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Quando stava per laurearsi in fisica e matematica a Berkley, in California, dove si è trasferito all’età di 18 anni dal Kuwait, si è reso conto che quegli studi non avrebbero potuto soddisfare la sua sete di conoscenza.

Si è invece laureato in psicologia ha esplorato molti altri insegnamenti cominciando ad avere esperienze spirituali profonde.

Oggi Hameed Ali, meglio conosciuto col nome di  Almaas con cui ha firmato dodici libri pubblicati in tutto il mondo, ha 62 anni. La scuola che ha fondato nel 1976 a Berkley, Ridhwan School, coniuga moderne conoscenze psicologiche con antichi cammini spirituali e organizza corsi negli Stati Uniti e in Europa, da pochissimo anche in Italia.

“La psicologia occidentale – ci spiega – si è sviluppata principalmente ignorando la dimensione spirituale, d’altro canto la tradizione spirituale tende a non considerare la vita della mente e come questa possa ostacolare i percorsi dell’anima. Il risultato è che abbiamo conoscenze psicologiche che falliscono nel liberare i nostri cuori e conoscenze spirituali che raramente penetrano le barriere psicologiche.”

Il metodo insegnato si chiama “approccio del diamante” perché prende in considerazione l’essere umano in tutte le sue sfaccettature ed esplora le potenzialità e le qualità nascoste pronte a rivelarsi una volta liberati dai molti “affari irrisolti”.

Alla scuola si accede una volta che la domanda (composta di alcuni questionari e della propria autobiografia) è stata accettata e i corsi si sviluppano nel tempo con tre seminari all’anno.

Gradualmente e con metodologia precisa lo studente viene accompagnato in una investigazione delle esperienze che hanno determinato la sua percezione (o distorsione) della realtà, un lavoro profondo che aiuta a capire come si sono strutturati ego e personalità fino a prendere il posto della propria essenza più profonda ed ostacolarne la libera espressione.

Il mio appuntamento con Hameed Alì è in una magnifica casa antica in Galles, dove si tengono i corsi per i gruppi inglesi. Almaas mi da il benvenuto con un cenno pacato e risponde volentieri a tutte le mie domande.

Come è nato il metodo insegnato?

“Da studente mi chiedevo: la psicologia esplora i processi e le strutture della mente, ma la mente a chi appartiene? Avevo imparato che la psicoterapia sapeva tutto degli squilibri della personalità e poteva riassestarla, ma non sfiorava nemmeno la nostra essenza più profonda, quella di cui si occupano molte tradizioni spirituali. Ho capito che gli aspetti spirituali e psicologici possono essere separati solo in teoria, in realtà sono due dimensioni della coscienza umana. Il processo di capire le proprie esperienze psicologiche permette l’apertura della propria coscienza alle verità più profonde della nostra natura spirituale.”

Come si svolgono i corsi?

“Per insegnare utilizziamo anche le conoscenze della psicologia moderna ma lo scopo di questo lavoro non è risolvere conflitti psicologici, bensì scoprire chi siamo veramente al di là delle convinzioni accumulate, delle identità acquisite e dei modelli comportamentali che ci danno un falso senso di chi siamo. Nel corso di un seminario ci sono letture, meditazioni, esercizi in piccoli gruppi e incontri singoli con gli insegnanti per aiutare a riconnetterci con la nostra natura più profonda, dimenticata dagli inevitabili condizionamenti subiti.”

Sembra una scuola piuttosto impegnativa…

“Non è una scuola che promette risultati facili e veloci, è un percorso che si adegua al ritmo di ogni studente. Ognuno ha esigenze diverse ed è una manifestazione unica che non può essere duplicata. Più riusciamo ad essere in contatto con ciò che è vero per noi stessi al di la delle costruzioni mentali, più ci avviciniamo alla gioia ed esprimiamo l’unicità del nostro essere.”

E’ vero che ci si ritrova ad affrontare momenti difficili?

“Dipende dal punto di vista, per esempio quando esploriamo il dolore che contiene il nostro cuore ci apriamo anche all’amore e alla gioia profonda che altrimenti sarebbero sempre offuscati da qualche cosa nascosto dentro di noi. All’inizio rovistare nel proprio inconscio può essere spaventoso, ma procedendo tutto diventa più semplice e piacevole e si è più vicini alla verità.”

Si lavora anche molto sulla paura del rifiuto…

“Molti dei nostri comportamenti vengono acquisiti nel tentativo di sentirci accettati e in genere abbiamo la profonda convinzione che la gioia debba venire dal di fuori, sentendoci apprezzati e amati dagli altri. In questo modo limitiamo molto il nostro potenziale. Quando ci apriamo alla gioia che è dentro di noi, quella che proviene dalla approvazione degli altri diventa un pallido surrogato e i rapporti sono liberi dal gioco rifiuto/approvazione.”

Molti studenti affermano di migliorare molto le proprie capacità relazionali..
“Nei corsi ci sono parecchie esplorazioni sulle dinamiche delle relazioni. Spesso si è occupati in relazioni mentali invece che reali e non si riesce ad essere in contatto con ciò che è effettivamente presente. Agiamo attraverso i nostri pensieri e le reazioni emotive ai nostri pensieri, crediamo di reagire alla presenza dell’altra persona e invece stiamo reagendo ai nostri pensieri.
In pratica ci troviamo di fronte al passato di un essere umano che si relaziona col passato di un altro essere umano. E’ ovvio quanto tutto ciò possa diventare complicato!”

Quali consigli di pratica quotidiana darebbe a chi non ha mai letto un suo libro o frequentato un seminario della sua scuola?

La prima cosa è osservarsi e non avere paura di sentire ciò che si sente. E’ importante essere consapevoli della propria esperienza diretta nel momento, non nel passato o nel futuro, non elaborata dalla propria mente e filtrata da valutazioni e paragoni. Coltivare la curiosità verso la vita, le nostre esperienze, gli altri essere umani, apprezzare la conoscenza. Non cercare di cambiarsi a tutti i costi ma essere aperti ad essere se stessi nel presente. Riconoscere che amiamo la verità per amore della verità. Avere fiducia che c’è qualcosa più grande di noi che possiamo chiamare come preferiamo: natura, verità, realtà…

Interviste

I corsi della Ridhwan School sono aperti a chiunque desideri affrontare una esplorazione profonda delle proprie dinamiche interiori e molti studenti sono psicoterapeuti che affermano di trovare finalmente le risposte che cercavano invano da tempo, ma non solo…

I corsi sono organizzati in diversi Paesi del mondo, le interviste che seguono sono di studenti del gruppo inglese che studiano da circa cinque anni “l’approccio del diamante”.

(Jenny Dawson e Ian Hoare sono la coppia che si bacia)

Jenny Dawson, 67 anni. Psicoterapista e formatrice  Gestalt
Quando ho incontrato Ian pensavo che la nostra relazione non sarebbe durata più di sei mesi, invece sono passati oltre trentacinque anni! Abbiamo condiviso moltissime esperienze (alcune delle quali considero profondamente spirituali) e cominciato la formazione da psicoterapeuti insieme.

Anche Ridhwan è una avventura che condividiamo e che ha avuto profondi effetti sulla nostra vita di coppia e individuale.

In questi anni mi sono resa conto della mia abitudine a fare dei compromessi per fare piacere a un altro, oppure alla quantità di idee fisse attraverso le quali ero abituata a vedere (e limitare) me stessa e il modo intorno a me. Come conseguenza le mie relazioni personali e professionali sono migliorate molto.

E anche con Ian. Per esempio, se lui si sente molto romantico ma io in quel momento sono di un umore diverso, non cerco di adeguarmi per paura di ferirlo perché abbiamo imparato a godere della nostra compagnia esattamente nel modo in cui siamo in ogni momento. E la nostra relazione è più autentica e più profonda.

Ian Hoare, 73 anni, psicoterapeuta (in pensione)
Negli anni ’60 ero molto interessato alla crescita personale e per acquisire una comprensione più profonda della natura umana mi sono unito a dei gruppi (per l’epoca una novità) nei quali investigavamo sulla nostra consapevolezza. Così, tra visualizzazioni guidate e autocoscienza , ho incontrato mia moglie Jenny. Quando, cinque anni fa, abbiamo scoperto che la scuola Ridhwan offre un approccio integrato unendo teorie psicologiche e pratiche spirituali abbiamo sentito che faceva per noi.

Negli studi ho trovato un grande sostegno per sviluppare una comprensione più profonda di me stesso e della vita, più libero dai condizionamenti del passato. Onestamente, adesso trovo noiose molte delle teorie puramente psicologiche che prima mi affascinavano.

Fare questo percorso con Jenny ha aumentato la nostra capacità di stare insieme: imparando ad apprezzare la nostra personale ricchezza e unicità slegata da certe dinamiche, ci sentiamo anche più  uniti in una relazione profonda.

Catherine McGee, 40 anni, insegnante di meditazione

La mia famiglia ha origini irlandesi, nella nostra cultura si canta e si beve insieme, il che mi sembrava incompatibile con la mia identità di insegnante di meditazione per cui negli anni avevo creato un po’ di distanza tra di noi.

In generale, prima di conoscere Ridhwan, ero abituata a fare una differenza tra la mia vita ordinaria e ciò che consideravo “spirituale”, per esempio se stavo attraversando un momento difficile sapevo che meditando potevo entrare in contatto con quella calma interiore e il problema sarebbe diminuito. La mia pratica spirituale in un certo senso mi allontanava dal mondo e nei periodi di ritiro vivevo una realtà semi-monastica.

Quando ho scoperto gli insegnamenti Ridwhan mi ha attirato un approccio molto diverso: confrontandomi con gli aspetti che generalmente tentavo di evitare avrei potuto “digerire” il mio dolore e la mia vita di ogni giorno avrebbe potuto diventare una esperienza sacra. Molte cose hanno cominciato a cambiare e anche la relazione con la mia famiglia: adesso vedo anche quel modo di celebrare come uno dei molti modi di esprimere un cammino spirituale.

Louise Bélisle, 62 anni, psicoterapista e insegnante di yoga
Quando, 35 anni fa, sono diventata insegnante di yoga ero molto in forma e flessibile ma tutto ciò aveva poca influenza su come vivevo la mia vita in ogni momento. Poi, da psicoterapeuta, mi sono interessata a tutti gli approcci che hanno a che fare con il corpo, come la bioenergetica o il respiro Reichiano e vedevo come queste tecniche aiutavano me e miei pazienti a liberare emozioni represse. Ma per qualche motivo i miglioramenti non duravano molto e intuivo che mancasse qualche cosa.

Con Ridhwan la pratica di esplorare chi sono in ogni momento, non solo nei miei pensieri ma anche nelle sensazioni del mio corpo, mi ha aiutata a diventare curiosa di molti aspetti di me, anche di quelli di cui in passato mi sarei vergognata. Essere se stessi sembra qualche cosa di estremamente semplice ma in pratica è molto difficile a causa della nostra riluttanza ad accettare le cose esattamente come sono. E il più delle volte poi ci si rende conto che è proprio quella resistenza a renderci difficile la vita! Nella scuola ho trovato un metodo per comprendere la struttura del nostro ego e trovare chi sono davvero al di sotto di tutti i condizionamenti, una grande liberazione dal mio passato.

Ruth McAulay, 62 anni, psicoterapeuta (ex cantante lirica)
Ho scoperto Ridhwan leggendo un libro di Almaas e pagina dopo pagina potevo riconoscere me stessa come se l’autore mi conoscesse. Il libro parlava di  quel dolore con cui io stavo facendo i conti, cioè la mia vergogna per avere bisogno di altre persone, il desiderio di essere speciale (in aiuto a una bassa stima di me stessa) e nello stesso tempo la mia tendenza a tenere un po’ di distanza tra me e gli altri per paura di sentirmi ferita.

Quando ero una cantante d’opera l’ammirazione e gli applausi del pubblico sostenevano una parvenza di “sto bene”, ma in realtà dentro mi sentivo infelice.  La scuola mi ha aiutato molto, nei corsi mi piace il modo in cui ogni studente viene considerato nella sua unicità e il fatto che gli insegnamenti ci danno una mappa ma non ci dicono: questo è il modo “giusto” di essere. Per me si tratta di una esperienza straordinariamente liberatrice il fatto di potere esplorare ciò che in genere temiamo e dietro la vergogna di riconoscere la mia rabbia, l’orgoglio, la gelosia… scoprire pace e gioia.

Barbara Brown, 63 anni, insegnante di Qi Gong
L’approccio di Ridhwan è semplice e mi ha sostenuto nell’esplorazione di quesiti come “chi sono?” o “ come posso capire la mia natura?” Ho imparato dagli insegnanti e da altri studenti cose che non avevo mai visto di me stessa (per esempio che tipo di impatto ho sugli altri) e scoprirlo mi ha aiutato a sviluppare una capacità di comunicare più onesta.
Nei corsi si presta molta attenzione alle relazioni, per esempio se accade una incomprensione o un conflitto fra studenti siamo incoraggiati ad esplorare le dinamiche tra di noi con gli esercizi, il che mi è stato enormemente utile per imparare a gestire i conflitti anche in altre parti della mia vita. Per la verità molte delle mie relazioni sono diventate più semplici perché sono diventata meno incline a giudicare e meno “drammatica”.
E’ buffo pensare che ho passato la vita facendo esplorazioni ardue, ho viaggiato negli angoli più remoti della terra, in Cina, India, Nepal… per poi scoprire che ciò che stavo cercando veramente è la capacità di sedere tranquilla nel mio cortile.

Derek Mutti, 59 anni, psicoterapista
Da quando ero adolescente la mia ricerca del senso della vita mi ha spinto ad esplorare diversi cammini e da vent’anni sono buddista praticante. Quando ho scoperto Ridhwan sapevo già che la combinazione psicologia / cammino spirituale faceva per me e nella scuola ho trovato un grande sostegno e ispirazione.

Durante i corsi a volte scopriamo dei paradossi su noi stessi che possono essere davvero comici, infatti in questi anni ho riso moltissimo. Chi pensa che affrontare un cammino di crescita interiore sia qualcosa di necessariamente doloroso si sbaglia: anche se capita di piangere quando si sta esplorando un particolare aspetto della propria vita, per me c’è stato moltissimo umorismo.

La scuola mi ha offerto la possibilità di conoscere meglio me stesso e mi ha dato una amplissima prospettiva sulla natura della sofferenza umana, il che mi è stato estremamente di aiuto per aiutare meglio i miei pazienti.

Joy Isaacs 79 anni, psicoterapeuta (in pensione)

Dopo 45 anni di matrimonio mio marito è morto di cancro e ho deciso che non avrei più voluto vivere nella grande casa dove avevamo cresciuto i nostri figli. E’ stata la fine di un’era, non avevo mai abitato sola prima e anche se la mia famiglia mi è stata molto vicina il cambiamento è stato enorme. Proprio in quel periodo ho scoperto Ridhwan e gli insegnamenti mi hanno aiutata a lasciare andare il passato e vivere più pienamente nel presente.

Ma non solo. Recentemente nei corsi abbiamo esplorato un certo aspetto della relazione con nostra madre e come ciò influenzi ancora i nostri comportamenti presenti. Quell’esercizio mi ha aiutata a individuare cose che anni di psicoterapia non avevano affrontato nello stesso modo e come risultato mi sento enormemente sollevata.
I corsi hanno un impatto profondo su di me, anche nella vita pratica. Per esempio sento che la mia capacità di stare con gli altri migliora e nello stesso tempo mi piace molto stare da sola, ho scoperto una pace interiore che mi permette di essere più pienamente e serenamente me stessa.

I libri alla ricerca della nostra natura più profonda
Sono disponibili libri di Almaas in italiano: “Essenza, il nucleo divino dell’uomo” e “Il cuore del diamante, elementi del reale nell’uomo”, entrambi pubblicati da Edizioni Crisalide

Ridhwan School  in Italia:
Si trovano sul lago di Garda gli studenti del gruppo italiano: tre seminari
all’anno della durata di sei giorni per esplorare le proprie dinamiche
interiori, scoprire potenziali inespressi, fare affiorare le qualità
inevitabilmente frustrate dai molti condizionamenti.
Tra il 18 e il 20 giugno 2010 ci sarà un seminario introduttivo a Il
Carmine, un bel convento a San Felice sul Benaco. Costa 150 euro più le
spese di vitto e alloggio. Iscrizioni entro il 4 giugno.
Per informazioni: rossana.novati@gmail.com

Per maggiorni informazioni: www.ridhwan.org
http://www.ahalmaas.com/

Intervista e fotografie di Enzo Dal Verme, per gentile concessione

 

2 Responses to “Tecnologia spirituale”

  1. watts ha detto:

    Nel Diamond Approach l’aspetto psicologico e quello spirituale sono così strettamente legati da risultare indistinguibili.
    Per sviluppare l’essenza chiarificando e raffinando la personalità, Almaas si serve degli strumenti della psicologia, particolarmente della psicologia del profondo, per introdurre la precisione clinica nell’esplorazione di sé. Sotto il profilo teorico il suo lavoro traccia un’elegante mappa della psiche umana, completa di osservazioni cliniche molto dettagliate.
    Ci sono invece “maestri spirituali”, come Krhishnamurti e Aurobindo (per citare due classici) che hanno sempre avuto una diffidenza spiccata nei confronti della psicologia e dell’ intero approccio psicologico. Il loro era un atteggiamento piuttosto intransigente, sottilmente sostenuto dal tradizionale rifiuto della psicologia come strumento di indagine ontologica e ulteriormente rafforzato dal rifiuto della dimensione spirituale dell’essere da parte delle correnti dominanti della psicologia del loro tempo.
    Krishnamurti sostiene , in particolare, che il suo insegnamento è semplice e diretto. Dice che una persona può ascoltarlo e capirlo ed esserne trasformata immediatamente, prima di uscire dalla sala. È semplice, ordinario e vicinissimo all’individuo. È, di fatto, la natura stessa della consapevolezza: semplice, vuota, chiara.
    Ogni complicazione “psicologica” sembra poter allontanarsi da questa chiarezza.
    Probabilmente l’ approccio di Almaas e’ piu’ consono al nostro tempo, ma vedendo gli allievi della Ridhwan School e le loro pose fotografiche , senza citarne “i mestieri” un po’ lontani dalla comune e talora abbastanza… “improbabili” (come quello della 63enne in posa adolescenziale), sorge qualche ragionevole dubbio sulla bonta’ … dell’ approccio stesso.

  2. rossaa ha detto:

    Ciao watts.
    Comprendo le tue perplessità, ma la mia esperienza in merito ai partecipanti (frequento la Ridhwan da 10 anni, prima in Germania e poi in Italia) è molto diversa.
    Ho visto persone di ogni genere, estrazione sociale, lavoro, età e interessi. Io svolgo la professione di avvocato, ad esempio.
    Ed ho conosciuto insegnanti, madri di famiglia, giudici, medici, imprenditori, giovanissimi e anziani.
    Credo che l’articolo abbia voluto comunicare qualcosa di particolare, ma la normalità in casa Ridhwan è … di casa.

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