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Girard HavenCon 1500 membri e 60 centri sparsi in tutto il mondo, la Fellowship of Friends è attualmente la più grande scuola esistente ispirata agli insegnamenti della Quarta Via (introdotti in Occidente da George Gurdjieff e Peter Ouspensky).

In Italia, è stato pubblicato da Ubaldini il libro del suo fondatore Robert Earl Burton, “Il ricordo di sé”, che a tutt’oggi è l’unico testo dedicato interamente a questa tecnica. La sede della Fellowship è Apollo, in California. Qui vive Girard Haven, il “numero due” dell’organizzazione, oltre che un prolifico autore di libri sulla Quarta Via (sei volumi pubblicati in inglese sull’argomento, disponibili in Amazon), che noi abbiamo intervistato per Innernet.

Vedo che la scuola di cui fai parte ha diversi siti, chiamati “Presenza vivente”, “Essere presenti”, “La via verso la presenza”, “La presenza” (www.livingpresence.com, www.beingpresent.org, www.pathwaytopresence.org, www.la-presenza.it). Puoi spiegare, per favore, cosa vuol dire essere presenti, e perché una persona normale dovrebbe cercare di essere presente?

Essere presenti è l’arte di focalizzare la propria attenzione sul momento presente. Vuol dire essere consapevoli di ciò che si sta facendo, perché e dove lo si sta facendo, i suoi possibili effetti sugli altri e i propri vari scopi, e il suo rapporto con le forze superiori.

Quindi, è possibile pensare al passato o al futuro, o immaginare soluzioni a un problema, restando presenti, ma solo se si riesce a mantenere un’intensa consapevolezza di ciò che si sta facendo e del perché. Senza una tale intensa consapevolezza di se stessi nel momento, la nostra vita ci scivola sopra come un sogno, ed è semplicemente meglio essere svegli che addormentati.

Altre tradizioni spirituali, come il buddhismo e il sufismo, parlano dell’importanza di essere presenti. Cosa distingue la Quarta Via da queste altre tradizioni?

Se le comprendiamo nel modo giusto, tutte le tradizioni spirituali parlano dell’importanza della presenza come ponte tra l’umano e il divino. Le differenze stanno nei metodi e le tecniche usati per sviluppare la presenza. La Quarta Via, e in particolare la Fellowship of Friends, impiega metodi particolarmente adatti all’epoca contemporanea.

A tal proposito, molte persone trovano più facile essere presenti durante un’attività fisica che mentre stanno al computer (ovvero, per la maggior parte della loro giornata). Tu avresti qualche consiglio particolare per promuovere la presenza al PC?

La lotta per essere presenti è fondamentalmente la stessa in tutti i luoghi e momenti, e noi dobbiamo provare gratitudine per le varie opportunità di lavoro fornite dalle diverse circostanze (oltre a saperle usare). Nello specifico, l’opportunità costituita dall’uso di un computer consiste nella pratica dell’attenzione divisa, e uno dei modi più efficaci per fare ciò è introdurre sofferenza volontaria.

Questo vuol dire, per esempio, stare leggermente scomodi, seduti un po’ più vicino o lontano del solito dal computer, in una posizione leggermente disagevole, con dei vestiti un po’ troppo pesanti o la cintura appena troppo stretta. L’idea è quella di avere una leggera fonte di irritazione che ci dia qualcosa di cui essere consapevoli oltre al computer, ma non al punto da provocare danni o interferire con il nostro lavoro.

Si possono pure usare le impressioni, come ascoltare musica (anche una musica che non ci piace potrebbe fungere da sottile sofferenza volontaria) o rendere l’ambiente più bello. È possibile utilizzare un programma di pop-up che interrompa periodicamente le nostre identificazioni, riportandoci al presente. Come ha scritto Rodney Collin: “Il lavoro è il lavoro, e da un punto di vista più vasto, tutto dipende da colui che cerca di fare quanto è richiesto. Le scuse, per quanto raffinate, non contano”

Ho sentito dire che l’infarto che hai avuto nel 2000, quando stavi nella tua scuola già da vari decenni, è stato un evento importante per la tua evoluzione. Puoi dire in che modo hai “tratto profitto” (per dirla con Gurdjieff) da questo evento?

Prima dell’infarto, mi svegliavo al mattino, facevo ciò che dovevo fare durante il giorno, quindi andavo a letto. Dopo l’infarto, a parte qualche leggero cambiamento riguardo ciò che dovevo fare, è stato esattamente lo stesso. In altre parole, il mio corpo ha sofferto un infarto, ma io no. Non saprei dire se ho tratto profitto o meno dall’infarto, perché non posso sapere come sarebbe stata la mia vita se esso non fosse avvenuto.

Questo infarto ha ti ha reso semiparalizzato, giusto?

Per l’esattezza, solo la metà destra del mio corpo è rimasta parzialmente paralizzata. Per tornare alla tua domanda precedente, apparentemente gli altri sono rimasti più scioccati dall’infarto di me. Per me, è stato semplicemente un altro evento della mia vita, e poiché gli eventi della mia vita sono il materiale con cui lavoro per la mia evoluzione, l’infarto non ha fatto che fornire qualcos’altro su cui lavorare.

Allo stesso tempo, sono certo che tutto viene predisposto dalle forze superiori e che queste ultime mi forniscono il materiale necessario con cui lavorare. Se non ci fosse stato l’infarto, sarebbe arrivato qualcos’altro. La distinzione tra “buono” e “cattivo” dipende dal mio atteggiamento e dal modo in cui uso gli eventi della mia vita, esattamente come è stato per l’infarto.

Nella scuola di cui fai parte si parla della “trasformazione della sofferenza”. Puoi spiegare di che si tratta?

La sofferenza deriva dal desiderio che le cose siano diversamente da come sono, il che, ovviamente, è impossibile: ciò che è, è. Questo vale anche per i dolori o disagi più istintivi: uno non recrimina per la “sofferenza” causata da un lungo viaggio al caldo, se davvero desidera arrivare dove sta andando e non esistono alternative… In quei casi, nemmeno si va in immaginazione riguardo l’aria condizionata!

Quindi, il primo passo per acquisire la libertà (il che non implica la cessazione) dalla sofferenza è l’accettazione di ciò che è; in altre parole, il primo passo è la presenza. Ma la vera trasformazione è qualcosa di più di una neutra accettazione; si tratta, in realtà, di desiderare che le cose stiano esattamente così come sono.

Ciò richiede, primo, una forza di volontà, nel campo delle emozioni, sufficientemente grande da non permettere altri tipi di emozioni; secondo, una verifica e comprensione delle forze superiori tale da poterci fidare totalmente del fatto che tutto è stato predisposto per il nostro massimo bene. In tal modo, quella che chiamiamo sofferenza può essere trasformata nello stato di amore divino.

Perché, secondo te, una scuola suscita spesso un’opposizione accesa, anche veemente?

Lo scopo di una scuola non è aiutare una persona a diventare migliore (fatto che comunque avviene), ma aiutarla a diventare un essere completamente diverso. La maggior parte delle persone ha paura di cambiare veramente, e di solito le persone si oppongono a ciò che temono.

In Italia, Gurdjieff viene ormai considerato un uomo straordinario, un “risvegliato”. Altrettanto non si può dire di Ouspensky, che anzi è talvolta visto come un giuda che ha tradito il suo Maestro. So che tu hai un’alta considerazione di Ouspensky. Potresti per favore aiutare il pubblico italiano a capire perché, secondo te, anche lui era un risvegliato?

Il punto non è se lui fosse o meno un risvegliato, ma se lui (o i suoi insegnamenti) possono aiutare il mio risveglio. Io ho verificato, attraverso la mia esperienza, che il mio Maestro è una di queste persone, e lui ha detto che anche Ouspensky lo era. Ho pure verificato, sotto la guida del mio Maestro, che l’opera di Ouspensky è stata per me estremamente preziosa. Allora, perché dovrei dubitare di ciò che il mio Maestro ha detto di lui?

La tua scuola usa spesso l’arte e la contemplazione della bellezza. In che modo queste possono essere attività spirituali? Perché esporsi a belle impressioni può aiutare a “creare l’anima”, per citare il titolo di uno dei tuoi libri?

Non ci sono dubbi che lo stato di presenza sia uno stato meraviglioso. Di conseguenza, la contemplazione della bellezza ci consente di vivere un aspetto della presenza tramite esperienze che ci sono normalmente disponibili. Inoltre, nella nostra epoca abbiamo, come mai prima, la capacità di scegliere le impressioni di cui circondarci. Splendide riproduzioni dei maggiori capolavori artistici e di paesaggi naturali possono stare appese ai nostri muri o essere ammirate nei libri o in Rete.

Il nostro cibo e i nostri vestiti non devono più necessariamente essere prodotti nel raggio di pochi chilometri da dove abitiamo, e ogni volta che lo vogliamo possiamo ascoltare esecuzioni dei più grandi musicisti mondiali. Traendo vantaggio da queste opportunità, gli studenti di una scuola del risveglio del ventunesimo secolo possono manipolare le proprie esperienze in modi impossibili per le scuole del passato, e noi stiamo attivamente esplorando tali possibilità.

Un’ultima domanda: ho sentito dire che recentemente la tua scuola ha abbandonato il sistema, come fece Ouspensky negli ultimi mesi di vita. È vero? Se sì, qual è la nuova forma della tua scuola? Ma già che ci siamo: secondo te, Ouspensky ha davvero abbandonato il sistema?

Riguardo “l’abbandono del sistema”, una delle cose che penso è che il sistema – ma, in realtà, qualsiasi insegnamento – è come un ponteggio che si usa per costruire un edificio: una volta completato l’edificio, il ponteggio ha esaurito il suo compito e viene abbandonato. Un’altra analogia può essere quella delle casseforme in cui si versa il cemento e che vengono rimosse dopo che quest’ultimo si è solidificato. Infine, si può pensare alle fondamenta di un palazzo, che vengono nascoste dalla successiva costruzione di quest’ulimo.

In tutti i casi, quello che Ouspensky disse non implica che egli avesse dubbi sul Sistema, ma semplicemente che non ne aveva più bisogno.
In modo simile, per quasi trent’anni, la scuola di cui faccio parte si è concentrata su quegli aspetti del sistema di Ouspensky che il nostro Maestro riteneva i più pratici. Tuttavia, nell’ultimo decennio siamo andati al di là di essi. Il modo più facile per spiegare tale cambiamento è utilizzare l’analogia di Ouspensky del maggiordomo e del padrone di casa.

All’inizio, nella casa regna il caos e il maggiordomo deve far sì che i vari servitori siano al posto giusto e intenti ai loro compiti, in modo che la casa sia pronta all’arrivo del padrone. Il Sistema, almeno la parte che noi abbiamo usato, riguarda lo sviluppo del maggiordomo e l’ordinamento della casa. Ora che quei compiti sono stati sufficientemente eseguiti, la scuola ha rivolto la sua attenzione alle responsabilità del maggiordomo quando il padrone è in casa.

In altre parole, ci si aspetta che tutti conoscano il “sistema”, ovvero il proprio ruolo nell’ambito della corretta manutenzione della casa, per cui adesso bisogna semplicemente concentrarsi sul fare il proprio lavoro.
Abbandonando l’analogia, il punto oggi non è più promuovere il giusto lavoro interiore e attivare la presenza, bensì sostenere e prolungare quest’ultima. Lo studio del sistema può essere abbandonato – o lasciato indietro – per approfondirne invece gli usi pratici.

English version

The Fourth Way in the XXI Century: A Practitioner’s Perspective

With 1500 members and 60 centers all over the world, the Fellowship of Friends is today the biggest school taking inspiration from the Fourth Way teachings (brought to the West by George Gurdjieff and Peter Ouspensky).

Its teacher, Robert Earl Burton, wrote the book “Self Remembering”, that today is still the only book totally devoted to this ancient practice, translated into many languages. We went to the Fellowship home in Apollo, California. There we interviewed Girard Haven, the “number two” in the organization, and a prolific author of Fourth Way books (six books, available on Amazon). What follows is our interview.

I noticed that the school you are a part of is called “Living presence”, “Being Present,” “Pathway to Presence,” and “La Presenza.” (www.livingpresence.com, www.beingpresent.org, www.pathwaytopresence.org, www.la-presenza.it).  Can you please explain what being present means, and why a normal person should try to be present?

Being present is the art of focusing one’s attention in and on the present moment. It is being aware of what one is doing, why one is doing it, where one is doing it, its possible effects on others and on one’s various aims, and its relation to higher forces.

Thus, it is possible to think of the past or the future, or to imaginesolutions to a problem while one is being present, but only if one can maintain an intense awareness of the fact that one is doing that and the purpose for it. Without such an intense awareness of oneself in the moment, our lives pass us by as if in a dream, and it is simply better to be awake than asleep.

Other spiritual traditions, such as Buddhism and Sufism, speak of the importance of being present. What distinguishes the Fourth Way from these other traditions?

Rightly understood, all spiritual traditions stress the importance of presence as the gateway between the human and the divine. Where they differ is in the methods and techniques used to develop presence. The Fourth Way, and in particular the Fellowship of Friends, incorporates methods particularly suited to the times in which we live.

With regards to this, many people find easier to be present while they are doing some physical activity, and more difficult while they are at the computer (that is the biggest part of their day). Do you have any special suggestion for promoting presence while we are at the PC?

The struggle to be present is fundamentally the same at all times and in all places, and we must grateful for, and make use of, the various opportunities for work which are provided by different circumstances. The particular opportunity which is provided by using a computer is to practice divided attention, and one of the most effective ways to do this is to introduce voluntary suffering.

This involves making yourself a little uncomfortable, for instance, sitting a little too close to the computer or a little farther away from it, or in a slightly uncomfortable position, or dressing a little too warmly, or having your belt a little too tight. The idea is to create just enough of an irritant to be give oneself something to be aware of in addition to the computer, but not so much as to cause harm or even to interfere with one’s work.

One can also use impressions, such as actually listening to music (music one does not like can introduce a little voluntary suffering as well) or making the environment more beautiful. And a pop-up program can be used to periodically interrupt identification and bring one back to the present. In short, there is no easy answer. As Rodney Collin wrote, “Work is work, and from a larger point of view it is merely a question of who will try to do what is required. The delicacy of the excuse is not taken into account.”

I heard that the stroke that you had in 2000, when you had been in the school for several decades, was an important event in your spiritual evolution. Can you say how you “profited” (as Gurdjieff called it) from this situation?

Before the stroke, I would awake in the morning, do what needed to be done during the day, and then go the bed. After the stroke, except for some changes in the details of what needed to be done, it was exactly the same. In other words, my body suffered a stroke, but I was unaffected. Whether I profited from the stroke or not, I do not know, as I have no idea what my life would be like if the stroke had not happened.

It left half of your body paralyzed, is that right?

Actually, it is the right half of my body and it is only partially paralyzed. To go back to your previous question, other people seemed to be more shocked by the stroke than I was. To me, it was merely another event in my life, and since the events of my life are the material I work with for my evolution, the stroke merely provided something else to work with.

At the same time, I am certain that everything is arranged by higher forces, and they provide the necessary material for me to work with. If it had not been a stroke, it would have been something else. Whether that would have been ‘good’ or ‘bad’ would depend on my attitude toward it and the way in which I used it, just as was the case with the stroke.

In the School you are part they speak of the “transformation of suffering.”  Can you explain what this is?

Suffering results from a wish that things could be other than they are, which is, of course, impossible — what is, is. This is true even of most instinctive discomfort or pain: one does not object to the “suffering” of a long, hot drive if one really wants to get where one is going and there is no choice — and one does not have imagination about air conditioning!

Thus, the first level of gaining freedom from (in contrast to cessation of) suffering is acceptance of what is, that is, the first step is presence. But true transformation is more than neutral acceptance; it is actually wishing things to be exactly as they are. This requires, first, enough will with respect to one’s emotions to disallow any other emotions, and second, a sufficient verification and understanding of higher forces to have a complete and unquestioning trust that they have arranged everything for the greatest good. In this way, what we call suffering can be transformed into the state of divine love.

Why do you think that a School often attracts strong, even vehement, opposition?

The aim of a real school is not to help one become a better person (although that does happen); it is to help one to become an altogether different being. Most people are actually afraid of becoming truly different, and what people fear, they usually oppose.

In Italy, Gurdjieff is seen as an extraordinary figure – an “awakened” being. This is not the case for Ouspensky, who is even seen as having abandoned his Teacher. You seem to think highly of Ouspensky, and consider him awakened as well. Can you please speak about Ouspensky to the Italian readers to help them understand why, according to you, he is an awakened (conscious) being?

The real question is not whether someone was awakened himself; it is whether he (or his teachings) can help me to awaken. I have verified through my own experience that my Teacher is such a man, and he, in turn, has said that Ouspensky was such a man. What I have verified is that, under the guidance of my Teacher, Ouspensky’s works have been extremely valuable. Why, then, should I doubt what my Teacher has said about him?

Your school often uses art and the contemplation of beauty. In which way can this be a spiritual activity?  Why does exposing oneself to beautiful impressions help in “Creating a Soul,” as you have titled one of your books?

Without question, the state of presence is a beautiful experience. Consequently, appreciation of beauty allows us to experience an aspect of presence through experiences which are normally available to us. Moreover, in our age we have an unprecedented ability to choose the impressions with which we surround ourselves.

Magnificent reproductions of the world’s greatest art and natural beauty can be hung on our walls, or be found in books or on-line. Our food and clothing are no longer limited to what can be produced within a few miles of our homes, and we can hear performances by the world’s best musicians whenever we wish.

By taking advantage of these possibilities, students in a twenty-first century school of awakening can manipulate their experience in ways that we not possible for the schools of the past, and we are actively exploring those possibilities.

It is said that recently your School abandoned the System, as Ouspensky did in his last months of life. Is that true? What is the new form of your School? And by the way, did Ouspensky really abandon the System, according to you?

One way that I think about “abandoning the system” is that the system — or any teaching, for that matter — is like a scaffolding used in the construction of a building; once the building is complete, the scaffolding has served its purpose and is abandoned. Another analogy is provided by the forms which are used for pouring concrete and then removed once the concrete hardens.

And one can also view it in terms of the foundations for a building, which are then hidden by the subsequent construction. In any case, Ouspensky’s statement does not imply that he had any doubts about the System, but only that he no longer needed it.

Similarly, for a little over the first thirty years of its existence the School of which I am a part focused on those aspects of Ouspensky’s System which our teacher found most practical. However, in the last decade, we have moved beyond that. The easiest way to explain the change is in terms of Ouspensky’s analogy of the steward and the master in a large household.

At first, the house is in disarray and the steward must set the servants into their proper places doing their own jobs, so that the house will be ready for the master when he comes. The System, at least the part we used, is about the development of the steward and the ordering of the house.

Now that those tasks have been sufficiently taken care of, the School has turned its attention to the question of the steward’s responsibilities when the master is in residence. In other words, everyone is expected to know the ‘system’ — that is, what their role in the right work of the household is — and now they simply need to concentrate on doing their job.

Dropping the analogy, the focus now is no longer on the question of promoting right work internally and engaging presence, but on the that of supporting and prolonging presence. Study of the System can be abandoned — or left behind — in favor of training in its practical use.

341 Responses to “La Quarta Via nel XXI secolo: una testimonianza”

  1. sandros ha detto:

    Se dici che è anche questione di fortuna già mi sembra più realistico.Per il resto non ho mai detto di seguire la quarta via, ne di accettare tutto in blocco,ma continuo ad interessarmi ed a leggere il materiale tradotto,perchè lo trovo interessante per chiunque segua qualsiasi via

  2. Antonio ha detto:

    Le vie del Signore sono infinite… ma noi ne possiamo percorrere solo una!

  3. sandros ha detto:

    Sicuro.Ma dal confronto e dal dialogo c’è sempre da imparare

  4. Michele ha detto:

    Cari amici di Innernet, sono stato per diciotto anni nella Fellowship of Friends. Se me lo permettete, vorrei mettere attenzione su due punti dell’intervista a Girard.

    Domanda: “Vedo che la scuola di cui fai parte ha diversi siti, chiamati “Presenza vivente”, “Essere presenti”, “La via verso la presenza”, “La presenza” (www.livingpresence.com, http://www.beingpresent.org, http://www.pathwaytopresence.org, http://www.la-presenza.it)…..” La domanda prosegue focalizzando sulla presenza. La risposta di Girard parla quindi della presenza.
    Data la premessa, si poteva proseguire anche con un’altra domanda, che sarebbe stata più o meno così: “Perchè questo fiorire di nomi diversi, avete qualche problema con il nome ‘Fellowship of Friends’?”. Chissà che cosa avrebbe risposto Girard. Infatti se digiti “Fellowship of Friends” nel motore di ricerca, oltre ai siti istituzionali della Fof, trovi i cosidetti “Siti critici”, di cui uno in italiano, laliberastrada.blogspot.com, e uno in inglese, fellowshipoffriends.wordpress.com. In questi ultimi tre anni la Fellowship, di fronte al fenomeno della libera discussione non irregimentata, ha percorso due strade: imporre agli studenti di non leggere e non intervenire, e sottrarsi al cattivo nome che stava prendendo piede su internet semplicemente inventandosi altri nomi e altri siti in cui il nome “Fellowship of Friends” non appare mai (vedi http://www.la-presenza.it).

    Poco dopo, nell’intervista, segue la domanda: “Perché, secondo te, una scuola suscita spesso un’opposizione accesa, anche veemente?”. Ecco la risposta: “Lo scopo di una scuola non è aiutare una persona a diventare migliore (fatto che comunque avviene), ma aiutarla a diventare un essere completamente diverso. La maggior parte delle persone ha paura di cambiare veramente, e di solito le persone si oppongono a ciò che temono.”
    Vorrei far notare che nella risposta non si entra nel merito di quali siano le critiche. Si relega il fenomeno sotto la voce “ex-studenti che non hanno avuto la forza o il coraggio di cambiare completamente” e che in seguito si oppongono alla Fof in maniera “accesa, anche veemente”. Tutto qui.
    La Fellowship of Friends è una setta, e fin qui niente di male, ogni scuola o gruppo è anche una setta. Però secondo la mia esperienza, sia da studente che da fuoriuscito, posso dire che la Fof è una setta in cui esiste un certo grado di controllo mentale, sufficente a far sì che tengano le orecchie tappate a ciò che non devono sentire, occhi bendati a ciò che non devono vedere e bocca chiusa per ciò che non devono dire. Una scuola della Quarta Via non ha bisogno di questo, una setta di controllo mentale si. So che i membri non possono capire questo, specialmente dopo anni di membership. Lo si capisce con il tempo, allontanandosi dalla dinamica di gruppo. È una conoscenza che non si può acquisire se non sulla base dell’esperienza, proprio come per il lavoro su di sè.
    Ma buona parte dei membri non farà mai l’esperienza di distaccarsi dalla Fellowship. Parte dell’indottrinamento consiste infatti nel coltivare la paura, anzi l’orrore, della prospettiva di lasciare la scuola. Viene detto che lasciare la scuola è “The Ultimate Tragedy”, che si torna ad essere solo cibo per la luna o si finisce in fondo alla fila per il risveglio. Sicchè un’importante terza forza che tiene insieme la Fellowship of Friends è la paura.

    Vi ringrazio se vorrete ospitare questo mio commento. Un saluto affettuoso ai membri della Fellowship, con un invito ad aprire la mente, gli occhi, le orecchie e a parlare senza paura e senza tabù.
    Michele

  5. Antonio ha detto:

    Ciao, personalmente quello che mi colpisce di più in tutti i nome della Fellowship è il riferimento che fanno con il Divino, Gurdjieff si riferiva a Dio con il nome di Assoluto, mi sembrano tanto termini da new age, mentre la Quarta Via ho un approccio molto tecnico, purtroppo in nome di Dio è un termine troppo inflazionato e si rischia di andarci in immaginazione, soprattutto per noi italiani.

  6. Domando ha detto:

    Onestamente…:
    Il sistema funziona?
    Sappiamo per certo che esso funzioni?
    Abbiamo prove che abbia prodotto esseri ‘grandi’, ‘superiori’ e ‘consci’? Abbiamo prove che Gurdjeff fosse un grande uomo?
    E Ouspensky?
    Erano consci?
    E cosa vuol dire ‘erano consci’ o ‘sono scappati’ o erano ‘illuminati’?
    Abbiamo mai visto un vero Maestro?
    Sappiamo veramente cos’e’?
    Perche’ lo desideriamo tanto?
    Se un giorno mai lo dovessimo incontrare, saremo in grado di riconoscerlo o crederemo di vederlo con gli occhi della nostra fede?
    Se lo si cerca non si e’ forse gia’ dipendenti?
    G. e O. sono morti e sepolti, eppure non li abbiamo forse gia’ beatificati senza sapere chi fossero veramente?
    Perche’ quando G. parla dell’Assoluto e’ diverso rispetto ad un’altra persona?
    Come facciamo a sapere con certezza e a dire di gente come Nietzsche, Barth e chi per loro, che erano o sono macchine e che dormono o dormivano?
    Secondo la dotttrina della Quarta Via, parlare di cio’ che non si conosce non e’ forse considerato mentire?
    Pensare di sapere, oltre ad essere una forma di mentire a se stessi, non e’ forse anche una forma di arroganza?
    Vi siete veramente chiesti tutto cio’?
    … e vi siete mai risposti onestamente?

  7. Nicola Perchiazzi ha detto:

    “Pensare di sapere, oltre ad essere una forma di mentire a se stessi, non e’ forse anche una forma di arroganza?” Se il ‘non-sapere’ è la forma estrema di akedia, il ‘pensare-di-sapere’ è pura hybris. E visto che siamo su questa ‘via’ (ce ne sono altre), Ouspensky, a chi diceva: “Ieri hai detto…”, poneva subito un alt con: “Non puoi affermare una cosa del genere. Devi dire: ho capito che ieri hai detto…”. E se qualcuno diceva: “Nella Bibbia si dice che…”, lui lo interrompeva con: “No! Di’ solo che, per quanto hai capito, nella Bibbia si dice…” E a proposito di ‘spiritualità’ (cui peraltro credo – per quanto ne ho capito…), Ouspensky, a chi diceva: “Ho visto una luce alla sommità del capo… mi si sono aperti i chakra…”, poneva anche qui uno ‘stop’: “… Immaginazione”. E a chi gli chiedeva cosa fosse questa ‘immaginazione’ rispondeva: “La malattia della fantasia”. Quindi, attenti a non scambiare il cammello per il cammeo. E se si trova la ‘perla’, non gettarla ai porci…”.

  8. atisha ha detto:

    Antonio scrive: “Ps. Conosco l’associazione “La Teca”, ha molti meriti è ben organizzata, ma non è una scuola di Quarta Via.”

    Antonio.. non esistono scuole di quarta via, ma scuole che si ispirano al metodo della Quarta Via… in più ho indicato “una scuola” e non “la scuola”…
    Direi che Gudjieff non è più qui, come può esistere una scuola di quarta via?
    Direi inoltre che se non l’hai frequantata meglio non portare giudizio alcuno.. è secondo la mia esperienza la più vicina al metodo originale di Gurdjieff a quanto ho sentito (tra l’altro) e letto qui.. ed è una scuola “aperta”.. nulla a che vedere con le sette.. in più per mia conoscenza diretta posso aggiungere che a me ha dato molto ma molto anche senza entrare direttamente nella scuola.. infatti ancora oggi vige uno scambio amichevole e fraterno tra il Maestro i membri ecc.. altro per riguardo non voglio aggiungere, ma forse è davvero il meglio che il “mercato” possa offrire a chi ama risvegliare la propria coscienza.. Certo è che bisogna “volerlo”.

    Michele scrive: “La maggior parte delle persone ha paura di cambiare veramente, e di solito le persone si oppongono a ciò che temono.” … mi pare sufficiente questa frase, tutto il resto sono i soliti commenti ingenui che leggo, di chi non ha realmente coraggio e fiducia profonda nella sua ricerca spirituale..
    Un saluto :)

  9. Michele ha detto:

    “La maggior parte delle persone ha paura di cambiare veramente, e di solito le persone si oppongono a ciò che temono”. Non l’ho detto io, Atisha, lo ha detto Girard Haven nell’intervista.
    E il punto su cui invito a pensare, non è se questo sia un concetto giusto o sbagliato, ma come questa idea venga usata strumentalmente per tacciare gli ex-membri con una etichetta, come a dire “non c’è nulla da capire in ciò che dicono gli ex-membri, non ascoltateli, non perdete tempo con loro”. Nella Fellowship of Friends ciò è a sostegno dell'”esercizio” di non avere contatti con gli ex-membri.
    Agli occhi delle altre persone, sembra incredibile che ci sia gente che si tappa occhi e orecchie volontariamente, ma è questo che succede nella dinamica settaria in cui il controllo mentale raggiunge un certo livello.
    Penso che “La Teca” sia una setta, ma non prendertela, non c’è niente di male. In fondo, era una setta anche quella di Gurdjieff, di Ouspensky, di Cristo e via dicendo…
    Il punto è vedere che cosa succede all’interno della tua setta, non rifutarsi di vederla ‘anche’ sotto questo punto di vista. Per esempio puoi osservare se c’è un meccanismo di venerazione dei membri nei confronti del leader, o se viene – anche sottilmente – coltivata un’idea di essere superiori agli altri.
    A proposito, ne “La Teca” c’è qualche esercizio riguardo agli ex-membri? Tu conosci qualche fuoriuscito?

  10. eckhart ha detto:

    Dice Michele:
    In fondo, era una setta anche quella di Gurdjieff, di Ouspensky, di Cristo e via dicendo
    ***
    Mah..forse intendi dire un cenacolo esoterico..

  11. Antonio ha detto:

    Salve, quello che penso è che ognuno segue la propria via, e una volta intrapresa faccio tutto ciò che mi viene detto, se dico di essere tifoso della Roma, non mi faccio l’abbonamento dell’Inter o della Lazio, se decido di studiare la Quarta Via prendo tutto il pacchetto, (se mi piace scendere con la slitta devo anche portarlo in salita “Ouspensky”) se entro in una scuola di Quarta Via prendo le regole della scuola, è come se decidessi di fare il militare e poi mi lamentassi del taglio dei capelli, se uno esce dalla scuola mi spiegate perchè poi va sui siti che parlano di Quarta Via, cosa c’entra? tutte quelle domande, e manco una che si riferisse al proprio stato, alla propria situazione, tutto proiettato all’esterno.
    Secondo me, il fulcro di tutte le nostre osservazioni è capire dove stiamo, questo stato di malessere ed estraneità che ci accompagna da quando siamo nati, poi in base al nostro centro magnetico ci imbatteremo in quello che sarà più necessario per noi.

  12. atisha ha detto:

    Michele… tranquillo che non me la prendo di nulla, ci mancherebbe.. va bene cmq la definizione di Eck.. “cenacolo esoterico” ecco che meglio s’addice…
    Mi chiedi se conosco qualcuno fuoriuscito?
    sinceramente in dieci anni ho visto grande espansione e tante new entry.. se c’è qualcuno che scappa lo fa dalle prime “puntate”.. primi incontri e primio “compiti” della scuola..
    in realtà conosco e vedo molti discepoli sereni e cambiati, chiaramente in adorazione del loro maestro, quello sì.. ma come non volergli bene? è davvero un giovane Uomo extra-ordinario, oggi più che mai posso constatarlo anche a distanza di anni e a distanza delle mie comprensioni.. Mi fermo qui.
    un saluto :)

  13. Domando ha detto:

    Per Nicola:
    Dici: “Se il ”˜non-sapere’ è la forma estrema di akedia, il ”˜pensare-di-sapere’ è pura hybris.”
    Potresti per favore sviluppare questo concetto e relativi termini?
    Per Eckhart:
    “Scuola”, “Setta”, “Cenacolo Esoterico”… se vengono placcate d’oro zecchino, le sbarre non sono piu’ sbarre?
    Per Atisha:
    Dici: “Direi inoltre che se non l’hai frequentata meglio non portare giudizio alcuno.. è secondo la mia esperienza la più vicina al metodo originale di Gurdjieff a quanto ho sentito (tra l’altro) e letto qui…”
    Non e’ questa una contraddizione?
    Come fai a conoscere il “metodo originale di G.”?
    Cosa vuol dire “risvegliare la propria coscienza”?
    Come si fa a”volerlo” quando, secondo la teoria, non possediamo “volonta'”?
    La domanda era: “Tu conosci qualche fuoriuscito?” Ovvero, conosci qualcuno che e’ uscito o scappato che dir si voglia?
    Ci puoi parlare di questo “giovane Uomo extra-ordinario”?
    Per Antonio:
    Dici: “…se decido di studiare la Quarta Via prendo tutto il pacchetto.”
    All’interno del pacchetto, ma forse piu’ alla base del pacchetto, non c’e’ forse l’idea di ‘verificare’ ogni cosa?
    G. diceva anche: ” Vi domando di non credere a nulla che non potete verificare per voi stessi. Se non avete una mente critica, la vostra visita qui è inutile.” Non vi sembra che il credere a queste idee sia proprio paradossalmente una mancanza di pensiero critico?
    Non pensi che tutte queste domande si riferiscono esattamente al “proprio stato, alla propria situazione” e che siano proprio un modo di
    “capire dove stiamo”?
    Hai mai visto un ‘centro magnetico’?
    Chiedi: “se uno esce dalla scuola mi spiegate perchè poi va sui siti che parlano di Quarta Via, cosa c’entra?”
    Non credi che condividere la propria sincera esperienza, positiva o negativa che sia, possa essere utile per dipingere un quadro piu’ realistico, spassionato e imparziale?
    Non dovrebbe essere proprio questo il nostro desiderio?
    Perche’ cio’ ci e’ indifferente, ci indigna e ci fa paura?

  14. eckhart ha detto:

    dice Domando:Scuola”, “Setta”, “Cenacolo Esoterico”… se vengono placcate d’oro zecchino, le sbarre non sono piu’ sbarre..

    le sbarre le vede la tua mente…l’ostruzione-selezione è assolutamente naturale e inevitabile..la verità può uccidere se non pronti..è bene non dare le parle ai porci,per un motivo pratico,non certo per creare un’elite di persone superiori..
    la mente vede mappe e mai territori..
    e soltanto questa solo può giudicare-criticare.
    Comunque la chiave di tutto mi sembra risiedere nell’ultima domanda del tuo intervento..a cui rispondo:perchè c’è ancora troppo ego a cui si fa riferimento.. :-)

  15. Nicola Perchiazzi ha detto:

    Per Domando: l’akedia è l’accidia, l’indolenza, la mancanza di attenzione e intenzione nel vivere: è l’aspettarsi la manna dal cielo o il vivere nella completa indifferenza delle cose (da non confondersi con l’otium e la paresse, che è solo un vivere ‘slow’, con maggiore ‘attenzione’ e ‘presenza’). Con queste premesse è chiaro che, anche se il maestro si presenta, l’accidioso non se ne cura. Il suo ‘carpe diem’ è il “giorno della carpa”…
    L’hybris è l’arroganza, l’orgoglio saccente, presuntuoso e supponente, il ritenersi detentori della verita, del sacro graal, della mela (marcia…). È il farsi maestro anche se non se ne hanno gli attributi: è tipico dei ‘fai-da-te’ e degli allievi ‘degeneri’ e solo ‘presunti’, non solo della Quarta Via, ma di qualsiasi via…
    Chi vive nella ‘presenza’ ed è un ‘cercatore’ (“sulla via”) ha scacciato da sè l’akedia e si è spogliato dall’hybris: solo così può correre nudo verso le vette.

  16. atisha ha detto:

    DOMANDO…. Dici (atisha) : “Direi inoltre che se non l’hai frequentata meglio non portare giudizio alcuno.. è secondo la mia esperienza la più vicina al metodo originale di Gurdjieff a quanto ho sentito (tra l’altro) e letto qui…”
    Non e’ questa una contraddizione?
    ATISHA: sì, hai ragione.. è una contraddizione, per la mente che non ha esperito il metodo
    DOMANDO: Come fai a conoscere il “metodo originale di G.”?
    ATISHA: si può solo percorrere e capisci che è il metodo originale dai risultati.. ma so che è un metodo non per tutti.
    DOMANDO: Cosa vuol dire “risvegliare la propria coscienza”?
    ATISHA: cosa vuol dire camminare nell’oscurità? vivere nella paura? nella sofferenza e nell’ignoranza? è esattamente il contrario.
    DOMANDO: Come si fa a”volerlo” quando, secondo la teoria, non possediamo “volonta’”?
    ATISHA: quando si inizia a “volerlo” è perchè una parte di te, quella più evoluta, si accorge che c’è qualcosa che gli impedisce di vedere..
    DOMANDO: La domanda era: “Tu conosci qualche fuoriuscito?” Ovvero, conosci qualcuno che e’ uscito o scappato che dir si voglia?
    ATISHA: personalmente no, ma non escludo che qualche ego frammentato se la sia data a gambe.
    DOMANDO: Ci puoi parlare di questo “giovane Uomo extra-ordinario”?
    ATISHA: no, assolutamente.. non serve.

    un saluto :)

  17. Andros ha detto:

    Senza dubbio il lavaggio del cervello comincia a priori, lentamente ed inesorabilmente. Si comincia con una sincera insoddisfazione con se’ stessi o con la propria vita; si aspira a qualcos’altro.
    Per (s)fortuna ci sono subito libri e persone che ci confortano: esiste una via d’uscita. Ci sono maestri dapperttutto e di gusti diversi (tibetani, non-dualisti, eckartiani, o come Burton…ciarlatani) che ci dicono cosa fare (per il nostro bene certo…), solo per un breve periodo per carita’, che non si rimanga bloccati per anni (che e’ esattamente quello che succede) ad ascoltare le parole di saggezza di un idiota (nel senso gurdjieffiano?) illuminato!
    Il lavaggio del cervello a cui ci sottoponiamo (prima che lo facciano altri) si nutre di parole come ‘sonno’, ‘risveglio’, ‘coscienza’, ‘lavoro’,’sforzi’, ‘trasformazione della sofferenza/ignoranza’.
    Nessuno sa cosa queste parole vogliano dire (a parte le persone qui presenti, ovviamente), veramente. Infatti si usano parole di altre persone (I maestri) per spiegarle……
    Lasciare il sistema vuol dire smettere di credere alle stupidaggini altrui, di qualsiasi tipo (come anche uccidere il Buddha).
    Seguire un maestro vuol dire allontanarsi da se’ stessi. Se la verita’ e’ dentro di noi, come puo’ un elemento esterno farcela conoscere? Non sarebbe quella, solamente, la sua di verita’?
    Ovviamente si deve credere di non poter raggiungere la propria verita’ da soli per decidere di seguire quella di altri. Strano, no? Perche’ siamo cosi’ sicuri di non potercela fare? Perche’ i libri ci dicono che non e’ possibile, o perche’ e’ forse piu’ facile credere in qualcun altro che non in noi stessi? (e’ difficile resistere gli uomini meravigliosi…)
    Quante persone ‘risvegliate’ conoscete che hanno seguito i metodi che voi stessi seguite? E potete veramente dire che sono persone ‘speciali?
    So gia’ le risposte a queste domande (devo essere un genio!), sono le stesse di tutti gli altri seguaci del mondo…..sono basate sulla fede cieca in quello in cui si crede al momento (senza pero’ ammettere che sia fede). Anche un sistema basato sulle verifiche e’ basato sulla fede (fede che G. ed O. fossero consci e che il sistema stesso funzioni…).

    Buon ‘lavoro’ a tutti.

  18. Michele ha detto:

    Chiamiamolo pure cenacolo esoterico. Per me andava bene anche quell’altro nome con cui le persone all’esterno e gli studiosi definiscono il fenomeno. Lo chiamano “setta”. Teoricamente questo termine in se stesso non porta nessuna connotazione negativa, ma dalla gente – che. lo sappiamo, è formatoria – viene visto negativamente. Sicchè tutti quelli che stanno in un cenacolo esoterico ci tengono molto a dire “la nostra non è una setta”.
    C’è un pericolo che si corre nel far parte di un cenacolo esoterico: è quello di diventare “prigionieri psicologici”. Prigionieri che non sanno di essere prigionieri.
    Quando facevo parte della Fellowship of Friends, non sapevo di essere un prigioniero psicologico. Me ne sono accorto nel periodo successivo alla mia uscita.
    Mano a mano mi si è disvelato quali paure, alimentate progressivamente negli anni dal gruppo e dal leader, si frapponevano all’uscita dal gruppo. Non rimpiango di essere stato nella Fellowship, mi è piaciuta molto almeno per i primi dieci anni. Poi è cominciato in me il desiderio di andare via. Ma questo desiderio non era considerato legittimo. Chi lasciava la scuola cedeva ”“ secondo il pensiero del gruppo ”“ alla falsa personalità, al centro istintivo, al sé inferiore. Non vi era alcun “legittimo” motivo per lasciare. Inoltre venivano dette cose spaventevoli di chi lasciava: che si tornava ad essere cibo per la luna, che si perdevano per sempre le proprie possibilità di evoluzione ecc. Tuttavia, mentre ero dentro, non vedevo che c’era la terza forza della paura a tenermi dentro. Non vedevo le sbarre.
    Mi sembra che non solo Atisha che lo ha onestamente dichiarato, ma anche altri di voi facciano parte di “cenacoli”. Come viene trattata l’intenzione di lasciare nei cenacoli che frequentate? Cosa pensate di chi lascia?

  19. eckhart ha detto:

    Michele..non so..
    sono un cane sciolto..
    il cenacolo sono i miei Amici..non posso vedere sbarre..
    ma adesso capisco la tua testimonianza..
    davvero inquietante ciò che racconti..
    quel soggiocare l’ego tramite paure-minacce è il processo contrario da instillare all’ente,che è la libertà sempre e comunque dal Cerchio,almeno verso il “fuori”..
    :-)

  20. romano ha detto:

    Antonio posso sapere il nome della tua scuola ?
    scrive:ATISHA: personalmente no, ma non escludo che qualche ego frammentato se la sia data a gambe.
    Grazie Atisha se avevo qualche dubbio sulla Teca me l’hai chiarito.
    Ad entrambi faccio una domanda difficile :se non ce la fate da soli a rispondere chiedetelo ai vostri Maestri (per favore).
    L’uomo N 4 è un solo prodotto di scuola. Chi dà all ?uomo 1,2,3 il diploma che ha raggiunto N° 4 ?
    Rispetto al seguire tutto il pacchetto della quartavia.
    Un giorno G si arrabbiò con un suo studente perché non aveva aggiustato il fanale della sua auto. :Prendi quella lanterna e siediti sul parafango. Il poveretto(si chiamava A.) si mise a sedere sul parafango. “IDIOTA urlò Gurdjieff fuori dai piedi !”
    Cosa vuol dire rinunciare alla propria volontà e sottomettersi a quella di un Maestro allora ?
    A proposito io sono stato per 5 anni nel cenacolo esoterico di Patrizio Paoletti (un magna magna abbastanza occultato ) e appena conseguito il diploma di N 4 me la sono data a gambe ,ma qualche amico frammentato lo lasciato lì. Sperando vi vada di traverso un caloroso saluto