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Quando l’iPhone sostituisce la siringa: la comunicazione come forma di patologia
Laura (ma il nome è di fantasia) è una mia amica. Ha una laurea, ha militato in politica quando era più giovane, ha una casa piena di libri che in buona parte ha letto, aveva un marito che ha lasciato per un altro uomo quando ha cominciato a sentirsi vecchia e ora, non so, forse ha degli amanti. Insomma Laura ha avuto e ancora ha una vita intensa.

Ma qualcosa non torna. Ogni mattina scrive “buongiorno” e ogni sera “buonanotte” su Twitter e di rimbalzo anche su Facebook, e durante il giorno commenta in tempo reale con pensieri irrilevanti le sue attività. Cercare il link giusto da postare sulla sua bacheca online sembra essere diventato per lei tanto importante quanto prendersi cura della propria igiene personale.

È caduta anche nella trappola dei talkshow, specie quelli furbi pensati apposta per gli utenti come lei (che mai guarderebbero “L’Isola dei Famosi” ma che non si perdono una puntata di “Che tempo che fa”…), e mentre guarda la televisione commenta in tempo reale sui social network quello che il conduttore e l’ospite dicono, come se il suo cervello fosse collegato a internet a sua insaputa o come se la sua opinione fosse richiesta da una platea che la segue con attenzione… ma dall’altra parte del suo iPhone non c’è nessuno o, per meglio dire, ci sono milioni di altri naufraghi che, come lei, gridano aiuto alla deriva nel vuoto cosmico della modernità.

Carla è un’altra amica… Prosegue su Indranet

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