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vimala thakar4.jpgUn colloquio tra Vimala Thakar e Shanti Adams sull’esistenza o meno di un percorso spirituale separato per le donne, sulle difficoltà e le sfide proprie al genere femminile. Una franca analisi dei condizionamenti legati all’altruismo, alla competizione, all’emotività e agli attaccamenti.

“Ananda, se le donne non avessero ottenuto il permesso di passare dalla vita domestica a quella senza dimora della legge e della disciplina enunciate dal Perfetto, la vita santa sarebbe durata a lungo, avrebbe resistito un migliaio di anni. Ma ora, poiché le donne hanno avuto il permesso, essa durerà solo cinquecento anni.
Come quando la sventura chiamata muffa grigia cade su un campo di riso in maturazione, quel campo di riso non dura a lungo, così, in quella legge e in quella disciplina in cui le donne ottengono il permesso, la vita santa non dura a lungo.”

Canone Pali, Vinaia, II, X.

Quando lessi per la prima volta queste parole, attribuite nientedimeno che al Buddha stesso, ricordo che mi si gelò il sangue e fui attraversata da un brivido di paura. Era come se mi fossi imbattuta in un’antica maledizione. Ma subito la mia mente corse ai ripari con una sfilza di razionalizzazioni, traendomi in salvo da quel momento di grave insicurezza esistenziale. «Deve essere stata l’epoca, l’India antica, un pregiudizio culturale. Forse allora le donne, come anche adesso, in India erano considerate inferiori, inadatte per qualsiasi ruolo che non fosse quello di moglie e madre», pensai. «Oppure il Buddha pensava che l’ingresso delle donne nella sangha, la comunità spirituale, avrebbe provocato delle tentazioni sessuali che potevano sviare, persino distruggere, l’impegno esclusivo dei monaci verso la liberazione».

Questi e altri pensieri simili riuscirono a calmare sufficientemente il mio panico. Però, siccome consideravo il Buddha un essere umano rarissimo, un individuo di incomparabile saggezza e purezza la cui illuminazione era al di là di ogni dubbio, non riuscii mai a scrollarmi di dosso un certo disagio riguardo l’intera faccenda.

Allora non me ne resi conto, ma questa esperienza fu la prima volta che mi imbattei nella questione del condizionamento femminile. Esso esiste in modo separato o diverso da quello maschile? Ed è per sua stessa natura più intrinsecamente antitetico al principio della non-dualità (e quindi più difficile da trascendere) di altre forme di condizionamento comuni all’umanità? Negli ultimi venti anni, di fatto quasi fino a oggi, la mia risposta a queste domande era inequivocabile: No.

La liberazione non dipende dal genere sessuale». Di questo ero sicura. Ma dopo aver trascorso gli ultimi dieci anni della mia vita in una comunità mista, o sangha, di persone che hanno dedicato la propria esistenza alla realizzazione e alla manifestazione della verità – una comunità spirituale dove la forza e la profondità della realizzazione si rivela, in definitiva, solo nelle proprie azioni – sono stata costretta a mettere seriamente in dubbio le mie supposizioni e ad affrontare la questione in maniera più profonda. Come risultato di ciò, nel corso degli anni sono emerse molte evidenti e fondamentali differenze tra il condizionamento maschile e quello femminile.

All’inizio, le donne si dimostravano sempre più generose e altruiste nelle faccende pratiche; per contrasto, in questo campo gli uomini sembravano generalmente più egoisti. Ma col tempo abbiamo scoperto che gli uomini, anche se spesso tendevano a essere troppo intellettuali e incapaci di contattare i propri sentimenti, sembravano capaci di considerare se stessi (inclusi i propri difetti peggiori) in modo più spassionato e obiettivo. Al contrario, abbiamo scoperto con nostra sorpresa che le donne, quando dovevano affrontare le proprie imperfezioni, trovavano estremamente difficile rinunciare all’emotività e all’autogiustificazione; sembrava che incontrassero più difficoltà a osservare le cose in modo distaccato.

Gli uomini all’inizio dovevano vedersela con uno spirito di competizione molto radicato, ma una volta superato questo ostacolo, riuscivano a stare insieme con una fiducia e un amore profondi. Invece, abbiamo scoperto che le donne, anche se convenzionalmente ritenute più inclini degli uomini alle relazioni affettuose, trovavano molto più arduo nutrire fiducia a un livello tale da permettere amore e comunione autentici, al di là della sfera personale. Col tempo, gli uomini sembravano più capaci di mettere da parte le questioni personali per elevarsi insieme verso un’elettrizzante indagine ed esplorazione dell’ignoto. Le donne, al contrario, si ritrovavano spesso cocciutamente ancorate alla dimensione personale, incapaci e restie a lasciarsi andare in modo tale da permettere loro di volare oltre il conosciuto, in dimensioni inesplorate che richiedevano l’abbandono dell’identificazione con il personale.

Man mano che accadevano queste scoperte sulle differenze tra il condizionamento maschile e femminile, cominciai ad avere la strana sensazione che forse la profezia del Buddha riguardo l’effetto delle donne sul dharma, l’insegnamento, poteva essere vera. Perché le donne, apparentemente in grado di dare ed esprimere amore con più facilità, sembrano avere più difficoltà degli uomini ad affrontare la natura impersonale e assoluta della realtà, cioè il vuoto? Perché gli uomini, apparentemente più egoisti e timorosi di essere emotivamente vulnerabili, sembrano capaci (nelle giuste condizioni) di trascendere la sfera personale in modo da permettere loro di essere profondamente insieme nel vuoto?

Quando si è presentata l’opportunità di parlare con Vimala Thakar, una donna illuminata celebre per la sua saggezza, forza e indipendenza, sapevo che dovevo chiederle se aveva mai incontrato in se stessa o nelle sue studentesse qualcuno degli aspetti profondamente radicati di quel condizionamento femminile che io e le mie sorelle dovevamo affrontare. Con mia sorpresa, durante la lunga conversazione, Vimala Thakar ha confermato quasi tutte le nostre fastidiose scoperte; tuttavia, con la forza del suo esempio straordinario, ha dimostrato che è possibile, al di là di ogni dubbio, trascenderle completamente e andare al di là di esse.

Shanti Adams: Vorrei parlare con te del rapporto tra le donne e la liberazione spirituale. Nel corso degli ultimi dieci anni, ho fatto parte di una comunità di uomini e donne studenti del maestro spirituale Andrew Cohen. Abbiamo cercato di vivere insieme, in una comunità mista, ciò che abbiamo appreso stando con lui, praticando e studiando il suo insegnamento. Inizialmente, le persone che si univano a questa comunità non assegnavano alcuna importanza al fatto di essere maschi o femmine. Per quanto mi riguarda, non mi sono mai avvicinata al femminismo; mi interessava soltanto la verità. Non sono né una femminista né un’antifemminista. Non ho dubbi sul fatto che la vera libertà trascende la nazionalità, il pregiudizio religioso e le differenze di sesso.

All’inizio, nella nostra comunità non sembravano esserci particolari differenze tra condizionamento maschile e femminile per quanto riguardava la pratica o la liberazione spirituali. Ma, col tempo, sembrano essere affiorate differenze profonde tra questi due condizionamenti. Né sembra che si tratti di casi individuali; apparentemente, ogni gruppo sessuale ha il suo specifico condizionamento.

Ti faccio un esempio. Cercare di vivere questi insegnamenti richiede un’autentica capacità di osservare distintamente – od obiettivamente – le proprie abitudini, tendenze e condizionamenti, trascendendoli o liberandosi di loro. Una cosa che sta cominciando a emergere è che le donne, spesso, hanno difficoltà ad avere quel tipo di obiettività. Per esempio, quando viene alla luce una tendenza o un’abitudine, le donne solitamente la prendono sul personale e in certi casi saranno inizialmente sulla difensiva.

Hanno la tendenza a sentirsi ferite e sembra che abbiano più difficoltà degli uomini a non farsi sviare dalla propria reazione emotiva. Gli uomini non sembrano farsi sviare altrettanto dalla paura o dall’orgoglio; pare che siano più interessati a guardare con obiettività tutto ciò che possono trovarsi di fronte. Tale tendenza a prendere le cose in modo personale, e quindi a difendere se stesse, sembra una realtà con cui si devono scontrare soprattutto le donne.

Vimala Thakar: L’oggettivazione della vita psicologica interiore è estremamente difficile per le donne.

La donna, nella storia dell’umanità, ha dovuto svolgere un ruolo. È stata moglie, madre o sorella, comunque sempre protetta dagli altri, specialmente dagli uomini. In India, la religione indù afferma che la donna va sempre protetta: durante l’infanzia dal padre, da giovane dal marito, nella vecchiaia dal figlio. Si dice che non meriti libertà. Questo è il principio fondamentale. E ho la sensazione che forse anche in altri paesi la donna ha avuto un unico ruolo da svolgere. È un ruolo secondario, protetto dal maschio, e non richiede l’essere obiettive. In quanto persona soggettiva, la donna deve sempre reagire. L’uomo deve agire, guadagnare il pane; lei ha il compito di accudire. In questo ruolo secondario, la donna non ha mai vissuto per se stessa in quanto essere umano. Ha vissuto per i genitori, il marito, i bambini, la famiglia. L’istituto della famiglia è sopravvissuto a spese della donna.

Quindi, la libertà interiore di oggettivare le proprie emozioni o percepire la situazione in modo imparziale è molto difficile per le donne, molto difficile. Per l’uomo l’oggettivazione è facile, mentre gli è difficilissimo trascendere il suo ego. La donna, grazie alla forza e all’integrità emotiva, è capace di trascendere l’ego con più facilità dell’uomo. L’uomo è in grado di oggettivare più rapidamente e velocemente della donna.

Certi limiti esistono a causa del ruolo che l’uomo e la donna hanno avuto nella storia e nella civiltà umane. La donna si ritira immediatamente nel suo guscio per proteggere le sue emozioni, le sue reazioni, ogni cosa.

Shanti Adams: Sì, lo riconosco.

Vimala Thakar: In India, alle donne è stato prescritto lo yoga della devozione, il bhakti yoga. L’identificazione con un dio, una dea, un idolo o un guru, consuma tutta la forza emotiva e la vitalità, quindi non ostacola la donna nelle altre relazioni umane. Ma non in tutto il mondo è così. E in molti luoghi l’uomo e la donna vivono insieme, cosa che in India accade raramente. Persino negli ashram, uomini e donne vivono separati. Si riuniscono solo per la preghiera e la meditazione alla presenza dell’insegnante. Fare visita l’uno all’altra o discutere insieme – cose che avvengono negli altri paesi – non è ancora ammissibile in India. Per cui, in India potrebbero non avere il problema che descrivi.

Nella tua situazione, uomini e donne sono allo stesso livello. Stanno cercando di comprendere gli insegnamenti e di vivere insieme. Quindi, dovranno vedersela con i loro diversi condizionamenti, condizionamenti che non sono stati adottati consciamente, ma vengono ereditati.

È verissimo, hai ragione quando affermi che le donne si ritirano in isolamento psicologico con grande facilità. Pensano che in questo modo possono proteggere i propri sentimenti, i propri pensieri. Ma questo è un difetto, perché tale ritiro o arretramento nel proprio guscio impedisce loro di assimilare l’essenza degli insegnamenti. Le donne devono accettare il mondo, devono accettare tutto ciò che accade nelle loro interazioni ed essere presenti.

Shanti Adams: Sì, esattamente.

Vimala Thakar: Dovranno affrontare anche l’attaccamento. Se uomini e donne vivono insieme al di fuori del contesto familiare, nasceranno i fenomeni biologici dell’attrazione e della repulsione. Non puoi ignorarli o negarli. Tale attrazione o repulsione trova espressione nella relazione. Persone dalle idee simili si sono messe insieme, la loro ricerca è uguale, ma alla fin fine, restano animali umani. L’animalità, la parte istintiva continuano a essere presenti. Questa dualità va trascesa attraverso la meditazione, però esiste. Quindi, l’uomo e la donna devono comprendere questo fenomeno dell’attrazione, riconoscendo l’esistenza dell’attrazione o della repulsione – persino l’infatuazione – senza accettarle, ma andando oltre di esse. Se non le riconosci, non puoi trascenderle. Bisogna vederle per ciò che sono, senza sentirsi in colpa, senza fare un gran chiasso definendole peccati o crimini.

Shanti Adams: Sì, precisamente. È chiarissimo. Questa, penso, è la sfida delle donne più impegnate.

Vimala Thakar: Di entrambi.

Shanti Adams: Di entrambi, esatto. Questa è la sfida, sì. È interessante, Vimalaji, quello che stai dicendo su ciò che si eredita semplicemente in virtù dell’essere protette, come hai detto. Ho pensato molto a queste cose. In occidente, anche se questa concezione sta mutando, le donne sono ancora, fondamentalmente, il sesso debole. È sempre presente la paura dello sfruttamento e di cose del genere. Mi chiedo se l’incapacità di avere fiducia, nel sento più vasto della parola, venga da ciò. Per fiducia intendo qui una fiducia fondamentale nella vita, la capacità di lasciarsi andare davvero per riuscire a vedere chiaramente le cose per quello che sono, senza difendersi istintivamente.

Vimala Thakar: Shanti, oltre alla parte ereditaria, all’eredità psicologica, considera anche il fattore biologico. Nella relazione sessuale, le donne riceve e l’uomo si impone; è qualcosa che non si può cambiare. Questo fattore biologico nella vita sessuale lascia la sua impronta nella psicologia. Il ricordo della relazione sessuale crea la psicologia maschile e quella femminile, a meno che non ci si educhi a trascendere la coscienza del sesso e quella dell’«io», dell’ego, che sono due cose che vanno insieme. Fino a quando la coscienza dell’«io» occupa una posizione centrale, non puoi evitare la coscienza del sesso, la dualità. Tale dualità non può essere negata. È impossibile respingerla o ignorarla, perché esiste.

Quindi, a parte la psicologia della protezione, un altro handicap della donna è stato il suo ruolo ricettivo. Anche esso va trasceso. E l’uomo deve andare oltre quella psicologia dell’imposizione. Ciò che vale per la sfera fisica e biologica, egli lo estende a quella psicologica. C’è come una tendenza a imporsi, a dominare, senza che egli se ne accorge; è nel suo sangue.

Dunque, solo quando andremo oltre la realtà fisica e biologica, diventerà possibile sperimentare quella non-dualità che è la sostanza della verità. Questa è una sfida per le donne e gli uomini moderni che vivono e ricercano insieme, a differenza che in India, dove ciò non avviene. Farlo mentre si vive insieme richiede molto più coraggio.

Shanti Adams: Sì, è vero.

Vimala Thakar: Mi congratulo con coloro che raccolgono queste sfide. Perché di una sfida si tratta, e senza precedenti. Nessuno ha un rimedio o una risposta per essa. In nessuna religione esistono norme, prescrizioni o criteri per le sfide su cui stai ponendo domande. Il cristianesimo, l’islam, il buddismo, il giainismo e l’induismo non hanno risposte, perché non hanno mai affrontato la questione. La via è stata la segregazione. E oggi esiste la segregazione provocata dal movimento femminista. Per cui, quando mi dici che non sei né femminista né antifemminista, mi sento molto felice.

Non tutte le verità sono state verbalizzate. L’ultima parola, nel campo della spiritualità, non è stata ancora pronunciata. La verità è infinita e c’è speranza per l’umanità, perché il potenziale umano è inesauribile. La gente troverà una risposta, un modo per affrontare queste sfide.

Shanti Adams: Ciò che stai dicendo è molto utile, Vimalaji.

Vimala Thakar: Ho visto i problemi delle donne in occidente, in Europa, in America e in Australia. Le ho incontrate, ma non capiscono la dura realtà biologica, i ruoli che hanno dovuto svolgere, le cicatrici, i graffi e i ricordi che sono rimasti e che inibiscono la psicologia. Devono esserne consapevoli, riconoscerli e andare al di là di essi.

Shanti Adams: Sì, questa sembra la risposta: diventarne consapevoli; il riconoscimento deve precedere la trascendenza. Penso che sia per questo che stiamo tentando di portare alla luce tale argomento. Infatti, stiamo cominciando a renderci conto che esistono dei limiti che sembrano profondissimi, quasi istintivi. Vanno penetrati per permetterci di andare oltre.

Vimala Thakar: La percezione della schiavitù è l’inizio della libertà.

Shanti Adams: Sono entusiasta del nostro incontro, Vimalaji, perché mi sembra che al mondo esistano pochissime donne come te che insegnino la liberazione autentica. Non ne ho incontrate molte. Ho incontrato più uomini, come Krishnamurti e Sri Nisargadatta Maharaj. Sembra che la maggior parte delle figure femminili emergenti nel campo della spiritualità siano del tipo della “Madre divina”, il che è qualcosa di molto diverso. In un certo senso, sembra che esse insegnino l’amore incondizionato attraverso l’espressione di ciò che sono, ma apparentemente manca un vero insegnamento della liberazione. Quindi, è molto stimolante per me incontrare una donna come te, che ha davvero trasceso il condizionamento di cui stiamo parlando. Mi sembra qualcosa di straordinario.

Vimala Thakar: Mia cara, ti sembra straordinario perché in India, per esempio, l’induismo afferma che le donne non possono mai raggiungere la liberazione in un corpo femminile. Se si comporta bene, se segue il bhakti yoga, potrebbe rinascere in un corpo maschile e quindi raggiungere la liberazione. Nemmeno i buddisti e i giainisti accettano che una donna possa mai emanciparsi in un corpo femminile, e altrettanto fanno i cattolici. Quindi, tuttalpiù una donna diventa una figura materna, come Anandamayi Ma o altre figure del genere. E Anandamayi Ma insegna in quanto “Madre”, non in quanto persona emancipata.

Devo dirti una cosa? Nel 1968 mi trovavo a Los Angeles, ospite della Ramakrishna Mission. Mi fu chiesto di tenere una conferenza per i membri dell’ashram, ma dissero: «Non puoi parlare nella cappella, perché sei una donna. Solo i sannyasin (monaci) possono parlarvi, e una donna non può essere sannyasin». Lo swamiji del luogo era Swami Prabhavananda, uno swami molto autorevole. Aveva scritto libri con Christoper Isherwood sulla Bhagavad Gita, oltre a dei commenti sulla Gita. Conosceva J. Krishnamurti, e così via. Era una persona molto colta. Gli dissi: «Swamiji, scusami. Potresti rimuovere per favore le fotografie di Sarada Devi, la moglie di Ramakrishna, dalla cappella?». C’erano due fotografie. Per cui, dissi: «Poiché mi hai detto che non posso tenere un discorso in questa cappella, non lo terrò. Ma ti dispiacerebbe rimuovere quelle fotografie?».

Persino nella Ramakrishna Mission esistono differenze tra i sessi. Chi insorgerà, allora, contro tutto ciò, rivendicando l’umanità, la divinità celate nel corpo femminile, chiedendo l’uguaglianza anche in questo livello, e non solo in quello fisico e psicologico?

Dunque, è qualcosa di straordinario. Ma ringraziamo che sia avvenuto qui.

Shanti Adams: Sì.

Vimala Thakar: È qualcosa nell’orbita della consapevolezza umana. Che accada qui o lì è indifferente. Ma può accadere.

Questa persona è stata ferita in molti modi dalle antiche autorità indù. Quando volevo studiare i Veda, i Brahma Sutra, a Varanasi, andai a mani giunte dalle autorità dei Veda, che mi risposero: «No, una donna non deve studiare i Veda. Cosa hai a che fare tu con i Veda e i Brahma Sutra?». Conclusero: «No, non te li insegneremo». «Bene», risposi, «li studierò da sola».

Che una donna sia totalmente e incondizionatamente emancipata è qualcosa di inaccettabile, almeno per la coscienza indiana, e forse anche per quella non indiana. Questa differenziazione deve sparire. Esistono differenze che hanno a che fare con il corpo; ci sono dei limiti diversi. Ma questo non vuol dire che la donna non abbia diritto all’illuminazione.

Sono molto felice che stai parlando di ciò e stai affrontando l’argomento in questo modo. Questa sfida va raccolta. Ma non in modo aggressivo: non devi lottare per essa, bensì lavorare.

Shanti Adams: Sì, è qualcosa che sento con molta intensità, perché ho sperimentato in me stessa il condizionamento di cui stiamo parlando. E posso vedere che se non riesco a riconoscerlo fino in fondo dentro di me, non sono in grado di trascenderlo. Quindi, sento che questo è molto importante. Ho la sensazione che le donne devono raccogliere individualmente la sfida di essere donne, con tutti i condizionamenti che ciò comporta e di cui stavi parlando: biologico, ereditario, psicologico ecc. Penso che sia questo ciò che intendi quando dici di lavorarci su.

Vimala Thakar: Hai discusso di queste cose con il tuo insegnante?

Shanti Adams: Molto. Egli è incredibilmente attento e appassionatamente interessato alla liberazione di ognuno. E all’inizio non immaginava che esistessero differenze tra il condizionamento dell’uomo e della donna. Ma, col tempo, fu il primo a riconoscere nelle sue studentesse quello che definì l’orgoglio femminile.

Vimala Thakar: Oh sì, certo!

Shanti Adams: Quindi, fu il primo che ci spinse davvero a guardare in noi stesse. La cosa lo interessa molto, e desidera fortemente che le sue studentesse raccolgano davvero tale sfida. Infatti, qualcuna non è interessata; c’è ancora molto rifiuto tra alcune studentesse. Altre, invece, riconoscono che c’è qualcosa che dobbiamo affrontare, comprendere e penetrare per essere libere. Abbiamo capito che, come donne, per poter davvero vivere ciò che comprendiamo, dobbiamo scendere a patti con tutto ciò. Egli ci sta incoraggiando tutte, una a una, ad avere veramente la forza, il coraggio e l’umiltà per riconoscere e affrontare fino in fondo ciò.

Vimala Thakar: Molto carino.

Shanti Adams: Prima stavamo parlando delle donne che, apparentemente, hanno più difficoltà degli uomini a essere obiettive e impersonali. Quando gli vengono fatte rilevare delle cose su loro stesse, all’inizio spesso la prendono sul personale e si difendono, per poi cambiare idea e accettare ciò che è stato rivelato, cominciando a superarlo o trascenderlo. A volte, nelle donne, sembra esserci una risposta istintiva quasi viscerale di difesa, protezione o sopravvivenza. La ragione per cui sto dicendo questo è perché so che gli uomini, quantunque abbiano i loro difetti da affrontare – nella nostra indagine sono emersi tratti maschili come l’egoismo, l’aggressività e persino la codardia – sembrano davvero in grado di accettare con più facilità l’impersonalità della loro condizione. Non sembrano altrettanto orgogliosi o sulla difensiva riguardo queste caratteristiche negative. Mi stavo chiedendo se dietro le loro difese, le donne non celassero un’insicurezza esistenziale o una paura della non-esistenza e del vuoto più profonde che nell’uomo.

Vimala Thakar: Il nulla, il vuoto, il niente: già la comprensione intellettuale di queste cose spaventa le donne. Le spaventa! Dentro il nostro essere abbiamo paura a causa della vulnerabilità fisica, del ruolo secondario avuto nella civiltà. È qualcosa che giace nel subconscio, non nella consapevolezza. A livello subconscio c’è paura. Se mi trasformo – o mi evolvo – nella non-dualità, nel nulla, che ne sarà della mia esistenza fisica? Sarà più vulnerabile? Sarò capace di difendermi in caso di difficoltà, di attacchi contro di me? Questa è una paura fondamentale tra le donne.

Per questo, è molto raro che le donne comincino a meditare. Si danno alla devozione, allo bhakti yoga, al servizio, al seva yoga o al karma yoga. Ma non alla meditazione, al dhyana, al samadhi. Consciamente, intellettualmente, comprendono ogni cosa, perché riguardo l’intelligenza del cervello non c’è distinzione tra maschile e femminile. Ma psicologicamente, al centro dell’essere c’è questa paura. Ed essa va eliminata. La donna deve comprendere che il nulla, il vuoto della consapevolezza in samadhi o in meditazione, genera un tipo diverso di energia e consapevolezza, più protettivo dell’autodifesa. Quando la donna lo capisce, se ne rende conto, tale paura scomparirà. Altrimenti, per lei è molto naturale provare paura anche solo all’idea del vuoto.

Shanti Adams: È incredibile, Vimalaji. Tutto ciò che dici concorda perfettamente con la nostra esperienza. Le aeree in cui le donne eccellono sono esattamente quelle che hai descritto: quando si tratta di assistere gli altri, sono molto forti, danno ogni cosa per essere di aiuto e supporto. Fisicamente ed emotivamente, danno tutto; rinunciano a ogni cosa e lavorano duramente, con grande altruismo. Dunque, è molto interessante ciò che dici, ovvero che le donne sono naturalmente portate alla devozione e all’assistenza, perché è esattamente quello che sta succedendo nella nostra comunità. Ma d’altra parte, come stavamo dicendo, molte donne sono restie a impegnarsi davvero nella meditazione, a lasciarsi andare nel nulla.

Vimala Thakar: C’è una resistenza inconscia.

Shanti Adams: Sì, esattamente.

Vimala Thakar: A livello conscio, non c’è alcuna resistenza. Le donne dicono: «No, non facciamo resistenza», e sono oneste. Tuttavia, a un livello più profondo del loro essere, è presente una resistenza non verbalizzata.

Shanti Adams: Esatto. È proprio quello che sta succedendo.

Vimala Thakar: Bisogna rendersi conto di questo; è un fatto che va riconosciuto. Forse, se le donne riconoscessero la resistenza a livello inconscio, questa potrebbe scomparire, dissolversi.

Shanti Adams: Sì, sembra l’unica possibilità. E penso che alcune di noi stanno appena iniziando a riconoscerlo. Per quanto mi riguarda, so che è così, perché il mio maestro me lo mostra da molti anni, ma io dicevo di no. Consciamente accettavo l’idea di non essere nessuna, la libertà che ciò implica; la cosa mi entusiasmava. Ma adesso sto cominciando a vedere che inconsciamente c’è una resistenza che va affrontata fino in fondo per essere autenticamente libera.

Vimala Thakar: Permettere alla divinità o alla verità assoluta di usare il tuo corpo, il tuo cervello, la tua mente per assistere l’umanità è una cosa. «Voglio servire gli altri e ricavare piacere da questo servizio. Sto prestando servizio in questo e in quel modo, per la causa o l’individuo.» C’è un piacere in questo. Ma liberarsi di tale piacere e lasciare che la verità modelli la tua vita, la plasmi, dandole una direzione e usandola per il fine cosmico, richiede un coraggio immenso. E pochissimi sono disposti a lasciare l’ultimo, nobile piacere per questo.

Servire gli altri è un piacere nobile. Stai offrendo servizio, stai donando la tua vita e qui c’è qualcuno che dice: «No. Non così, non l’assistenza consapevole, non l’”io” che compie il servizio. No, non l’”io” che si offre. Stai di nuovo creando un contesto diverso per la sopravvivenza dei limiti. Lascia che tutto ciò finisca». Allora arriva la resistenza, affiorano le inibizioni. Le donne cominciano a soffrire. Non gli piace se gli mostri questa cosa, nemmeno a livello conscio. L’ascoltano, ma non lo ricevono. Essa non penetra a causa della resistenza inconscia.

Shanti Adams: Sì, è assolutamente vero.

Vimala Thakar: Oh, sì. È una cosa che si può vedere nelle persone che ti circondano. Il vuoto, il nulla, come hai detto giustamente, fa paura alle donne. Io che faccio il servizio, io che dono, io che lavoro: questo è OK. Sì, qui stiamo toccando il cuore del problema, stiamo colpendo nel segno. Una tale spietata percezione della verità, un’analisi altrettanto inesorabile del mondo soggettivo, è difficilissima da trovare. La gente la trova insopportabile. Per alcuni, è intollerabile persino la verbalizzazione.

Shanti Adams: Sì, certamente.

Vimala Thakar: Bisogna procedere con molta lentezza. Il fatto che durante il nostro primo incontro siamo riusciti a farlo insieme, è un avvenimento eccezionale. Mi devo congratulare con il tuo insegnante.

Shanti Adams: Grazie.

Vimala Thakar: Grazie a te, per aver posto queste domande. Sei la prima persona, da dieci anni in qua, ad aver fatto queste domande. A parte gli indiani, qui viene a trovarmi gente di almeno venti paesi. Arrivano donne da molte nazioni diverse; discutiamo insieme i problemi della donna nella moderna cultura occidentale, ma nessuna ha mai sollevato le domande che hai fatto questa mattina. Esse vengono da un livello molto profondo. Ne sono felice.

Shanti Adams: Grazie. È stato straordinario avere l’opportunità di esplorare tutto ciò insieme.

Vimala Thakar: Di condividere, per tutte e due. La vita trova appagamento nella condivisione. Non solo cibo, vestiti e denaro: quando condividi la tua carne e il tuo sangue, l’appagamento è raro.

Sono necessarie due persone per un dialogo, una conversazione; una persona sola non può farlo.

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Vimala Thakar. Il mistero del silenzio. Astrolabio. 1988. ISBN: 8834009339

Vimala Thakar. L’arte di morire vivendo. Il pellegrinaggio interiore. Astrolabio. 2001. ISBN: 8834013557

Vimala Thakar. Lo yoga oltre la meditazione. Sugli yoga sutra. Astrolabio. 2000. ISBN: 8834013506

Vimala Thakar. Pace radicale. La ricerca spirituale e il superamento della violenza. Astrolabio. 1993. ISBN: 8834011074

Vimala Thakar. Vivere. Desiderio di libertà. La meditazione. Astrolabio. 1991. ISBN: 8834010124

Copyright originale “What is Enlightenment” magazine www.wie.org
Traduzione di Gagan Daniele Pietrini.

2 Responses to “La sfida del vuoto per la liberazione spirituale delle donne”

  1. sofiastrea ha detto:

    questo articolo è bellissimo e coglie perfettamente il problema: noi donne naturalmente portate al donarsi facciamo di questo dono un atto di potere…mi dono, io mi dono.Un dono a Dio con il potere del nostro io. Credo che il condizionamento della donna segua un filo comune a quello maschile per poi trovare una sua strada, che è quella del femminile più che quello di una donna, quindi potrebbe avere anche tutto in comune con l’uomo, come potrebbe essere molto diverso. Forse la donna ha mal interpretato la sua possibilità spirituale, condizionata dal suo stesso condizionamento di essere donna, madre, santa, ma non Buddha.
    Vimala comunque ha trasceso anche questo limite

  2. robertatrezza ha detto:

    ho fatto la scelta di vivere cercando il mio centro facendo scelte difficili.la mia indipendenza come persona ,consapevole di non essere eterna e quindi andare incontro alla vita .intesa nel senso piu profondo.

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