilitato o guidato dalla tecnologia? Quali prevedi che saranno gli stadi della crescita?

Hameed Ali: Perché no? L’anima umana, che è la sede della consapevolezza e delle sue facoltà, opera attraverso il corpo, e dipende dalla condizione di quest’ultimo per funzionare. Non vedo ragioni per sostenere che il miglioramento della condizione del corpo attraverso la tecnologia non possa aiutare lo sviluppo dell’anima. Non ho idea degli stadi della crescita a questo proposito: dipenderanno dal tipo di miglioramento che le tecnologie apporteranno e da quanto incideranno sul normale funzionamento fisico. È più probabile che gli stadi saranno gli stessi, ma l’anima potrebbe riuscire ad attraversarli con più facilità, ricevendo più sostegno.

A ogni modo, non mi piace l’idea che la mia realizzazione accada senza che io eserciti i miei muscoli spirituali, in quanto gran parte della gioia del lavoro spirituale sta nel lavoro stesso. Sono le scoperte senza fine a costituire la vera gioia della vita e l’entusiasmante estasi del viaggio.

Toshan Ivo: Apparentemente, la sessualità non costituisce un “capitolo a sé” negli insegnamenti del Diamond Approach, ma sembra inclusa del modello generale dell’anima. In che modo questa potente energia – che può avere molti diversi effetti sull’anima – viene trattata nell’insegnamento, e perché a essa non viene data molta importanza?

Hameed Ali: Forse avrai osservato che il Diamond Approach non dà un’importanza speciale a nessuna area particolare della vita. Esso affronta i fondamenti dell’esperienza, a prescindere dalle varie aeree della vita. La sessualità, il lavoro, la creatività ecc., sono aree particolari della vita, e anche se lavoriamo con esse, non è normale per noi sottolinearne una anziché un’altra.

Gli insegnamenti che mettono in evidenza la sessualità, in realtà mettono in evidenza l’energia sessuale, e a un livello più fondamentale la dimensione dell’energia. La sessualità è un modo di lavorare con l’energia. Nel Diamond Approach c’è una parte dell’insegnamento dedicata alla dimensione dell’energia, quella che chiamiamo la dimensione “shakti”. In essa troviamo insegnamenti su come sperimentare, riconoscere e lavorare con la shakti, affrontando tutti gli argomenti correlati. La maggior parte degli studenti non ha familiarità con questa parte dell’insegnamento.

Il Diamond Approach contiene anche un insegnamento tantrico, ma è piuttosto avanzato e non è ciò che la maggior parte della gente intende per tantra. Esso include la sessualità, ma non si identifica esattamente con il sesso.

Toshan Ivo: Nel corso del “lavoro”, del cammino di auto-scoperta, possono esserci stadi in cui ci si sente lontani dall’insegnamento e dalle pratiche. Esistono insegnanti spirituali, soprattutto nell’area neo-advaita, secondo i quali “non c’è bisogno di praticare o cercare”, perché siamo già “a casa”. C’è uno stadio in cui la ricerca termina davvero? Se sì, come possiamo sapere che questa è davvero la fine della ricerca e non un trucco dell’ego per la propria sopravvivenza?

Hameed Ali: Nel Diamond Approach c’è uno stadio in cui la ricerca finisce. Sappiamo che quella è la fine della ricerca, perché c’è il riconoscimento certo di essere arrivati a casa. Una delle conseguenze di tale arrivo è il riconoscimento che la ricerca è finita: non c’è più bisogno di cercare alcunché, né c’è più qualcuno che stia cercando.

Questo in genere non accade spontaneamente; senza pratica, di solito non arriviamo a questi livelli. Può succedere, ma per la maggior parte delle persone, senza la pratica, è solo una vana speranza. È vero che questa è la nostra casa primordiale e che in un certo senso siamo già in essa, ma la nostra anima non ne è consapevole, né può esserlo se non matura. Senza maturazione, è possibile avere un bagliore della casa, ma non dimorare in essa. Conosco bene alcuni insegnamenti neo advaita, e penso che molti di essi semplicemente non conoscono il nostro potenziale spirituale. Di solito, essi colgono una dimensione della natura autentica e parlano come se essa esaurisse tutta la realtà, senza riconoscere la ricchezza del nostro potenziale. Per esempio, questi insegnamenti non conoscono o riconoscono la natura dell’anima, così come noi la intendiamo nel Diamond Approach.

Per maggiori informazioni su libri e articoli di Almaas, http://www.ahalmaas.com/
Il sito della scuola Ridhwan: http://www.ridhwan.org

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Almaas. Essenza. Il nucleo divino nell’uomo. Crisalide. 1999. ISBN: 8871830873

Almaas. Il cuore del diamante. Elementi del reale nell’uomo. Crisalide. 1999. ISBN: 8871830776

Almaas. L’elisir dell’illuminazione. Crisalide. 2002. ISBN: 887183125X

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Almaas. Inner Journey Home: The Soul’s Realization of the Unity of Reality. Shambhala. 2004. ISBN: 1590301099

Almaas. Diamond Heart Book 2 The Freedom to Be. Shambhala. 2000. ISBN: 0936713046

Almaas. Diamond Heart Book 3: Being and the Meaning of Life. Shambhala. 2000. ISBN: 0936713054

Almaas. Diamond Heart Book 4: Indestructible Innocence. Shambhala. 2000. ISBN: 0936713119

Almaas. Facets of Unity: The Enneagram of Holy Ideas. Diamond Books. 2000. ISBN: 0936713143

Almaas. Luminous Night’s Journey: An Autobiographical Fragment. Shambhala. 2000. ISBN: 0936713089

Almaas. Spacecruiser Inquiry: True Guidance for the Inner Journey. Shambhala. 2002. ISBN: 1570628599

Almaas. The Pearl Beyond Price: Integration of Personality into Being, an Object Relations Approach. Shambhala. 2000. ISBN: 093671302X

Almaas. The Point of Existence: Transformations of Narcissism in Self-Realization. Shambhala. 2000. ISBN: 0936713097

Almaas. The Void: Inner Spaciousness and Ego Structure. Shambhala. 2000. ISBN: 0936713062

Almaas. Work on the Superego. Diamond Books.1992. ASIN: 0936713070

Traduzione di Gagan Daniele Pietrini
Copyright: Innernet.

91 Responses to “Strumenti per la maturazione dell’anima”

  1. eckhart ha detto:

    Paritosh:Essere sannyasin è identità vera..oggettiva..e la nostra Consapevolezza è il metro di un giudizio slegato dall’apparire mondano..e più gratificante se corrisponde ai nostri desideri..cioè se i desideri non tirano più come il pelo succitato..ma si sono trasformati in Centro
    ———————–
    Essere sannyasin più che vera identità è piuttosto una identificazione motivante,utile per gli “Inizi”
    Come ogni vestito va gettato via,prima o poi.
    La Consapevolezza è Pace,Identità senza identità.
    Non ci sono altri metri per riconoscerla ,solo chiacchiere (comprese le mie,se così ritenute).

  2. Sakshin ha detto:

    Eckhart:
    Essere sannyasin più che vera identità è piuttosto una identificazione motivante, utile per gli “Inizi”.
    Come ogni vestito va gettato via,prima o poi.
    La Consapevolezza è Pace, Identità senza identità.

    *****
    Sono d’accordo.
    Anche per me è stata una utile e preziosa identificazione “iniziatica”.
    Poi occorrerebbe liberararsi anche di quella, per essere un sannyasin interiore, come lo stesso Osho insegnava.
    Più cresce la Consapevolezza in noi, più calano le identità, inutili orpelli.
    L’Unica identità reale è quella Suprema, quella con il Sè.

  3. atisha ha detto:

    Paritosh: Essere sannyasin è identità vera..oggettiva..e la nostra Consapevolezza è il metro di un giudizio slegato dall’apparire mondano..

    atisha: è importante essere sannyasin… accettare intimamente Il Mala (non necessariamente quello offerto da Osho).. donarSi fiduciosamente al Maestro e ricordarsi giorno dopo giorno la Scelta di “non mentire più a se stessi”…
    quella Scelta è l’autoiniziazione per me… ed accade quasi sempre dopo ripetute crisi esistenziali… ecco che l’Istinto Naturale (lo chiamo così) prevale.. richiama nascostamente.. e trascina a capire… L’incontro con un Maestro a quel punto è essenziale.. l’incontro è cartaceo quasi sempre…
    ed il primo passo è fatto… la Scelta (maiuscola) è accaduta.. il seme è caduto nella terra feconda..
    Si diventa sannyasin.. per come si può aggiungo io.. non sempre è possibile recarsi in un ashram o inseguire qualche maestro.. anche perchè di maestri per strada non ce ne sono.. bisogna faticare, arrangiarsi come si può.. prendere i compromessi che la vita offre e proseguire su quella strada… l’importante è iniziare a “muoversi”
    Il mio mala me lo sono costruito da sola… non m’intressava quello fornito dalla “casa di rappresentanza” di Osho, perchè Osho nel 1995 era morto (oopss.. aveva lasciato il corpo) avrei potuto scrivere a Miasto o recarmi lì, ma ciò sentivo non mi apparteneva .. allora che fare?
    Io già meditavo seriamente da un po’.. sentivo la Sua presenza giornalmente in me, avevo posto in Lui tutta la mia Fiducia ed il mio dolore esistenziale.. già mi ricordavo abbastanza di lui.. ma lo volevo ancora più vicino…
    Era il mio compleanno… ho scelto il mio mala.. l’ho comprato.. un sole d’oro con una bella catena d’oro lunga e sottile.. nel retro appiccicai una foto di osho a colori presa dall’OshoTime.. lo consacrai a modo mio, mi collegai meditativamente con la Presenza che mi sussurrò il nome da “indossare”.. Atisha… allora avevo ordinato parecchi libri ha Oshoba ed erano avanti a me.. Sotto l’influenza della meditazione mi sono diretta lì nella scrivania ed intuitivamente ne ho scelto uno: il primo nome che ho letto aprendone uno a “caso” era “Atisha”… ecco, era quello il nome da indossare… ma chi era atisha? non importava..
    Da allora non lo tolsi più il mala per parecchio tempo.. qualche anno…
    ero “Orgogliosa”.. certo non mi sarebbe servito ad andare per strada e farmi riconoscere (con annessi e connnessi) la gioia era solo mia..
    Presto quel sole d’oro iniziò a riscaldarmi…

    namastè

  4. indira ha detto:

    Bipo: grazie. E’ passato del tempo e siamo su un’altra onda ma voglio dirtelo: grazie.
    Il Sannyas non è un’identificazione, non è portare al collo una collana con una immaginetta, non è fare la dinamica al mattino.
    Il Sannyas per me è impegno
    è dedidizione
    è non lasciarmi scivolare addosso il tempo
    è chiedermi ogni giorno “chi sono?”
    è non raccontare stronzate ai miei figli
    è non scappare dalla paura che mi paralizza ma piuttosto inglobarla
    è distinguere la differenza fra rabbia e FORZA, fra sforzo e VOLONTA’, fra tranquillità e PACE, fra bisogno e AMORE, fra stare bene e GIOIRE… grazie Almas!

  5. Bipo ha detto:

    Prego, Indira. Non capisco perché mi ringrazi, ma ad ogni modo, prego.

  6. atisha ha detto:

    eck: Essere sannyasin più che vera identità è piuttosto una identificazione motivante,utile per gli “Inizi”
    Come ogni vestito va gettato via,prima o poi.

    atisha: esatto eck.. è un’identificazione.. un “trasportino per l’ego” ahahaha…
    hai presente quello per portare dal veterinario il gatto?
    beh.. è quella sacra gabbietta che trasporta l’animale ferito verso la cura.. verso la salvezza…
    L’animale curato va riportato poi a casa e tolto dalla gabbietta..
    e lasciato libero, tanto è vaccinato ormai… e guarito…

    ;-)

  7. doghen ha detto:

    io, io, io, io qui, io là, il sannyas, mi ha fatto questo, mi ha fatto quello…..ma dove va il Sè quando muoriamo?
    Non crediate di eludere sane e impegnative domande, con le storielle delle nostre vite….oltre alla nostra importanza, bisogna realizzare la nostra non-importanza. Tutto il nostro vissuto verrà buttato via come l’acqua di un secchio….quindi perchè attaccavicisi, perchè considerarlo…..1 = 0 = infinito

  8. atisha ha detto:

    doghen: io, io, io, io qui, io là, il sannyas, mi ha fatto questo, mi ha fatto quello…..ma dove va il Sè quando muoriamo?

    atisha: e chi lo sa? :-))) verrà riassorbito, creo.. o trasformato in nuova Energia..
    che ne so, magari la mia Energia (Sè) verrà riutilizzata dall’enel.. e verrò catapultata in qualche elettrodomestico :-)))
    a sciacquare qualche mutanda in qualche lavatrice.. Non è più 2mio” problema….

    doghen: Non crediate di eludere sane e impegnative domande, con le storielle delle nostre vite….oltre alla nostra importanza, bisogna realizzare la nostra non-importanza. Tutto il nostro vissuto verrà buttato via come l’acqua di un secchio….quindi perchè attaccavicisi, perchè considerarlo…..1 = 0 = infinito

    atisha: ciò che puoi fare ora è solo eludere le domande della mente
    ed avvicinarti alla tua essenza, al tuo Sè..
    smettendola di dare troppa importanza alla tua “non- importanza”..

    Goditi invece il tuo “secchio” senza aspettative… Silenziosamente..

    Om Shanti

  9. doghen ha detto:

    Atisha,
    grazie della risposta.
    Ecco, mi appare “l’illminato tipo”, figlio della tua descrizione….
    se ne sta lì, vicino al suo Sè, con l’aria felice, in silenzio, in pace, godendosela…..sembra un pò rimbambito!! :-)

  10. atisha ha detto:

    doghen: Ecco, mi appare “l’illminato tipo”, figlio della tua descrizione….
    se ne sta lì, vicino al suo Sè, con l’aria felice, in silenzio, in pace, godendosela…..sembra un pò rimbambito!! :-)

    atisha: andare al di là di ciò che “sembra” è già un primo passo importante…
    in sostanza prova a non immaginare…

    :-)

    namastè

  11. atisha ha detto:

    Oscurità mondiale: il 17 settembre 2008 dalle 21.50 alle 22.00. Proponiamo di spegnere tutte le luci e gli apparecchi elettronici affinchè il nostro pianeta possa ‘respirare’.
    Se ci sarà una risposta collettiva l’energia risparmiata sarà moltissima. Solo dieci minuti e vedremo cosa succede.
    Stiamo 10 minuti nell’oscurità, prendiamo una candela e semplicemente fermiamoci a guardarla mentre il nostro pianeta respira.
    Ricordate che l’unione fa la forza e internet ha molta influenza, può essere qualcosa di veramente grande.
    gira la mail, se hai amici che vivono in altri paesi fai girare loro la notizia.

  12. Angela ha detto:

    Paritosluca (16):
    Poi il Maestro si trasforma in insegnante..e tanti lo possono essere..ma solo Uno..ti ha comunicato quella Fiamma che è il bene più prezioso..da noi così poco ben custodito…

    Io direi che un vero Maestro ti vuota da tutti i concetti che ti imprigionano e che ti impediscono di vedere chi sei. Non insegna e ti appessantisce con altri concetti.
    Un vero Maestro ti indica sempre sulla tua vera natura.
    Ad un vero Maestro interessa solamente di liberarti dalla tua mente e di farti dimorare sul tuo vero Sè.

  13. paritoshluca ha detto:

    72Angela

    Io direi che un vero Maestro ti vuota da tutti i concetti che ti imprigionano e che ti impediscono di vedere chi sei. Non insegna e ti appessantisce con altri concetti.
    Un vero Maestro ti indica sempre sulla tua vera natura.
    Ad un vero Maestro interessa solamente di liberarti dalla tua mente e di farti dimorare sul tuo vero Sè.

    ……………
    Certamente..!
    Ma anche un diamante ha bisogno di essere incastonato in qualcosa che lo mostri al meglio..
    e anche l’occhio vuole la sua parte…e l’Illuminazione..se non trova una mente adatta a contenerla..avrà vita dura..che mente e Consapevolezza sono come come il corpo e il vestito..e in certi luoghi bisogna vestirsi pesanti..che altrimenti verremo arrestati per oltraggio al pudore..
    Ma naturalmente prima di illuminarci abbiamo tutto il tempo di preparare i pensieri a certe concezioni..che altrimenti illuminazione e follia percepita..sarebbero un tutt’uno..
    Il ristrutturare la mente..e renderla pronta all’Evento..non è cosa da disprezzarsi..che altrimenti
    lasceremo solo gli intellettuali a discutere delle cose..e la ricerca interiore sarebbe solo il navigare nei concetti senza esperienza effettiva..
    Inevitabilmente..se un’esperienza è vera e fondante..
    aggregherà via via tutte le dimensioni psichiche e fisiche..i pensieri..la cultura..le tecniche..l’arte..
    ricreando quel sintetismo che è presente nelle società tradizionali..
    Per cui..è vero che un Maestro dovrebbe toglierti tutto..ma nel medesimo tempo..lascia che il tempo operi una ricostruzione del tuo psichismo..e dei valori..che siano compatibili con l’Essenza..che la favoriscano nel suo operare tramite noi..
    Altrimenti ci troveremo come chi parla cinese..a discutere in russo..

  14. atisha ha detto:

    Paritosh: Per cui..è vero che un Maestro dovrebbe toglierti tutto..ma nel medesimo tempo..lascia che il tempo operi una ricostruzione del tuo psichismo..e dei valori..che siano compatibili con l’Essenza..che la favoriscano nel suo operare tramite noi..
    Altrimenti ci troveremo come chi parla cinese..a discutere in russo..

    atisha: ottimo appunto…

  15. Angela ha detto:

    Paritosh: Per cui..è vero che un Maestro dovrebbe toglierti tutto..ma nel medesimo tempo..lascia che il tempo operi una ricostruzione del tuo psichismo..e dei valori..che siano compatibili con l’Essenza..che la favoriscano nel suo operare tramite noi..
    Altrimenti ci troveremo come chi parla cinese..a discutere in russo..

    Angela:…in questo sono perfettamente d’accordo con te.

  16. eckhart ha detto:

    Approfittando dell’assenza di Ivo )))
    che quindi non può bacchettarmi… :-PPP
    propongo qualche stralcio da me tradotto dal terzo capitolo,dalla recentissima opera di Almaas (The unfolding Now) che mostra in modo evidente come si muova in un approccio assolutamente non-duale,per quanto indiretto.

    “La Vera Natura non dice mai: ”Fa questo o quello.” Piuttosto ci dice di non fare nulla che possa interferirla:
    “Non pressare,non manipolare”. Ogniqualvolta vogliamo fare qualcosa per noi ci dice:
    ”Giù le mani,lascia solo la tua esperienza”.
    Possiamo notare come il modo in cui la Vera Natura ci indica qualsiasi cosa ci accada.
    Ci dice se c’è sofferenza,o paura o felicità. Oppure se ci si sente divisi dalla colpa o in panico,o in pieno desiderio.
    E cosa fa la tua Vera Natura?Non fa nulla. Semplicemente è consapevole di qualunque cosa tu senta;
    interessato, empatico,sintonizzato su tutto ciò che accade. Vuole esperire pienamente la sensazione,esserci con gentilezza,delicatezza. La Vera Natura non tenta di forzare.
    Non cerca di fare nulla, e non fa nulla,semplicemente è.
    E il suo esserci,la qualità necessaria, emerge. Se è necessaria compassione,questa emerge .Se è l’amore necessario,emerge questo. Se è necessaria la forza,emerge quest’altra.
    La Vera Natura non muove un dito.
    Il modo in cui la Vera Natura contatta le richieste è nell’essere aperta con piena consapevolezza e comprensione della realtà particolare in cui sta operando una persona. Per esempio, se questa abbraccia la realtà come non duale,non trova confini di separazione. La Vera Natura è molto aperta a ciò e risponderà accordandosi a ciò. Qualunque credenza,supposizione e limiti abbia una persona,la Vera Natura vede i limiti e non tenta di essere diversa. La Vera Natura davvero non ha preferenze.
    Così,una cosa che possiamo imparare dalla Vera Natura è il non avere preferenze,non scegliere;non abbiamo bisogno di scegliere cosa esperire. La nostra esperienza semplicemente accade. Se cerchiamo di scegliere e diciamo: “ Questo è buono,questo è cattivo,questa situazione includerebbe questo e non quello”,ci stiamo già separando dalla Vera Natura, non stiamo più praticando.
    Essere dove siamo significa che lasciamo solo la nostra esperienza. Non vi interferiamo,non diciamo di no,
    né tentiamo di afferrarla. Non diciamo nulla a proposito-nessun commento! In realtà ci avviciniamo,l’abbracciamo,stiamo con essa. E questa assenza di controllo, questa facile mancanza di manipolazione,può continuare momento per momento, ma la consapevolezza di non fare nulla ci eluderà ,se non stiamo attenti a ciò che accade.
    La Vera Natura è sempre ferma nella sua non manipolazione e non interferenza. Impariamo quanto ciò sia ottimo per la nostra pratica. Impariamo a non interferire e a rimanere fermi nella nostra non interferenza.
    E poiché la Vera Natura è quel che è,si svolgerà semplicemente-manifestandosi e rivelandoci tutto ciò che è necessario che ci sia rivelato.
    Nella nostra condizione ordinaria del non lasciarci mai soli,la nostra manipolazione accade a tutti i livelli,dal grossolano al sottile. Siamo disposti a schiacciarci nella punta di uno spillo, pur di plasmare la nostra esperienza in un modo altamente manipolativo, o possiamo coinvolgerci in una sottile forma d’aggrapparsi ,semplicemente nel ricordarci una condizione che ci è piaciuta in passato , cercando di spostare così la nostra coscienza in quella direzione.
    Approfondendo il nostro studio, impareremo di più a proposito dei vari modi in cui interferiamo con la nostra esperienza. Ma in qualunque modo interferiamo, è sempre vero che ,poiché non possediamo il potere infinito,l’intelligenza e la consapevolezza che ha invece la Vera Natura, non sappiamo cosa potrebbe accadere la prossima volta nella nostra esperienza profonda. Fare qualcosa per creare una nostra diversa esperienza momento-per-momento ,significa credersi Dio; è credere di sapere come vanno le cose.”
    ALMAAS

  17. atisha ha detto:

    grazie eck!! :-)

  18. paritoshluca ha detto:

    La Natura ha una sua meccanicità..e..mano a mano che si sale verso la Coscienza..perde di vigore in vista della libertà..
    Sono i vari gradi della manifestazione..dell’universo..
    e il non confonderli è opera fondamentale se aspiriamo a stabilirci nel Principio…
    Significa che il corpo umano ha le sue leggi..più meccaniche più è grossolano.. e il non rispettarle è possibile solo trascendendole e non negandole..
    Per costruire una sedia o una casa ci sono principi di statica e abilità costruttiva..e la libertà avviene quando ..conoscendoli..scegliamo quale oggetto costruire ..rispettando le sue leggi di costruzione..
    Così ciò che mangiamo…solo conoscendo come opera la digestione di certi cibi..possiamo trarre quelle leggi per determinare i principi di una corretta alimentazione..e le tecniche di cottura etc..
    La libertà..la liberazione dall’obbligo di capire come va il mondo..l’accettazione del momento..e la non proiezione di una perenne situazione sempre uguale..che imbriglia nell’inesistenza mentale…è una cosa posta abbastanza in alto rispetto all’obbligo che abbiamo di comprendere la meccanicità per sfruttarla al meglio..
    Ma è volte..spesso e sovente..si vuole saltare le tappe..e invece di ascoltare molto e parlare poco..ci si getta in un presunto momento ..senza mediazione mentale..ma ..aimè..inconscio…perchè se fosse conscio..se capirebbe che il momento..per viverlo..va conosciuto nelle sue componenti ..nei suoi possibili sviluppi..e superati in vista di un’accettazione fondata su un trascendimento consapevole delle sue componenti materiali….
    Ricordiamoci del millepiedi..che cammina senza stabilire i passi ..ma solo per istinto..perchè il suo sistema nervoso conosce le leggi del movimento e le applica inconsciamente..
    ma..nell’uomo..che non è solo un corpo grossolano..si tende a vivere il momento a casaccio..chè tante cose della nostra vita necessitano apprendimento..ed esperienza..e solo allora..potremo adagiarci sulla non dualità e agire senza agire…ma prima..è bene osservare ..che uscire dalla dualità dalla porta secondaria ..la pazzia..è molto facile..più difficile uscire dalla porta principale..
    perchè bisogna usare quella mente da tanti disprezzata all’inizio..mentre lo dovrebbe essere alla fine..solo alla fine..

  19. atisha ha detto:

    paritosh: potremo adagiarci sulla non dualità e agire senza agire…ma prima..è bene osservare ..che uscire dalla dualità dalla porta secondaria ..la pazzia..è molto facile..più difficile uscire dalla porta principale..
    perchè bisogna usare quella mente da tanti disprezzata all’inizio..mentre lo dovrebbe essere alla fine..solo alla fine..

    atisha: più che bene avvisare, mettere in guardia come fai sempre tu..
    ma farne una regola generale, credo sia anche poco produttivo…
    Chi esce dalla cosidetta finestra del duale, prima o poi si accorgerà che ha solo capito tale possibilità.. ma che non ha escluso alcun tipo di sofferenza.. e prima o poi sarà costretto a riprendere in mano la mappa della casa per cercare di arrivare all’uscita principale dove risiede davvero l’Advaita… lo Zen e lo Zoocien di yam :))

    L’intuizione profonda è una cosa che va oltre la mente..
    e bisogna creare spazio nella mente affinchè giungano ‘intuizioni… ovvero l’apertura delle varie finestre della casa…
    ma la casa, come suggerisci, va preparata, spazzata, vanno tolte le tende davanti alle finestre… va liberata da ogni ingombro…
    ma non del più piccolo pelo!..
    perchè quando si è liberi di uscire dal portone principale si è anche abili e liberi di rientrare per finire le pulizie nel particolare..
    perchè la Luce stessa del portone principale aperto, metterà in luce ogni più piccolo granello di polvere..
    ed allora che fare?
    amorevolmente, consapevolmente lo si toglie..
    e chi ne ha Voglia può pure lucidare con la cera il pavimento… dare festini e tanto altro.. :))

    La meditazione e l’autoindagine sono gli unici utili strumenti…

  20. eckhart ha detto:

    Paritosh:il momento..per viverlo..va conosciuto nelle sue componenti ..nei suoi possibili sviluppi..e superati in vista di un’accettazione fondata su un trascendimento consapevole delle sue componenti materiali….
    tante cose della nostra vita necessitano apprendimento..ed esperienza..e solo allora..potremo adagiarci sulla non dualità e agire senza agire…ma prima..è bene osservare ..che uscire dalla dualità dalla porta secondaria ..
    ——————
    Ciò che conosce il Momento è la Consapevolezza (Almaas la chiama ,non a torto, Vera Natura) ma vedere
    gli ostacoli inconsci che non ci fanno..Vedere,non è un ragionamento,o un osservare della mente dualistica, quanto un Riconoscimento immediato di sé ,senza che si frapponga il dualismo della mente-corpo. Qui non ci sono “fasi”,secondo me. Dopo, eventualmente, potremo riportare a riva,pure qualche ragionamento ,giusto per discuterci su…o per riguardare le Mura della Casa..ma il Lavoro accade nel Momento consapevole,solo lì,secondo me.
    Insomma:qui si parla di Esperienza e Apprendimento che non sono..esperienza e apprendimento,e diversi sono i meccanismi che ACCADONO.Da come dice pure Almaas,c’è solo da imparare a non frapporsi e tentare di manipolare inconsciamente i “Contenuti” con la mente.
    La dualità può servire per un lavoro psicologico di base,per deframmentare e rinforzare un po’ un ego debole,ad esempio,ma non va confuso col Lavoro spirituale che opera da sé.. il Sé,la Vera Natura, in modo non duale,già “da subito”..anche quando non è ancora stato consapevolizzato.
    —–
    Dice Atisha:chi si arena?
    Beh ,potrebbe essere lo stesso “chi” che afferma che è necessario un Maestro per proseguire (lo dici pure tu ne che hai avuti tre,no?).
    Piuttosto la domanda sarebbe, secondo me:chi confronta le esperienze? ;-)

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