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Euforico nichilismo 1.gifImmagina, se vuoi, che un mattino ti svegli in un altro mondo. Appena ti stropicci gli occhi per abituarti alla luce splendente del sole, vedi che sotto molti aspetti non è un mondo molto diverso da questo. Sei circondato da creature che, ai tuoi occhi, appaiono identiche agli esseri umani con cui di solito condividi il mondo.

Li osservi mentre si muovono nelle loro attività giornaliere, vivono le loro vite, s’intrattengono a conversare con gli altri, prendendo le miriadi di scelte e decisioni inerenti alle richieste della vita. Il quadro sembra rassicurante, familiare e normale.

Ma presto scopri che in questo mondo le cose non sono necessariamente come appaiono. Perché questi non sono esseri umani. No, questi sono “organismi corpo/mente” che, a differenza delle loro controparti umane, non hanno la facoltà di scegliere tra più possibilità o di prendere decisioni. Infatti, questi organismi non hanno niente che assomigli lontanamente a quello che chiameremmo libero arbitrio. Le trame delle loro vite furono scritte sulla pietra, molto tempo prima che nascessero, lasciando loro solo la possibilità di compiere meccanicamente degli atti per rappresentare la loro programmazione.

Questi, in apparenza delle creature umane, sembrerebbe, non sono diversi dalle macchine. Mentre apparentemente sembrano comportarsi come normali individui dal pensiero libero, indaffarati nelle loro attività quotidiane, stranamente quando gli viene chiesto, sostengono che non stanno facendo proprio niente. Infatti, in questo mondo peculiare, affermano che non ci sono “coloro i quali agiscono”.

Per di più, nessuno in questo mondo è mai ritenuto responsabile di qualcosa. Anche quando sembra che uno di questi esseri faccia del male ad un altro, non viene percepito nessun rimorso e non viene assegnata nessuna colpa. Se ti capitasse di chiedere a uno di questi organismi corpo/mente qualcosa a proposito, la risposta sarebbe che non c’era nessuno che aveva fatto niente.

L’etica è un concetto sconosciuto da queste parti. Le leggi di natura non sembrano applicabili in questo mirabile nuovo mondo. O forse qui sono state riscritte, dal momento in cui gli esseri sembrano osservare alcune strane leggi. Ti chiedi in quale luogo della Terra potresti essere. Ma non sei sulla Terra, sei atterrato sul Pianeta Advaita.

Sono venuto a Bombay a intervistare Ramesh Balsekar (recentemente scomparso, n.d.r.), uno dei più conosciuti insegnanti dell’Advaita Vedanta. Vive nel cuore di questa vasta, caotica città, in un’esclusiva zona di fronte al mare, che, mi ha informato il mio tassista, è dove abitano molti vip. Il portiere della sua casa, deducendo automaticamente che come occidentale dovessi essere venuto a visitare Ramesh Balsekar, mi diresse ad un piano superiore, dove c’è la spaziosa e ben ammobiliata residenza di Balsekar. Balsekar fu un padrone di casa molto cortese, accogliendomi calorosamente, nel suo immacolato, tradizionale abbigliamento indiano. Il suo atteggiamento era raggiante e vivace, e mi è stato difficile credere che avesse ottant’anni.

Ramesh Balsekar proviene da un ambiente insolito per un guru indiano. Istruito in occidente, ebbe una carriera di successo come dirigente e andò in pensione dalla sua carica di presidente della Banca dell’India all’età di sessant’anni. E mentre afferma di essere sempre stato incline a credere nel destino, fu solo dopo il suo ritiro dal lavoro che iniziò la sua ricerca spirituale, una ricerca che lo condusse velocemente dal suo guru – il rinomato maestro di Advaita Vedanta Sri Nisargadatta Maharaj.

Nisargadatta era un’insegnante impetuoso che divenne famoso in Occidente negli anni ’70 quando fu pubblicata una traduzione inglese dei suoi dialoghi intitolata I Am That (Io sono quello, Astrolabio, Milano, 2001) – un libro che è diventato un classico spirituale moderno. Entro meno di un anno dall’incontro con Nisargadatta, accadde improvvisamente a Balsekar quello che lui ha definito “la comprensione finale” l’illuminazione – mentre stava traducendo per conto del suo guru.

Secondo il racconto di Balsekar, Nisargadatta lo autorizzò ad insegnare appena prima di morire, e da allora, ha costantemente condiviso il suo messaggio come successore di questo maestro molto rispettato. Balsekar ha pubblicato molti libri dei suoi insegnamenti ed ha insegnato in Europa, negli Stati Uniti e in India. Tiene satsang [udienze con un maestro spirituale] ogni mattina nel suo appartamento, e un flusso costante di ricercatori quasi esclusivamente occidentali va a Bombay per vederlo.

All’inizio volevamo intervistare Balsekar, sia perché è un popolare e influente insegnante Advaita – adesso ha autorizzato dei suoi studenti all‘insegnamento – e sia perché è considerato, da molti, il successore di uno dei più riconosciuti insegnanti Advaita dell’era moderna. Nello studiare gli scritti di Balsekar, abbiamo presto realizzato che stava insegnando una forma dell’Advaita insolita e possibilmente eccentrica che induceva, francamente, a nostro parere, a conclusioni opinabili e perfino disturbanti.

Sebbene il pensiero indiano sia stato a lungo criticato per le sue inclinazioni deterministiche, sembrava che Balsekar avesse portato questo fatalismo a un estremo senza precedenti. Fu sia un desiderio di esplorare questi spazi inquietanti, sia di proseguire con il nostro interesse soprattutto per gli insegnamenti Advaita, che alla fine mi portò a Bombay a parlare con lui. E mentre arrivai immaginandomi un incontro impegnativo, guardando a posteriori, mi è chiaro che, mentre ci fu offerto il caffè e ci sistemammo comodamente nel suo soggiorno, non avrei avuto nessuna possibilità di prepararmi al dialogo che stava iniziando.

Chris Parish: Sei sempre più noto come insegnante dell’Advaita Vedanta sia in India sia in Occidente. Puoi descriverci cosa insegni?

Ramesh Balsekar: Posso davvero dirlo con una sola frase. La frase su cui si basa il mio intero insegnamento è: “Sia fatta la tua volontà”. O come lo dicono i Musulmani, Inshallah –“Il volere di Dio.” O nelle parole di Buddha: “Gli eventi accadono, le azioni sono compiute, non c’è alcun individuo che agisce”. Vedi, il conflitto di base nella vita è: “Faccio sempre tutto nel modo giusto quindi mi aspetto la mia ricompensa; egli o ella fanno sempre qualcosa di sbagliato e quindi dovrebbero essere puniti”. Questa è la vita, non è cosi?

Chris Parish: Certamente, accade spesso.

Ramesh Balsekar: Questa è la base di ciò che ho osservato. L’intero problema sorge perché qualcuno dice: “Io ho fatto qualcosa e mi merito una ricompensa, o egli ha fatto qualcosa e perciò lo voglio punire per quello che ha fatto”.

Chris Parish: Come conduci le persone a questo – che “non c’è colui che agisce”?

Ramesh Balsekar: È molto semplice. Se analizzi ciascuna azione che consideri la tua azione, scoprirai che è una reazione del cervello ad un evento esterno sul quale non hai alcun controllo. Un pensiero arriva – non hai controllo sul pensiero in arrivo. Qualcosa viene visto e udito – non hai controllo su ciò che vedrai e udrai in seguito. Tutti questi eventi accadono senza il tuo controllo. E poi che succede? Il cervello reagisce al pensiero o alla cosa vista, udita, gustata, odorata, o toccata. La reazione del cervello è ciò che chiami “la tua azione”. Ma, di fatto, è solamente un concetto.

Chris Parish: Qual è la differenza, quindi, fra i pensieri, le sensazioni e le azioni di una persona illuminata e di una non illuminata?

Ramesh Balsekar: Succede la stessa cosa. La sola differenza è che il saggio capisce che quello è ciò che sta accadendo. Perciò sa che non c’è niente che egli stia facendo – semplicemente le cose accadono. Il saggio sa che “io non sto facendo niente”. Ma l’uomo comune dice: “Io faccio delle cose e loro fanno delle cose. Perciò voglio la mia ricompensa e voglio che loro siano puniti”. La ricompensa o la punizione derivano dal fatto che io, lui, o lei facciamo delle cose.

Chris Parish: Posso capire attraverso la mia esperienza che non abbiamo controllo sui pensieri e le emozioni che affiorano. Ma qualche volta un’azione segue e talaltra no, e mi sembra che c’è una grande differenza tra quando un pensiero si manifesta solamente e quando viene intrapresa un’azione che coinvolge un’altra persona.

Euforico nichilismo 2.gifRamesh Balsekar: L’azione che accade è il risultato della reazione del cervello al pensiero. Se si è soltanto testimoni del pensiero e il cervello non reagisce a quel pensiero, allora non c’è azione.

Chris Parish: Ma, se come tu dici, non c’è nessuno che decide come rispondere, chi è che causa il manifestarsi o meno di un’azione?

Ramesh Balsekar: Un’azione accade se è nel volere di Dio che accada. Se non è nel suo volere, non accade.

Chris Parish: Vuoi dire che ogni azione che si manifesta è per il volere di Dio?

Ramesh Balsekar: Sì – è il volere di Dio.

Chris Parish: Che agisce attraverso una persona?

Ramesh Balsekar: Sì, attraverso una persona.

Chris Parish: Sia che questa persona sia illuminata oppure no? Attraverso ognuno, in altre parole?

Ramesh Balsekar: Esatto. La sola differenza, come ho detto, è che l’uomo comune pensa: “ È la mia azione”, laddove il saggio sa che è l’azione di nessuno. Il saggio sa che “le azioni sono compiute, gli eventi accadono, ma non c’è un colui individuale che agisce”. Per quanto mi riguarda questa è l’unica differenza. La sola differenza tra un saggio e una persona comune è che la persona comune crede che ogni individuo fa ciò che accade attraverso quell’organismo del corpo/mente. Così dal momento che il saggio sa che non esiste azione che egli compia, se si produce un’azione che ferisce qualcuno, farà tutto ciò che gli è possibile per aiutare quella persona – ma non ci sarà nessun senso di colpa.

Chris Parish: Vuoi dire che se un individuo agisce in modo da ferirne un altro, la persona che l’ha compiuto, o, come dici, l’”organismo corpo/mente” che l’ha agito, non è responsabile?

Ramesh Balsekar: Quello che sto dicendo è che sai che: ”io” non l’ho fatto. Non dico che non sei dispiaciuto di aver ferito qualcuno. Il fatto che qualcuno è stato ferito indurrà un sentimento di compassione e il sentimento di compassione risulterà nel mio tentativo di fare il possibile per lenire la ferita. Ma non ci sarà senso di colpa: io non l’ho fatto! L’altra faccia della medaglia è che accade un’azione lodata dalla società che mi premia per questo. Non dico che non ci sarà felicità causata dalla ricompensa. Così come la compassione si è manifestata a causa della ferita, un sentimento di soddisfazione o felicità può sorgere a causa di una ricompensa. Però, non ci sarà orgoglio.

Chris Parish: Ma intendi letteralmente dire che se io vado a colpire qualcuno, non sono io a farlo? Voglio semplicemente essere chiaro a questo proposito.

Ramesh Balsekar: Il fatto iniziale, il concetto originario, rimane ancora: tu hai colpito qualcuno. Sorge il concetto aggiuntivo che qualsiasi cosa accada è il volere di Dio, e la volontà di Dio relativa ad ogni organismo corpo/mente è il destino di quell’organismo corpo/mente.

Chris Parish: Quindi potrei soltanto dire: “Beh, ho agito per volontà di Dio, non è colpa mia”.

Ramesh Balsekar: Certo. Un atto accade perché è nel destino di quest’organismo corpo/mente, e perché è il volere di Dio. E le conseguenze di quell’azione sono anch’esse il destino di quell’organismo corpo/mente. Se accade una buona azione, quello è il destino. Per esempio, prendiamo Madre Teresa. L’organismo corpo/mente conosciuto come Madre Teresa era stato così programmato affinché accadessero solo buone azioni. Quindi il manifestarsi di buone azioni era il destino dell’organismo corpo/mente chiamato Madre Teresa e le conseguenze furono un premio Nobel, ricompense, onorificenze e donazioni per le varie cause.

Tutto questo era il destino di quell’organismo corpo/mente chiamato Madre Teresa. Dall’altro lato c’è un organismo psicopatico che è programmato in modo tale – dalla stessa Sorgente – che accadano solo azioni cattive o perverse. La manifestazione di queste cattive azioni perverse è il destino di un organismo corpo/mente che la società chiama psicopatico. Ma lo psicopatico non ha scelto di essere tale. Infatti, non c’è uno psicopatico; c’è solo un organismo corpo/mente psicopatico, il cui destino è produrre azioni cattive e perverse. E anche le conseguenze di tali azioni sono il destino di quell’organismo corpo/mente.

Chris Parish: Ritieni che tutto sia predestinato? Che tutto sia programmato dalla nascita?

Ramesh Balsekar: Sì. Uso la parola “programmare” in riferimento alle caratteristiche inerenti all’organismo corpo/mente. La “programmazione” per me significa i geni più i condizionamenti ambientali. Non hai potuto scegliere i tuoi genitori, perciò non hai avuto scelta per quanto riguarda i tuoi geni. Allo stesso modo, non hai avuto voce in capitolo riguardo all’ambiente di nascita. Perciò non hai avuto scelta riguardo i condizionamenti dell’infanzia che hai ricevuto in quell’ambiente, che include i condizionamenti a casa, nella società, a scuola e in chiesa.

Gli psicologi affermano che la somma dei condizionamenti ricevuti entro i tre, quattro anni d’età è il condizionamento di base. Ci saranno condizionamenti ulteriori, ma il condizionamento di base che crea la personalità è la somma dei geni più il condizionamento ambientale. La chiamo programmazione. Ogni organismo corpo/mente è programmato in un modo unico. Non ci sono due organismi corpo/mente uguali.

Chris Parish: Sì, ma non è forse vero che due persone possono avere un assortimento di condizionamenti simile eppure essere completamente diverse l’una dall’altra?

Ramesh Balsekar: Certo. Per questo motivo uso due termini: uno è la programmazione dell’organismo corpo/mente stesso; l’altro è il destino. Il destino è il volere di Dio riguardo a quell’organismo corpo/mente, impresso al momento del concepimento. Il destino di un concepito può essere di non nascere affatto – nel qual caso sarà abortito. Tutto questo è un concetto, non ti sbagliare. Questo è il mio concetto.

Euforico nichilismo. Ramesh

Chris Parish: Affermi che questo è un concetto e, di sicuro tutte le parole sono concetti, ma come facciamo a sapere che questo concetto rappresenta la verità? Tendo a pensare che ognuno abbia delle responsabilità individuali e che, sebbene ci sia una certa quantità di condizionamenti che ereditiamo, possiamo tuttavia scegliere la risposta. Un individuo può trascendere gli aspetti del suo condizionamento, mentre un altro può rimanerci bloccato tutta la vita. Dal momento che questo accade, direi che è dovuto alla volontà dell’individuo di trascendere i condizionamenti, e di aver successo.

Ramesh Balsekar: Ma se questo accade può accadere se non è nella volontà di Dio? Supponiamo che ci siano due persone: una cerca di superare i suoi limiti e ce la fa; l’altra non ce la fa. Quello che intendo è: sia colui che ha successo, sia colui che fallisce lo fa perché quello è il destino del suo organismo corpo/mente – che è la volontà di Dio.

Chris Parish: Ma non potremmo più semplicemente dire che è nella volontà di Dio dare ad ogni individuo la libera scelta di prendere le sue decisioni?

Ramesh Balsekar: No. Vedi, la mia domanda è: quale delle due volontà prevale? Quella dell’individuo o quella di Dio? Secondo la tua esperienza fino a che punto il tuo libero arbitrio ha prevalso?

Chris Parish: Penso che, a volte, la volontà dell’individuo possa certamente prevalere.

Ramesh Balsekar: Nei confronti della volontà di Dio? Quando vuoi qualcosa e ti dai da fare per averlo e lo ottieni, lo ottieni perché la tua volontà coincide con quella di Dio.

Chris Parish: Prendiamo l’esempio di un individuo che diventa un tossicodipendente e rimane tale tutta la vita. Uno, può altrettanto facilmente argomentare, che ha fatto questa scelta per andare contro la volontà di Dio e ha avuto successo – precisamente perché c’è il libero arbitrio.

Ramesh Balsekar: Ma sia che tu lo accetti o no di per sé è la volontà di Dio, non lo vedi? Che tu accetti la volontà di Dio o che tu non accetti la volontà di Dio, è la stessa volontà di Dio!

Chris Parish: Affermare che tutto è programmato anticipatamente, che tutto è destino, che non c’è libera scelta, sembra una forma molto estrema di riduzionismo. Secondo questa visione gli esseri umani sono come computer; tutto ciò che ci riguarda è completamente predisposto.

Ramesh Balsekar: Sì, precisamente.

Chris Parish: Ma questa mi sembra una visione senza cuore. Allora siamo soltanto delle macchine – tutto ci accade. Non c’è niente che possiamo agire, niente che possiamo cambiare.

Ramesh Balsekar: Sì, esattamente.

Chris Parish: Ma questo potrebbe facilmente condurre ad una profonda indifferenza verso la vita.

Ramesh Balsekar: Sì, e se accadesse, allora sarebbe ottimo!

Chris Parish: Davvero?

Ramesh Balsekar: Ma questo è il punto! Certo. Poi puoi dire che qualsiasi cosa accada viene accettata. Allora non c’è infelicità; non c’è miseria, non c’è colpa, orgoglio, odio, invidia. Che c’è di sbagliato in questo? E come già ti ho detto, le azioni accadono attraverso questo organismo corpo/mente, e se questo individuo scopre che un atto ha ferito qualcuno, nasce la compassione.

Chris Parish: Ma non appare un po’ strano prima ferire qualcuno e poi provare compassione? Non sarebbe meglio, in primo luogo, non ferirlo?

Ramesh Balsekar: Ma non è sotto il tuo controllo! Se lo fosse stato, in primo luogo non lo avresti mai fatto.

Chris Parish: Ma se uno crede di poter esercitare il controllo opponendosi alla credenza che afferma il contrario, potrebbe scegliere di non farlo.

Ramesh Balsekar: Allora perché l’essere umano non esercita il controlla su ogni azione che si manifesta? Lascia che ti faccia una domanda. È evidente che l’essere umano possegga un intelletto straordinario, un intelletto tale che un piccolo essere umano è stato capace di spedire un uomo sulla luna.

Chris Parish: Sì, è vero.

Ramesh Balsekar: E ha anche l’intelletto per comprendere che se fa certe cose, altre cose terribili accadranno. Ha l’intelletto per sapere che se produce armamenti nucleari o armi chimiche, poi saranno usate e succederanno cose terribili nel mondo. Ha l’intelletto – dunque se possiede il libero arbitrio, allora perché lo fa? Se possiede il libero arbitrio, perché ha ridotto il mondo in queste condizioni?

Chris Parish: Ammetto che la situazione che descrivi è ovviamente malsana. Ma suggerirei che dipenda dal fatto che le persone hanno una volontà debole. E credo che possano cambiare se lo vogliono – se ci tengono.

Ramesh Balsekar: Allora perché non l’hanno fatto?

Chris Parish: Alcune persone cambiano, ma, come ho detto, sfortunatamente sembra che i più abbiano una volontà debole. Il libero arbitrio da solo non ci assicura che agiremo con intelligenza. Come nell’esempio che hai appena portato, è chiaro che la gente spesso scelga di fare delle cose abbastanza dannose.

Ramesh Balsekar: Se dici che abbiamo il libero arbitrio di distruggere il mondo, significa, in altre parole, che stiamo distruggendo il mondo perché lo vogliamo – sapendo benissimo che il mondo sarà distrutto! Il libero arbitrio significa che vuoi farlo.

Chris Parish: Penso che il problema stia più nel fatto che le persone, di solito, non si assumano le conseguenze delle loro azioni. Spesso pensano solo a loro stesse, senza considerare dove possano condurre le loro azioni.

Ramesh Balsekar: Ma l’essere umano è straordinariamente intelligente. Perché non pensa nei modi che tu proponi? La mia risposta è – perché non è previsto che lo faccia.

Chris Parish: Quando dici “non è previsto”, che significa?

Ramesh Balsekar: Non è nella volontà di Dio che gli esseri umani pensino in questi termini. Non è nella volontà di Dio che gli esseri umani siano perfetti. La differenza tra il saggio e la persona comune è che il saggio accetta che sia come Dio vuole, ma – e questo è importante – che ciò non gli impedisca di fare quello che crede che debba essere fatto. E quello che ritiene di dover fare è basato sulla programmazione.

Chris Parish: Ma perché il saggio ”farebbe quello che crede debba essere fatto” se, come hai già spiegato, sa che, in primo luogo, non è lui a pensare?

Ramesh Balsekar: Vuoi dire, come accade l’azione? La risposta è che l’energia all’interno dell’organismo corpo/ mente compie l’azione secondo la programmazione.

Chris Parish: Quindi l’azione, come tu la descrivi, si manifesta solo attraverso la persona.

Ramesh Balsekar: Sì, fluisce. L’azione accade. Pertanto, questo è il punto di ciò che dico – tornando indietro, di nuovo, alle parole del Buddha: “Gli eventi accadono, le azioni sono compiute”.

Chris Parish: Da quello che conosco sul pensiero del Buddha, anch’egli sentiva fortemente che gli individui erano personalmente responsabili delle loro azioni. Non è questa la base del suo intero insegnamento sul karma, sulla causa ed effetto?

Ramesh Balsekar: Non il Buddha!

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Chris Parish: È la mia impressione che Buddha insegnò un bel po’ la “retta azione”. Sembrava che gli stesse molto a cuore quello che la gente faceva, e poneva molta enfasi sulle persone che s’impegnano in modo appropriato per cambiare se stesse.

Ramesh Balsekar: Questa è un’interpretazione successiva del Buddismo. Le parole del Buddha sono molto chiare. Chi ha il controllo di ciò che accade? Dio ha il controllo! Questa è la base di tutte le religioni, come abbiamo visto. E perché ci sono delle guerre religiose se questa è la base di tutte le religioni? Sono coloro che interpretano, la causa di queste guerre! E, ancora, come potrebbe succedere se non fosse nella volontà di Dio?

Chris Parish: È chiaro che tu creda che tutto quello che facciamo, lo facciamo a causa della volontà di Dio. Mi sembra, però, che questo abbia un senso soltanto nel caso di un individuo che sia giunto alla fine del suo cammino spirituale – che abbia concluso con l’ego – perché le azioni di questa persona non sono al servizio di se stessa, e quindi, non ci sarebbe nessuna deformazione della volontà di Dio.

Ma fino a quel punto, se un individuo agisce male verso un altro, potrebbe essere solo una reazione compulsiva perché si sente egoista. Se quella fosse la causa, allora ciò che dici potrebbe effettivamente essere usato come una giustificazione per un comportamento spiacevole o aggressivo. Potrebbero semplicemente dire: “Tutto è volontà di Dio. Non ha importanza!”

Ramesh Balsekar: Lo so, ma quella è la verità. La tua vera domanda è: “Perché Dio ha creato il mondo in questo modo?”. Vedi, però, un essere umano è solo un oggetto creato che è parte della totalità della manifestazione che è stata generata dalla Sorgente. Così la mia risposta è: “Un oggetto creato non può in alcun modo conoscere il suo creatore!”. Lascia che ti porti una metafora. Immaginiamo che dipingi un quadro, e in quel quadro dipingi una figura. Poi quella figura vuole conoscere, numero uno, perché tu, quale pittore, hai dipinto quel particolare quadro, e, numero due, perché hai fatto la figura così brutta! Vedi, come può un oggetto creato arrivare mai, in alcun modo, a conoscere la volontà del suo creatore? Comunque il mio punto di vista è che questo non t’impedisce di fare ciò che pensi vada fatto! Accettando che niente accada senza la volontà di Dio non impedisce a nessuno di fare ciò che crede vada fatto. Puoi fare altrimenti?

Chris Parish: Ma basandomi su questa linea di ragionamento, come ho già detto, penserei che sarebbe piuttosto facile concludere: “D’accordo è tutto nella volontà di Dio; non ha importanza quello che accade”. E poi semplicemente lasciar perdere tutto quanto.

Ramesh Balsekar: Vuoi dire: “Allora perché non stare a letto tutto il giorno”?

Chris Parish: Appunto, perché continuare a fare degli sforzi?

Ramesh Balsekar: La risposta è che l’energia all’interno di questo organismo corpo/mente non permetterà a questo organismo corpo/mente di rimanere inattivo neanche per un momento. L’energia continuerà a produrre qualche azione, fisica o mentale, ogni attimo, secondo la programmazione dell’organismo corpo/mente e il destino dell’organismo corpo/mente, che è la volontà di Dio. Ma questo non t’impedisce, pensando ancora di essere un individuo, di fare ciò che credi vada fatto. Per cui quello che dico, di fatto, è: “Ciò che tu pensi che dovresti fare in ogni situazione, in quel particolare momento, è precisamente ciò che Dio vuole che tu pensi vada fatto! In definitiva l’accettare la volontà di Dio non t’impedisce di fare ciò che pensi vada fatto. Vedi? Infatti, non puoi fare a meno di farlo!

Chris Parish: Ho letto qualcosa su un opuscolo scritto da numerosi tuoi studenti che sembra rilevante a questo proposito. Dice: “Quello che ti piace può essere solo ciò che Dio vuole che ti piaccia. Niente può accadere senza la Sua volontà”. L’opuscolo aggiunge anche: “Non sentirti in colpa neanche se accade un adulterio. Tu, la Sorgente, sei sempre puro”.

Ramesh Balsekar: Questo l’ha detto Ramana Maharshi.

Chris Parish: La Sorgente può essere sempre pura, ma, di nuovo, mi sembra che questo potrebbe essere facilmente preso come il permesso di agire senza coscienza. Potresti dire: “Non ha importanza se commetto un adulterio, non ha importanza se faccio del male ai miei amici, perché quell’azione semplicemente accade”. Può essere facilmente preso come il permesso di agire secondo il desiderio, solo perché mi succede di avere quel desiderio.

Ramesh Balsekar: Ma non è proprio quello che accade?

Chris Parish: Accade, certamente, ma…

Ramesh Balsekar: Vuoi dire che succederebbe più di frequente?

Chris Parish: Potrebbe, con facilità, succedere più spesso. Potrei dire: “Ecco, non ha importanza quel che faccio adesso. Non devo far caso a frenarmi se sento un desiderio”. Ti è chiaro quel che intendo?

Ramesh Balsekar: La domanda comunemente formulata è: “Se in realtà io non faccio niente, che cosa mi impedisce di prendere una mitragliatrice e andare fuori ad uccidere venti persone?”. Questo è ciò che intendi chiedere, non è così?

Chris Parish: Beh, questo è un esempio estremo

Ramesh Balsekar: Sì, prendiamo un esempio estremo!

Chris Parish: Ma io credo sia più interessante prendere in considerazione l’esempio dell’adulterio, perché molte persone non farebbero davvero un gesto così estremo come mitragliare delle altre.

Ramesh Balsekar: Va bene. È la stessa cosa quando parliamo del commettere adulterio. Ho letto che gli psicologi e i biologi, basandosi sulle loro ricerche, sono giunti alla conclusione che se inganni tua moglie, non dovresti fartene una colpa. Sempre di più gli scienziati stanno arrivando alla conclusione che i mistici hanno sempre sostenuto – che qualsiasi azione accada sia rintracciabile nella programmazione.

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Chris Parish: Mi rendo conto che in alcuni casi questo potrebbe essere vero, ma diciamo, per esempio, che ho l’urgenza di commettere un adulterio. Potrei dire: “Deve essere nella volontà di Dio che accada, quindi lo farò”. Oppure, potrei trattenermi e non causare un bel po’ di sofferenza ai miei amici. Non sarebbe meglio se mi trattenessi?

Ramesh Balsekar: Allora, chi è che ti impedisce di trattenerti? Fai quello che ti pare! Che cosa t’impedisce di trattenerti? Trattieniti!

Chris Parish: Il mio punto di vista è che è meglio fare così!

Ramesh Balsekar: Anche il mio.

Chris Parish: Ma secondo la tua visione, potrei altrettanto facilmente dire: “Se sento un desiderio è in virtù del volere di Dio”. E poi non trattenermi.

Ramesh Balsekar: Affermi che sai che dovresti trattenerti – allora perché non ti trattieni? Se un organismo corpo/mente è programmato per non ingannare la moglie, qualsiasi cosa dicano gli altri non lo farà. Se sei programmato per non alzare una mano su nessuno, cominceresti ad uccidere le persone? Ora, se ci fosse una legge che ti permettesse di picchiare tua moglie senza correre alcun rischio, cominceresti a picchiare tua moglie? No, senza che l’organismo corpo/mente sia programmato per farlo, e se è programmato per farlo, succederebbe in ogni caso. Così come ho detto, accettare la volontà di Dio non t’impedirà di fare qualsiasi cosa pensi che vada fatta. Falla! Fai esattamente quello che pensi che debba essere fatto!

Chris Parish: Alla fine, tuttavia, come possiamo dire che sappiamo che si tratta del destino o della volontà di Dio? Tutto quello che sappiamo è che certi eventi si manifestano. In seguito, possiamo rivedere ciò che abbiamo fatto e ammettere: “È successo, semplicemente”. E se ci piace possiamo chiamarlo destino. Ma non è più accurato dire che in realtà non sappiamo se si tratti del destino oppure no? Dire che non lo sappiamo è diverso dal dire che: “Sappiamo che è il volere di Dio”. È diverso dal dire che sappiamo che tutto è già predestinato. Vedi, mi sembra che tu voglia affermare che sai che tutto è nella volontà di Dio.

Ramesh Balsekar: Non lo sappiamo, e questo è il dato di fatto; così se preferisci, puoi abbandonare il concetto di destino e dire che nessuno, in realtà sa niente su nulla. Bene. Non c’è bisogno del concetto di destino. Dopotutto, se accetti che qualsiasi cosa accada non sia nelle tue mani, poi chi rimane a preoccuparsi del destino?

Chris Parish: Dal momento che molti ricercatori spirituali vengono da te per ricevere consiglio sul cammino spirituale, vorrei chiederti, quale valore vedi, se ce n’è, nella pratica spirituale come strumento verso l’illuminazione?

Ramesh Balsekar: Se la sadhana [la pratica spirituale] è necessaria, un organismo corpo/mente è programmato per fare sadhana.

Chris Parish: In altre parole se deve accadere accade?

Ramesh Balsekar: Giusto. Le persone talvolta mi chiedono: “Se niente è nella mie mani (se non posso intervenire su niente), dovrei meditare oppure non dovrei?”. La mia risposta è molto semplice. Se ti piace meditare, medita; se non ti piace, non forzarti a farlo.

Chris Parish: La ricerca spirituale, allora, è un ostacolo all’illuminazione?

Ramesh Balsekar: Sì, ricercare è il più grande ostacolo a causa della presenza del ricercatore. Il ricercatore è l’ostacolo – non il ricercare; il ricercare accade da solo. Il ricercare accade perché l’organismo corpo/mente è programmato per ricercare. Così se il ricercare l’illuminazione accade, allora l’organismo corpo/mente è stato programmato per ricercare. L’ostacolo è il ricercatore che dice: “Voglio l’illuminazione”.

Chris Parish: Allora perché tanti saggi hanno parlato dell’importanza del ricercare? Ramana Maharshi ha detto che il ricercatore deve volere l’illuminazione così intensamente come un uomo che sta annegando vuole l’aria – con tale livello di concentrazione e sincerità.

Ramesh Balsekar: Certo. Quello che vuole dire, quindi, è che ci debba essere quel tipo d’intensità nel ricercare. Ma ha anche detto: “Se vuoi fare uno sforzo, devi fare uno sforzo; ma se è destino che lo sforzo non debba essere fatto, lo sforzo non sarà fatto”. Ramana ha detto questo. Così, vedi, se uno ricerca o non ricerca non è sotto il suo controllo. Se la ricerca di Dio o la ricerca del denaro accade, non è né un tuo merito né una tua colpa.

Chris Parish: In uno dei tuoi libri hai scritto che uno ha raggiunto una certa profondità di comprensione quando può dire: “Non m’importa se l’illuminazione accade o non accade a questo organismo corpo/mente”.

Ramesh Balsekar: È vero. Quando raggiunge quello stadio, allora significa che il ricercatore non c’è più. È estremamente vicino all’illuminazione perché se non c’è nessuno ad interessarsene, allora non c’è più nessun ricercatore.

Chris Parish: Ma il risultato non potrebbe essere soltanto un’indifferenza straordinariamente profonda – che non è l’illuminazione?

Ramesh Balsekar: Quello potrebbe condurre all’illuminazione!

Chris Parish: Ho ancora una domanda. Spesso affermi che dovremmo “solo accettare ciò che è”

Ramesh Balsekar: Sì, se ti è possibile farlo – e questo non è sotto il tuo controllo!

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Epilogo

Mentre passai barcollando accanto al portiere e uscii nelle strade affollate di Bombay la mia mente vacillava. Come poteva essere, mi chiesi mentre mi facevo largo tra la folla, che un uomo intelligente ed educato come Ramesh Balsekar potesse veramente credere che ogni cosa è predestinata, che prima di essere nati, il nostro destino è già inciso in una sorta di granito etereo? Poteva essere veramente serio nella sua insistenza che la nostra intera vita, con il suo apparente flusso senza fine di scelte e decisioni, di precarie opportunità per sistemarne il corso per il meglio o per il peggio, sia veramente, dal primo respiro, un destino? Mentre traversavo il marciapiede alla ricerca di un caffè nel quale trovare ristoro dal caos, i difficili passaggi del nostro breve dialogo mi vorticavano in testa.

Si, “Così sia” è l’essenza della maggior parte delle religioni, pensavo tra me e me, ma per i più grandi mistici e saggi che avevano fatto queste affermazioni nella storia, l’arrendersi alla volontà di Dio ha significato molto di più del semplice accettare che non c’è nulla che si possa fare per influenzare le circostanze della vita. Certamente quello che tradizionalmente è stato riportato come “volontà di Dio” è quello che uno scopre quando ha completamente abbandonato l’ego, quando tutte le motivazioni egoistiche sono state bruciate, lasciandolo completamente arreso ad eseguire la volontà di Dio, qualsiasi essa sia!

Per un Gesù, o un Ramakrishna o un Ramana Maharshi dire che si era arreso alla volontà di Dio era un fatto. Ma dire che questo sia vero per tutti sembrava riflettere, al momento, una forma pericolosa e particolare di pazzia e di un tipo che poteva essere usato per giustificare le più estreme forme di comportamento. L’affermazione di Balsekar “Quello che pensi di dover fare in ogni situazione… è precisamente ciò che Dio vuole che tu pensi che debba essere fatto” significa che per lui il Buddha illuminato non sta facendo in misura maggiore la volontà di Dio, di un serial killer che sta attaccando la sua prossima vittima.

Ero venuto all’intervista aspettandomi qualche disaccordo, ma in qualche modo perfino i libri di Balsekar sui quali tutte queste idee sono ripetutamente e chiaramente espresse, non mi avevano preparato all’incontro con l’uomo stesso. Come gli erano venute queste idee? Mi chiedevo. E perché?

I miei pensieri giravano e rigiravano, richiamando ogni fatto della sua rabbrividente affermazione che perfino quando facciamo del male a qualcuno, non abbiamo bisogno di sentirci in colpa, perché non siamo responsabili delle nostre azioni – “che perfino Hitler fu un mero strumento attraverso cui gli orribili eventi che dovettero accadere accaddero” – alla sua dichiarazione, che andava oltre il buon senso, che non abbiamo il potere di controllare il nostro comportamento o perfino di influenzare quello degli altri. E tutto ciò nel contesto della sua descrizione fantascientifica di tutti noi come degli “organismi corpo/mente” che recitano la loro ”programmazione”.

Improvvisamente la benvenuta vista di un the shop apparve tra lo smog, e mentre mi facevo largo per entrare, provai sollievo nel trovare quel tipo di oasi quieta nella quale avevo sperato. Fu lì, a uno dei molti tavolini vuoti, mentre il primo sorso di tè al latte dal sapore dolce e vellutato scivolava tra le mie labbra, che, in un flash, mi colpì. Non stavo bevendo quel tè! Non ero seduto a quella tavola! Infatti, non ero quello che era entrato nel the-shop. E non ero quello che si era appena tormentato per un’ora discutendo con un uomo che in quel momento cominciava ad assomigliare ad un individuo sano. Infatti, non avevo fatto nulla. Era come se un peso che avevo portato per tutta la vita si fosse sollevato improvvisamente nel cielo grazie ad un pallone (ad aria calda), spedito lontano, per non ritornare più.

Tutti quegli anni avevo combattuto per diventare un essere umano migliore, più onesto e generoso – tutto quello sforzo che avevo fatto per rinunciare alle mie inclinazioni di superiorità, egoismo e aggressività – sono stati tutti una folle impresa, tutti stupidamente e senza necessità basati sull’idea importante che avevo un qualche controllo sul mio destino, e la meschina presunzione che quello che facevo importasse agli “altri”. Come avevo potuto essere così fuori strada?

Ma aspetta, non ero io neppure colui che fu condotto fuori strada! Come se si separassero le nuvole, all’improvviso ora vedo chiaramente, che quello che avevo pensato come “la mia vita” era stato solo un processo meccanico. La persona che pensavo di essere era solo una macchina. Ed il mondo nel quale pensavo di vivere non era, come avevo dedotto, un mondo di complessità umana, ma uno di meccanicistica semplicità, di ordine perfetto, un matematico svolgersi di programmi in movimento dall’inizio del tempo.

Come la clinica perfezione del piano scientifico di Dio iniziò ad aprirsi davanti a me, l’estatico trillo della libertà assoluta – dalla preoccupazione, dall’occuparsi, dall’obbligo, dalla colpa – iniziò a correre attraverso le mie vene come un torrente di fiumi senza argini. E con quello sopraggiunse una pace avvolgente, risuonante, un’assoluta mancanza di tensione, nel riconoscimento che non importa quale ambiguità apparente o quale incertezza potessi incontrare da lì in poi, non importa quali decisioni apparentemente difficili potessi incontrare, potevo sempre riposare con la certezza che qualsiasi scelta facessi era esattamente la scelta che Dio voleva che io facessi. Il misterioso senso di uno Sconosciuto che mi aveva trascinato per così tanto tempo era evaporato.

Gli altri nel caffè voltarono la testa mentre ridevo rumorosamente, una lunga risata di pancia, e riflettevo tra me e me che gioco fantastico sarebbe la vita se tutti capissero come va veramente, se ognuno potesse avere almeno un bagliore di come saremmo liberi, se vivessimo tutti sul Pianeta Advaita.

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Nisargadatta Maharaj. Io sono quello. Astrolabio. 2001. ISBN: 8834013638

Ramesh Balsekar. La coscienza parla. Astrolabio. 1996. ISBN: 8834012038

Copyright originale “What is Enlightenment” magazine www.wie.org
Traduzione di Nityama Elsa Masetti. Revisione di Toshan Ivo Quartiroli.
Copyright per l’edizione italiana Innernet

60 Responses to “Euforico nichilismo, intervista con Ramesh Balsekar”

  1. BaoTzeBao ha detto:

    La Vita, deve aver studiato quella donna, hai presente, eckart, ” quella cosa che succede mentre sei impegnato a fare qualcosaltro…” :-))))

  2. eckhart ha detto:

    BaoTzeBao:
    Vi chedo scusa se non ho capito niente. E se rideste di me ne sarei lieto. Buone Sere

    a BaoTzeBao…tranki..
    neanch’io ci sto a capire tanto in mezzo agli intellettuali..
    diciamo che me butto :-)))
    Comunque non hai per niente torto per me,a dire che l’arte in occidente è andata molto più fondo dl pensiero:
    ben vengano allora gli aforismi di Zurau (Kafka) o i four Quartets di Eliot:davvero luminosi,perforanti,talvolta come un sutra..
    Ciao,anzi Buone sere :-))

  3. Watts ha detto:

    BaoTzeBao
    “Ma anche, che ne so, in certi assoli di sassofono, o in certi versi che, come tracciò Mr T.S. Eliot, sono come
    ” Dust in the air suspended Marks the place where a story ended ”

    Per quanto concerne Eliot c’ e’ molto di piu’ che una semplice assonanza tra i versi della Terra Tesolata o quelli dei Quattro Quartetti ( tu citi, mi sembra, ” Little Gidding”) e le tematiche religiose orientali. Esiste una ricca documentazione bibliografica e biografica che dimostra la chiara influenza dell’ Induismo e del Buddismo (pare che Eliot -vedi la famosa e dissacrante biografia di Ackroyd- fosse stato addirittura molto vicino ad una vera conversione in senso religioso al Buddismo )
    Il filosofo americamo George Santayana, che fu suo mentore, introdusse il giovane Eliot ai problemi interpretativi del pensiero Hindu e Buddhista, aprendo la sua mente vivace e istruendola alle basi della filosofia Indiana.
    Risulta, anche dalla sua opera poetica, che la conoscenza della filosofia Indiana maturata da Eliot fosse piuttosto estesa e approfondita.
    Un buon esempio può essere l’assorbimento della tradizione dei Mantra tratti dai Veda e dalla Upanisad, che lo supportò nello sviluppo , sul piano propriamente stilistico, di ciò che lui stesso chiamava ”˜l’immaginazione auditiva (the auditory imagination), fondamento del costruire attraverso il ritmo un effetto incantatorio che penetri ”˜oltre il livello del pensiero e del sentire cosciente, invigorendo ogni parola’ .
    Immaginario e dialettica provengono chiaramente dai testi Indiani che affascinarono la sua visione e il suo credo.
    Le implicazioni morali della dottrina del Karma sono potentemente evocate in ”˜Murder in the Cathedral’. Il concetto di giusta azione che non mira ai frutti dell’agire è interamente ripreso dalla Bhagavad Gita.
    In ”˜The Dry Salvages’ vi sono ancora espliciti rimandi alla Gita. Nell’articolo ”˜Tradition and Individual Talent’, che viene cosiderato la base della sua poetica, è inconfondibile l’influenza dello Yoga Sutra di Patanjali, ”˜
    Negli stessi Quattro Quartetti , che segnano l’approdo mistico del poeta ( e sul piano biografico la conversione definitiva al cattolicesimo) molte tematiche rimandano ai testi e alle tematiche religiose orientali.

  4. Watts ha detto:

    Quello e’ Watt (senza s). E’ invece un omaggio ad Alan W.
    Se non lo conosci ti consiglio di cominciare con: “Il Tao. La via dell’acqua che scorre”, anche se e’ il suo ultimo libro pubblicato nel 1975 (la bibliografia la dice lunga sull’ eta’ dell’ omaggiante)

  5. Sak ha detto:

    BaotzeBao:

    E infine, fosse invece tutto semplice, ma così TANTO semplice da star dentro una frase come quella che sentiamo pronunciare sull’autobus da quella donna anziana vicino a noi cui è stata raccontata una bella o una tragica storia ?

    Sorride luminosa e guarda negli occhi l’interlocutore, oppure abbassa i suoi sospirando, inclina la testa e apre entrambe le mani, come potesse raccogliere là quel dolore, quel piacere e dice in un soffio…
    ” Capita ” .
    ——
    Se non è la parola della rassegnazione, quello è il punto d’arrivo: il soffio che dice “Capita”, serenamente.
    In quell’estrema semplicità che è l’accettazione si può anche dire: “Accade”, con il sorriso sulle labbra.

  6. BaoTzeBao ha detto:

    Terrò a bada l’orgoglio.
    D’altra parte basterà poco a farmi di nuovo sentire inadeguato o cattivo.

    Ma stasera mi godo un poco la vostra accoglienza.
    Eliot mi ha spesso strapiombato nell’estasi, quando non sai perchè o come, ma ti senti così, così bene… Non mi stupisce adesso venir a sapere del suo percorso, io lascio in genere tutta la voce alle parole, al disegno, al suono, ma adesso tornerò sui testi…

    BenBon, basta, che me sto già ad allargà.

    Ma grazie. Grazie davvero.
    ps Meister, cosa vuol dire ” Tranki ” ? Watts, è un omaggio a Beckett ?

  7. eckhart ha detto:

    ..eh già.. :-)))

    PS Tranki sta per tranquillo:devo averlo letto letto da queste parti così ora lo so :-))

  8. sento ha detto:

    dire che sia vero o dire che sia errato il pensiero di Basekar è in ogni caso fuori luogo.
    di certo libera da sensi di colpa e paure , da aspettative dal senso di importanza dell’io.
    ma per mè il centro del pensiero è il concetto di DIO.
    la normale programmazione occidentale fa si che la parola Dio richiami una immagine di Dio personale che agisce e fa il bello, mentre Il demonio fa il brutto, la cosa si complica quando si ricorda che il demonio viene sempre da Dio….
    ma per la mia programmazione Dio è la Natura di fondo , è l’azzurro oltre le nuvole, è la pace che senti alla fine di un pensiro , prima che ne inizi un’altro, è quel che è cosi’ com’è.
    l’accettare , il mollare la presa e fluire lasciandosi trasportare dalla corrente con la fede che accadrà quel che deve accadere, è la “perfetta letizia” di san Francesco.
    Dio è il padre comune perchè ci attende a braccia aperte, come insegna la parabola del figluiol prodigo.
    il padre ti accoglie sempre a braccia aperte.
    in ogmi momento puoi accettare il suo abbraccio, Dio che è la nostra natura comune e per questo si dice che Siamo tutti Fratelli.
    se molli la presa e accetti la volontà di Dio,
    padre difficilmente farai qualcosa di negativo, difficilmente farai soffrire qualcuno perche non è nella natura Divina generare sofferenza, credo quindi che tutto il discorso della moralità sia già compreso nella pratica dell’affidarsi a Dio.
    ergersi a giudici, dire questo è bene e questo è male ha generato l’inquisizione il fondamentalismo, le guerre.

    cosi’ credo che balsekar sia un furbone che và al centro, chi ha una programmazione adeguata puo’ capirlo chi non ce l’ha non puo’.

    io ovviamente posso capirlo perche sono buono bello e bravo… :-)
    e per volontà divina.

    ciao Massimo

  9. beppe ha detto:

    Scusate l’ignoranza e lo sfogo a cui sto per abbandonarmi …
    cercherò quelle musiche di cui avete parlato ..forse sono un mezzo di comprensione più immediato e diretto senza la distorsioni del linguaggio.
    Ma se siamo così “meccanici”, se tutto un tutto quello che accade da hitler …ai mafiosi …ai politici che sgovernano il mondo …alle banche ed alle multinazionali che insieme ai politici stanno portando alla distruzione del pianeta e …aggiungete tutto quello che posso aver omesso …che senso ha vivere?
    questa visione della realtà portata alle sue estreme conseguenze, a parte la libertà di fare una strage (se possibile) degli ameni personaggi che ho citato, mi induce solo al suicidio …come fate ad accettarla-condividerla e sentirvi solo sollevati da un peso, come dice l’intervistatore:
    “Ed il mondo nel quale pensavo di vivere non era, come avevo dedotto, un mondo di complessità umana, ma uno di meccanicistica semplicità, di ordine perfetto, un matematico svolgersi di programmi in movimento dall’inizio del tempo.
    Come la clinica perfezione del piano scientifico di Dio iniziò ad aprirsi davanti a me, l’estatico trillo della libertà assoluta ”“ dalla preoccupazione, dall’occuparsi, dall’obbligo, dalla colpa ”“ iniziò a correre attraverso le mie vene come un torrente di fiumi senza argini. E con quello sopraggiunse una pace avvolgente, risuonante, un’assoluta mancanza di tensione, nel riconoscimento che non importa quale ambiguità apparente o quale incertezza potessi incontrare da lì in poi, non importa quali decisioni apparentemente difficili potessi incontrare, potevo sempre riposare con la certezza che qualsiasi scelta facessi era esattamente la scelta che Dio voleva che io facessi. ”
    Perdonatemi ancora, sarà il mio ego ipertrofico, ma se dovessi sentirmi una tale marionetta e visto che la società creata da questo dio – “perfetto meccanico” – non mi sembra il migliore dei mondi possibili …meglio il suicidio!
    A franco, che mi mandato il link e credo di riconoscere in alcuni interventi, posso dire che mi sento più solo, che non ha senso parlare tra noi …sognare-progettare situazioni di vita diverse …forse sono “programmato” per “agitarmi” credendo di poter cambiare qualcosa o almeno a dire che un mondo così non mi va bene …
    buona pace a voi che che vi sentite sollevati dalle parole di balsekar …forse dovrei provare invidia

  10. eckhart ha detto:

    beppe:
    sarà il mio ego ipertrofico, ma se dovessi sentirmi una tale marionetta e visto che la società creata da questo dio – “perfetto meccanico” – non mi sembra il migliore dei mondi possibili …meglio il suicidio!

    ***
    Ciò che qui si richiederebbe d’altronde ,non è molto lontano da quel suicidio..
    proprio quell’ipertrofia è il “problema”..
    e quanto sono disposti a liberarsene ?
    PS Non confondere ed identificare quella marionetta,con ciò che Sei in realtà: sta tutto qui.
    :-)

  11. Sak ha detto:

    Che meraviglia per me essere marionetta senziente, presente, seppur impotente…
    Che stupore percepire quei fili di luce muovere in gioco e mistero
    testa, braccia, gambe, cuore, abbandonate in una danza senza perchè.
    Che miracolo quel dono di assenza offertomi dal Burattinaio Sublime.
    So che è fortuna o Grazia sapere che il legame è sempre più saldo
    in questa indissolubile rappresentazione calata nel Teatro della Vita umana.
    Infinitamente affollata è la scena da marionette illuse spettatrici
    che a volte plaudono, a volte sorridono, ma spesso piangono, solo perchè non vedono i magici tiranti che le rendono libere
    di essere marionette a servizio estatico dell’espressione stupefacente dell’Uno.

    L’unico suicidio che ha valore è quello del senso dell’ego, Beppe.
    Una volta avvenuta l’esecuzione, cadono angosce, domande, risposte, paure… e sorge l’accettazione del ciò che è, una volta per tutte e, come dice Eckhart, scopri chi Sei in realtà.

    Un Sorriso e Buon anno nuovo a tutti!

  12. watts ha detto:

    Quando immaginiamo di essere divisi dall’ universo dimentichiamo che anche la coscienza vive in quanto si muove. E’ parte e prodotto del mutamento alla stessa stregua del corpo e di tutto il mondo naturale.
    Se la esaminiamo attentamente , vediamo che la coscienza, la cosa che chiamiamo “IO”, e’ in realta’ una corrente di esperienze, di sensazioni, di pensieri e sentimenti in costante movimento. Ma poiche’ queste esperienze comprendono i ricordi, abbiamo l’ impressione che l’ IO sia qualcosa di solido e stabile, come una tavola su cui la vita scrive una testimonianza.
    Invece la “tavola” si muove con il dito che scrive , come il fiume scorre con le increspature, sicche’ il ricordo e’ come una testimonianza scritta sull’ acqua – testimonianza non di lettere incise, ma di onde che vengono mosse da altre onde (che vengono chiamate sensazioni e fatti).
    L’ unico modo per comprendere la realta’ e … “salvarci” e’ quello di “non resistere” in questa contrapposizione tra IO e mondo, di abbandonarci infine a questa corrente che e’… il Tutto.

  13. eckhart ha detto:

    ..non resistere..
    significherà che vi sia anche la possibilità di osservare quelle increspature sull’acqua (ricordi,pensieri,io) senza identificarcene.
    Dunque dovrà esserci un’osservatore antecedente a tutto ciò ,assiso in tribuna,e che possa constatare questa “realtà”,questa corrente..

  14. sento ha detto:

    ricordo i quattro pilastri della consapevolezza. uno degli insegnamenti su cui si fonda il buddismo.

    consapevolezza del corpo
    consapevolezza dei pensieri
    consapevolezza degli stati mentali
    consapevolezza delle predisposizioni.

    la consapevolezza delle predisposizioni è la consapevolezza piu’ raffinata
    chi sta ad osservare è solo un cumulo di predisposizioni.
    oppure chi osserva esiste inerentemente ?

    la dimostrazione che esistiamo è la sofferenza.
    la dimostrazione che non esistio è che non possimo trovarci.

    ma chi è che non si trova?.
    il nodo l’eterno ritorno, il loop senza fine.
    il koan che una profonda risata spezza..

    io sono quel che sono.
    ne colpe ne meriti nato e cresciuto in reciproca dipendenza.
    ce la metto tutta per fare quel che devo, semplicemente perche non potrei fare diversamente.

    ciao
    torno a lavorare
    massimo

  15. Paolo ha detto:

    Eckart scrive:
    > nè giudico te, se adesso affermo che la new age
    > e i suoi buoni propositi…proprio non sono di mio interesse..
    > Vedi.. non ho scelto questo o quello..
    > per me è semplicemente così: dento o fuori senza sicurezze
    > o aspettative di benessere.
    Il punto non è giudicare o non giudicare, è aver voglia di confrontarsi oppure no. Io non ho parlato né di new age né di buoni propositi. Parlavo di benessere, di sensazioni che percepisco come positive, salutari, qui e ora, non dell’aspettativa di queste sensazioni. Mi riferivo a una prassi, non a idee astratte. Perchè mi risulta che le sensazioni che provo siano una guida molto più valida e attendibile dei testi più o meno sacri di questa o quest’altra religione o filosofia o ideologia.
    Chiedo scusa se vado un po’ fuori tema, ma mi sembra importante il modo in cui si discute, soprattutto quando si cerca di parlare di argomenti difficilmente trattabili a parole. Per quanto mi riguarda, se ho dedicato del tempo a scrivere dei commenti, l’ho fatto perchè mi interessava confrontare i miei pensieri e le mie esperienze con quelle altrui, perchè credo che dal confronto possano emergere per ciascuno ulteriori spunti di riflessione, possibili punti di vista alternativi o complementari ai propri, insomma una possibilità di allargamento della visuale.
    Mi chiedo però, a questo punto, se questo intento è condiviso dagli altri partecipanti, e in particolare da Eckart.
    Caro Eckart, al mio primo intervento, trascurando il 99 percento del mio intervento, fai un commento ironico su una singola frase, dandone un giudizio sommario, e va bene, una battuta non fa male a nessuno. Nel secondo intervento ti chiedevo di chiarire il significato del tuo primo laconico commento, ma tu non rispondi, e aggiungi altri commenti purtroppo fuori tema, che riguardano solo te e non l’argomento in discussione: parli di new age e buoni propositi, cioè di tue associazioni mentali che hai applicato alle mie parole in base ai tuoi personali pregiudizi.
    Inoltre, se ciò che dico, come affermi, non ti interessa, non capisco il motivo dei tuoi commenti.
    Ti sembra che in questo modo possa dare un contributo alla discussione, ti sembra questo un confronto aperto e amichevole, o non piuttosto un tentativo un po’ spocchioso di svalutare e liquidare un discorso che ho cercato di rendere il più possibile preciso e articolato, ma che evidentemente non ti “suonava” bene? A che servono, dal tuo punto di vista, interventi di questo tenore e di questo contenuto? Non se ne vedono già troppe in televisione di “discussioni” fatte in questo modo?
    Per me la faccenda è semplice: se interessa confrontarsi basta porsi senza presunzione sullo stesso piano dell’interlocutore, con sincero intento di comprendere quello che l’altro vuol dire e di spiegare il proprio modo di vedere.
    Se invece non interessa confrontarsi (ossia collaborare, ossia andare incontro all’interlocutore), a che pro discutere o commentare?

  16. Paolo ha detto:

    Watts scrive:
    > In ogni caso il cosiddetto “libero arbitrio” e’ un elemento fortemente concettuale
    > cosi’ come lo e’ il concetto di “determinismo”
    Certo, stiamo mettendo in gioco dei concetti, ma dietro i concetti c’è sempre qualcos’altro. I concetti sono simboli e hanno dei referenti, e sono inseriti in una rete di relazioni. Legati ai concetti di libero arbitrio e del determinismo, ci sono degli atteggiamenti mentali, che coinvolgono non solo il pensiero, ma anche l’emotività e l'”attitudine spirituale”.
    Se si propende per il determinismo sarà più facile non sentirsi troppo responsabili delle proprie azioni, ma incomberà lo sgomento dell’ignoto, dell’incontrollabile, dell’imprevedibile e il rischio di cadere in qualche forma di vuoto qualunquismo.
    Se si propende per il libero arbitrio verrà più facile assumersi la responsabilità delle proprie azioni, e sentirsi coinvolti nelle vicende del mondo, ma incomberanno il senso di colpa e del dovere, e il rischio di cadere in qualche forma di megalomania o di paranoia.
    Visti in questa luce, i concetti di cui si parlava appaiono strettamente correlati a qualcosa di molto pratico, infatti dagli atteggiamenti mentali collegati vengono influenzate le azioni e le risposte agli stimoli di qualunque natura, in una parola il comportamento, e anche l’efficacia e l’esito di questo comportamento.
    Se faccio mio uno dei due atteggiamenti, rimango inevitabilmente invischiato in questa scelta, ossia mi sarò creato dei condizionamenti, dei pregiudizi. Se voglio sottrarmi a questi condizionamenti, sorge l’esigenza di una forma di trascendenza.
    Una possibilità è quella di sviluppare una sorta di “agilità” della coscienza, in modo da poter utilizzare entrambi gli atteggiamenti quando servono e nella misura in cui servono. Questo costringe a un allentamento dell’attaccamento a questo o quello e porta verso una effettiva trascendenza, verso l’equanimità che sta oltre la dialettica degli opposti. Naturalmente per sviluppare questo tipo di mobilità senza rischiare la scissione della personalità occorre essere ben coscienti del fatto che entrambe le polarità sono insufficenti, per loro intrinseca natura, a rappresentare la “verità” a cui, in quanto simboli, si riferiscono.
    Ma c’è anche un altro aspetto: ognuna delle due polarità tende a negare l’altra, a negarne l’esistenza reale, per relegarla nel regno dell’illusione. Io parto dalla semplice constatazione che ogni concetto ha necessariamente un referente di cui costruisce una rappresentazione inevitabilmente parziale e distorta, utilizzando un miscuglio di percezione e immaginazione. Quindi non metto in discussione la “realtà” del referente di un concetto, ma cerco di capire la natura di questo referente e che genere di rappresentazione il concetto ne dà.
    A questo punto si dovrebbero esaminare attentamente i concetti di “libero arbitrio” e di “determinismo” per cercare di capire a cosa in effetti si riferiscono, ma mi fermo qui per non appesantire ulteriormente questo già lungo intervento.

  17. Paolo ha detto:

    Watts scrive:
    > prescindendo dal concetto di “ benessere”
    > (che oggi appare troppo correlato con quello di beauty-farm)
    Si, ma non è il caso di farsi scippare il concetto di benessere dalle beauty-farm o dai “centri benessere”, come non è il caso di farsi scippare il concetto di libertà dal “popolo della libertà”.
    Soprattutto discutendo di argomenti come questo, in cui le parole possono solo indicare in maniera piuttosto imprecisa quello a cui si riferiscono, e quindi la cui scelta risulta già difficile (mentre risulta facile l’equivoco), credo che sia molto utile prescindere il più possibile dalle connotazioni storiche e culturali di cui una parola può risultare corredata, essendo queste connotazioni legate a contingenze momentanee ed estranee al significato più immediato ed essenziale, al quale a mio avviso conviene limitarsi; altrimenti si dà via libera al gioco infinito e inconcludente delle associazioni mentali soggettive e diventa impossibile arrivare a una forma di comunicazione sufficentemente oggettiva, ossia a un effettivo scambio di idee e informazioni.

  18. eckhart ha detto:

    Dice paolo:
    Caro Eckart, al mio primo intervento, trascurando il 99 percento del mio intervento, fai un commento ironico su una singola frase, dandone un giudizio sommario, e va bene, una battuta non fa male a nessuno. Nel secondo intervento ti chiedevo di chiarire il significato del tuo primo laconico commento, ma tu non rispondi, e aggiungi altri commenti purtroppo fuori tema

    °°°
    Mah..scusa paolo,ma nel mio primo intervento non ironizzavo per niente,e ho commentato solo quella tua frase perché mi pareva,racchiudesse un po’ tutto il succo del tuo argomentare ,o meglio,ne era la chiave di volta,chiaramente secondo me.
    Anche nel secondo intervento ho adottato lo stesso approccio(ove non mi pare mi chiedevi nulla in modo diretto,quindi ho risposto in modo assolutamente spontaneo).
    Mi spiace dunque per il fraintendimento e spero di aver brevemente chiarito,almeno per quanta riguarda le intenzioni. Se c’è qualche altro punto specifico che t’interessa approfondire di ciò che è stato detto,puoi pure chiedermi e farò in modo di essere più chiaro.
    Grazie, e ciao :-)

  19. watts ha detto:

    Caro Paolo,
    quanto al primo tuo intervento (degli ultimi due in cui citi due passi di miei interventi precedenti), mi sembra di poter essere d’accordo soprattutto sul tema della relativita’ di tutti i concetti e quindi della relativita’ e inconsistenza del linguaggio (vedi i miei passi precedenti su Wittgestein).

    Per quanto concerne il secondo relativo al tema del “benessere”, anche, in questo caso , trattandosi di un concetto e dato che, come dici anche tu, “i concetti sono simboli” e come tali forse risentono del contesto in cui sono stati usati maggiormente nei tempi recenti suggerirei un uso piu’ parco di quel termine in questo contesto.
    Essendo infatti la parola benessere quanto mai abusata in questi anni (anche in ambiti che richiamano spesso superficialmente e con fraintendimenti grossolani le filosofie orientali) suggerirei di usare qualche sinonimo meno compromesso come “completezza esistenziale”, “serenita’ esistenziale”, “eutimia” ecc , che forse hanno qualche sfumatura diversa, ma almeno non risentono di quell’abuso e della secondaria “genericita'”, che invece caratterizza , oggi, il termine benessere.
    Cio’ solo al fine di una miglior comprensione.
    Per il resto sono daccordo con te

  20. eckhart ha detto:

    Dice paolo:
    Se voglio sottrarmi a questi condizionamenti, sorge l’esigenza di una forma di trascendenza.
    Una possibilità è quella di sviluppare una sorta di “agilità” della coscienza, in modo da poter utilizzare entrambi gli atteggiamenti quando servono e nella misura in cui servono. Questo costringe a un allentamento dell’attaccamento a questo o quello e porta verso una effettiva trascendenza, verso l’equanimità che sta oltre la dialettica degli opposti. Naturalmente per sviluppare questo tipo di mobilità senza rischiare la scissione della personalità occorre essere ben coscienti del fatto che entrambe le polarità sono insufficenti, per loro intrinseca natura, a rappresentare la “verità” a cui, in quanto simboli, si riferiscono.
    ***
    Ci sarebbe da chiedersi ,chi è “vede” questo ragionamento e lo fa “filare” (e che sarebbe in altri termini il trascenderlo.)
    E se lo si trascende ci si pone necessariamente oltre la personalità che, pur se non scissa e attiva ad un livello più periferico ma alquanto “dimagrita”,non è più il centro delle “scelte”,e che vengono colte e osservate per il limite stesso che rappresentano.
    Ma a chi,a questo punto ci si chiede,se non a quella personalità possono servire/interessare i concetti (o la loro effettualità pratica) di determinismo e libero arbitrio?

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