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Riprendo il discorso sulla consapevolezza e politica. Ringrazio tutti coloro che hanno citato e ripreso o citato il mio articolo precedente Consapevolezza politica : De Biase, Selvatici, Daniel, thomas yancey, YANNB, Corrado. Mi scuso con eventuali altri siti di cui non sono venuto a conoscenza.

De Biase in un suo recente articolo si chiede cosa abbiamo in comune e che cosa sentiamo di avere in comune, riferendosi alle persone connesse in Rete che possono influire sull’agenda setting, cioè sulle priorità dei temi di discussione da parte dei media.

E’ una domanda a cui mi piace provare a rispondere. Come afferma De Biase, per iniziare, siamo tutti italiani. Aggiungo, abbiamo forse una mentalità ampia, internazionale, non limitata ai provincialismi dell’italietta. Questo ci fa vedere come potrebbero andare le cose diversamente per il nostro paese se le risorse migliori dell’Italia verrebbero valorizzate invece che penalizzate.

Abbiamo credo in comune il desiderio di trasmettere conoscenze, e una certa generosità nel fare questo. Scrivere nella Rete richiede tempo, risorse, denaro. A volte si scrive quasi solo per se stessi e altre volte arrivano solo insulti. Però si continua.

Ci accomuna forse anche la ricerca del vero. Questa si può esprimere nella forma della scienza, della politica, della filosofia o della ricerca spirituale. In questa ultima si potranno riconoscere molti lettori di Innernet. A volte la ricerca avviene su diversi piani contemporaneamente, una non esclude l’altra. In generale, percepiamo in modo chiaro la grande distanza tra ciò che viene raccontato dai media tradizionali, in particolare dalla televisione e dai partiti, e una conoscenza che arriva da fonti di prima mano o da analisi meno mediatiche della realtà.

Quello che mi auguro abbiamo in comune è il non dare troppa importanza alle specificità di ognuno e il non creare delle contrapposizioni ideologiche, tentazioni fin troppo facili in Rete. Diversamente, non ne usciamo più e rimarremo seppelliti sotto ai distinguo e agli scontri. La sfida della Rete, a mio parere, è invece quella di andare oltre le identificazioni con le diverse opinioni. L’uso della Rete come medium, portato al suo estremo, ci suggerisce di andare al di là delle differenze di opinione, analogamente alla rotazione di tutti i colori che produce il bianco.

Ma si può andare anche più in là: dopo aver smesso di contrapporsi alle identificazioni mentali altrui, si potrebbero mettere in discussione anche le nostre stesse identificazioni, le nostre motivazioni e le nostre convinzioni, investigando al nostro interno ciò che ci muove, per togliere ciò che è vecchio e meccanico al nostro interno. Lo stesso desiderio di voler influenzare l’agenda politica del paese tramite le nostre parole può essere un’occasione per interessanti analisi.

Se mi chiedo qual è la mia motivazione nel voler essere parte dell’agenda del paese, mi giungono delle domande su cui svolgere una interessante indagine interiore. Ho un desiderio di protagonismo? Credo che la mia agenda sia migliore di quella di altri? Forse mi sento incompreso o escluso? Queste sensazioni facevano parte della mia storia famigliare, scolastica o lavorativa e si ripresentano ora? Quanto la mia identità si basa su ciò che dico/scrivo e sul fatto di avere un feedback dagli altri? Mi è mancato un feedback alle mie parole? La mia autostima si basa sulle mie qualità intellettuali? Mi sono dovuto isolare per coltivare i miei interessi? Il blog è il mio modo per esprimermi e per trovare persone che mi ascoltano? Sono invidioso del potere che hanno i politici e i giornalisti? Se avessi il potere di influenzare l’agenda lo userei in modo saggio oppure mi lo userei per crearmi dei privilegi a mia volta, come abbiamo già visto in troppe rivoluzioni e cambi al potere? Oppure ho paura di avere tale potere? Cosa sento quando mi considero escluso o viceversa quando mi considero connesso ed ascoltato?

Se invece le mie motivazione sono al di là dell’ego e delle mie ferite personali, il mio desiderio di contribuire all’agenda del paese cosa può portare per l’evoluzione della società? Avrò la fermezza e la costanza per far fronte agli attacchi e alle incomprensioni che giungeranno? E se inciderò veramente, poi farò come quei sessantottini che si sono fatti sedurre dal potere?

Se non mi pongo queste domande non potrò che agire in modo meccanico, basandomi sui miei condizionamenti di vita che hanno dato forma alle “mie” convinzioni e credenze, che credo essere mie. Questo non contribuirà alla crescita della mia consapevolezza e saggezza, ma solamente all’aumento della mia conoscenza, rendendomi un servomeccanismo della Rete. Se alterno l’attenzione dallo schermo a me stesso posso interagire con ciò che ho di fronte allo schermo facendolo passare da un livello più reale e profondo.

Altra cosa che spero ci accomuni è un’attenzione che va al di là del quotidiano e dell’immediato, nonostante la natura stessa dei blog sia architettata in modo da privilegiare l’ultimissima novità e Internet stesso porta quasi strutturalmente ad un’attenzione frammentata. Gli aggregatori dovrebbero a mio parere andare nella direzione di dare una presenza temporale meno effimera agli articoli dei blogger, rappresentando una base che non si volatilizza dopo pochi giorni.

Personalmente preferisco lasciare sedimentare i pensieri per qualche tempo prima di scrivere un articolo, il mio metabolismo conoscitivo funziona meglio se le informazioni vengono marinate un po’ nel vuoto. Niente di sbagliato nel tempismo della notizia immediata, è stimolante ed accattivante, ma di solito preferisco vedere le cose in una prospettiva temporale più ampia.

Mi trovo d’accordo con De Biase quando dice che “sbaglierebbe chiunque volesse aggregare tutti. Ma tutti hanno bisogno di tutti per incidere.” Gli italiani si lasciano aggregare malvolentieri e questo non è neanche un male. Politicamente i partiti più che aggregarsi si alleano, ma questo avviene per interessi reciproci, non per vicinanza di sentire.

Credo anch’io che l’aggregazione potrà avvenire su basi minime comuni e connessioni morbide, lasciando il più ampio spazio alle individualità. Forse l’approccio non sarà particolarmente incisivo nel breve-medio periodo ma lo sarà nel lungo.

Internet, nel suo caleidoscopio di riflessi reciproci ci sfida a trovare delle modalità di interazione e di connessione che vadano oltre al piano meramente intellettuale ed ideologico. Se non si va oltre, invece che aggregarci ci atomizziamo nelle innumerevoli disntinzioni che può creare una mente identificata con i propri contenuti e che li difende come fosse un territorio fisico. Internet ci dà l’occasione di mettere in discussione le nostre credenze e le nostre convinzioni. Come ricercatore spirituale sono più interessato a lasciar andare le mie strutture mentali piuttosto che crearne di nuove e a mettere in discussione le mie credenze piuttosto che le tue. Ma per far questo necessito anche della tua consapevolezza che si specchia nella mia.

McLuhan, ne “Dall’occhio all’orecchio” (Armando. Roma. 1982), scriveva:

La coscienza e l’organizzazione ecologiche sono proprie dell’uomo prealfabetico, perché egli vive secondo l’orecchio e non secondo l’occhio. Invece di crearsi degli scopi, proiezioni esteriori e obiettivi, egli cerca di mantenere l’equilibrio fra le diverse componenti del suo ambiente al fine di assicurare la propria sopravvivenza. Paradossalmente, l’uomo elettronico assomiglia in questo all’uomo prealfabetico, perché ha vissuto in un mondo l’informazione simultanea, vale a dire in un insieme di risonanze in cui tutti i dati si influenzano a vicenda. L’uomo dell’elettronica e della simultaneità ha ritrovato gli atteggiamenti fondamentali dell’uomo prealfabetico: si è reso conto che tutto l’orientamento specializzato viene necessariamente in conflitto con tutti gli altri.

Quindi McLuhan vede il ritorno di un approccio globale ed olistico nell'”uomo elettronico”, dove le specializzazioni diventano un fattore di separazione. La sfida della Rete è allora quella di divenire parte di questo sistema di risonanze, sensibili all’equilibrio delle parti con meno scopi e obiettivi personalistici.

Aldous Huxley nel 1945, ne “La filosofia perenne”, scriveva:

La maggior parte degli idolatri politici sono anche idolatri tecnologici. Ciò accade nonostante le due pseudoreligioni siano in ultima analisi incompatibili, poiché il progresso tecnologico al suo ritmo attuale si prende gioco di ogni progetto politico per quanto ingegnosamente elaborato, entro il giro, non di generazioni, ma di anni e talvolta perfino di mesi.

I modelli della Rete (partecipazione, public domain, condivisione e trasparenza) potrebbero minacciare gli equilibri cementati del potere, quindi i politici hanno ignorato, snobbato ed attaccato la Rete. Ma perlopiù non la conoscono. Niente di male nel non essere tecnologicamente avanzati, ritengo che tra i valori umani di un buon politico il suo aggiornamento tecnologico non sia tra i più importanti. Che i politici e le loro propaggini nei media tradizionali siano tecnologicamente arretrati è vero, ma il problema è un altro.

Il problema è che non hanno assorbito ciò che la Rete ha prodotto come forme di partecipazione e di visione sociale. La stragrande maggioranza dei politici sono fermi ad una mentalità pre-Rete, che considera la politica come un’attività centralizzata, sul modello televisivo, con la conseguenza che la separazione tra classe politica e cittadini nel tempo si è solo ampliata.

I vari blog, siti ed aggregatori che fanno parte della Rete partecipativa sono tutti piccoli pezzi di un grande puzzle. Data la natura caotica della Rete non vi sarà mai un unico aggregatore che inciderà sulla politica. La trasformazione avverrà grazie alle innumeveroli piccole spinte dirette in direzioni innovative. Un link qui, un convegno là, un articolo su, un passaparola giù, un aggregatore al centro.

Non è necessario organizzare troppo le cose, anzi, probabilmente sarà proprio il modo soft di interagire che avrà più efficacia, analogamente a un rimedio omeopatico che interviene sull’organismo in forma di messaggio invece che sopprimendo una funzione biologica.

Allora potremo dire “Ben scavato, vecchia talpa”.

18 Responses to “Autoconsapevolezza e politica”

  1. Bernardo Parrella ha detto:

    E’ pero’ vero, caro Ivo, che quanto definiamo come “Rete” in maniera impersonale – e meglio sarebbe parlare sempre di persone che usano o vivono in questo medium, della umana natura e operativita’ che si esprime in e tramite siffatto ambiente – finora ha fatto poco per trasformare queste “forme di partecipazione e di visione sociale” online in attivismo concreto o partecipazione continua in ambito politico (e non solo).

    La distanza che questa “Rete” doveva accorciare tra cittadini e politici non e’ affatto diminuita in questi anni, e cio’ non solo o non tanto perche’ i “politici sono fermi ad una mentalità pre-Rete” (anche se meglio sarebbe non fare di tutt’erbe un fascio ne’ categorizzarci come “siamo tutti italiani … con una mentalità ampia’ internazionale”), quanto spesso per via della tipica auto-referenzialita”š della “Rete”, del rumore inutile che crea, delle distrazioni diffuse che veicola. Molto fumo e niente arrosto, insomma.

    Ovvio che i politici allora non ci pensino due volte a piegare ai propri voleri – meglio, al marketing elettorale, al carrozzone politico, alla politica spettacolo che ben sappiamo – questa “Rete” che troppo spesso con la scusa del bottom-up non riesce ne’ vuole andare piu’ in la”š del parlasi addosso, farsi bella con gli altri naviganti e copiare il can-can degli old media. Cosi’ questo “grande puzzle” perde senso e forza nei rivoli di un cyberspazio slegatissimo dal quotidiano a livello personale (perche’ centrato su un ego meccanico che evita lo sviluppo reale del se’) e a livello sociale-partecipativo (perche’ non innesca processi reale di civico coinvolgimento sul territorio).

    Un solo esempio: quanto accade qui in Usa nella corsa alla candidature per le Presidenziali di novembre e, soprattutto, come tale corsa venga manipolata, esaltata e mal presentata (in Italia ma non solo) quando ci si innestano sopra le dinamiche e le potenzialita’ di questa “Rete”.

    Su quest ultimo scenario ho sintetizzato le mie riflessioni in un recente articolo su Apogeonline: Se il click è facile, la democrazia è lontana.

    Thanx, ciao ;)

  2. ehilà Berny, ricordo quando ci eravamo incontrati a metà degli anni novanta col nostro amico comune Matteo. Io pubblicavo i primi libri su Internet e tu dalla California ci portavi le novità della Rete che a quei tempi venivano stimolate soprattutto dalla mitica The Well. Il nostro amico artista era molto dubbioso sulle potenzialità della tecnologia mentre noi ne eravamo entusiasti. Sembrano essere passate generazioni intere per la Rete dopo una dozzina d’anni.

    Quanto tu scrivi sfonda una porta aperta. La Rete si è trasformata in modi tali per cui la sua portata “rivoluzionaria” è stata assorbita un po’ dal business, un po’ da forme mediatiche che ricordano i media tradizionali e un po’ dalla progressiva distanza dal reale.

    I miei dubbi li puoi ritrovare nel mio articolo “Internet aumenta davvero il nostro potere?” http://www.indranet.org/is-internet-empowering-us/

    Tuttavia, la Rete rappresenta il luogo dove milioni di persone lavorano e comunicano. Io stesso ci passo molto (troppo) tempo. E data la drammatica situazione mediatica italiana, ritengo che la Rete possa rappresentare quella informazione di mutuo soccorso di cui parla De Biase. E forse anche qualcosa in più.

    Se diventiamo ben consapevoli anche della “tipica auto-referenzialita” del “rumore inutile” e delle “distrazioni diffuse che veicola” la Rete, sarà a mio parere il primo passo per usare Internet in modi diversi.

  3. Bernardo Parrella ha detto:

    Be’, Ivo, a 15 anni da quei primi entusiami – non certo affievoliti, anzi tutt’altro – e’ un fatto che almeno in Italia si stenta ancora parecchio a fare “informazione di mutuo soccorso” – spesso proprio per colpa di quei giornalisti che si dicono in prima fila nel volerla – e diventare consapevoli del rumore che andiamo creando non e’ certo la priorita’ degli internauti nostrani – di nuovo, vedi la pseudoinformazione che gira su elezioni USA e Internet, giusto per tornare al topic…
    Nel senso che e’ bene essere realisti :)

  4. MarioEs ha detto:

    Ciao Ivo,
    recentemente ho letto il libro di Ervin Laszlo – “Il punto del Cos” – e lui parla della categoria dei “creativi culturali” come realtà emergente rispetto a moderni e tradizionalisti.
    Sul mio blog ne ho parlato diffusamente, ma mi piacerebbe sapere la tua opinione, per cui riporto uno stralcio:
    “Il problema di fondo è che i creativi culturali sono frammentati e divisi in gruppi e non hanno una visione politica comune, per cui al momento, a mio parere, è difficile che emergano come realtà innovativa in senso politico e quindi tale da determinare dei reali cambiamenti.
    Le premesse però ci sono, anche se manca una organizzazione che rappresenti questa categoria di persone, che potrebbero davvero imprimere una direzione di sviluppo sostenibile in prossimità del “tipping point”.
    La Rete, con i suoi social network, potrebbe essere un efficace mezzo di aggregazione dei creativi culturali, ma è sotto i nostri occhi la estrema frammentazione di questi social network che finiscono per rappresentare molto spesso una sorta di tribù con i suoi piccoli totem.
    Occorrerebbe, dunque, fare un passo avanti e trasformare i legami deboli del Web in legami più solidi finalizzati ad un obiettivo comune e di preminente importanza: la creazione di un Nuovo Pensiero per lo sviluppo di una Nuova Civiltà.
    Finchè i creativi culturali resteranno prigionieri di vecchie logiche e vecchi approcci di tipo individualistico non potremo andare da nessuna parte: bisogna superare i limiti che ci impone l’attuale sistema socio-politico e pensare davvero di poter creare il nostro futuro. “

    Cosa ne pensi?
    Mario

  5. Laszlo lo trovo brillante, oltre che profondamente umano, ma non ho letto il libro che citi. I creativi culturali sono senza dubbio estremamente frammentati.

    La mente stessa è dualistica e separante nel suo operare, specializzata nei distinguo più che nell’unità. Vi sono tante visioni e soluzioni quante sono le persone. Di più. Al nostro stesso interno siamo separati in miriadi di subpersonalità. Il problema a mio parere non è di portare maggiore organizzazione alle persone e alle idee, cosa improbabile dato che idee, pensiero ed ego vanno di pari passo. I creativi culturali difficilmente accettano di stare in un territorio mentale che non sentono proprio. La frammentazione dei creativi culturali è il rivendicare un territorio mentale di cui sono orgogliosi e spesso identificati.

    Internet è lo strumento più potente mai creato per l’elaborazione delle informazioni e della conoscenza, lo specchio più accurato della mente globale, ma siamo ancora lontani dal consciousness processing, dalla società della consapevolezza di cui scriveva Peter Russell. Se cambiamento ci sarà vedrà a mio parere senza dubbio Internet come supporto (analogamente a come Internet è potuto nascere dal supporto della società industriale che ha fornito l’elettronica e i capitali) ma dovrà trascendere i meccanismi separanti della mente per arrivare ad un’aggregazione di sentire e di cuori.

    Chissà, forse una grande crisi globale, come è possibile avvenga, potrà farci fare un salto di coscienza. Nella vita delle singole persone, spesso le crisi sono punti caotici di svolta che possono portare a salti di consapevolezza oppure a cadute irreversibili. Non escludo che a livello globale potrebbe avvenire lo stesso in grande scala.

  6. federico ha detto:

    se se i politici avessero più autoconsapevolezza, in pratica ciò non la ha nessuno, occorre impegnarsi spiritualmente o con la meditazione (vedere http://www.gioiadivita.it) farebbero meno errori , farebbero scelte più favorevoli alle persone e alla loro felicità, alla stabilità del lavoro e alla serenità e stabilità delle famiglie e i governi sarebbero più stabili e loro guadagnerebbero di più e più a lungo, in sostanza tutti più felici, per una cosa così semplice quali scotti si pagano!!!!
    Se potete dite ciò ai politici di qualsiasi partito va sempre bene , il messaggio é per la persona umana in se stessa.
    Autoconsapevolezza non significa solo intelletto e vedere più giusto, significa anche energia vitale, piacere di fare, di essere nel ruolo che si é e di farlo meglio per puro piacere nostro e di tutti, per puro piacere della vita . L’ autoconsapevolezza è il maggiore tesoro di questa vita , io credo proprio di si é la religione del futuro, speriamo solo che questo futuro sia vicino, magari che sia arrivato.Buona Pasqua , davvero, a tutti
    Federico

  7. federico ha detto:

    a me pare che ne occorrerebbe una per aiutare a vivere tanta gente e famiglie , oggi le tasse sono troppe e l’euro ha raddoppiato i prezzi, molta gente non ha più da vivere, si vede nei mercati la gente raccogliere gli scarti e ciò é un brutto segno, occorre prendere coscienza di questa situazione per ora in peggioramento grazie forse a Prodi o per il fatto che non c’é più e non ha terminato il suo ruolo, non so bene . Occorre fare qualcosa di semplice e rapido , io pensavo ad un mezzo via internet per segnalare situazioni e avere una possibilità semplice di aiutare anche con un solo € ( 1000 persone che danno un solo euro fanno la serenità di una famiglia e noi siamo 60 milioni!!!!)anche con la disponibilità a dare una mano a risolvere problemi legali o che altro o a riscuotere denaro che ci spetta ,per chi é in pensione é più facile e siamo almeno 20 milioni, cioé tanti quanti lavorano . Non so però come fare

  8. federico ha detto:

    io credo che nessuna crisi possa destare l’autoconsapevolezza, il salto di coscienza che dici é solo la conseguenza del bisogno di vivere, ove non essendoci più nulla, ci rimbocchiamo le maniche e facciamo ciò che non si sarebbe fatto in una società civile ed evoluta, perché diviene necessario, non perché abbiamo migliorato noi stessi crescendo di consapevolezza, é anche lo spiirito di collaborazione che nasce nella necessità, nel vedere altri che soffrono, ma in realtà tantissimi stanno già soffrendo, ma nessuno li vede poiché sono nascosti entro le mura delle case, siamo come in un mondo di sordi e di muti, le bombe che buttano giù le case permettono solo di vedere meglio questa realtà e sarebbe molto meglio vederla prima, cioé imparare ad essere più umani, più buoni, meno attaccati al denaro e più altruisti, ora prima che venga una rivoluzione ……per mettere alla luce le necessità della gente .

    Federico

  9. eckhart ha detto:

    Dice Ivo:”Se cambiamento ci sarà vedrà a mio parere senza dubbio Internet come supporto (analogamente a come Internet è potuto nascere dal supporto della società industriale che ha fornito l’elettronica e i capitali) ma dovrà trascendere i meccanismi separanti della mente per arrivare ad un’aggregazione di sentire e di cuori.”

    Certo,come naturale accadere ,e in consapevolezza,quindi oltre
    le ideologie partorite dall’ego divisorio.
    Internet può,potrà essere, un grande contenitore di Anima e Consapevolezza indivisa.
    Adesso lo vedo solo pieno di “strati multimediali (parole,immagini,suoni) ma con poca Essenza..
    Sappiamo che può comunicare “altro”..ma le coscienze non sono ancora pronte.. :-)

  10. MarioEs ha detto:

    @Ivo
    Tu dici che. “Il problema a mio parere non è di portare maggiore organizzazione alle persone e alle idee, cosa improbabile dato che idee, pensiero ed ego vanno di pari passo. I creativi culturali difficilmente accettano di stare in un territorio mentale che non sentono proprio. La frammentazione dei creativi culturali è il rivendicare un territorio mentale di cui sono orgogliosi e spesso identificati.”,

    ma secondo me il problema è proprio questo, cioè l’incapacità di trovare un “territorio mentale di aggregazione”, che ci faccia abbinare l’autonomia di pensiero individuale alla comune appartenenza al genere umano e al pianeta Terra.
    In questo, condivido ciò che dice Edgar Morin nel suo “I sette saperi necessari all’educazione del futuro” dove sottolinea come occorra congiungere unicità e molteplicità in una visione “olistica” di sè e del mondo.
    Quanto alla grande crisi di cui tu parli come causa “innescante” di una “svolta di coscienza”, a mio parere ci siamo già dentro nel senso che ne ravviserei tutti gli elementi significativi (demografia, materie prime, clima, tensioni internazionali, instabilità finanziarie…) per cui quello che Laszlo chiama “tipping point” non deve essere molto lontano.
    Pertanto, i creativi culturali non possono “rifugiarsi” dietro una egocentrica autonomia mentale, ma devono cercare di fare “massa critica” ed organizzarsi con legami “forti”.
    Non credi?

  11. eckhart ha detto:

    Dice MarioEs: “ma secondo me il problema è proprio questo, cioè l’incapacità di trovare un “territorio mentale di aggregazione”, che ci faccia abbinare l’autonomia di pensiero individuale alla comune appartenenza al genere umano e al pianeta Terra.”

    Questo non è molto diverso dalla politica a parer mio..
    ovvero aggregazione mentale di idee,quindi sempre sostenute da principi idealistici proiettati sulla realtà.
    Bisogna gettar via le idee..una volta per tutte..
    La Creatività è l’Essere spontaneo,si muove senza traccie,non ne ha di bisogno…
    E’ il tam tam della Terra che chiama da sè..che innesta Comunione ed intenti..
    Spontaneismo puro e naturale.
    Ma forse parlo di un passo ulteriore..e dirne troppo è già schematizzarlo.. :-)

  12. Mario, anch’io come Eckhart credo che ““territorio mentale di aggregazione” sia una contraddizione in termini. Ti riporto una citazione di Chogyam Trungpa che avevo citato in http://www.indranet.org/the-heart-of-the-binary-code/

    “Ciò che possiede la percezione della dualità ”“ che si aggrappa o rifiuta qualcosa di esterno ”“ è la mente. Fondamentalmente, essa è ciò che si può associare a un “altro”, ovvero a qualsiasi cosa percepita come distinta da colui che percepisce. Questa è la definizione di mente.”

    Su un piano mentale è impossibile aggregarsi in quanto la mente è duale per sua natura. Meglio, è fin troppo facile sottoscrivere proclami che però rimangono sul piano che cantava Gaber… “Un’idea, un concetto, un’idea, finché resta un’ idea, è soltanto un’astrazione, se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione.”

    Il problema è che le idee devono scendere e poi scendere ancora in profondità fino a diventare quasi “organiche”, oppure nel percorso inverso, che la consapevolezza del cuore salga salga fino a che diventa idee. Ma già nella nostre civiltà è dura mettere insieme mente ed emozioni, tantomeno gli altri livelli.

    Questo non significa che la trasmissione delle idee e un riconoscere una comunanza delle stesse sia da evitare. Se scrivo sui blog un po’ alla fine ci credo anch’io, ed è bello che si mettano qui a confronto persone che seguono un percorso spirituale con giornalisti, persone che si occupano di media, di tecnologie e di politica. Già questo è aggregarsi, non è necessario anche essere d’accordo.

    Per quanto Internet sia straordinario nella diffusione delle idee, ritengo che il salto di coscienza necessario ad aggregare le persone su temi di interesse comune all’umanità potrà avvenire con la Rete nel ruolo di semplice supporto, ma la sostanza verrà forse più dalle “tecnologie” molto “low tech” e “obsolete” della meditazione e della conoscenza di sè.

  13. MarioEs ha detto:

    Concordo con voi su tutto, meno che sulle “conclusioni” che sarebbero anzi un ottimo punto di partenza nel loro fare appello allo “spontaneismo” ed alla “meditazione e alla conoscenza di sè”, ma che non affrontano il problema di come migliorare lo status quo socio-culturale e politico-economico da parte di chi ne ha la volontà e che ha deciso di lavorare sulla coscienza di sè e del mondo.
    Mi manca cioè quello che – per citare sempre Morin – dovrebbe essere la chiusura dell’anello individuospeciesocietà.
    Il mio concetto di aggregazione “con legami forti” (o quanto meno non deboli se non addirittura fluidi) non implica “l’essere d’accordo su tutto”, ci mancherebbe, ma l’essere coscienti degli obiettivi (ad es. relativamente al “problema clima”) da realizzare ed essere disponibili ad un dialogo costruttivo sul come realizzarli.
    Per ottenere ciò, bisognerebbe saper realizzare il giusto equilibrio tra autonomia individuale e “bene collettivo”, tra diversità culturale ed unità umana, tra razionalità ed affettività.
    Occorrerebbe, però, organizzarsi come dice Ivo in maniera “low tech” anche al di fuori della maglie della RETE e fare in tal modo politica attiva.
    Spero di essermi spiegato meglio.
    Ciao :)

  14. Il passaggio tra meditazione ed azione avviene naturalmente. Ad esempio il mio “fare” nei siti è una conseguenza di una presa di coscienza che è stata fecondata anche da Internet e dai libri, ma soprattutto da un lavoro offline su me stesso.

    Analogamente la mia consapevolezza mi porterà ad agire in altri campi compatibilmente con la mia essenza. Mi sembra di percepire che nella nostra società vi sia ancora radicata l’associazione tra meditazione e quietismo, come uno stato che nega il mondo e l’azione. Nella mia esperienza è vero il contrario. Se non sono connesso con la mia profondità e con il mio corpo (e in questo le meditazioni dinamiche sono geniali nel riconnetterci “organicamente”) le mie azioni “slittano” perchè non hanno una direzione vera.

    Se non sono connesso in profondità e non sono integrato nelle mie intenzioni, le mie azioni partiranno solo dalla mente, la quale, senza una connessione con altre parti di me, produrrà solamente ciò che sa fare bene: nuvole irreali che cambieranno ad ogni alito di vento, in altre parole, seghe mentali.

    Edgar Morin ha analizzato a mio parere in modo profondo la problematica della conoscenza e della società, ma gli è mancato un passo per fare il salto oltre la conoscenza mentale, anche se ha intravisto qui e là degli spiragli tra la fitta rete di schemi intellettuali, ad esempio quando, ne “La conoscenza della conoscenza” (Feltrinelli. Milano. 1989) scrive, pur se indirettamente,

    Come dice von Foerster, abbiamo bisogno “non soltanto di una epistemologia dei sistemi osservati, ma anche di un’epistemologia dei sistemi osservatori”.

    Sul problema clima possiamo essere d’accordo in molti, ma se non diventiamo consapevoli dei motivi (anche i miei e i tuoi e i suoi, non solo a livello collettivo) che stanno alla base dello sfruttamento delle risorse naturali (e umane), gli accordi e le legislazioni potranno fare ben poco (pubblicherò un articolo a breve su questi temi).

    Se non andiamo alla base del problema ecologico, accordarci sulle soluzioni avrà lo stesso effetto che sentire un tossico dire “questa è l’ultima pera che mi faccio”. Ancora una volta, non significa che non bisogna cercare le soluzioni su qualsiasi piano, ANCHE quello mentale, perchè siamo ANCHE questo.

  15. eckhart ha detto:

    Dice Franco Bolelli in un intervista (è del 2002,non esistevano ancora i blogs..):
    “chiudere il progetto vitale in uno schema (ideologico,
    politico, religioso,culturale, …) non è una buona cosa. A me interessa
    tutto ciò che accende -in sé e negli altri- energie, potenza, desiderio,
    slancio. Tutto ciò che attiva la nostra forza di creazione. non si tratta né
    di interpretare il mondo -come fanno gli intellettuali- né soltanto di
    cambiarlo: si tratta di crearlo, concretamente, materialmente. ma già lo
    stiamo facendo: quando il movimento dice “un altro mondo è possibile” dice
    una cosa vecchia…. perché molti altri mondi sono non soltanto possibili ma
    già esistenti… sono quelli creati appunto da chi ogni giorno inventa
    progetti, eventi, gesti, energie, e li mette in condivisione.”

  16. MarioEs ha detto:

    Continuo a dire che condivido l’approccio (non associo la meditazione al quietismo), ma vorrei capire meglio le “linee d’azione”.
    Come ritenete che la Politica possa “smuoversi” dall’attuale, inquietante, impasse?
    Chi deve fare e cosa?

  17. Non ho una risposta alle due domande. Quel che posso fare nel mio piccolo è contribuire a divulgare conoscenze che possono far scattare qualche clic nella consapevolezza delle persone. E con tutti i miei limiti e contraddizioni, agire nella vita con una visione globale e compatibile con le risorse del pianeta.

    Le tue domande me le formulo spesso a mia volta ma non vedo una via d’uscita. Mi associo alla tua inquietudine, è brutto vedere la decadenza del proprio stupendo paese, per quanto non mi identifico come Italiano più di quanto mi considero cittadino del mondo.

    Stare nel non sapere e nel non vedere una soluzione è scomodo, ma è la mente che richiede certezze e modelli di riferimento sicuri. E sento che è il mio ego che vuole sapere e magari a farsi bello con delle soluzioni brillanti. La realtà è che non ho la minima idea di come e cosa si posso fare, tantomeno di chi. Alla fine del post http://www.innernet.it/poilitica-e-consapevolezza/ avevo scritto una specie di “programma” ma lo reputo semplicemente buon senso, come attuarlo lo lascio alle persone più competenti di me, se mai interesserà a qualche politico.

    Credo che quando i tempi saranno maturi i processi di trasformazione emergeranno spontaneamente dalla complessità e credo che li riconosceremo perchè ci toccheranno in quel luogo dell’anima che è uguale in te, in me e in noi.

    Nel frattempo, continuerò ad agire secondo la natura del mio corpo/mente.

  18. MarioEs ha detto:

    “Credo che quando i tempi saranno maturi i processi di trasformazione emergeranno spontaneamente dalla complessità e credo che li riconosceremo perchè ci toccheranno in quel luogo dell’anima che è uguale in te, in me e in noi.”,

    Ok, intanto continuerò a seguirti nei tuoi percorsi “digitali” e spero di conoscere tanti aspetti della rapporto corpo/mente che sicuramente ignoro.
    Ciao :)

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