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dollari-usa.jpgC’è un soggetto che occupa costantemente i pensieri del 90% delle persone. Un soggetto che spesso diventa un chiodo fisso. Un soggetto sul quale la maggior parte dell’umanità non riesce a tenere un atteggiamento neutro ed imparziale.

Stiamo parlando del denaro. Un soggetto controverso, spinoso e difficile da maneggiare. Senza eccezioni, neanche quando il denaro viene usato come scambio per servizi di natura spirituale, anzi.

Chi chiede soldini per fornire un più o meno efficace ausilio spirituale o, come è in voga dire oggi, di “crescita personale” tocca, anche involontariamente, tante corde scoperte nel potenziale cliente e mette in gioco una serie di convinzioni tale da innescare le reazioni più svariate. È come scoperchiare un Vaso di Pandora. C’è chi giudica le richieste pecuniarie, spesso inconsciamente, una sorta di garanzia di validità. Più si spende e migliore è il corso. E c’è chi invece, in maniera altrettanto irrazionale e automatica, diventa sospettoso e scettico sulla veridicità delle affermazioni, sulle buone intenzioni e sulla rettitudine morale del richiedente, tacciandolo sovente di avidità.

In questo secondo caso spesso il potenziale cliente cerca capziosamente il pelo nell’uovo per cogliere in qualche modo in fallo l’offerente. Un atteggiamento che ha molto a che vedere con una duplice sfaccettatura dell’ego (anzi con la duplice sfaccettatura dell’ego) : paura – avidità. In altre parole mettere in dubbio dà diritto a sostenere: “Visto come sono in gamba? Ho trovato qualcosa che non va” (avidità di importanza personale) Di conseguenza si è “autorizzati” a non farsi coinvolgere e a starsene tranquilli fuori dalla mischia (paura).

Sono entrambi atteggiamenti che originano da sensazioni di e che creano separazione. Ma perché quando troviamo del tutto naturale che un panettiere, un idraulico o un impiegato alle poste debbano essere retribuiti, di fronte al ricompensare una persona che ha speso energie, soldi, tempo e impegno per acquisire una conoscenza spesso più profonda e pervasivamente benefica di quella dei rispettabilissimi lavoratori suddetti storciamo il naso? Quando è giusto essere retribuiti? E può esistere un concetto di “giustizia” in questo senso?

Mi spiego meglio. Tutti noi quando diveniamo competenti in qualcosa grazie al nostro impegno, studio, applicazione, dedizione ecc…concordiamo sul fatto che meritiamo di essere retribuiti. Quanto ce lo dicono tutta una serie di fattori, non ultimo il “mercato” vale a dire la considerazione che il mondo dà alla nostra attività. Questo elemento, soprattutto in alcuni campi, ad esempio quello artistico, è assai variabile, e soggetto a fattori spesso totalmente indipendenti dalla qualità del prodotto offerto. Il rocker Ligabue adesso, dopo la pubblica consacrazione, chiede per le sue apparizioni una cifra totalmente differente, pur facendo sostanzialmente la stessa attività, rispetto a quando era semisconosciuto.

Perché nel mondo spirituale i criteri dovrebbero essere diversi? Perché quando una persona studia, cerca, investe denaro in formazione, medita o prega con impegno e costanza, si confronta con conoscenze e tradizioni vastissime e antiche provenienti da tutto il mondo, insomma dedica buona parte della sua vita e delle sue energie allo sviluppo della componente spirituale insita dentro di sé, non deve avere un corrispettivo quando mette ciò che ha imparato al servizio degli altri? E perché questo corrispettivo non deve essere guidato dalle normali leggi di mercato?

Una persona come Deepak Chopra, divenuto popolare grazie alle sue intuizioni e alla sua costante ricerca o, un altro nome a caso, Maharishi Maheesh Yogi , che ha avuto la “fortuna” di aver avuto a suo tempo seguaci come Lennon e Co., non avrebbero dovuto adeguare il loro compenso alla notorietà, al riconoscimento e alle conseguenti numerose richieste di aiuto che ne derivano?

Avventuriamoci ulteriormente in questo terreno infido…

Il fatto che venga attribuita una valenza negativa alla retribuzione di servizi spirituali deriva quasi esclusivamente dall’indottrinamento ricevuto dalla nostra tradizione giudaico-cristiana. Si tratta di un imprinting genetico nefasto e fuorviante che manda, spesso irrimediabilmente, fuori carreggiata tutta la nostra vita, conferendo al denaro una valenza del tutto distorta. Nella nostra tradizione si è affermato col tempo il concetto, divenuto poi una sorta di postulato, secondo la quale l’aiuto di tipo spirituale tendenzialmente non deve essere remunerato, se non tramite libera offerta. Questo grazie all’esempio della figura del Cristo tramandatoci dalle scritture e soprattutto, come mette in evidenza Stuart Wilde, alla tradizione cattolica che ha creato un assioma sul quale non ci fermiamo neanche a riflettere: i poveri e i bisognosi vanno aiutati, sempre e gratis.

Sia ben chiaro: lungi da noi l’idea di mettere in dubbio la bellezza dell’aiuto disinteressato agli altri. Quando lo facciamo davvero, dal profondo del cuore e con naturalezza, tutti avvertiamo una profonda soddisfazione, che in certe circostanze e per certe persone diventa beatitudine, qualcosa che viene da un luogo più elevato… sono momenti talvolta magici, in cui ci sentiamo improvvisamente connessi a tutto e a tutti in maniera naturale, senza sforzo, semplicemente perché abbiamo aperto la nostra vita e il nostro cuore.

Altra cosa è l’istituzionalizzazione di questa pratica. Tornando al cristianesimo, storicamente nei primi tempi questa politica del dar da mangiare agli affamati e da bere agli assetati aveva la funzione, pienamente riuscita, di attirare masse di possibili convertiti. Alle classi abbienti, forti dei loro privilegi, non interessava affatto aderire a questo nuovo credo: si sa, gli adepti si possono raccogliere solo tra chi è scontento. Tra parentesi attirare seguaci è ancor oggi una linea-guida di tutte le religioni, segnatamente di quelle monoteistiche, fatto che innesca tutta una serie di perniciose deviazioni e che è all’origine di tanto conflitti che il mondo odierno si trova a dover faticosamente gestire.

L’ istituzionalizzazione del dare incondizionato è una mistificazione con uno scopo sotteso, che incorpora un insidioso (perché nascosto) vizio energetico di base.
Questo bel “pacchetto di convinzioni” produce anche l’equazione inversa: il dare spirituale a pagamento è disonesto, da approfittatori o comunque sbagliato.
Questo assioma ha pervaso, come occidentali, tutto il nostro modo di essere , giusto o errato che sia l’assunto stesso. Questa è un’anomalia che va tranquillamente smascherata e messa da parte, se vogliamo riportare il tema denaro, e di conseguenza sanare una parte importantissima di noi stessi, ad una condizione neutra. D’altronde se analizziamo invece le civiltà orientali, ci accorgiamo che spesso

A) era semplicemente naturale che il guru o l’illuminato venisse ricompensato dai discepoli.
B) non c’è mai stato questo eccessivo porre l’accento sull’aiuto agli altri.

Perché? Semplicemente perché l’oriente era, ed è ancora, spiritualmente più evoluto. E’ incontestabile che in occidente si sia sviluppato il progresso materialistico e in oriente l’introspezione. Esterno e interno. Yang e Yin. Due visioni complementari che potrebbero (e ci sentiamo di scommettere che in prospettiva cosmica lo faranno) confluire in un fecondo estuario sinergico.

La vera evoluzione spirituale comporta un’assai minore attenzione a “fare numero” e a convertire nuovi adepti (e quindi all’essere “riconosciuti” dal mondo in forza delle cifre, atteggiamento fondamentalmente infantile) e un porre l’accento invece sul permettere agli altri completa libertà di espressione e di ricerca nel rispetto reciproco. Comporta anche una minore o nulla enfasi sull’importanza del denaro in quanto il timore di non sopravvivere in modo ottimale come corpo fisico, fonte di questa attenzione a volte maniacale, ha una rilevanza assai minore di quello che ha sull’uomo non illuminato.

Il vero maestro non è chi ti converte al suo pensiero, è colui che ti invita ad essere solo te stesso, a non seguire nessuno, ad abbandonare infine anche lui. Il vero maestro è colui che ti dà la possibilità di imparare dalle sue parole, ma anche di “sentire” la sua vita e la sua qualità energetica, affinché tu possa renderti conto che esistono stati vitali più alti, per stimolarti a sperimentarli in prima persona e vivere la tua illuminazione, la tua vera essenza che sarà sicuramente diversa dalla sua.

Si narra che le ultime parole del Buddha ai suoi discepoli siano state “Siate una luce a voi stessi”. Di fronte a persone che si corrucciavano perché la sua luce stava spegnendosi “per sempre” , lui incoraggiava gli altri a trovare la loro propria luce, non a identificarsi con la sua. Seguire la strada di un altro ti porta a chi è lui, non a chi sei tu, sottolinea Harry Palmer.

È questa maggiore maturità, tipica dell’oriente, che dovremmo fare nostra. Le religioni monoteistiche, che sono le più diffuse, (probabilmente perché l’uomo occidentale ha fatto il suo Dio a sua immagine e somiglianza e quindi è più facile per le masse identificarvisi) hanno fatto e stanno facendo esattamente quello che elenca Richard Dawkins : guerre, massacri, ingiustizie, in nome del principio esplicito “il mio Dio è migliore del tuo” e della sua implicita, e ancor più ingombrante estensione, “Il mio Dio è migliore del tuo, perché se io affermo questo, ciò mi dà il diritto a sentirmi superiore, a conquistarti, sfruttarti e importi il mio volere. Se invece ammetto che non è così e ti do pari dignità, questo mi rende vulnerabile e mi espone ad un contatto più intimo con te. E chissà cosa potrebbe succedere allora, potresti approfittarti di me!”

Toh, siamo ritornati a occuparci di paura e avidità! E di separazione. Le religioni monoteistiche sono in ultima analisi una difesa da e un attacco nei confronti dell’altro, del diverso; riflettono l’incapacità di cogliere in noi l’Uno che tutti ci unisce di cui scrive appropriatamente il dr. Angelo Bona. Sono, in ultima analisi, una corazza contro noi stessi. Il credere in qualcosa ci impedisce di percepire quel qualcosa, di sentirlo. Questa sorta di “anestetico spirituale” ci tranquillizza, con i suoi paradisi, le sue costruzioni teologiche complesse e inattaccabili.

È una fortezza che protegge dalle insidie dell’ignoto e dell’instabilità, ma che pretende un prezzo altissimo: velare la comprensione dell’essenza, del tutto. In oriente invece solitamente le diversità sono viste come potenziale fonte di crescita, giocosità e prosperità per tutti.
Ritornando al tema quattrini, questa impostazione separatista dal tutto si esplicita (e non potrebbe essere diversamente) con una forte avversione a spenderli, a farli circolare. Riassumiamone i motivi:

A) Tradizione giudaico-cristiana con postulato annesso “Non bisogna chiedere compensi per cose spirituali”
B) Materialismo inveterato. Se spendiamo volentieri soldi per cose che possiamo vedere, odorare, toccare, gustare, annusare, siamo al contrario geneticamente più perplessi a privarcene per cose impalpabili. Nella stragrande maggioranza dei casi l’occidentale deve ancora fare l’esperienza dell’Uno, della vera natura dell’essere umano, dell’onda, diversa da tutte le altre, ma indissolubilmente legata all’oceano e, in ultima analisi, parte di esso. Finché questo non diventerà un vissuto reale, e non una mera astrazione concettuale, resteremo perplessi in eterno
C) Il valore distorto che intrinsecamente diamo al denaro, che per la maggioranza delle persone è il Dio pagano, sul cui altare vengono immolate talora vite intere.

Questo non significa ovviamente spendere soldi senza il minimo criterio per servizi “spirituali”. Così facendo ci troveremo prima o poi con un bel “pacco” inutilizzabile tra le mani e forse con danni interiori di vario tipo.

L’avidità fa parte della natura umana e, come in tutti i campi, ci sono persone, associazioni e organizzazioni che si fanno pagare per quello che valgono e altre che imbrogliano. Quello che ribadiamo è che se qualcuno ha studiato e si è dato da fare per acquisire competenze e le trasmette ha diritto, se lo desidera, di essere retribuito quanto vuole. Sta poi all’eventuale fruitore decidere se è il caso di aderire o meno all’offerta.

In effetti è arduo e fondamentalmente arbitrario stabilire un giusto prezzo. Chi segue i vari corsi difficilmente ad esperienza conclusa considera la richiesta eccessiva o si dichiara pentito, anzi!! Spesso invece è sinceramente entusiasta e afferma di aver ricevuto benefici che non hanno prezzo. È vero che talvolta ci sono persone che dichiarano di essere state truffate, che hanno seguito un corso e non è cambiato nulla ecc. Ma qui, oltre alla bontà dell’insegnante, bisogna anche esaminare quali sono lo spirito e l’attitudine con cui lo hanno fatto: aprire la propria vita (foss’anche solo per poche ore) al nuovo, allo sconosciuto o per noia e curiosità epidermica, rimanendo tenacemente arroccati alle proprie idee, giudizi e pregiudizi?

Se tieni le porte chiuse o appena accostate nessuno può entrare! Inoltre occorre considerare qual era il livello di consapevolezza delle persone in questione. Le cose vanno fatte per gradi ed introdurre qualcuno a certi livelli di percezione o di conoscenza può essere impossibile se non ci sono le basi.
Inoltre, chi insegna ha il diritto, se lo desidera, di farsi pagare, unicamente per giustizia: si tratta di una forma di rispetto per il suo impegno, le sue realizzazioni e le sue competenze. Infine l’universo vuole uno scambio.

Il denaro, in quanto simbolo di energia convertibile, può assolvere benissimo al compito. Altrimenti l’equilibrio energetico si può ovviamente raggiungere in mille altri modi: doni, servizi ecc., non necessariamente rivolti alla persona in questione. L’importante è sapere che la bilancia va mantenuta in pareggio, pena scompensi di ogni tipo.

Chiediamoci infine: meglio dare soldi ad un Chopra o a un Maharishi o a chi intossica noi e il pianeta con veleni emotivi, rifiuti inquinanti, alimenti spazzatura, paccottiglia letteraria o televisiva? Chi riceve denaro per servizi spirituali, se è una persona corretta, li utilizzerà per incoraggiare e far crescere, oltre al suo portafoglio, quelle attività che contribuiscono al patrimonio spirituale del mondo. E l’universo sa quanto ce ne sia bisogno.

28 Responses to “Pecunia non olet”

  1. eckhart ha detto:

    Giusto per capire se ho capito Yam..
    quindi paghi l’Hatha yoga perchè lo consideri “materialismo spirituale” e quindi merce?
    Perchè suppongo che i veri Maetri spirituali non si facciano pagare..
    confermi?

  2. (Y)am ha detto:

    Perche’ vuoi capirmi?
    In ogni caso non hai capito niente.
    Chi si vuol far pagare, che si faccia pagare!

  3. eckhart ha detto:

    …In ogni caso è ciò che si deduce da ciò che hai scritto..

    PS Ma tu perchè vuoi sapere perchè voglio capirti? :-D

  4. (Y)am ha detto:

    Caro Eckh, anni or sono mi stupii di vedere nel sito di Eckhart Tolle in vendita delle sue fotografie. Uno per le fotografie, due perche’ erano in vendita.
    Oggi non mi stupirei piu’ di nulla.

    Il mio maestro C.N.N. negli ultimi tempi, che lo frequentai, era divenuto un lusso. Molta gente aveva iniziato a seguirlo, lui si spostava da un continente all’altro e alla fine addirittura si stabili in un’isola esotica. Certo i suoi progetti erano importanti ed onerosi: una biblioteca di rari testi antichi e comitato di traduzione, una ONG che costruiva scuole e piccoli ospedali in Tibet (egli non approvava l’azione di tanti attivisti pro-Tibet e pensava che era meglio “agire” diplomaticamente e concretamente ….) e tante altre belle cose. I centri da mantenere, coloro che ci lavoravano dentro….il viaggio per raggiungerlo, il prezzo dei ritiri e del soggiorno. Un vero lusso, altro che un soggiorno in una lussuosa localita’ turistica! Eppure vedevo gente indebitarsi pur di seguire il maestro! Ad un certo punto mi venne la nausea!
    Ero guarito, ero finalmente in grado di reggermi sulle mie gambe.

    Ci sono diversi livelli di Coscienza, in molti di questi e’ necessario denaro, e’ necessario pagare, in altri no, ma e’ sempre e solo quella medesima ed unica Coscienza.
    Ora c’e’ anche chi ti indica come quella stessa Coscienza sorga in Te: Nisargadatta per esempio….che mai si e’ fatto pagare…anzi se non fosse stato per Maurice Frydman non avrebbe neanche parlato.

    Credo che ci sia qualcosa di molto intimo in noi, che non ha prezzo ne e’ mercificabile, ne e’ indicabile, ne ottenibile…e’ come lo schiudersi di un fiore: quando deve accadere accade.
    A volte gradualmente, a volte improvvisamente, a volte attraverso dolorose esperienze. In sostanzam ciechi o adormentati o svegli che si sia…quel processo e’ in atto.
    Boh…non so bene cosa ho scritto…

  5. eckhart ha detto:

    Certo..
    finquando non viene nausea..potremo pagare anche per quello..
    anche indebidarsi..ci può anche stare.
    Capisco cosa intendi..la Coscienza in quel momento vuole che sia così..
    Avevamo già parlato,se ben ricordi,anche di certi Satsang di Balsekar,
    e i Corsi di Almaas si pagano..eppure nulla cambia la mia idea nei loro confronti..
    d’altronde bisogna sempre capire ove s’insinua il moralismo..
    PS Parli sempre di questo misterioso C.N.N. ..
    nulla a che vedere con la TV cavo americana? :-)))
    Scherzi a parte… m’incuriosisce..visto che è stato anche maestro di Tolle..

  6. (Y)am ha detto:

    C.N.N.= http://en.wikipedia.org/wiki/Chogyal_Namkhai_Norbu

    Non avevi letto lo Yoga del Sogno?

  7. eckhart ha detto:

    Già!Me lo avevi pure detto…
    Chissà perchè,ma non associavo Tolle al Dzogchen,
    ma unicamente all’advaita..e invece siamo lì..

  8. (Y)am ha detto:

    Tolle se ne ando’ in giro ad ascoltare diversi maestri…..
    Oggi anche in India e’ riconosciuto come maestro Advaita….comunque lo Dzoghchen e’ sostanzialmente identico…nella sua essenza piu’ …essenziale…

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