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Dio nel cervello

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FL Mershberger (1990). Una intepretazione della Creazione di Michelangelo basata sulla neuroanatomia.Le teorie di Newberg, spiegata nei dettagli in “Dio nel cervello”, sono numerose: spaziano dal perché il nostro innato cervello spirituale è sopravvissuto all’evoluzione, fino alla speculazione sulle radici biologiche del fondamentalismo religioso. L’esperienza mistica in accordo al suo pensiero può essere considerata una normale funzione dell’attività cerebrale.

Il Dott. Andrew Newberg è, come lui stesso afferma ridendo, “bloccato” tra la spiritualità e la scienza. Fin dalla pubblicazione del suo libro, Dio nel cervello (Why God Won’t Go Away in edizione originale), il professore dell’Università della Pennsylvania ha tenuto conferenze sulla scienza agli uomini di religione, e agli scienziati sugli uomini di religione. Si è fatto ammiratori e critici su entrambi i versanti del dibattito scientifico-religioso, ed è in grado di parlare facilmente a tutti e due, perché nemmeno lui è sicuro di ciò in cui crede.

Durante i trentacinque anni della sua giovane vita ha valutato le alternative a sua disposizione: dalla spiritualità della sua famiglia Ebrea riformista, alla scienza che, per il suo splendore, lo ha spinto a entrare nel mondo accademico. La sua disponibilità a entrambe – la scienza e la spiritualità – lo collocano nel numero sempre maggiore di pensatori che stanno avvicinando questi mondi distinti.

Oltre ai grandi interrogativi esistenziali, Newberg possiede solide convinzioni, la più salda delle quali al momento è la certezza di aver scoperto qualcosa di enormi proporzioni: le ragioni biologiche per cui gli esseri umani sono predisposti al pensiero religioso, per cui i nostri cervelli “si rivolgono a Dio”. Egli ha fiducia anche nel suo metodo, che fonde il rispetto per ciò che la scienza può rivelarci sul mondo con la comprensione che essa “non può accompagnarti fino in fondo alla strada”.

Dieci anni fa, questo atteggiamento equilibrato condusse Newberg a stringere una relazione di lavoro con un certo Eugene d’Aquili, una specie di antropologo che aveva studiato l’attività del cervello dei partecipanti a rituali religiosi. I due cominciarono a chiedersi come avrebbero potuto ottenere dei dati quantificabili relativi all’esperienza spirituale. La loro risposta fu di riprendere delle immagini dei cervelli dei meditatori del buddismo tibetano e delle monache francescane nel culmine dell’estasi spirituale.

Newberg e D’Aquili (che morì nel 1998) chiesero ai buddisti e alle suore di lasciare i loro santuari e di meditare in una stanza oscura all’University of Pennsylvania Hospital. Coloro che accettarono si sedettero in una stanza illuminata da poche candele, con una cordicella d’aquilone legata alle dita e una flebo fissata nel braccio. Essi avrebbero iniziato a pregare o a meditare. Dopo circa un’ora, al momento in cui si stava verificando un picco di trascendenza, i soggetti avrebbero strattonato la cordicella. Collegato all’altro capo del filo c’era il Dott. Newberg, seduto in una stanza adiacente. Questa era l’indicazione per Newberg di somministrare del liquido radioattivo attraverso la flebo. Qualche momento più tardi il soggetto pregante, con il liquido radioattivo nel cervello, sarebbe stato velocemente mandato al Nuclear Medicine Department dell’Università e fotografato da una potente macchina fotografica sensibile alla radioattività.

Newberg e D’Aquili lessero attentamente le immagini cercando delle forme ricorrenti. I ricercatori non erano interessanti tanto alla radioattività in sé, quanto all’attività neurologica indicata dai movimenti della radioattività. Buddista dopo buddista, suora dopo suora, si ebbero dei risultato coerenti. Primo, ma non a sorpresa, l’area del cervello associata con la concentrazione, la Attention Association Area (AAA) [Area dell’Associazione e dell’Attenzione], mostrava un’accresciuta attività nei soggetti preganti, in confronto ai non preganti. Ma la scoperta che provocò la maggiore eccitazione fu che le informazioni neurologiche dirette verso l’Oirentation Association Area (OAA) [Area dell’Associazione e dell’Orientamento] si erano grandemente ridotte, o “deafferentizzate”.

La OAA, situata in cima alla sezione posteriore del cervello, è quella parte responsabile dell’orientamento del corpo nello spazio fisico. Uno dei modi con cui tale orientamento viene determinato è definire chiaramente i limiti del corpo di un individuo, cioè distinguere il “te” dal “non-te”. Se quest’area non disponesse di alcuna informazione sensoriale per svolgere il suo compito, la logica conseguenza sarebbe che l’individuo non potrebbe determinare dove finisce lui – o lei – e comincia il resto del mondo.

Newberg e D’Aquili reputarono questa mancanza del senso fisico di sé molto simile a ciò che avevano letto a proposito dell’unione mistica con il Divino, senza parlare della testimonianza resa dai soggetti meditanti sul loro sentirsi “tutt’uno” con l’universo. Newberg e D’Aquili credettero di aver scoperto la radice fisica dell’ego, e il modo con cui i loro soggetti di laboratorio ne sospendevano l’attività.

Dopo questa gigantesca scoperta, Newberg e D’Aquili cominciarono a valutarne le innumerevoli implicazioni. Le loro teorie, spiegate nei dettagli in Dio nel cervello, sono numerose: spaziano dal perché il nostro innato cervello spirituale è sopravvissuto all’evoluzione, fino alla speculazione sulle radici biologiche del fondamentalismo religioso. Inoltre, loro sono convinti che tali scoperte rendano impossibile liquidare l’esperienza spirituale come il prodotto di una mente ingannevole o di un modo di pensare fantasioso, come sostengono i “materialisti razionali”. Al contrario, l’esperienza mistica può essere considerata una normale funzione dell’attività cerebrale.

Non appena il libro è arrivato in libreria, Newberg ha cominciato a viaggiare e a tenere conferenze a vari gruppi di persone sul continuum scienza/spiritualità (in cui un polo era rappresentato dal materialismo razionalista, l’altro dalla fede totale nel Divino). Le interpretazioni delle sue scoperte sono state variegate quanto i gruppi cui si è rivolto. Molte persone, all’interno delle chiese tradizionali e dei gruppi new age, sentono che la sua scoperta conferma la loro convinzione secondo cui, quando stanno pregando o meditando, qualcosa di fisico accade effettivamente all’interno della loro testa. Altri non ne sono così entusiasti. Io stesso all’inizio rimasi un po’ freddo di fronte al pensiero che le meravigliose sensazioni di unità che provavo intonando dei mantra fossero possibili solo grazie al “soffocamento” di una parte del mio cervello. Il processo sembrava troppo meccanico, come se io fossi un robot.

La pratica semplicità del processo mi spinse a chiedere a Newberg se in questo mondo della chirurgia cosmetica e della clonazione produrremo, un giorno, esperienze spirituali grazie alla chirurgia cerebrale specializzata. Newberg pensa di no, e per dimostrare il suo punto di vista fa riferimento agli sciamani che usano sostanze psicoattive allo scopo di raggiungere stati visionari. Il contesto culturale in cui operano questi sciamani è, secondo lui, una componente essenziale nel raggiungimento di tali stati. Inoltre, le persone che hanno ricevuto dei danni alla loro OAA non mostrano alcun segno di esperienze di unità con Dio. La scienza può arrivare solo fino ad un certo punto. La sacralità culturale delle tradizioni spirituali – i riti – sono necessari.

Mentre le persone inclini alla spiritualità sono giunte a interpretazioni che spaziano da una maggiore convinzione nel potere della preghiera alla mia ansia nei confronti delle scoperte scientifiche, certi pensatori atei si rallegrano, sostenendo che Newberg e D’aquili abbiano rinforzato la loro tesi secondo cui Dio non esiste, dal momento che sensazioni di unione non sembrano pervenire da un potere più alto, ma dal risultato di un processo neurologico, una OAA “temporaneamente accecata”, come la definisce Newberg. Quando gli chiedo spiegazioni su questa interpretazione, Newberg mi racconta ridendo il dialogo con alcuni di questi atei: «Spesso sono molto più veementi delle persone religiose».

Newberg è entusiasta del dibattito sul suo lavoro condotto da ogni tipo di persone, ma pensa che la negazione sostenuta dagli atei della realtà dell’esperienza spirituale – solo perché quest’ultima può essere localizzata nel cervello – dia troppa importanza alle sue foto del cervello, ignorando ciò che egli chiama la “la prospettiva fenomenologica”; ovvero, il riconoscimento che i suoi soggetti di laboratorio credono di aver sperimentato l’unione. Benché l’esperienza dell’unione da parte di una persona non possa essere misurata (il che è la condizione richiesta dalla scienza per ammettere l’esistenza di qualcosa), per Newberg essa è un dato “reale”.

Egli cita, come esempio parallelo, un amante dell’opera che ascolta Puccini. Una scansione del cervello mostrerà un certo modello d’impulso sensorio, ma non può mostrare la risposta emotiva percepita dall’ascoltatore. Questo significa che l’emozione non è “reale”? «Ovviamente, la scienza non ti porta necessariamente a questa conclusione. Abbiamo osservato il fenomeno dell’esperienza in sé e per sé, e quando lo facciamo e vediamo che queste esperienze sono percepite come se fossero più reali delle nostre esperienze quotidiane, ciò rovescia tutto».

Accettando la possibilità che gli stati mistici siano “più reali” dei nostri stati di veglia quotidiani, Newberg sta aprendo il dibattito sulla vera natura della realtà, sfidando ciò che non solo la scienza, ma anche il nostro cervello definisce “reale”. «Siamo estremamente limitati da ciò che accade nel nostro cervello. Se quest’ultimo accoglie tutte le nostre informazioni sensoriali – ed è così che sviluppiamo la consapevolezza – siamo in un certo senso bloccati all’interno del nostro cervello. Il solo modo di conoscere veramente che cosa ci sia all’esterno è uscire in qualche maniera dal cervello stesso. Questo è impossibile dal punto di vista della scienza, ma da una prospettiva spirituale esiste almeno una possibilità di farlo».

Anche se di solito usano un linguaggio più fiorito, i saggi hanno sempre pensato che siamo bloccati dentro il nostro cervello, che Dio non può farsi conoscere attraverso l’argomentare della mente razionale. Quando per la prima volta incontrai il Dott. Newberg, mi trovavo per caso nel mezzo della rilettura di Bodhisattva of Compassion di John Blofelds, un piccolo, meraviglioso libro sulla dea cinese Kuanyin. Dopo aver avuto una visione della dea compassionevole, Blofelds percorre la Cina chiedendo alle monache e ai monaci buddisti la loro opinione se ciò che ha visto sia “reale”. Più e più volte è gentilmente rimproverato di pensare troppo, di lasciare alla mente razionale il potere di svalutare la sua esperienza. Le facoltà razionali devono essere messe da parte, essi dicono, rimosse dall’equazione. Forse è necessario spegnere qualcosa. Forse quella cosa è la OAA.

Quando Newberg parla del potere della spiritualità nel superare i limiti del cervello, è facile supporre che sia un devoto del Divino.Tuttavia, egli continuerà a sostenere l’esistenza di Dio soltanto fino a che il suo lavoro ne appoggerà la “possibilità razionale”. Newberg non sa se Dio esiste oppure no. Usa la ricerca scientifica associata a “una vita contemplativa” per cercare di giungere a una conclusione che valga per lui stesso. La sua ricerca è stata salutata sia come la prova, sia come la negazione dell’esistenza di Dio, ma egli sostiene che non ha realmente alterato il suo modo di vedere il mondo: quest’ultimo è ancora un luogo misterioso la cui natura autentica può essere conosciuta attraverso mezzi scientifici e spirituali, in cui il mistero coesiste con i processi razionali.

Fui piuttosto sorpreso dall’ammissione di Newberg che le sue scoperte non avevano cambiato la sua visione del mondo, finché compresi che non avevano cambiato neanche la mia. Le sensazioni di pace, chiarezza e unione che mi derivano dalla pratica spirituale sono per me reali, che io sia o meno consapevole delle basi neurologiche di ciò. In quel senso, l’“analisi fenomenologia” della mia stessa esperienza è più importante per me di una scientifica. In aggiunta, la conoscenza del modello della OAA “attiva-inattiva” non riguarda gli effetti della pratica spirituale che rimangono molto dopo aver finito il canto dei mantra. Anche se l’esperienza mistica dona un’estasi di breve durata, molti praticanti spirituali meditano o pregano per raggiungere un senso di consapevolezza che possa uscire dai loro santuari privati ed entrare nella vita quotidiana.

Come afferma uno dei soggetti di laboratorio di Newberg: «Medito per sentirmi più connesso alla mia vita. Quando mia moglie ha bisogno che l’ascolti e che sia presente, posso farlo con più facilità; quando gioco con mio figlio, è una cosa più sentita». Il dono di un’esperienza spirituale è qualcosa di più di una sensazione di unione con il tutto: riguarda anche l’essere nel mondo e il mettere in pratica quel sentimento. Non è possibile sapere se la scienza rivelerà mai appieno il mistero di tale sentimento, ma è difficile per me negare che esista, dovunque possa trovarsi fisicamente.

Gord Allen è uno scrittore freelance, musicista elettronico e DJ che vive a Toronto. Mentre scriveva questo articolo, stava preparando un libro provvisoriamente intitolato: “Why Gord Won’t Go Away”.

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Andrew Newberg. Dio nel cervello. Mondadori. 2002. ISBN: 8804510358

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John Blofelds. Bodhisattva of Compassion. Shambhala. 1998. ISBN: 0877731268

Copyright originale Ascent magazine www.ascentmagazine.com, per gentile concessione.
Traduzione di Nityama Elsa Masetti. Revisione di Gagan Daniele Pietrini.
Copyright per l’edizione Italiana: Innernet.

54 Responses to “Dio nel cervello”

  1. ANNA ha detto:

    L’esperienza mistica per me si verifica quando l’essere umano si connette al tutto alla mente cosmica. La spiegazione scientifica per me più convincente è questa: a livello biologico questo stato si verifica quando le vie che collegano il sistema limbico ipotalamico alla corteccia sono mielinizzate. Molto spesso i tempi di risposta più veloci della corteccia inibiscono i segnali poco più lenti che arrivano dal cervello mammifero. Così le strutture si smielinizzano come un muscolo a riposo si atrofizza. In questi casi c’è anche un accesso di adrenalina in circolo. Quando si ripristina l’equilibrio tra adrenalina e acetilcolina si va a ricostruire la connessione armoniosa tra istinto ( cervello mammifero-sistema limbico ipotalamico ) e razionalià ( corteccia- cervello cognitivo) Anna

  2. luciana ha detto:

    se Dio fosse nel cervello morirebbe con un elettroencefalogramma
    piatto! Invece continua a vivere e esistere all’infinito….
    Il cervello è soltanto l’interfaccia che ci permette di collegarci
    al Trascendente!
    E’ uno strumento come noi siamo solo strumenti dello Spirito
    che agiamo nel mondo.

  3. Gianni De Martino ha detto:

    Piccola, non grande esperienza, l’estasi ha evidentemente nel corpo il suo mediatore indispensabile. La strana discontinuità fra l’attimo di coscienza che precede e l’attimo di coscienza che segue, quasi per lampeggiamenti, riflette probabilmente quello che per noi è un enigma irrisolto : ovvero la nostra ignoranza del punto di trapasso dall’elemento materiale a quello spirituale. D’altra parte, sia quando diciamo “materia” sia quando diciamo “spirito” non sappiamo esattamente a cosa ci riferiamo.

    In altri termini, sappiamo che probabilmente c’è un legame molto stretto tra la biochimica e gli strati percettivi, emozionali e cognitivi della mente, ma ignoriamo come avvenga il passaggio dalla biochimica alla coscienza, alla vita intellettuale e all’estasi. In tal senso, a suo tempo, Teilhard de Chardin ebbe l’intuizione secondo cui occorresse “discendere nella carne che siamo”, per ricevere “nuove rivelazioni”.

    Per limitarsi solo al dato fenomenologico, l’ intensa visitazione d’energia sembra, nella maggior parte dei casi estatici, caratterizzata da una luce aurorale, dorata, iperluminosa. L’importanza accordata alla luce dalle parole degli estatici, riflette un dato riconosciuto dalle scienze naturali, per cui “anche la coscienza rappresenta ”“ come osservava Hoffmann – un alto grado della trasformazione della luce”.

    Il petto ricoperto da un’armatura di lampi, si può avere l’impressione ”“ o piuttosto la concreta percezione ”“ dell’accensione di una radianza universale un tempo conosciuta come “Gloria” (Xvarnah, nel mazdeismo e la gnosi dell’ “uomo di luce” nel sufismo iranico) . Non a caso, nel gergo hippies si parlava di “vibrazioni” e, una volta “accesi”, si diceva “hig mind” ( essere alto) … Ad ogni modo, l’estasi non è niente di speciale: solo la vividezza di una vita dotata di più forza, durata e splendore di ciò che banalmente accade e presto si consuma.

    Non pochi viaggiatori volavano alti per vivere e avevano la tipica sensazione di ardere senza bruciare. In tal senso, la metafora del “roveto ardente” rimanderebbe all’accensione del sistema nervoso – l’irruzione di una gioia eccessiva, che prima era come congelata nell’organismo e profondamente sepolta nel sistema nervoso simile a un mandala.

    “Enigma della felicità”, scriveva Walter Benjamin dopo l’esperienza con l’ashish. Ed Hegel ne parlava come della “domenica della vita”, a proposito di certi quadri fiamminghi. Nel suo studio sulla “Mente estatica”, lo psicoanalista Elvio Fachinelli ne parlava come di “gioia eccessiva”. Nell’introduzione a un libro di Ibn ”˜Arabi ( “L’interprete delle passioni”, tradotto dal poeta Roberto Rossi Testa per Urra-Apogeo), ne ho parlato come di “eccedenza mistica”.

    Quella “mistica” è però solo “una” delle forme che può assumere l’esperienza ipernormale.
    L’ esperienza estatica non è necessariamente “mistica”. Anzi, talvolta scioglie da ogni mistica, da ogni ebbrezza e da ogni urgenza a manifestarsi ”“ poiché l’affermazione di un io personale ben individualizzato e come fuso in un sol blocco non è più operante.

    Ma dopo una tale “indicibile” esperienza, tosto i fili si riannodano, e la persona ritrova la sua voce umana che vorrebbe raccontare l’ineffabile , o perlomeno conservare nel linguaggio la traccia e l’impeto dell’esperienza viva. Come ogni esperienza, l’esperienza estatica è anche esperienza simbolica. A partire dalla diffusione di un attimo estatico, unico e raccolto in sé, le testimonianze, i racconti e i miti si moltiplicano, recando tracce che sembrano perdersi nella cosiddetta notte dei tempi, ma che poi riafforano nei più antichi riti, negli inni sacri, le scritture di numerose religioni e le celebrazioni dei Misteri di Eleusi ”“ scomparendo come un fiume carsico, per riaffiorare nelle confessioni estatiche dei santi o degli eretici, così come nella poesia, la musica e le arti , passando attraverso numerose tracce di misticismi selvaggi, tempestose ricerche di se stessi, metanoie, euforie rivoluzionarie e piccoli salti evolutivi – fino alle più recenti testimonianze di chimici, di neurologi e di neuroteologi che cercano di individuare quali regioni del cervello si attivano, e quali si disattivano, durante esperienze che sembrano avvenire altrove: fuori dal tempo e dallo spazio.

    I processi di isolamento e di frammentazione, più che di vera cancellazione, a cui le innumerevoli voci degli estatici sono state sottoposte nel corso della storia, possono essere vinti se riconduciamo la molteplicità delle esperienze a quel nucleo comune che definiamo “estatico”. Il nucleo dell’esperienza estatica, così come la sua irradiazione alla parola e al resto, appare con sempre maggiore evidenza come un riflesso di strutture e processi all’interno del cervello umano. Più che fornire la prova dell’esistenza o meno di un Dio o di un Altrove, le più diverse tracce dell’estatico provano l’esistenza del cervello e di strutture neurobiologiche rimaste più o meno le stesse nel corso della lenta evoluzione del vivente: un bricolage che avviene a partire naturalmente dalla luce.

    Certo la luce degli universi da ogni parte ci compenetra, ma la magia stellare sembra un po’ limitata dai nostri cervellini. Eppure, in quanto viventi siamo già esseri luminosi. Solo che il più delle volte ci dimentichiamo della meraviglia del vivente. “Nello stato di perfetta salute, rara ai nostri giorni ”“ scrive Ernst Junger – l’uomo possiede già la coscienza di una creatura divina, la cui presenza mette intorno a lui un nimbo invisibile. In Omero troviamo ancora la conoscenza di una tale freschezza, di cui il suo mondo è animato. Troviamo, unita ad essa, una libera serenità, e più gli eroi si avvicinano agli dei, meno diventano vulnerabili ”“ il loro corpo guadagna in spiritualità. Anche oggi la salvezza dipende da questo rapporto ed è importante che l’uomo si lasci guidare da lui, non appena lo intravede.”

    E’ come se occorresse, ancora una volta, risollevarsi da una specie di caduta di tensione, riprendersi da un vuoto di attenzione e di memoria ”“ simile a un’improvvisa afasia, se non amnesia “tra” illuminazione e abbaglio.

    Come nota lo psicoanalista Elvio Fachinelli : “ Ciò che si genera nel vuoto, nell’estrema rarefazione, è ciò che si è cercato. Si trova ciò che in noi qualcuno, al di là dell’io, cercava: Dio, l’arte, la scienza; o anche immediatamente, semplicemente, la sospensione del tempo della caducità. In generale una nuova figura del mondo. Il rinvenimento è sempre singolare, e rimanda alla singolarità del cercatore. Ma questa sorge dal ”˜fondo comune’ del corpo, se è vero che il passaggio dal vuoto al pieno presuppone il corpo come mediatore indispensabile.” Alla fine, così come all’inizio d’ogni vita, solo meraviglia…

    Colgo l’occasione della luce del Natale per augurarvi Buon Anno, cari amici.

  4. doghen ha detto:

    Anch’io, come Luciana, credo che il cervello non sia nient’altro che una stazione rice-trasmittente collegata con l’infinito. Ma il cervello è collegato tramite i nervi simpatici a tutto il corpo. Dunque, tutto il corpo, in definitiva è una stazione rice trasmittente.
    Buon Solstizio e Buon anno ;)

  5. Gianni De Martino ha detto:

    La metafora del cervello-e-corpo come “stazione rice-trasmittente collegata con l’infinito” , illustra bene il modo con il quale si produce l’immagine o la rappresentazione della realtà in ognuno, in ognuna. Molto dipende dal proprio cervellino-ricevente e capacità di perspicacia, se non dal proprio karma.

    Non sarei così sicuro, però, nella riduzione del cervello-e-corpo a “nient’altro che una stazione rice-trasmittente collegata con l’infinito”.

    A differenza che in una pianta, per esempio, lo spazio ricevente interno di una creatura cosiddetta umana è una coscienza. Come definire la coscienza ? Non ne conosciamo l’essenza. La possiamo solo rappresentare come centro ricettivo e però anche creativo di un “non so che” d’infinito che riflette se stesso. L’universo, non si sa se finito o infinito, si riflette nella coscienza. Di più, questa coscienza è anche autocoscienza.

    Se chiamiamo “spirito” questo centro ricettivo e creativo, è perché elude ogni definizione. Non a caso lo si paragona al “vento” che “soffia dove vuole”, liberamente…

    Anzi, in un’epoca non metafisica e nichilista come la nostra, si presenta come “resto” ineliminabile. Lo spirito resta irriducibile al cervello-e-corpo. Se non un mistero, l’enigma della coscienza resta.
    Resta, aggiungerei, insieme alle condizioni demagogiche e neo-scientiste che oggi ci vengono fatte per la costituzione di una coscienza. :-)

  6. Valis ha detto:

    Questo approccio è scientifico solo quando parla in questi termini: “di fronte a un disegno di un cane giallo nei 12 soggetti analizzati si è riscontrato che si attivano 5 mila neuroni là, 12 mila lì e 22 mila dall’altra parte.” Le attuali ricerche neuroscientifiche non fanno altro che misurare quali sono le zone elettricamente più attive del cervello. Ma non sanno rispondere neppure perchè c’è l’esperienza della visione di quel disegno; neppure potranno dir qualcosa dell’ essere mistico. http://nuke.atmanyoga.it

  7. Guido Dalla Casa ha detto:

    In realtà non sappiamo cosa significa “esistere”: il vuoto quantistico è solo una danza di energie che continuamente nascono nell’essere e svaniscono nel nulla. Quindi forse non sappiamo cosa significa chiedersi se Dio esiste oppure no. Ricordo quanto scritto da Bateson al termine di una discussione sull’argomento: “…se volete, potete chiamare Dio le forze sistemiche.”
    Forse la Mente è ovunque: nei sistemi complessi si manifestano fenomeni mentali, non solo nel cervello dei mammiferi o degli uccelli.
    La domanda si trasforma: l’universale ha, o è, una Psiche?
    Importante è come formuliamo le domande, molto più delle risposte, relative e contingenti.
    Ci colleghiamo all’infinito,come tutti gli altri esseri senzienti…

  8. atisha ha detto:

    domande, risposte… supposizioni…
    tutti vascelli fantasmi abitati da ombre..
    ombre della stessa Luce :-)))

    Buon Natale…
    serenità :-)

  9. eckhart ha detto:

    “Raccogli dunque tutta la tua ragione e tutto il tuo pensiero e torna verso il fondo, dove il tesoro giace nascosto. Se ciò deve avvenire, sappi che devi abbandonare ogni altra cosa: devi giungere all’ignoranza se devi trovare il tesoro..
    Tranquillità e silenzio devono esserci la dove questa parola dev’essere udita; e ad essa non si può arrivare in modo migliore che rimanendo immobili e silenziosi; allora si può ascoltare, si può comprendere: nell’ignoranza! Quando non si sa più nulla, essa si fa sentire e si rivela”
    Meister Eckhart
    Buon Natale a Tutti

  10. Riyueren ha detto:

    Concordo con le parole di Atisha e di Eckart. Conosco la complessità che mi abita, nel mio esistere di viandante. So di farci una meschina figura, nei confronti dei primi commentatori, così preparati in materia: io ho sempre scritto che non mi distinguo più da un filo d’erba…da molto tempo, ormai. Sono partita per questo viaggio che mi porta a scavarmi dentro in parole…e mi accorgo, ogni giorno che passa, che a volte nelle parole ci sono silenzi inspiegabili, come una sospensione del respiro, del senso…che le parole, così come le usiamo noi, possono essere orizzonti oppure confini. E così finisco per adoperarle sfrondandole fisicamente…e più le sfrondo, specie nelle composizioni in metrica orientale, più diventano simili ad ideogrammi, così che ogni parola assume una molteplicità di sensi, di solitudini, all’apparenza…in realtà mi sento unita al tutto, non frammentata in un ego. Forse anche perché ho smesso di farmi domande.
    Chiedo scusa per il lungo sproloquio. Faccio a tutti gli auguri di un sereno Natale.

  11. eckhart ha detto:

    Riyueren:in realtà mi sento unita al tutto, non frammentata in un ego. Forse anche perché ho smesso di farmi domande.
    Chiedo scusa per il lungo sproloquio.
    °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
    Concordo con le tue conclusioni…ma..perchè chiedi sempre scusa?
    ;-)))
    Buon Natale anche a Te.. :-)

  12. Riyueren ha detto:

    Caro Eckhart, io chiedo scusa quando vengo qui, perchè leggo post e commenti che mi sembrano molto al di là della mia portata, e penso che magari quello che scrivo possa sembrare superfluo e fuori luogo. Scusami, non chiederò mai più scusa. :)))
    Rinnovo gli auguri.

  13. eckhart ha detto:

    Cara Riyueren, è da quando ho smesso di fare confronti,di dovermi sentire o meno alla portata di qualcuno,di sentirmi “adeguato”..e di farmi tante domande..che ho ricevuto le prime Risposte..
    W la semplicità.. ;-)
    e ancora auguri .-)

  14. sorrydi ha detto:

    Il mondo manifesto e soprattutto l’introspezione spirituale,oggi ce lo’ comunica in vari modi,L’erudito e il non erudito sono la stessa cosa la stessa sorgente la stessa materia,la stessa illusione.
    Quando ci si perde nella mente l’ erudizione…..o l’ ignioranza, mancano di armonia e saggezza.DIO nasce dalla comprensione dell’essere parte del tutto,……saggiezza e ignioranza…ecco “Dio nel cervello” :-)

  15. federico ha detto:

    si ,la modifica del contenuto mentale gisce sul fisico ed anche in modo rilevante, basta saturare la mente di luce bianca per vedere cosa succede, i dolori svaniscono, il naso si libera, si frecpera la vista, il mal di gola passa in pochi istanti ecc.ecc. é lecito ritenere che anche le malattie più serie possono almeno arrestarsi e con l’applicazione costante da giovani si dovrebbero tenere lontane le malattie.

    La persona umana é composta di due realtà unite in un corpo fisico: una creatrice e una creata, la mente ha la capacità di portarsi sulla realtà creatrice e quando lo fa modifica la materia, il guaio é che quando non lo fa la materia si modifica nel peggio ed arrivano malattie, morte e sofferenza . La mente nella Luce é la normalità della mente, la mente deve stare nella realtà creatrice che é come una Luce, é realtà non fantasia.
    Provate e capirete ma che nella mente vi sia davvero la Luce vera il bianco della Luce, non fantasia o immaginazione perchè la Luce é realtà prima della materia.
    Auguri di buon anno nuovo
    Federico

  16. eckhart ha detto:

    Federico:basta saturare la mente di luce bianca
    °°°

    Cosa s’intende precisamente con ciò?

  17. eckhart ha detto:

    Bene..ma…e visto che,scherzi a parte, siete pure d’accordo..
    la mia ignoranza chiede troppo a proposito del saturare la mente di luce bianca?
    Grazie.. :-)

  18. Valis ha detto:

    La cara cara Luce bianca a 18 gradi e bollicine, chi non la conosce non sa cosa si perde e tanto più te ne saturi la mente e tanto più crei nuovi mondi è realtà e che realtà!

    (Scusa Federico, ho voluto scherzare, non bevo alcolici, e sono d’accordo con te che la materia discende dall’energia, e l’energia discende dalla coscienza o intelligenza o informazione… Ed è tutto reale.) Forum: http://nuke.atmanyoga.it

  19. atisha ha detto:

    luce bianca.. si tratta di un esercizio di visualizzazione..
    immaginazione, autoipnosi in sostanza.
    funziona bene… :-)

  20. federico ha detto:

    pensatela come volete certo é cosa mentale, ma avete mai riflettuto su cosa è la Luce Divina e la materia che Ella crea? Quale paragone potete fare? Un sogno? Siamo in un sogno sognato da una mente? La mente di Dio? Cosa dobbiamo fare allora se non usare della nostra mente? Pare di essere folli eppure é vero se saturiamo la mente di una Luce bianca viviamo, il corpo diviene giovanile, le malattie si dissolvono, cosa vogliamo di più? Solo imparare al meglio gli scienziati con le loro teorie non ci danno nulla di più che medicine, farmaci e amputazini chirurgiche che costano e ci fanno soffrire, mentre la Luce che ci guarisce non costa nulla e ci fa solo gioire, perché dunque volere capire? Applichamoci realmente e vivremo e gioieremo della vita. Giorire, felicità della certezza della nosta salute e benessere quando lo vogliamo questo é Dio e null’altro, questo é anche il ero Gesù, ciò che ci ha voluto trasmettere.
    Coraggio dunque abbiacmo questa nuova fede che dipende solo da noi stessi, si solo da noi stessi, abbiamo questo coraggio per cprtesia, siamo grandi davvero credetemi, e un giorno capirete.Coraggio amici cari viviamo, so che é difficile accettare una simile vita così piena ,così totale e bella ,eppure ella é la realtà ed é ciò che desideriamo di più nel nostro profondo essere, Dio non può che volere questo se siamo razionali ,dunque coraggio applichiamoci.
    Tanta vita e felicità a tutti questi sono i primi auguri forse nella storia dell’umnaità fondati su cose certe cioié che dipendono solo da noi stessi, da nessun latro chedalla realtà che da millenni consociamo: la Luce e la nosyra capaictà di essere coscienti d tutto, il resto ve lo dirò dopo, coraggio viviamo la vita é il maggiore coraggio che può esistere, ma é anche la più grande e piena felicità, credeteci un giorno al provrete se sarete costanti . Un abbraccio
    Federico

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