Feed on
Posts
Comments
Collegati
Share this page to Telegram

Escher rindKevin Kelly (autore di Out of Control che pubblicai con Urra) nel suo ultimo articolo parla della crisi dell’identità degli esseri umani causata dall’incessante sviluppo tecnologico. Poichè la scienza ogni giorno produce nuove invenzioni, queste scombussolano la nozione di noi stessi ed ogni giorno la nostra identità viene messa in discussione. Quindi si chiede “chi siamo e cosa vogliamo essere”, riportando anche le domande che si fece Philip Dick: cos’è la realtà e cosa significa essere un essere umano.

Le domande di Kevin Kelly e di Philip Dick sono vecchie quanto l’umanità. La tecnologia mette in discussione la nostra identità in modo crescente poichè sta sostituendo le nostre identificazioni con gli artefatti tecnologici. Ad esempio, se ci identifichiamo con il nostro corpo, la nostra identificazione verrà messa in discussione dalle protesi e dall’ingegneria genetica. Analogamente, se ci identifichiamo con la nostra mente questa verrà sfidata dalle molecole che agiscono sul cervello, dalle droghe, dalla neurotecnologia e dall’intelligenza artificiale.

Questa è un’arma a doppio taglio: da una parte può diventare una fonte di ansia nel non sapere più chi siamo. Dall’altra parte ci stimola a cercare delle identificazioni più profonde del nostro corpo/mente, come ci suggeriscono i saggi e gli insegnanti spirituali.

Nel mio articolo Maya 2.0 avevo ipotizzato che tramite la tecnologia stiamo creando un “doppio Maya”, uno strato ulteriore di illusione nei confronti della realtà che, come una doppia negazione, potrebbe penetrare attraverso il primo strato della “realtà illusoria ordinaria” percepita dai nostri sensi.

Ma questo a mio parere può avvenire solamente se non perdiamo noi stesso nel medium e diventiamo di nuovo padroni della nostra attenzione, spostandola di 180 gradi dallo schermo del computer verso la nostra consapevolezza, come Bertolt Brecht aveva già suggerito a riguardo del medium teatrale.

Leave a Reply