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wilber cohen.jpgAndrew Cohen, insegnante spirituale e Ken Wilber, il più noto filosofo integrale del mondo, si incontrano, “guru” e “pandit”, cuore a cuore e mente a mente, per tracciare il profilo di una nuova spiritualità, pienamente contemporanea.

Andrew Cohen: C’è un altro aspetto, in tutto questo, che volevo affrontare. Molti mesi fa, in un gruppo di miei studenti si è verificato più volte un evento straordinario. Essi sono stati testimoni e hanno direttamente sperimentato la discesa spontanea di un’energia cosmica, una potente presenza conscia – interiore ed esteriore – in grado di illuminare istantaneamente. In altre parole, ogni individuo ha sperimentato, nella sua consapevolezza, l’innata libertà e l’illimitato potenziale che il cuore e la mente liberati provano quando l’universo vivente ci chiama a partecipare incondizionatamente al suo svolgimento. I seguenti brani sono tratti da alcune delle lettere che mi hanno mandato per descrivere l’evento: “L’altra notte abbiamo letteralmente raggiunto una massa critica e siamo esplosi. Davanti ai nostri occhi si succede una rivelazione dietro l’altra, portandoci a comprendere la più dolce delle perfezioni. La nuova presenza è un mistero che non può mai essere conosciuto. Tutto ciò che essa riconosce è l’Uno, ed è impegnata in una missione «cerca e distruggi» contro ogni separazione. Eravamo in ginocchio di fronte a questo fenomeno miracoloso: l’illuminazione impersonale. Nessuno di noi ha idea di dove stiamo andando, ma siamo consumati nel calore bianco di una comunione perfetta”.

“Ho finalmente compreso che quella che si manifesta tra noi è davvero l’illuminazione. Non si è mai sentito di un gruppo di persone non illuminate che desiderano abbandonare le preoccupazioni incentrate sull’io, e che cominciano a sperimentare ed ESSERE la visione illuminata. È sorprendente quanto sembrasse facile, proprio come uno stato naturale… Adesso capisco perché la chiami Evoluzione!”

“Questa gigantesca esplosione ha definitivamente indirizzato la nostra attenzione verso una presenza vasta e insondabile. È come se questo nuovo Essere cosmico parlasse come noi, attraverso di noi, manifestando il fine sommo che Esso solo scorge.”

Sembra che l’apparizione di questa consapevolezza sia stata possibile tanto grazie alla natura collettiva dell’evento, quanto grazie alla volontà degli individui di essere testimoni di ciò che si stava rivelando. Questo è successo diverse volte, in molti miei gruppi di studenti, e ho compreso che questa espressione dell’illuminazione al di là del personale era in realtà lo scopo dei miei insegnamenti degli ultimi sedici anni. Non avevo mai sentito nulla di simile, finché non ho letto Sri Aurobindo parlare della discesa della “supermente” (nota 1), un concetto molto simile a ciò che i miei studenti stavano sperimentando. Volevo sapere se questa cosa ti suona familiare.

Ken Wilber: Beh, sì. Non ero presente al fenomeno da te descritto, ma penso di averlo compreso abbastanza bene. In realtà, esso si ricollega a ciò che stavamo dicendo prima. In un certo senso, la realizzazione non-duale, che all’inizio del secolo è divenuta una realtà concreta almeno per un certo numero di persone, tra cui Sri Aurobindo, si sta ancora manifestando. Cioè, il mondo della forma continua a svilupparsi, a evolversi – l’auto-espressione dello spirito continua a svilupparsi – e questo accade, per quanto possiamo dire, sulla base di ciò che ha costruito il giorno prima, ed è per questo che l’evoluzione è davvero un evento che si rivela nel mondo della forma. Per cui, poiché questa non-dualità incarnazionale, questa stessa estatica non-dualità tantrica, ha cominciato a rivelarsi, e le sue forme di manifestazione hanno cominciato a rivelarsi, scopri che quando arrivi a persone come Sri Aurobindo, esiste una comprensione pienamente personificata di tale processo. Anche se alcuni saggi precedenti erano in definitiva illuminati per la loro epoca, in alcuni di questi saggi recenti c’è una ricchezza, uno sviluppo, una risonanza della comprensione incarnazionale dello spirito semplicemente entusiasmanti.

Andrew Cohen: Wow. Dunque, stai parlando dell’evoluzione dell’illuminazione stessa.

Ken Wilber: Sì. Se parliamo dell’illuminazione come dell’unione tra il vuoto e la forma, il puro vuoto non cambia, perché non entra nel flusso del tempo, ma la forma cambia, e le due realtà sono inestricabilmente unite. Quindi, in questo senso, esiste un’evoluzione dell’illuminazione. E ciò che troviamo in alcuni di questi sapienti, in particolare nell’era moderna, quando l’evoluzione stessa è stata compresa (cioè, quando l’evoluzione è divenuta parte della consapevolezza della manifestazione dello spirito) è una sempre maggiore trasparenza dell’illuminazione che si manifesta nel mondo della forma. In tali circostanze, il tipo di discesa di cui parlava Sri Aurobindo, la discesa della supermente, è qualcosa che, secondo lui, sarebbe certamente divenuta più frequente con il progredire dell’evoluzione. E io penso che sia vero. Il fenomeno che hai descritto assomiglia di certo a un esempio in miniatura di ciò.

La nozione di stati più elevati che per così dire discendono, afferrano le persone dove si trovano e le sollevano, è in sé una nozione antica. E credo che esistano molti esempi di stati minori che, in un certo senso, discendono sulle persone. Puoi essere nello stato egoico e sperimentare la discesa di una realtà sottile, per esempio. Ma io penso che siccome il mondo si è già aperto alla realizzazione non-duale incarnazionale, vedremo che col tempo queste cose diventeranno sempre più profonde e complete.

Andrew Cohen: Ma per Aurobindo la supermente non era un’idea astratta? Voglio dire, per quello che ne so, egli non riuscì a farla accadere come avrebbe voluto, cioè a renderla manifesta nel mondo.

Ken Wilber: Sì, è giusto. Ed è per questo che dico che è difficile sapere cosa stava accadendo esattamente nel tuo gruppo, senza aver avuto la possibilità di dare una rapida occhiata, per così dire.

Andrew Cohen: Certo. Naturalmente. Ma penso che la cosa importante sia che è avvenuto un incontro molto potente al di là del personale. C’era questa consapevolezza: “Sto andando al di là del personale insieme a molti altri”. In altre parole, era in atto una realizzazione simultanea della non-differenza tra l’Uno e i molti, sostenuta dalla comprensione estatica che questo è ogni cosa. E, allo stesso tempo, nell’individuo e nel collettivo c’era la pressante compulsione a donarsi completamente alla possibilità più grande che esista.

Evoluzione lluminazione 4 quadranti.jpg

Nella mappa “integrale” dell’esistenza, di Ken Wilber, ogni essere nella realtà manifesta viene considerato in possesso di almeno quattro dimensioni: una individuale interiore (soggettivo, “io”), una individuale esteriore (oggettivo, “esso”), una collettiva interiore (culturale, “noi”) e una collettiva esteriore (interoggettivo o sociale, “esso”). Qualsiasi modello di realtà che non prenda in considerazione tutte e quattro queste dimensioni, secondo Wilber, non può essere completo.

Ken Wilber: Sì. Posso dirti cosa penso che fosse, lasciando da parte la questione se si trattasse o no della supermente di Aurobindo. La mia opinione personale è che ciò che stava succedendo era fondamentalmente un perfetto esempio di un evento non-duale di tipo “all-quadrant”, cioè inclusivo di tutti i quadranti. Come sai, nel mio modello i quadranti rappresentano l’«io», il “noi” e l’«esso» (“It”) [vedi diagramma]. E l’idea generale è che questi aspetti dell’esperienza sono inestricabilmente interconnessi, che noi lo si comprenda o no. Quindi, talvolta qualcuno può enfatizzare l’«io», ma nello sfondo restano sempre il “noi” e l’«esso», che egli ne sia consapevole o no. E la mia convinzione fondamentale – l’ho enunciata nei libri teorici, ma credo che vada anche messa in pratica – è che una spiritualità integrale includa tutti i quadranti e i livelli. Tutti i livelli vuol dire, naturalmente, che stiamo coprendo l’intero spettro. Non ci stiamo fermando all’immersione nella natura, all’ascesa nel paradiso o al puro e semplice nirvana; stiamo anche abbracciando il non-duale, così che copriamo l’intero spettro della consapevolezza. E allora, ciò si manifesta in modo simultaneo, pieno e trasparente in tutti e quattro i quadranti, o nell’«io», il “noi” e l’«esso». Penso che il fatto che tu abbia una “sangha”, una piccola comunità dove la gente può lavorare insieme su questi temi per un lungo periodo di tempo, ha permesso (nel caso da te descritto) una manifestazione “a quattro quadranti” di quella realizzazione non-duale. Quindi, questa è la parte positiva. La parte negativa di tutte queste cose è che, naturalmente, si tratta di un processo caotico. E ogni volta che accade qualcosa di notevole, come in questo caso, dopo seguono i contraccolpi, gli effetti collaterali e le ombre.

Andrew Cohen: Proprio così. C’è l’arretramento egoico, la ribellione contro la natura sacra di ciò che si è rivelato e il terrore profondo per ciò che è richiesto.

Ken Wilber: È sempre difficile. È qui che la saggezza discriminante diventa molto importante. E la cosa più problematica è che, in un certo senso, in questo campo siamo tutti dei pionieri. È un tipo di evento relativamente nuovo: la forma moderna e quella postmoderna della non-dualità incarnazionale. E poiché esistono pochissimi precedenti, la saggezza discriminante è più difficile da ottenere.

Andrew Cohen: Sì, lo so, perché è tutto molto nuovo.

Ken Wilber: Giusto. È tutto molto nuovo, quindi non puoi basarti sui vecchi punti di riferimento. Nessuno può essere davvero sicuro di avere assolutamente ragione, anche se questi stati non-duali portano sempre con sé un certo senso di certezza. Voglio dire, questa è semplicemente la loro natura: vieni introdotto a ciò che è, e ciò che è, è. Punto. Non ci sono dubbi. La sua concreta manifestazione, invece, è quanto mai imprevedibile. È davvero difficile separare, in questo, gli aspetti che sono indubitabili da quelli che sono semplicemente dovuti alla mia pigrizia, disinformazione, egoismo, paura, stupidità ecc.

Andrew Cohen: Questo non è sempre vero quando ci si trova in una situazione al limite? O quando si va oltre il limite, per così dire?

Ken Wilber: Sì. Ma la differenza è che se fai parte di una tradizione in cui i pionieri hanno già compiuto questo lavoro, consegnandolo poi alla tradizione (come nel buddismo zen, per esempio), puoi fare affidamento su un lignaggio e una tradizione. Essi hanno già studiato le trappole di questa realizzazione particolare, e in questo senso penso che le tradizioni e i lignaggi siano ottime cose. Ma ogni volta che nascono nuovi tipi di realizzazione (e ciò vuol dire, di nuovo, ogni volta che il mondo della forma si è tanto evoluto e trasformato che hai bisogno di un diverso tipo di illuminazione evolutiva o di non-dualità incarnazionale), devi riscrivere daccapo il manuale delle istruzioni. E per questo tutti facciamo delle cazzate!

Andrew Cohen: Il punto è che, come hai detto, le tradizioni possono stabilire un modello, ma allo stesso tempo, dal punto di vista dell’evoluzione stessa, almeno in relazione a ciò di cui stiamo parlando, possono anche impedire l’evoluzione.

Ken Wilber: Oh, certo. È una vecchia storia. Qualunque forma creeremo oggi, ostacoleremo quella del futuro. Anche noi faremo lo stesso errore. Ma questo non deve impedirci di essere critici oggi.

Andrew Cohen: Certo.

Ken Wilber: Posso farti un esempio assai preciso in un campo in cui sto lavorando molto, cioè lo sforzo di integrare alcune scoperte della psicologia occidentale con alcune tradizioni dotate di una genuina comprensione del vuoto e della non-dualità all’interno del loro mondo della forma. Quello Vajrayana, per esempio, è un sistema meravigliosamente completo… per il Tibet feudale. Questo non vuol dire che i livelli che descrivono non esistono più. Esistono ancora. La loro realizzazione del vuoto è probabilmente insuperata. Ma il mondo della forma è cambiato. E o sali su quel treno – il treno dell’evoluzione dello spirito – o ti trasformi in ciò che ostacola l’evoluzione. Questa è una delle difficoltà maggiori.

A quel punto, come dici tu, la tradizione, che è servita a consolidare delle conoscenze importanti, è diventata ciò che impedisce un nuovo sviluppo. E tutto questo diventa molto pericoloso, naturalmente, perché a quel punto devi essere molto attento a ciò che stai facendo. Quindi, molti problemi che gli ordini contemplativi di questo Paese si trovano di fronte – mi riferisco ai buddisti, i cristiani, i seguaci del Vedanta – potrebbero essere di gran lunga facilitati grazie alla semplice introduzione, nel mondo della forma, delle conoscenze della psicologia evolutiva. Ma essi non vogliono farlo, perché pensano che questo equivalga ad ammettere che la loro tradizione è incompleta, insufficiente o ha qualcosa di sbagliato. Ma in realtà non stiamo dicendo che c’è qualcosa di sbagliato nella loro realizzazione; stiamo solo affermando che possiamo migliorare il veicolo, il mondo della forma, dicendo loro cose che abbiamo scoperto nel mondo della forma e che non erano note mille anni fa. Ma se essi non le includeranno nelle loro conoscenze, la loro realizzazione non-duale sarà inadeguata, perché non sarà all’altezza del mondo della forma.

Andrew Cohen: Oggi che nel mondo stanno avvenendo tanti cambiamenti a così grande velocità, sembra che molte tradizioni stiano attraversando un momento difficile. Il mondo della forma in cui stiamo vivendo cambia troppo velocemente e radicalmente. Grazie alle nuove forme di comunicazione, il mondo sta diventando molto più piccolo, e mi chiedo se le tradizioni riusciranno a tenere il passo dei nuovi bisogni delle persone interessate alla spiritualità, senza invece bloccarle in un modo o nell’altro. Ma le persone che vogliono davvero andare oltre i limiti del potenziale umano sono pochissime, quindi forse questo non è molto importante.

Ken Wilber: Beh, è una domanda fastidiosa per quelle sei persone che fanno così, Andrew! Di nuovo, per mantenere il delicato equilibrio dobbiamo riconoscere che le tradizioni possiedono un patrimonio di conoscenze e di strumenti di trasformazione assolutamente prezioso e inestimabile. E io, ripeto, non sto affermando che ci sia qualcosa di sbagliato in esso; sto solo dicendo che oggi è necessario aggiungere altri strumenti. E quando lo fai, ottieni un quadro diverso. Non è solo “Ecco alcuni strumenti di trasformazione in grado di integrare quelli che già usi”; otteniamo anche un tipo di non-dualità incarnazionale più pieno, grazie alla quale, in un certo senso (e penso che questo è ciò che stavi dicendo) viene eliminato ogni sentore di evasione, di mero trascendentalismo o di atteggiamento tipo “uscire-dalla-ruota” che tende a essere presente in alcune tradizioni.

Andrew Cohen: Sembra che quando si compie un serio investimento emotivo in un particolare cammino spirituale, la fiducia nel fatto che quest’ultimo possa condurre alla perfetta liberazione si basi di solito sulla convinzione che il cammino sia in sé perfetto e totale. Ma quando si incomincia a pensare che forse il cammino o la tradizione scelti non possiedono le risposte a tutte le domande, specialmente per questo mondo in evoluzione nel quale viviamo, per il praticante può arrivare il momento di una spiacevole resa dei conti.

Ken Wilber: Una volta sono stato intervistato da un importante giornale buddista, e l’intervistatore aveva dato un’occhiata al mio libro A Brief History of Everything. Aveva visto i quattro quadranti, notando che il Buddha era nel quadrante superiore sinistro e non negli altri. Quindi, ero già nei guai. Egli mi chiese: «Stai dicendo che il buddismo non è completo? Cosa puoi fare tu che il Buddha non ha fatto?». Ho risposto: «Posso guidare una jeep!». Era una risposta frivola, ma era una risposta. Voglio dire, non puoi trovare nulla sulla chirurgia del cuore nel tantra o nei sutra, per esempio. Quindi, dobbiamo davvero adattarci al mondo della forma, e parte dell’attuale mondo della forma è il fatto che viviamo in un universo evolutivo. Questo fa parte della nostra conoscenza di noi stessi. E abbiamo tutte queste straordinarie informazioni e conoscenze che vengono dalla psicologia occidentale. Anche se stiamo vivendo nel mondo del samsara, comprendiamo quest’ultimo molto meglio di una persona che stia meditando in una caverna. Quindi, perché non combinare le due cose?

Andrew Cohen: Ho notato che dal punto di vista dello sviluppo e dell’evoluzione spirituali (e penso che questo fatto sia stato dimostrato), per la maggior parte degli esseri umani esiste una tendenza all’omeostasi. In altre parole, sembra che la tendenza umana sia resistere al cambiamento, creare l’illusione della sicurezza in un universo insicuro e, soprattutto, evitare a tutti i costi di affrontare la terrificante e illimitata natura della vita stessa. Ma la realtà è che in questo mondo in cui stiamo vivendo, in questo universo in evoluzione, tutto cambia continuamente. E quindi, per riuscire a rispondere a questo mondo perennemente mutevole in modo da esprimere la libertà della consapevolezza illuminata nel tempo, per riuscire a essere davvero, diciamo così, una cosa sola con l’universo in evoluzione, occorre certamente liberarsi dalla tendenza naturale all’omeostasi. Per la maggior parte di noi, quest’ultima rappresenta il cieco attaccamento dell’ego alla falsa sicurezza in questo mondo insicuro. Ebbene, nello stato illuminato, come io lo intendo, si dimora nel fondamento eterno e immanifesto dell’essere. E se si è davvero liberi, se davvero si è radicati in quel fondamento senza mai spostarsi, allora nel mondo del tempo e della forma, nel caso più ideale, si è liberi dall’attaccamento dell’ego a ciò che è falso, e l’espressione di tale liberazione dovrebbe essere l’emancipazione da una relazione statica con il tempo. In altre parole, è possibile avere certe abitudini, come bere il caffè tutte le mattine o preferire il riso alla pasta, ma la relazione fondamentale con il tempo è idealmente una coerente espressione della libertà dinamica e della creatività del mondo. Quindi, ripeto, per essere liberi in un universo in evoluzione, occorre di sicuro liberarsi da questa inclinazione naturale all’omeostasi.

Ken Wilber: Penso che sia giusto. E penso anche, un’altra volta, che ciò di cui stai parlando è il paradosso della non-dualità incarnazionale. Infatti, esso è un paradosso, e per questo è stupefacente. Da una parte c’è la comprensione che sei l’eternità infinita in ogni momento dell’esistenza, ventiquattro ore al giorno, in tutte le dimensioni dell’universo. Questa è una verità incrollabile, indubbia, inconfondibile, innegabile. Inoltre, sei questo individuo particolare, una porzione della manifestazione che guarda verso l’esterno, verso il resto della manifestazione. Entrambe queste realtà sono autentiche. E nel mondo della forma, che è sempre in sviluppo, in evoluzione e in processo dinamico, diventa allora molto interessante in che modo la tua individualità “urta” contro il resto della tua manifestazione. Infatti, è qui che accade questo grande, misterioso processo: nel punto in cui, da un lato, sei in ogni momento totalmente liberato, e dall’altro hai l’obbligo, il dovere di “spingere” quelle parti del mondo che non condividono la tua libertà e la tua pienezza.

Quindi, come hai detto tu, esiste quasi una sorta di divina ossessione per aggiustare la tua manifestazione. Questo è il paradosso. E tenere in mente queste due realtà è difficile per chiunque abbia una realizzazione non-duale. È come creare una statua bellissima e poi cominciare a colpirla con un martello perché non te ne piacciono alcune parti. Noi manifestiamo questo straordinario universo e poi ci lagniamo di alcune sue parti, cercando di aggiustarle. Ma questo è il gioco. Questo è lo straordinario paradosso di questa cosa. E io penso che una delle prime cose che devi fare è sintonizzare quel veicolo individuale con il resto del processo della manifestazione, e questo implica un mutamento dinamico e costante. E nella misura in cui ti trattieni o eviti di fare ciò, non sei nel Sé (con la S maiuscola). Stai nell’ego, spaventato da questo e da quello.

Andrew Cohen: Esattamente. Precisamente. Essere davvero nel Sé vorrebbe dire vivere in modo tale da abbracciare totalmente, completamente e assolutamente il processo-vita.

Ken Wilber: Sarebbe certamente un bel giorno!

Andrew Cohen: Di sicuro. Come insegnante, è per me interessante continuare a osservare, nei miei studenti, come la tendenza naturale della maggior parte degli individui (ma questo è ancora più vero in un collettivo) sia l’omeostasi. Voglio dire, una cosa è riuscire a far sì che un individuo abbandoni ciò che gli impedisce di cominciare ad abbracciare la vita con quella totalità di cui hai appena parlato; un’altra cosa, infinitamente più complessa, è far accadere lo stesso in un collettivo. Di fatto, è quasi impossibile, ma spero che non lo sia del tutto.

Ken Wilber: A proposito di ciò che stai dicendo, una delle cose che riformulerei in modo leggermente diverso è che sì, l’omeostasi è una forte tendenza nell’individuo, ma esiste anche un’altra tendenza, ugualmente forte, e questa è Eros o Agape: la tendenza che, in un modo o nell’altro, ti porta al di là di te stesso. E quello che ti sento dire è che spesse volte segui la spinta espansiva, ma poi è come se dicessi: “OK, ho fatto abbastanza. Basta! È tempo di contrarsi. Allontanati da me!”.

Andrew Cohen: Esattamente. È tempo di crogiolarsi nell’autocompiacimento.

Ken Wilber: “Hey, mi sono espanso di due centimetri, adesso non rompere più il cazzo!”

Andrew Cohen: Giusto. “L’ho fatto, l’ho fatto”. Sai, è dura per le persone comprendere che in verità non potranno mai averlo fatto. Non accadrà mai… Non se lo faremo davvero!

Ken Wilber: Beh, l’intero processo spirituale, come sai, è finalizzato a lasciare striature su tutto l’ego. Questo è il vero punto. Ed è tanto piacevole quanto partorire un bambino.

Andrew Cohen: Beh, non credo che al giorno d’oggi la gente sia molto interessata alla morte dell’ego.

Ken Wilber: Oh no, in nome del cielo! Questo provocherebbe emarginazione, sarebbe crudele, cattivo e non onorerebbe la pluralità degli esseri umani!

Andrew Cohen: Ken, c’è una situazione interessante di cui sono diventato consapevole durante questa indagine sull’evoluzione e il suo rapporto con l’illuminazione. Da un lato, oggi esistono molte persone che si infiammano in nome dell’evoluzione, e questo è fantastico, perché tale passione si esprime sempre, in un modo o nell’altro, in un ispirato interesse verso la salute e il benessere del mondo in via di sviluppo. Ma poiché il loro interesse non è rivolto anche al trascendente, a quel mistero che si trova al di là del mondo, spesso essi non sembrano molto consapevoli di ciò che io definirei il sacro. Dall’altro lato, per molte persone appartenenti alle tradizioni non-duali, sinceramente appassionate alla trascendenza e per le quali l’illuminazione della propria consapevolezza è una questione di primaria importanza, il benessere del mondo in via di sviluppo non sembra una questione importante.

Ken Wilber: Giusto. E questo è un altro aspetto del tema che stiamo affrontando. Si tratta ancora una volta di una nozione semplicistica, ma il samsara, il nirvana e la loro non-dualità esistono. E talvolta, ironicamente, le persone che hanno, diciamo, una profonda e accurata comprensione del samsara, e sono nobilmente motivate all’interno del samsara, possono essere più utili al mondo di coloro che si limitano a cercare il nirvana, anche se quest’ultimo, in un certo senso, potrebbe essere uno stato più elevato. Ed è molto strano vedere persone che non sono in contatto con il sacro fare un ottimo lavoro nel mondo, mentre coloro che professano di essere in contatto con il sacro fondamentalmente ignorano, denunciano o rinunciano al mondo, in tal modo accrescendone le sofferenze.

Andrew Cohen: Che mondo folle! Sai, è difficile sapere dove siamo davvero diretti, ma quando certe tradizioni parlano degli stadi più elevati dell’evoluzione umana, spesso sembrano fare riferimento a una sorta di assoluta trascendenza e di controllo della forma fisica. Alcune definiscono ciò come il conseguimento del “corpo luminoso”. Le tradizioni yogiche, tibetane e cristiane sono tutte variazioni di questo concetto. Pensi che sia davvero possibile, come affermano alcuni, conseguire attraverso la pratica spirituale quello che viene chiamato “il corpo di luce”, e grazie a ciò avere un tale controllo sul mondo fisico da poter letteralmente governare le proprie cellule?

Ken Wilber: Beh, io penso, come è spesso il caso in queste faccende, che in quello che hai detto ci sia un seme, o molti semi, di verità. Ma penso anche che ancorate a queste cose ci siano inevitabilmente diverse fantasie, speranze, desideri e paure. Da un lato, dietro la nozione di corpo luminoso vi sono alcune cose positive, ma per approfondirle occorrono, per così dire, delle complicate psicologie e ontologie dell’esoterico. Il modo più semplice per affrontare l’argomento è dire che quando il “dharmakaya”, o il vuoto, infonde la “rupakaya”, o la forma, di libertà estatica e gioiosa, quella stessa forma tende ad assumere una qualità trasparente o luminosa. E questa è un’altra variante dell’idea generale della non-dualità: le cose che vengono ritenute “spirituali” e appartenenti a qualche altra dimensione “superiore” possono, in realtà, essere presenti in questo corpo materiale, trasfigurandolo. In questo, sotto molti punti di vista, c’è molta verità, e penso che dobbiamo onorare tale verità. Dall’altro lato, questa nozione è fatta su misura per fantasie egoiche di onnipotenza. E le tradizioni yogiche non ne sono immuni. Cioè, una parte dello yoga era davvero ciò che potremmo chiamare uno yoga “superiore”, ovvero la realizzazione del sé trascendente, come nelle arti marziali, i cui livelli superiori erano spesso infusi delle conoscenze zen sulla non-azione, la spontaneità e la non-mente, da praticare nel mezzo del combattimento. Ma una vasta parte della tradizione yogica, quella “inferiore”, per così dire, era fondamentalmente paura egoica e controllo dei processi naturali. Per cui, esiste davvero l’idea che se sei totalmente illuminato, puoi controllare totalmente il samsara. Ma questo non ha molto senso.

Andrew Cohen: Sai, quando insegnavo a Bodhgaya, in India, ho incontrato molti tibetani, e tutti, quasi senza eccezioni, erano convinti che una persona completamente illuminata era non solo onnipotente e onnisciente, ma anche incapace di soffrire a qualsiasi livello, incluso quello fisico.

Ken Wilber: Esiste uno strano miscuglio tra l’antico ideale della via meramente ascendente del “nirvikalpa” o del nirvana, e l’ideale tantrico della non-dualità. La tendenza classica, sia nei sutra di Patanjali che nella tradizione Theravada, è davvero quella di accedere a tale cessazione immanifesta. E in quello stato è possibile non provare alcun dolore. Letteralmente, non esiste sofferenza. Ancora una volta, è qualcosa di molto simile allo stato di sonno profondo e senza sogni in cui la gente si immerge ogni notte. Non esiste dolore, ego, sofferenza ecc. Tutto ciò è molto affine allo stato nirvanico. E se riesci a fare ciò consapevolmente, puoi fare quello che hanno fatto alcuni monaci vietnamiti: cospargerti di benzina, darti fuoco e non sbattere mai le palpebre. Questo è “nirvikalpa”; non è la non-dualità. La parte spiacevole della realizzazione non-duale è che non diventi meno sensibile al dolore, ma più. Infatti, non puoi evadere nel “nirvikalpa”. In ogni situazione resti un testimone, e quindi noti tutto ciò che accade, momento dopo momento. Ciò vuol dire dolore, sofferenza, ferite ecc. Semmai, percepisci tutto ciò con più intensità, perché non esistono filtri. Non esiste protezione egoica. È impossibile dire: “OK, fine. Dov’è la morfina?”. Quindi, anche questa parte è paradossale, perché il dolore sorge in un mare di estasi, senza andarsene. Per cui, la nozione che l’illuminazione totale sia il controllo egoico delle proprie cellule non funziona, penso!

Andrew Cohen: Sai, nella tradizione dello yoga integrale di Sri Aurobindo, che di sicuro afferma di integrare l’illuminazione e l’evoluzione in un modo che poche vie non-duali hanno tentato precedentemente, sembra che si parli molto di questo genere di cose. Parlano letteralmente dell’«illuminazione delle cellule» come dell’espressione più elevata dell’evoluzione spirituale.

Ken Wilber: Lo so. Pensano che la vera “discesa della supermente” sia una trasfigurazione in un corpo fisico di luce. Francamente, penso che si tratti di un’immagine preliminare dello stadio di non-dualità incarnazionale che sta emergendo, e credo che tra cento o mille anni, esso avrà una forma completamente diversa. Sai, forse vivremo all’interno di fibre ottiche, e tutta la nostra consapevolezza non sarà altro che dei luminosi pezzettini digitali sparpagliati per l’eternità. Non conosciamo quale sarà la sua forma. Penso che questa sia solo un’immagine illuminata di ciò cui un “rupakaya”, trasformato e imbevuto di “dharmakaya”, assomiglierà. Ma è solo una possibilità, e penso che con il progredire dei decenni e dei secoli avremo delle conoscenze molto migliori. Non sono sicuro che avverrà esattamente quello che pensava Sri Aurobindo, ma potrebbe anche essere. Sto solo dicendo che sarebbe interessante vedere cosa si svilupperà davvero nel mondo della forma.

1: Nella filosofia di Sri Aurobindo, la “supermente” indica una forza dinamica e un piano di consapevolezza superiori alla mente che sperimenta l’Unità Assoluta di tutta l’esistenza all’interno della sfera della diversità, e che libera un grande potenziale trasformativo quando discende nel mondo manifesto.
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Ken Wilber. Grazia e grinta. La malattia mortale come situazione di crescita. Cittadella. 1995. ISBN: 8830805688

Ken Wilber. Lo spettro della coscienza. Crisalide. 1993. ISBN: 8871830261

Ken Wilber. Oltre i confini. Cittadella. 1991. ISBN: 8830802603

Aurobindo. La sintesi dello yoga. Vol. 1. Astrolabio. 1969. ISBN: 8834002164

Aurobindo. La vita divina. Mediterranee. 1998. ISBN: 8827212396

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Ken Wilber, Jack Engler, Daniel P. Brown. Transformations of Consciousness: Conventional and Contemplative Perspectives on Development. New Science Library. 1986. ASIN: 0394555376

Ken Wilber. A Brief History of Everything. Shambhala. 2001. ISBN: 1570627401

Ken Wilber. A Sociable God : Eye to Eye. Shambhala. 1999. ISBN: 1570625034

Ken Wilber. A Theory of Everything: An Integral Vision for Business, Politics, Science and Spirituality. Shambhala. 2001. ISBN: 1570628556

Ken Wilber. Integral Psychology : Consciousness, Spirit, Psychology, Therapy. Shambhala. 2000. ISBN: 1570625549

Ken Wilber. Sex, ecology, spirituality. Shambhala. 1995. ISBN: 1570627444

Ken Wilber. The Atman Project: A Transpersonal View of Human Development. Quest Books. 1996. ISBN: 0835607305

Ken Wilber. The Eye of Spirit: An Integral Vision for a World Gone Slightly Mad. Shambhala. ISBN: 1570623457

Ken Wilber. Up from Eden : The Atman Project. Shambhala. 1999. ISBN: 1570625026

Andrew Cohen. Enlightenment Is a Secret: Teachings of Liberations. Moksha Press. 1995. ISBN: 1883929083

Andrew Cohen. Living Enlightenment: A Call for Evolution Beyond Ego. Moksha Press. 2002. ISBN: 188392930X

Andrew Cohen. My Master Is My Self: The Birth of a Spiritual Teacher. Moksha Press.1995. ISBN: 1883929075

Copyright originale “What is Enlightenment” magazine www.wie.org
Traduzione di Gagan Daniele Pietrini.
Copyright per l’edizione italiana: Innernet.

One Response to “L’evoluzione dell’illuminazione, parte 2”

  1. aseem ha detto:

    Beh,
    oggi era una giornata come tante in cui navigavo in rete vagabondano senza fare quello per il quale ero entrato ed eccomi questi due articoli che mi hanno incollato allo schermo… Qui c’è una coda ora dietro di me….ecco perchè sono in rete!!
    Beh, che dire dopo tutto quello esposto qui sopra? Grazie. Grazie ai due oratori e a chi a reso possibile questa pubblicazione.
    Questi concetti si stanno manifestando in me da un paio di anni e trovare qualcuno che li esprime con tale chiarezza è sorprendentemente dolce -anche se al mio ego l’idea di no essere il primo ed il solo depositario no fa così sorridere…-
    Mi infonde ad ogni modo coraggio e fiducia nel continuare su questa strada e magari a cominciare a diffondere quello che mi è passato in qeusti anni e continua a succedere evolvendosi.

    Ciao

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