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wilber cohen.jpgAndrew Cohen, insegnante spirituale e Ken Wilber, il più noto filosofo integrale del mondo, si incontrano, “guru” e “pandit”, cuore a cuore e mente a mente, per tracciare il profilo di una nuova spiritualità, pienamente contemporanea.

Dialogo tra Andrew Cohen e Ken Wilber

Andrew Cohen, insegnante spirituale e Ken Wilber, il più noto filosofo integrale del mondo, si incontrano, “guru” e “pandit”, cuore a cuore e mente a mente, per superare i limiti della loro (e nostra) esperienza e comprensione, e per tracciare il profilo di una nuova spiritualità, pienamente contemporanea.

Il termine pandit non è solo una strana pronuncia di “pundit”, parola che in inglese indica i caustici intellettuali dalla battuta pronta che affollano l’etere. Un pandit autentico è uno studioso; non qualcuno che si isola in una torre di avorio, ma una persona profondamente preparata e immersa nella saggezza spirituale. Quindi, stiamo ricorrendo all’antico significato sanscrito di “pandit” e, per quello che conta, di guru, come punto di partenza per un’interazione che ha il potenziale di trascendere e includere (per usare una tipica espressione wilberiana) il vecchio, facendoci entrare in qualcosa di radicalmente nuovo.

Per cui, mentre recuperiamo e trascendiamo gli antichi termini spirituali, proviamo a guardare con occhi nuovi la figura del guru, che in sanscrito vuol dire letteralmente colui che scaccia le tenebre, una persona che insegna la liberazione spirituale grazie alla sua esperienza o realizzazione diretta. Andrew Cohen ha cercato di portare alla luce il senso e il significato dell’illuminazione per la nostra epoca. E Andrew, cosa che qualcuno dei nostri lettori potrebbe ignorare, ha lottato contro l’avversione del mondo postmoderno per l’idea di autorità, abbracciando le esigenze tradizionali del principio del guru e facendosi campione della relazione studente-insegnante come di una “partnership” radicale per l’evoluzione umana. Fieramente indipendente, Andrew sta creando dalla sua esperienza una nuova spiritualità – che egli chiama l’«illuminazione evolutiva» – basata sul misticismo profondo delle tradizioni orientali dell’illuminazione e sulla passione occidentale per il potenziale evolutivo collettivo e individuale dell’umanità.

Ken Wilber dice spesso: “Sono un pandit, non un guru”. La nostra rivista ha già avuto l’onore di pubblicare le sue bellissime e ardenti parole, espressione della saggezza di un pandit autentico che ha infiammato i nostri cuori e affinato le nostre menti, portandoci a riflettere profondamente sulla vita umana in generale e stimolandoci a raggiungere profondità più grandi. Per usare le parole di Ken, “un pandit è un praticante spirituale che ha anche un’inclinazione per l’accademico, lo scolastico o l’intellettuale, e quindi diventa un insegnante del Divino, una persona atta ad articolare e difendere il dharma, un samurai intellettuale”. Vero e proprio guerriero della parola, egli ha scritto più di diciotto volumi (ed è stato tradotto in più di venti lingue) in cui trova espressione la sua “teoria del tutto”, in continua evoluzione. In un’epoca in cui la frammentazione e il relativismo postmoderni portano l’accademia contemporanea pericolosamente vicino al nichilismo, la voce indipendente di Ken chiede a gran voce una sintesi integrale, sana e profondamente spirituale tra i modelli orientali di trascendenza e la filosofia e la psicologia evolutiva occidentali.

Cosa accadrebbe, ci siamo chiesti, se questi due idealisti senza paura e lontani dai compromessi si incontrassero per parlare del futuro di Dio? Quello che è accaduto, come vedrete, è un entusiasmante esempio dell’alchimia che può avere luogo grazie a un dialogo aperto e autentico. Andrew e Ken – il guru del terzo millennio e il pandit del ventunesimo secolo – in bilico tra passato e futuro, cavalcano la nuova onda spirituale interrogandosi sull’evoluzione dell’illuminazione stessa.

Andrew Cohen: Non ho mai avuto un interesse particolare per l’evoluzione. All’inizio, dopo il mio risveglio nel 1986, insegnavo nello stesso modo in cui il mio insegnante aveva insegnato a me. Questa era la mia esperienza: che tutto era semplicemente così come era. Non c’era nessun posto dove andare e niente da fare. In quell’insegnamento, tutto quello che occorreva fare era comprendere questo. Inizio e fine della storia. In realtà, all’epoca ero tanto sicuro di questo insegnamento che mettevo seriamente in dubbio qualsiasi dottrina che implicasse il tempo, il futuro o il divenire. Diffidavo anche di ogni insegnante che dicesse di fare qualcosa che implicasse il futuro, il tempo e il divenire.

Dopo un po’, tuttavia, ho cominciato a notare che nonostante il fatto che molti miei studenti avessero avuto esperienze di risveglio molto potenti, nella maggior parte dei casi si perdevano ancora, a volte, nel narcisismo, nell’avidità e in ossessioni nevrotiche. Erano smarriti in impulsi meschini e profondamente condizionati.

Quindi, ho cominciato a fare sempre più attenzione al bisogno di trasformare veramente l’essere umano. Trasformarlo affinché diventasse un’espressione vivente del vuoto e della purezza di motivi che si scoprono nell’esperienza spirituale. Per cui, ho gradualmente cominciato a mettere più attenzione sullo sviluppo della capacità di personificare e manifestare quella bellezza, perfezione e integrità in quanto costituenti la nostra umanità, piuttosto che sulla sola esperienza estatica del puro Essere.

Dunque, questo è stato l’inizio. Poi, dopo qualche anno, nel mio insegnamento è cominciato a emergere qualcosa di nuovo. E la prima volta che ne sono diventato consapevole è stato quando ho cominciato a tenere ritiri in India. Una mattina, mentre tenevo un discorso, qualcosa è semplicemente esploso in me. Non sapevo da dove venisse. Una passione sfrenata è sgorgata spontaneamente da me, chiedendo che questo miracolo, questo mistero al di là del tempo si manifestasse in questo stesso mondo come noi stessi. Essa ha scioccato e ispirato molte persone, e ha scioccato e ispirato anche me. Ciò è avvenuto più di dieci anni fa.

E col tempo, ho cominciato a comprendere sempre di più che questa passione è in realtà una passione per qualcosa di più che la semplice illuminazione nel senso tradizionale od orientale, che vuol dire un’elevazione verticale, l’uscita dalla ruota del divenire e l’assoluta trascendenza di questo mondo, senza lasciare tracce. Ciò che enfatizzo, oggi, è radicalmente diverso. Adesso lo scopo, per quanto possa sembrare audace, è non solo trascendere il mondo, ma trasformarlo, diventare un agente dello stesso impulso evolutivo. Di fatto, nell’arrendere il proprio ego a questo, ci si sente letteralmente inondati da un’energia luminosa e divina, oltre che da una passione per la trasformazione del mondo e dell’universo intero per una causa che non ha nulla a che fare con se stessi.

Questo cambiamento di atteggiamento, molti anni fa, è stato anche uno dei motivi per cui mi sono allontanato dal mio insegnante. Ogni volta che egli mi sentiva dire che c’era qualcos’altro da fare oltre a uscire dalla ruota del divenire e semplicemente ESSERE, pensava che stavo corrompendo e alterando i suoi insegnamenti. Quindi, a un certo punto, ho concluso che dovevano esserci diversi tipi di illuminazione, diversi tipi di risveglio, che di fatto portavano a risultati diversi.

Alla fine, ho cominciato a chiamare questo insegnamento illuminazione evolutiva o illuminazione evolutiva impersonale. In tale insegnamento, l’enfasi non è solo sulla realizzazione del vuoto e del puro Essere, ma anche sul bisogno di diventare un essere umano radicalmente e profondamente trasformato, in grado di manifestare nel mondo il nostro potenziale evolutivo più elevato. In precedenza non mi ero mai imbattuto in qualcosa del genere. Solo recentemente, grazie alle inchieste del nostro giornale, ho conosciuto gli insegnamenti di Sri Aurobindo e Teilhard de Chardin, nei quali ho cominciato ad avvertire un’eco della mia passione: la passione per l’illuminazione evolutiva, per il risveglio alla verità di ciò che siamo, avendo poi il coraggio di permetterci di sperimentare l’urgenza che la rende manifesta in questo mondo con tutto il nostro essere.

Per cui, volevo cominciare la mia conversazione con te da questa domanda: cos’è l’illuminazione? Penso che sia una questione importante, perché oggi moltissime persone si interessano alla spiritualità. E credo, strano a dirsi, che la nozione tradizionale di illuminazione non sia adeguata ai bisogni del mondo in evoluzione nel quale viviamo.

Ken Wilber: Sono fondamentalmente d’accordo con tutto ciò che hai detto; ho solo una prospettiva diversa, ovviamente, su alcuni punti. Hai accennato a molti concetti importantissimi. Forse potremmo cominciare dall’ultimo, quello sui diversi tipi di illuminazione. All’inizio, questa potrebbe sembrare un’idea strana, perché l’illuminazione è evidentemente onnicomprensiva, eterna, onnipervasiva, immutevole, atemporale ecc., ed è difficile immaginare due modalità diverse di una qualsiasi di queste qualità. Ma in realtà, anche nella tradizione si trovano almeno due concezioni fondamentali e molto diverse dell’illuminazione. Una era prevalente durante il periodo assiale, all’incirca dal 2000 a.C. al 100 d.C. Probabilmente, essa ha trovato la sua espressione migliore nella prima tradizione buddista, quella Theravada, soprattutto nel concetto di nirvana o “nirvikalpa”, che di base indica l’immersione in una dimensione senza forma, dove non esistono manifestazioni e non sorgono oggetti. È uno stato di consapevolezza profondamente libero dal mutamento, il tempo, lo spazio, l’io e l’inquietudine. L’analogia classica, per coloro che non hanno avuto tale esperienza, è il sonno profondo senza sogni. Entri in uno stato di consapevolezza priva di forma. Tale stato di nirvana veniva ritenuto la forma più elevata di realizzazione e si pensava che fosse totalmente separato dal samsara. Il mondo del vuoto era completamente distinto da quello della forma. Il vuoto era trascendente e privo di tempo, mentre la forma era temporale: sofferenza, dolore, illusione ecc. E lo scopo, senza dubbio, era uscire dal samsara, “dalla ruota”, per accedere al nirvana.

Penso che la vera rivoluzione spirituale sia avvenuta intorno a quell’epoca, grazie in particolare al genio di Nagarjuna, in oriente, e di Plotino, in occidente. Quello fu l’importante passo in avanti verso ciò che potremmo chiamare l’illuminazione o la realizzazione non-duale, che è una comprensione profonda del nirvana, o del vuoto, dell’eterno e del trascendente. Ma è anche un’unione, perché è una realizzazione sposata all’intero mondo della forma, al mondo del samsara. Per cui, l’idea delle tradizioni non-duali non era che accedevi a uno stato di cessazione privo di manifestazioni e di forme, ma che quell’assenza di forme o quel vuoto erano una cosa sola con tutte le forme esistenti, momento dopo momento. E quello stato non-duale, o “sahaj”, era, in un certo senso, sia il fondamento del voto del bodhisattva sia l’inizio delle tradizioni tantriche. L’idea era che il mondo del samsara e del nirvana dovevano in qualche modo procedere mano nella mano; altrimenti, il tuo essere non era davvero pieno, completo o, se preferisci, integro.

Quindi, è ancora vero che il “dharmakaya”, o il vuoto, o la dimensione perfettamente priva di forma non rientrano nel flusso del tempo. Ma, d’altro canto, questa è solo mezza verità. L’altra metà è che il flusso del tempo, il mutamento, l’evoluzione, lo svolgimento, la trasformazione esistono. E la chiave autentica di questa discussione, penso, è comprendere che l’unico modo per realizzare permanentemente e completamente il vuoto è trasformare, evolvere o sviluppare il tuo veicolo nel mondo della forma. I veicoli che vogliono realizzare il vuoto devono essere adeguati al compito. Questo significa che vanno sviluppati; devono essere trasformati e resi idonei alla realizzazione spirituale. Questo significa che il trascendente e l’immanente devono, per così dire, insaporirsi l’uno dell’altro.

Andrew Cohen: Nel veicolo?

Ken Wilber: Esattamente.

Andrew Cohen: Quindi, stai affermando che il veicolo va perfezionato.

Ken Wilber: Sì. Talvolta, quello che accade è che le persone si immergono, per così dire, nel vuoto. Sperimentano una realizzazione radicale di questa consapevolezza infinita e priva di confini che è la loro identità. Ma in seguito, come stavi dicendo, la realizzazione si affievolisce e le persone ritornano nello stesso veicolo egoico. Sono lo stesso io contratto, e non sanno cosa è successo. Tuttavia, non vogliono cominciare una pratica autentica o fare sforzi per rendere il loro veicolo capace di trattenere quella realizzazione in modo più pieno e duraturo. Questa è una disgrazia perché in quel caso, come hai detto, essi si stanno separando dal mondo del tempo, rifiutandosi di entrare in esso e di fare ciò che è necessario per diventare un veicolo trasparente dell’eterno.

La cosa più bella di una realizzazione integrale o non-duale è che fondamentalmente dobbiamo lavorare su entrambe le dimensioni. Dobbiamo affinare la nostra capacità, in un certo senso, di realizzare completamente il vuoto, momento per momento. Ma è il vuoto di tutte le forme quello che sorge momento per momento. Quindi, dobbiamo abbracciare radicalmente il mondo del samsara, come il veicolo e l’espressione del nirvana stesso. Sfortunatamente, penso che hai ragione anche quando affermi che la maggior parte delle scuole non è all’altezza di ciò.

La gente tende a sbagliare da una parte o dall’altra dell’equazione. O si immerge totalmente nel samsara e nel dominio sensorio-motorio (la natura è spirito, qualsiasi oggetto manifesto viene interpretato come spirito ecc.), o si immerge nella dimensione senza forma della cessazione. Ma io penso che ciò che interessa a noi – di certo, ciò di cui tu e io stiamo parlando – è una realizzazione che includa sia il vuoto sia la forma. E lasciami aggiungere che l’evoluzione accade nel mondo della forma, non in quello del vuoto. Ciò vuol dire che l’evoluzione è metà dell’equazione. E quindi, se non ti impegni a portare avanti l’evoluzione, non stai realizzando pienamente il vuoto che sei.

Andrew Cohen: Fantastico. Adesso vorrei spingermi oltre. Infatti, nella tua descrizione della concezione non-duale in cui questa distinzione tra nirvana e samsara scompare, in tale interpretazione dell’illuminazione (almeno per quello che posso vedere), l’idea è ancora raggiungere la liberazione da questo mondo, andarsene da qui.

Ken Wilber: Capisco.

Andrew Cohen: OK, quindi sto analizzando la domanda “Che cos’è l’illuminazione” in relazione al mondo del tempo e del divenire. Quello che sto cercando di isolare è ciò che chiamo l’«impulso evolutivo». Come ho detto prima, si tratta di una misteriosa ed estatica compulsione a trasformare il mondo. Ebbene, questa compulsione è diversa, io credo, da quella che viene tradizionalmente associata al voto del bodhisattva. Infatti, almeno secondo me, il bodhisattva è qualcuno che vuole restare indietro il tempo sufficiente a liberare tutti gli esseri senzienti da questo mondo. In altre parole, per aiutarli a uscire da qui. Ma nell’estatico impulso evolutivo di cui sto parlando, la liberazione viene in realtà scoperta attraverso la resa a questo imperativo di evolversi nel mondo.

Ken Wilber: Non attraverso l’uscita da esso.

Andrew Cohen: Giusto. In questa interpretazione dell’illuminazione, tutta la consapevolezza e l’energia vengono usate al servizio della creazione stessa, al di là dell’ego. In altre parole, il proprio veicolo va usato per questo grande e impegnativo scopo. E la propria illuminazione, la propria quotidiana liberazione estatica viene scoperta e sperimentata direttamente e consapevolmente solo attraverso una resa profonda e perfetta a tale scopo. Quindi, almeno nel caso ideale, se una cosa del genere è possibile, non restano motivi egoici e si è costantemente infiammati per una causa che possiamo afferrare solo parzialmente, diciamo, perché il suo culmine esiste sempre nel futuro.

Ken Wilber: OK, sì, concordo col senso generale di ciò che stai dicendo, ma vorrei formularlo in un altro modo. Come ho già detto, nelle primitive religioni assiali che enfatizzavano la pura e semplice ascesi, trascendenza e cessazione, avvenne un grande cambiamento. Questo cambiamento (verso le tradizioni non-duali) fu epocale, perché il vuoto non era più separato dalla forma. Come recita il Sutra del cuore, il vuoto non era distinto dalla forma, e la forma non era distinta dal vuoto. Ebbene, questo mutamento, che ha condotto al Mahayana e alla fine al buddismo Vajrayana, fu importante, perché indicava una comprensione profonda che era diversa da quella delle principali religioni esistenti in precedenza. La prima di tali religioni riteneva che il mondo del samsara fosse lo spirito. Questa, fondamentalmente, non è altro che l’immersione nella pura e semplice manifestazione della pura e semplice natura. Poi venne il periodo assiale, che diceva: “No, il trascendente è la sola realtà spirituale. L’unica realtà è ciò che è ascensionale, al di là del tempo”. Ma il non-duale diceva: “Aspettate un attimo, avete ragione entrambi. Quello che dobbiamo fare è trovare un modo per conciliare le vostre idee”.

Ebbene, l’originale voto del bodhisattva recitava: “Faccio voto di raggiungere l’illuminazione al più presto, per il beneficio di tutti gli altri”. Infatti, come era solito sottolineare Kalu Rinpoche: “Idiota, se rimandi la tua illuminazione, come puoi salvare qualcuno?”. Questo si è evoluto nella concezione tantrica. Entrambi avevano in comune, almeno implicitamente, la nozione che il nirvana e il samsara, il vuoto e la forma, il senza tempo e il mondo del tempo, l’essere e il divenire, erano parte di una realizzazione integrale. Ed entrambe quelle componenti vanno abbracciate. Ora, penso che hai ragione, in un certo senso, quando sostieni che le tradizioni non sono sempre state all’altezza di ciò. E penso anche che esiste un altro significato, o una comprensione più profonda, della realizzazione non-duale, che implica un impulso evolutivo nel mondo della forma in evoluzione.

Andrew Cohen: Sì, questo è ciò di cui sto parlando!

Ken Wilber: E penso che il motivo per cui questo è vero si può trovare in ciò che abbiamo appena detto: un sapiente – diciamo di mille anni fa – poteva avere una profonda realizzazione del “dharmakaya” o del puro vuoto – una profonda realizzazione del “nirvikalpa samadhi” – e poi anche una profonda esperienza di unione con tutte le forme. Per cui, questo sapiente avrebbe avuto una realizzazione tanto del vuoto quanto del mondo della forma, comprendendo che essi erano intrinsecamente la stessa cosa. Sorgono momento dopo momento come il vuoto di tutte le forme che stanno nascendo estaticamente. Ciononostante, quel sapiente perfettamente illuminato, nel senso “sahaj”, nel senso non-duale, poteva essere tutt’uno solo con il mondo della forma esistente al suo tempo. E in quel mondo della forma non esistevano le conoscenze che oggi abbiamo riguardo lo stesso mondo della forma.

Andrew Cohen: Vuoi dire riguardo l’evoluzione?

Ken Wilber: In particolare, riguardo l’evoluzione: la sua natura esatta, cosa significa davvero, cosa accadrà nel mondo della forma. Nel mondo della forma stiamo osservando una tendenza innegabile verso livelli di differenziazione, integrazione, complessità e unificazione sempre maggiori. E questa è una comprensione profonda, perché vuol dire che il nostro veicolo nel mondo della forma sta diventando più trasparente ai processi che sono nel mondo della forma. Ciò cambia tutto. Non importa quanto profondamente fosse illuminata una persona mille anni fa: il mondo della forma non includeva quella comprensione. Quindi, essa non faceva parte della loro realizzazione, anche se la loro realizzazione del vuoto era completa esattamente quanto può esserlo la nostra oggi, poiché il vuoto è il vuoto, non cambia, non ha parti in movimento ecc. Quindi, non stiamo togliendo nulla al sapiente che ha vissuto mille anni fa. Tuttavia, abbiamo una cosa in più rispetto lui: noi siamo vivi adesso. E tra mille anni, la gente guarderà il nostro mondo della forma e riderà istericamente per quanto eravamo idioti. Ma, nel frattempo, dobbiamo continuare a incorporare in questo mondo della forma il vuoto radicale, e il risultato è, sì, un tipo di vuoto evolutivo. Oppure di “illuminazione evolutiva”, sicuro.

Andrew Cohen: E in questa illuminazione evolutiva, l’elemento importante, almeno a mio parere, è arrendersi a una compulsione illuminata a partecipare con tutto il cuore al processo evolutivo, per il bene dell’evoluzione stessa. L’illuminazione evolutiva è tutta qua. Non si tratta semplicemente di conseguire la liberazione o la personale trascendenza di questo mondo.

Ken Wilber: Sì, sono d’accordo.

Andrew Cohen: Ed è questo cambiamento di accento ciò che in realtà sto evidenziando. È questo cambiamento che in ultima analisi è importante, secondo me, per definire l’illuminazione nella nostra epoca. Infatti, oggi tantissime persone si chiedono che cos’è e cosa significa l’illuminazione, ma nel novanta per cento dei casi (se non di più) si sentono rispondere che essa è la trascendenza, la trascendenza individuale. E anche se di solito questa risposta è accompagnata da un’esortazione all’altruismo e alla compassione, non siamo quasi mai di fronte a quella sbrigliata passione rivoluzionaria per la trasformazione totale del mondo, che sorge nel cuore spirituale quando quest’ultimo viene davvero liberato dal mondo. Cioè, molto spesso l’illuminazione è una sorta di strano miscuglio tiepido, composto da antiche nozioni sull’illuminazione e da idee emotive di stampo “new age” sulla compassione. Di certo, essa non viene dall’autentico fuoco della liberazione.

Ken Wilber: Abbiamo anche uno stranissimo miscuglio di questi tre fondamentali orientamenti religiosi. Uno è l’immersione pagana nel samsara; un altro è la fuga idealista e trascendentale nel mondo della cessazione immanifesta; e il terzo è una sorta di non-dualismo che include i due precedenti. E la realizzazione non-duale, nel mondo di oggi, assume necessariamente la forma della non-dualità evolutiva. Talvolta, la gente è infastidita dalla nozione di evoluzione. Pensa: “Tutte queste fesserie sugli stadi evolutivi, non ci credo. Si creano gerarchie, emarginazione. Non mi piace”. Oppure, se la persona è incline alla spiritualità, pensa ciò che pensava il tuo insegnante, cioè che qualsiasi discussione sul mondo del tempo dimostra che non hai davvero compreso l’Essere, o l’eterno. È strano, ma la tua realizzazione non-duale viene giudicata inferiore rispetto a uno di questi stati fratturati.

Andrew Cohen: Oh, certo.

Ken Wilber: Il che è davvero bizzarro! Ma in ogni caso è comprensibile che la gente rimanga un po’ turbata dalla nozione di stadi evolutivi, o di cose che devono elevarsi sempre di più.

Andrew Cohen: Perché, Dio non voglia, forse loro devono andare ancora avanti, forse c’è qualcosa da fare qui!

Ken Wilber: Naturalmente, io non affermerei mai qualcosa di così cattivo… Ma questa è certamente una delle ragioni per cui le persone sono turbate dall’evoluzione. Comunque, penso che quando entriamo in una discussione davvero profonda sulla differenza tra gli stati e gli stadi di consapevolezza, potremo riuscire a comprendere meglio alcuni di questi argomenti.

Andrew Cohen: Questo avviene perché, come hai detto, l’evoluzione graduale verso stadi più elevati di sviluppo della consapevolezza è indispensabile per riuscire a sostenere e interpretare accuratamente l’esperienza degli stati più elevati di consapevolezza?

Ken Wilber: Sì, esattamente. Una delle ragioni per cui le persone accettano con difficoltà la nozione degli stadi o dello sviluppo evolutivo è il fatto che loro stesse hanno sperimentato stati molto profondi di consapevolezza, che talvolta sono di natura non-duale. E quindi non credono all’idea che devi in qualche modo evolverti di stadio in stadio per accedere al non-duale. Ma non è questo ciò che stiamo dicendo. Il non-duale, o il puro vuoto stesso, è lo stato onnipresente di ogni singolo stadio dello sviluppo. È totalmente presente negli atomi, nelle carote, nei cani, nei bambini, negli adulti ecc. Persino i bambini più piccoli possono avere uno stato alterato temporaneo di natura sottile, causale o non-duale, per la semplice ragione che tutti gli esseri umani conoscono la veglia, il sogno e il sonno profondo. Vedi, i tre stati principali di consapevolezza (veglia, sogno e sonno) corrispondono alle tre grandi dimensioni dell’essere (grossolana, sottile e causale). Nello stato di veglia, sei consapevole della dimensione grossolana; quando sogni, di quella sottile; nel sonno profondo, di quella causale. Il non-duale è quel testimone onnipresente che esiste attraverso tutti i mutevoli stati. Per cui, tutti gli esseri umani hanno a loro disposizione, ventiquattro ore al giorno, stati grossolani, sottili e causali. Essi hanno a disposizione ventiquattro ore al giorno anche il fondamento non-duale e onnipresente. Quindi chiunque, in qualsiasi stadio dello sviluppo, può sperimentare uno stato alterato di realtà grossolane, sottili, causali o non-duali. Ma affinché tali stati temporanei diventino tratti permanenti, occorre evolversi attraverso gli stadi di purificazione del veicolo, nella dimensione della forma, in modo che esso possa estaticamente, continuamente e permanentemente abbracciare questi stati più elevati.

Andrew Cohen: È qui che la gente incontra delle difficoltà. Infatti, come hai ben spiegato in Boomeritis, l’ego, l’io narcisista, vuole essere lasciato solo, vuole violentemente essere lasciato solo, e resiste aggressivamente all’idea di non essere già perfetto e di dover cambiare.

Ken Wilber: Esattamente. E la semplice risposta a queste persone è: “Ottimo. Se pensi davvero di essere già illuminato, sono felice per te. Se non vuoi perfezionare il tuo veicolo attraverso le trasformazioni evolutive, perché sei già estaticamente una cosa sola con il divino ventiquattro ore al giorno, sono contento per te. Ma se non è così, apri gli occhi!”.

Andrew Cohen: E saresti d’accordo nel sostenere che, grazie a tale purificazione del veicolo, si forma gradualmente, per così dire, un senso profondo del dovere o un’estatica compulsione a dare tutto il nostro cuore e la nostra energia al processo evolutivo, in modo che lo splendore liberato della nostra natura assoluta emerga come noi stessi, in questo mondo?

Ken Wilber: Assolutamente. Può essere detto molto semplicemente; ovviamente è qualcosa di molto difficile da mettere in pratica. Ma la regola fondamentale è: “riposando sul vuoto, abbraccia l’intero mondo della forma”. E il mondo della forma è in evoluzione, in sviluppo, in maturazione. Quindi, riposando sul vuoto estatico, abbraccia estaticamente e “spingi” il mondo della forma, come se fosse un dovere.

Andrew Cohen: Giusto, “spingi”. Questa è la parte importante.

Ken Wilber: Sì, assolutamente.

Andrew Cohen: Infatti, in relazione alla domanda sul significato dell’illuminazione, l’idea di “spingere” il mondo della forma, o l’inerzia del mondo, verso l’illuminazione, è una cosa che molte persone trovano troppo impegnativa e persino antitetica alla propria idea di “spiritualità”.

Ken Wilber: Di nuovo, posso capire alcune esitazioni e difficoltà in proposito. Ma penso che dobbiamo semplicemente guardare la realtà in modo molto più profondo. Osserviamo i vari tipi di stati a nostra disposizione; in particolare, osserviamo gli ultimi trenta anni, durante i quali questa generazione ha fatto molti esperimenti attraverso vie e pratiche diverse, e vediamo quali sono stati i risultati. Penso che oggi stiamo arrivando a comprendere che è necessaria una sorta di pratica integrale, ovvero una pratica che sottolinei tanto l’immanenza dello spirito, in termini di manifestazione presente, quanto la sua natura trascendente. Una pratica che sia, in un certo senso, la loro misteriosa unione: il non-duale. Ed è misteriosa: si tratta di una storia d’amore. È una storia d’amore tra Shiva e Shakti. Come tutte le storie d’amore, non capisci mai cosa sta avvenendo, ma il tuo cuore è immerso nel mistero. Il mistero è che sei radicalmente l’unica cosa che esiste in tutto l’universo, ciononostante queste forme stanno sorgendo dentro di te. E le forme più dense non sono altro, per così dire, che il tuo piede sinistro più lento. Ma devi spingere la tua stessa “densità” nel mondo manifesto per riuscire a penetrarlo con la consapevolezza che eternamente sei. È questa parte in cui si “spinge”… Se le persone non riescono a impegnarsi davvero in essa, ho paura che restano semplicemente bloccate in stati di mera quiete o cessazione, o di mera immersione nelle manifestazioni sensorie.

Andrew Cohen: Non pensi che in ultima analisi questo sia il motivo per cui siamo qui: liberarci da un’identità meramente relativa e da qualsiasi attaccamento a una prospettiva non illuminata, per poterci impegnare nel processo della vita nel modo più perfetto possibile?

Ken Wilber: Esatto, concordo pienamente. Voglio aggiungere che, come sai, l’unica possibilità di espressione che abbiamo individualmente passa attraverso questo particolare veicolo individuale a nostra disposizione. Ecco il motivo per cui vuoi migliorarlo!

Andrew Cohen: È vero. E la cosa emozionante è che, come dico spesso alle persone, quando si comprende questo, avviene una rivelazione estatica. Si scopre che l’essere esattamente ciò che già si è – non soltanto l’io eterno, ma anche la personalità incarnata e individuata, con tutto il suo retroterra storico e culturale – è il veicolo perfetto per quell’impegno totale. E in tale riconoscimento si sperimenta una liberazione estatica da tutte le vecchie preoccupazioni nevrotiche incentrate sull’io.

Ken Wilber: Penso che sia giustissimo. Una delle ragioni per cui alcuni insegnanti spirituali sembrano non comprendere cosa significhi “spingere” il mondo, è il fatto che tale spinta arriva sull’altro lato della grande liberazione. Tale radicale libertà esiste già con la realizzazione del vuoto che pervade ogni forma. Quindi, stai spingendo il mondo non perché senti che manca qualcosa, ma per un senso del dovere.

Andrew Cohen: Esattamente! E per estasi, amore e compulsione.

Ken Wilber: Proprio così. Se qualcuno dice le cose hai appena detto, la gente pensa che ti manca qualcosa. Non hai ancora realizzato…

Andrew Cohen: …o forse non sto accettando le cose così come sono. Forse ho dei desideri personali.

Ken Wilber: O forse non si sono ancora spinti in profondità nella non-dualità incarnazionale.

Andrew Cohen: “Non-dualità incarnazionale”: giusto. Ecco cos’è esattamente l’illuminazione evolutiva!

Ken Wilber: Passando alla pratica concreta, tu (come chiunque altro) sai benissimo che non si tratta di esercizi del tipo “one-step, two-step” (passo uno, passo due). In realtà, è qualcosa di molto caotico e disordinato. Alle volte sei immerso paganamente nel samsara, in altre occasioni sei assorbito nella non-esistenza Theravada. E altre volte ancora scopri le tue cellule misteriosamente, miracolosamente innamorate del vuoto e della forma allo stesso tempo. Che la tua evoluzione avvenga verso l’alto o verso il basso, per così dire, va sempre bene.

Andrew Cohen: Finché dura. E hai ragione: l’emersione estatica è qualcosa di caotico e spesso doloroso.

Ken Wilber: Sì, molto.

Andrew Cohen: Altrettanto si può dire dell’evoluzione materiale, organica. Tutto è molto caotico, come nell’evoluzione spirituale. Anche se, in ultima analisi, si tratta di un evento estatico.

Ken Wilber: Esattamente.

Fine prima parte.

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Ken Wilber. Grazia e grinta. La malattia mortale come situazione di crescita. Cittadella. 1995. ISBN: 8830805688

Ken Wilber. Lo spettro della coscienza. Crisalide. 1993. ISBN: 8871830261

Ken Wilber. Oltre i confini. Cittadella. 1991. ISBN: 8830802603

Aurobindo. La sintesi dello yoga. Vol. 1. Astrolabio. 1969. ISBN: 8834002164

Aurobindo. La vita divina. Mediterranee. 1998. ISBN: 8827212396

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Ken Wilber, Jack Engler, Daniel P. Brown. Transformations of Consciousness: Conventional and Contemplative Perspectives on Development. New Science Library. 1986. ASIN: 0394555376

Ken Wilber. A Brief History of Everything. Shambhala. 2001. ISBN: 1570627401

Ken Wilber. A Sociable God : Eye to Eye. Shambhala. 1999. ISBN: 1570625034

Ken Wilber. A Theory of Everything: An Integral Vision for Business, Politics, Science and Spirituality. Shambhala. 2001. ISBN: 1570628556

Ken Wilber. Integral Psychology : Consciousness, Spirit, Psychology, Therapy. Shambhala. 2000. ISBN: 1570625549

Ken Wilber. Sex, ecology, spirituality. Shambhala. 1995. ISBN: 1570627444

Ken Wilber. The Atman Project: A Transpersonal View of Human Development. Quest Books. 1996. ISBN: 0835607305

Ken Wilber. The Eye of Spirit: An Integral Vision for a World Gone Slightly Mad. Shambhala. ISBN: 1570623457

Ken Wilber. Up from Eden : The Atman Project. Shambhala. 1999. ISBN: 1570625026

Andrew Cohen. Enlightenment Is a Secret: Teachings of Liberations. Moksha Press. 1995. ISBN: 1883929083

Andrew Cohen. Living Enlightenment: A Call for Evolution Beyond Ego. Moksha Press. 2002. ISBN: 188392930X

Andrew Cohen. My Master Is My Self: The Birth of a Spiritual Teacher. Moksha Press.1995. ISBN: 1883929075

Copyright originale “What is Enlightenment” magazine www.wie.org
Traduzione di Gagan Daniele Pietrini.
Copyright per l’edizione italiana: Innernet.

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