Generazione Y 18-25 cosa vogliono?
Leggo un articoletto sulla rivista What is Enlightenment di Gennaio-Aprile 2008 che riporta una indagine del Pew Reseach Center sugli obiettivi della generazione Y (18-25 anni) rispetto a quelli della generazione X (26-40 anni).
La domanda era semplice: quali sono i tuoi obiettivi nella vita? Le risposte sono state le seguenti:
Generazione Y (18-25) |
Generazione X (26-40) |
|
Diventare ricco | 87% | 62% |
Diventare famoso | 51% | 29% |
Aiutare il prossimo | 30% | 36% |
Essere un riferimento per la propria comunità |
22% | 33% |
Diventare più spirituale | 10% | 31% |
Risulta quindi uno spostamento delle giovani generazioni verso i valori centrati sulla propria individualità, forse materialisti. Lo studio è stato effettuato negli USA. Mi chiedevo se anche in Italia avremmo delle risposte simili.
Quale sia la risposta, ho come l’impressione che, data la scarsità progressiva di risorse a livello mondiale, questa generazione Y potrebbe sperimentare una delle più forti delusioni della storia, grande quanto le aspettative gonfiate dalla pubblicità. Forse potrebbe chamarsi generazione “Y now?” (Perchè adesso?)
Leggere questa tabellina mi ha lasciato di sasso.
Eppure con tutta quella delusione che ci sarà in giro ci si potrà ricavare qualcosa di interessante… mumble mumble.
La vita sulla Terra è andata sempre progredendo. Semplicemente perché il tempo sottrae molte cose ma aggiunge sicuramente conoscenza. Un ingegnere, un medico, un architetto e anche un filosofo o un mistico hanno più elementi a disposizione per percorrere le strade della ricerca e del sapere. E pure per ottenere risultati migliori. Basta confrontare le aspettative generali di vita, tutti i mezzi in ogni ambito che noi abbiamo a disposizione e quelli invece nelle mani dei nostri padri. Il mondo non regredisce. A molti passatisti sembra che tutto peggiori solo perché la natura umana teme i cambiamenti e soprattutto perché ogni cosa si consuma con il passare del tempo. Confondono quindi l’inevitabile consunzione del nostro pianeta e delle condizioni di vita correlate con una regressione determinata dall’etica o dal decadimento delle qualità umane. Gli uomini con il tempo migliorano complessivamente, sempre, seppure con un andamento ciclico delle progressioni. Perché ogni giorno diminuisce la loro ignoranza. Certo, occorrerebbero forse molte migliaia di anni prima che imparassero a non farsi fregare dai propri impulsi. Ma chi conosce il futuro?
Per chi crede nella vita ultraterrena o nella reincarnazione quello che accade nell’esistenza terrena dovrebbe interessare poco. I religiosi si spiegano con facilità ogni nefandezza, come lo sterminio degli innocenti per esempio, con la misteriosità e la perfezione dei disegni divini. I mistici sanno che quello che gli accade intorno non conta nulla: loro hanno la consapevolezza dell’infinito. La vita terrena è un affare per atei.
Lo studio è utile, i dati confrontabili ad altri studi ( ambiente Marketing – Pubblicità : dunque anche più accurati e meno ideologico possibile ) .
MA resta un sondaggio ( con le ineliminabili sue inaccuratezze )
Non so come andrebbe in Italia.
Il clima e la temperie, uno sguardo circolare sembrano confermare se non i numeri la tendenza.
E qui il discorso si fa interessante, o almeno qui c’è la ragione del mio intervento. Se andate ( molti di voi lo hanno già fatto ) al Post poeticamente chiamato “Azienda Italia”, vedrete come da un analisi materiale, concreta, quasi una cronaca – si sia andati verso altre e alte immaterialità. Credo infine che dalle delusioni ( tu chiamale se vuoi – io le chiamerò ” cader delle apparenze ” ) rinasca un meno falso sentire.
Perchè le eccezioni CONTANO. E le masse SEGUONO.
Buone Giornate,
VF
È anche da tenere in considerazione che è difficile definire cosa si intende per futuro in un sondaggio, perché ci sono vari futuri per ogni persona: quello che accadrà appena finiti gli studi, quello che accadrà quando si avrà un lavoro e una famiglia, quello che si determinerà una volta in pensione e altre subdivisioni ancora. Proprio ieri parlavo con una mia amica e ci confrontavamo sul fatto che io ho già delle idee per quando sarò pensionato e avrò un sacco di tempo libero e lei invece che non si era neanche posta la questione se sposarsi o meno. Chiaramente abbiamo due concezioni di futuro piuttosto diverse. Se poi teniamo conto della differenza di religione, famiglia, abitudini e altro ancora, capiamo che una domanda come “quali sono i tuoi obiettivi nella vita” la prima risposta che ci dovremmo aspettare non è una scelta tra le ipotesi proposte, ma una domanda come “in quale parte della vita?”. Almeno questo è come risponderei io a 19 anni.
” La vita terrena è un affare per atei ” ( by Sir Thomas Yancey )
Chapeau !
In termini molto concreti è così come la pensa Thomas..
e ciò difatti giustifica le risposte della generazione Y,a quanto pare più concreta..in quanto più atea..
E più ci aggrappiamo ed identifichiamo a questo mondo ,più cresce la curva verso l’ego-ismo,inevitabilmente.
Insomma:non credo in una moralità laica.
Senza orizzonti più ampi (che per quanto mi riguarda ,non significa vivere d’illusioni ultraterrene) la mente diventa più miope,più distruttiva,più avida,più narcisista…
Sono comunque convinto che gli uni (spirituali) abbiano bisogno degli altri (materialisti) nella pratica,nel progresso ecc.
Saremmo ,in caso contrario,ancora all’età della pietra.
È però anche da considerare che il progresso, più che verso una ateizzazione o ad una amoralità laica, ha portato ad una differenziazione tra gli esseri umani, formando soggetti che si allontanano dalla spiritualità ancestrale (forse la sto prendendo troppo larga). Sta di fatto che più passa il tempo e più ci differenziamo di generazione in generazione. Gli atei dunque non sono che una parte dell’intera popolazione mondiale.
Luca De Biase ad esempio ha descritto nel suo Economia della Felicità di un cambio di paradigma legato al web, descrivendo l’interazione come generosità tra i blogger e non solo. Una generosità di tempo e di attenzione. Questo potrebbe dunque essere un nuovo punto di partenza per una moralità laica che recupera una parte di questi nuovi atei.
Ci vorrà però ancora parecchio tempo perché il nuovo paradigma descritto si diffonda, che di nuovo ha soltanto il contesto in cui si pone, perché come contenuti, a mio avviso, ripropone una coesione sociale presente laddove l’industrializzazione non ha ancora fatto il suo ingresso.
Stimolare i valori individualistici ed egoici è stato funzionale alla società dei consumi. Più si è isolati socialmente e più si compenserà il senso di perdita acquistando prodotti e costruendo una immagine di se stessi che viene approvata socialmente. I situazionisti negli anni ’50 avevano analizzato questo fenomeno nei dettagli.
Il meccanismo del consumo e dell’individualismo regge finchè c’è grasso che colava per (quasi) tutti. Nel momento in cui le risorse diminuiscono si necessitano capacità più sociali e di condivisione.
La domanda che mi pongo è se queste capacità sociali e comunitarie sono recuperabili, in particolare dalle giovani generazioni, e in particolare in Italia dove, a differenza del mondo anglosassone, non abbiamo sviluppato un forte senso del bene comune. Per quanto gli statunitensi siano l’apoteosi del consumo e dell’individualismo, compensano con una cura e un’attenzione del bene comune che li rende forti nelle difficoltà.
La parola “comunità” da noi fa venire in mente San Patrignano, le comunità religiose o le comuni hippie di una volta e la comunità la vediamo come qualcosa che può venire utile solo quando fallisce la famiglia o la rete di conoscenze personali che ancora regge in piedi la nostra socialità. Se le stesso ambizioni le abbiamo anche in Italia, sento che abbiamo una società ancora più fragile. Dall’altra parte, le stesse impossibilità di soddisfare i desideri della società dei consumi potrà portare a cercare felicità altre.
Potrà la rete potrà portare ad un senso di comunità nuovo, non feudale, non clientelare? Ci sono a questo proposito a mio parere tendenze molto contrastanti. Se da una parte la cultura della generosità e della condivisione sono in espansione in rete, dall’altra la stessa rete ci può portare ad un ulteriore isolamente sociale e ad una disconnessione dal corpo, base di ogni filosofia che non giri solo in cerchio ad un livello mentale.
Mi piace credere di crederci, Daniel. E ho letto il libro di de biase sin dalla sua “creazione” sul suo blog. D’altra parte dubbi ce ne sono, al riguardo, come quelli esplicitati da FORMENTI sul suo nuovo “CyberSoviet” ( cortina editore ) che sto leggendo in questi giorni…
Ma, di nuovo, credo che BISOGNI crederci ( atei/terreni o mistici che siamo, day by day, minute FOR minute… )
Molto giusto, molto ben detto, TIQ.
Ri-leggere Guy Debord, oggi, dà quasi i brividi…
E le distanze sembrano incolmabili.
Ma, scusa se abuso del clichè, se questi SONO tempi bui, beh: tornerà – e nascituro in QUESTO momento come lo fu allora – un Rinascimento ?
Una volta, per ridere ma facevo sul serio, ho definito me stesso e qualche amico un WEB-Copista…
Shalom,
Valerio
Pensavo di aver scritto abbastanza chiaramente che l’umanità migliora in tutto con il passare del tempo. Anche per quel che concerne la disponibilità verso il prossimo. L’attenzione dei giovani di tutto il mondo ai problemi della guerra in Vietnam sarebbe stata impensabile vent’anni prima. Così come la sensibilità che i giovani di oggi mostrano verso problematiche di ampio respiro non era concepibile negli anni Sessanta.
Non vorrei che l’antico e noioso adagio secondo il quale “non ci sono più le stagioni di una volta” o la seccante litania che “i giovani moderni non valgono niente” prendessero piede anche fra persone così illuminate. Da quando sono nato (poco dopo la fine della seconda guerra mondiale) non sento che ripetere le stesse sciocchezze.
No,è vero i giovani sono sempre quelli..di sempre..
per questo il test è poco attendibile:la stessa generazione Y tra vent’anni è probabile che risponda come la X di oggi..
E’ normale che i giovani vogliano diventare ricchi e famosi..perchè sono i valori dominanti..e i giovani non si dirigono all’inizio della vita verso valori secondari socialmente..
Il tempo poi lima le aspettative e meglio un asino vivo che un dottore morto..ci si dirige cioè verso cose che socialmente non sono appetibili..ma lo sono interiormente..come interiormente è appetibile proiettare in un mondo illusorio le soddisfazioni che nella vita ci mancano..
Infatti ..non credo che il 30% dei giovani sia attratto dalla Spiritualità Advaita..o Consapevoleza o Quarta Via etc..quanto piuttosto dalla Madonna Nera di Czestochowa ..dal Papa o dalla morale
Pensare che una volta il buddismo si era diffuso attraverso i regnanti..oggi non sarebbe proponibile..visti i livelli di ignoranza e incoscienza delle classi al potere
Mah..aspettiamo il 2012..poi bisognerà por mano alla faccenda..
uscire dalle fogne..o dalle torri d’avorio..che questi..ci stanno distruggendo il mondo davvero..