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Doxaliber ha pubblicato la traduzione di un articolo del 17/07/2008 apparso sul Guardian in occasione della sentenza al processo di Bolzaneto. E’ un resoconto raccapricciante, che già si conosceva ampiamente ma che non smette di provocarmi rabbia e lacrime come quella sera del 2001 in cui seguivo i fatti via radio.

Da piccolino ho sentito il botto della strage di Piazza Fontana da casa, alle elementari spesso ci facevano uscire da scuola e ci portavano ai giardini per l’allarme bomba. Da adolescente nella Milano degli anni ’70 ad ogni manifestazione poteva scapparsi il ferito o il morto, come minino una mezza intossicazione da lacrimogeni. In quegli anni non si contavano i morti ammazzati per terrorismo e per faide politiche. Durante il sequestro Moro bastava andare in giro alla sera anche a piedi che si veniva fermati dalla polizia o dai carabinieri. Mentre ero a Sri Lanka una bomba Tamil ha devastato un palazzo quasi sotto ai miei occhi con centinaia di morti. L’elenco non finirebbe qui.

Tuttavia non sono mai stato toccato in profondità quanto i fatti di Genova, pur non avendo partecipato direttamente. Il dolore di sentire prima e vedere poi in video dei ragazzini, molti alla prima loro esperienza politica, massacrati da una violenza di tale portata mi ha portato a provare una grande compassione e desiderio di giustizia. In quella notte del 2001 ero angosciato anche dal pensiero che fosse l’inizio di un colpo di stato tale era la gravità dei fatti per una democrazia occidentale. E forse non c’ero andato poi troppo lontano.

3 Responses to “Bolzaneto vista dagli inglesi”

  1. paritoshluca ha detto:

    Il problema come al solito è l'”identificazione”..
    L’uomo che si abbassa ad essere “funzione”…non ad “apparire” tale..
    I poliziotti credono di essere offesi personalmente..e personalmente e vendicativamente reagiscono..
    Anche certi PM..esplodono in manifestazioni di gioia quando gli accusati sono condannati..come se ne avessere un tornaconto personale..
    E anche i manifestanti se la prendono col poliziotto e non col ruolo che svolge…
    L’identificazione è sovrana..l’uomo diventa ciò che fa..
    e il delinquente rimane tale ab aeternum..perchè il suo essere è ormai modificato in relazione a ciò che ha fatto…
    Karazich è un criminale travestito da medico alternativo..non si prende neanche in considerazione che Karazich era un criminale o patriota..come oggi è un’altra cosa..ambedue ruoli..apparenze e non essere..
    Poi..si crede che sia il cattivo a travestirsi da buono..e non il buono a travestirsi da cattivo..e il pentimento..un concetto sconosciuto..
    Bolzaneto è solo un caso di polizia non professionale..non avvezza a dominare le provocazioni..a non comprendere che i manifestanti odiano la divisa e non chi la porta ..identificato in quella..
    Ciò che scandalizza invece..è il silenzio dell’intellighenzia ..della cultura ..sul problema dell’identificazione..
    Credere che l’apparire sia l’Essere..se è giustificabile in un giudice..o in carabiniere..diventa colpevolezza in chi dovrebbe ragionare..e spinge la collettività verso il basso..perchè la via verso l’alto è nascosta..
    e la frattura tra chi è consapevole e chi non lo è..non è socialmente sanabile..
    Siamo in una nave alla deriva e il capitano viene sentito solo da una minoranza..che la maggioranza continua a fare le solite cose senza neanche accorgersi che sta colando a picco..e se si avverte del pericolo..imbastisce leggi contro chi avverte…
    e gli effetti..poi…sono Bolzaneto..

  2. atisha ha detto:

    ..è tutto ancora troppo indigesto….
    anch’io ho pensato ad un serio attacco alla nostra democrazia, da come si sono svolti gli eventi..
    ciò che mi aveva all’epoca più impressionato sono stati i giornali e telegiornali locali che ad una settimana dall’evento avevano confermato l’arrivo in città di un ordine di 200 sacchi blu con cerniera.. di quelli usati per raccogliere i morti nelle stragi…
    Avrei da raccontare varie testimonianze raccolte tra gli amici e vari che hanno partecipato attivamente.. ma preferisco non farlo per scelta..
    anche non mettendomi in una visione di parte, ma di mezzo..
    Ciò che continuo ad osservare è la paura che è stata volutamente e maestosamente distribuita a destra e manca..
    ovvio che poi la stessa energia qualche direzione ha dovuto prenderla…

  3. Rabbia e lacrime. L’effetto che si voleva produrre è stato ottenuto. Con qualche punta più che sporadica di paura, timore verso un potere che non ha potuto (non voluto) fare a meno di mostrare il suo volto. Genova è ormai ricordata solo per le botte e le meschinità e nessuno sembra ricordare l’immensa energia che ha portato 300.000 persone dai percorsi decisamente eterogenei a dire la medesima cosa secondo il proprio dialetto. Nessuno ricorda la pace che ha portato comunisti, anarchici, comboniani, scouts, vecchi e nuovi sindacalisti, studenti… a camminare fianco a fianco liberi dai pregiudizi. Io a genova ho trovato la conclusione della mia prima (e purtroppo ultima in quei termini) esperienza di riflessione condivisa intorno a problemi strutturali del nostro vivere. Un’analisi che oggi, per forza di cose, vedo parziale ma che mi ha dato lo slancio per guardare al di la del sipario, dietro le quinte di questo meraviglioso mondo in cui viviamo. Vorrei che gli spiriti in risveglio si sforzassero di ricordare il clima e l’atmosfera della primavera 2001 e non dell’autunno 2001. Un anno in cui il risveglio collettivo ha costretto il demiurgo a somministrarci dosi extra di paura pur di far chiudere i nostri cuori.
    Ancora sento parlare di “impreparazione delle FdO” quando a genova, e lo dico da testimone, non c’è stato nulla di imprevisto, dalle devastazione dei “black block” alle torture di bolzaneto e della diaz, fino alla “produzione” di quel morto tanto invocato nei giorni precedenti al corteo. Un piano ben congeniato che ha dato i suoi frutti, in un senso o nell’altro, ma che, una volta compreso, difficilmente potrà ripetersi.
    La scelta di chiudersi sta solo a noi. Quindi io ricorderò Carlo, un ragazzo che stava andando in spiaggia, per la generosità che lo ha mosso e non per la fredda determinazione che lo ha ucciso.

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