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Probabilmente stiamo attraversando un periodo di transizione. Il mondo è saturo di tutto, nessuno sta aspettando più niente di nuovo, non c’è più niente da scoprire, soprattutto sul fronte artistico. Questo tempo, come il Meccano, ha esaurito tutte le sue possibilità.

Il ‘Meccano’ era forse l’unico gioco che si poteva acquistare in ferramenta, dato che era fatto soltanto di barrette di metallo forate, viti, dadi, pulegge e piccoli arnesi. Fu inventato da un inglese alla fine dell’800, ed era talmente originale che, oltre che in Europa, si diffuse anche in America. Di solito aveva un libretto di istruzioni che suggeriva alcuni modelli che si potevano costruire con i pezzi contenuti nella scatola: una locomotiva, una scavatrice, una bilancia, un’elica a manovella… cose così.

Il meccano era una gioia per gli occhi e una festa per le mani. Ogni bullone stretto equivaleva a mille neuroni attivi in più. A seconda del numero dei pezzi contenuti, le scatole erano numerate da 1 a 10. La scatola numero 10 era un sogno irraggiungibile, accessibile solo ai figli dei ricchi: conteneva tutti i pezzi per costruire una gru a motore alta due metri. Comunque, ogni scatola, anche la numero 1, permetteva di costruire moltissime cose, tutte davvero funzionanti.

Si partiva dalle strutture più intriganti (il mulino a vento! Il martello battipalo! Un camion col rimorchio!), poi si provava a costruire anche le altre, e poi si inventava.Ma inesorabilmente si arrivava, prima o poi, al punto di arresto, che era quando si esaurivano tutte le idee possibili con il numero di pezzi limitato contenuti nella scatola, allora si cominciava a improvvisare costruendo oggetti casuali, senza senso, ma era un sentiero che non andava mai molto lontano. E così, stanchi delle solite forme e poco gratificati da quelle senza senso, arrivava il giorno in cui la scatola del meccano rimaneva a prender polvere sopra qualche mobile.

Era un bel gioco e infastidiva il pensiero di non saperlo sfruttare meglio, di più, perché aveva potenzialità enormi, ma davvero non si riusciva ad andare oltre. Anche in seguito, quando ai pezzi meramente meccanici cominciarono ad aggiungersi parti elettriche, magnetiche e di plastica colorata, moltiplicando dunque le possibilità inventive, si arrivava comunque al punto di arresto.

Quello che non sapevamo è che invece “oltre” ci andavamo eccome: ci andavamo quando c’era da riparare la foratura della bicicletta, quando c’era da costruire il primo amplificatore per la chitarra elettrica comprando i pezzi sfusi, quando c’era da montare la scaffalatura in cantina per la raccolta di Topolino, Tex e Alan Ford… il Meccano non era stato affatto inutile, e anche se apparentemente non ci pensavamo più e continuava a prender polvere sul mobile, il suo insegnamento si rivelava in quelle circostanze della vita in cui mani e cervello, appunto, dovevano coordinarsi per la risoluzione di piccoli (ma anche grandi) intoppi.

Il pc ha preso il posto del meccano nella vita dei ragazzi di oggi. Il pc è un meccano hi-tech e tutti sappiamo quello che si può fare con un computer, oggi. Tutto ciò che a un ragazzo interessa: musica, film, immagini, notizie, idee… è immediatamente accessibile grazie a un pc collegato in rete, e non col contagocce, ma a cascata. Cascate e cascate di ogni ben di dio: discografie complete (inclusi i bootleg mai pubblicati) di qualunque artista esistente; centinaia di film, telefilm, cartoni animati da quelli usciti la settimana scorsa a quelli di sessant’anni fa; informazioni dettagliatissime su qualunque argomento esistente…

Eppure il punto di arresto è sempre dietro l’angolo. E, oltre a questo, oggi si è aggiunto un problema ulteriore, ben più grave del punto di arresto: l’ipereccedenza. L’iperceddenza di stimoli.

Per esempio, avere diecimila files mp3 è come non averne nessuno, perché semplicemente sono troppi e impediscono di sviluppare un gusto evoluto, una propria identità musicale. Ci vuole tempo e molti ascolti accurati per capire perché quel tipo di musica ci piace più di quell’altra, ci vuole tempo per capire perché Keith Emerson era meglio di Rick Wakemann (chi ha la mia età capisce cosa voglio dire); e un disco lo si assaporava sin dalla copertina, spesso capolavori di grafica, vista in negozio (che stupore quando apparve la mucca di Atom Heart & Mother! E il tabloid finto incluso in Thick as a brick? E la copertina a strati di Brain Salad Surgery?…), poi lo si portava a casa (ma non subito, prima bisognava mettere insieme i soldi) come una reliquia, e lo si ascoltava attenti e concentrati… i dischi venivano acquistato accordandosi con gli amici: se tu prendi Per un amico io prendo Storia di un minuto, così poi ce li scambiamo.

Era un’esperienza artistica e di vita a tutto tondo e, soprattutto, erano altri centomila neuroni attivi in più a settimana. E questo valeva anche per le altre cose: i libri, il teatro, i viaggi, il cinema… È la perdita di questa rete fatta di dettagli, sensazioni, desideri a lungo inseguiti prima di essere esauditi, che rende sterili. Penso che se mi avessero regalato un meccano gigante con un miliardo di pezzi, forse mi sarei perduto nella sua vastità. L’idea di poter fare tutto non mi avrebbe fatto fare niente, e la conseguenza sarebbe stata l’anedonia, l’assenza di creatività.

Paradossalmente essere troppo ricchi fuori porta dritto alla miseria dentro. Mi chiedo se questo succederebbe anche con gli ideali alti come la bellezza e la verità… troppa bellezza spingerebbe alla noia e a trovare più interessanti i difetti? Troppa verità farebbe apparire più intrigante la menzogna? Bisognerebbe provare per saperlo; di certo comunque non è questo il mondo in cui potremo fare la prova dato che almeno sino ad oggi bruttezza e menzogna trionfano ancora in tale abbondanza da rendere inappagata la nostra sete di verità e bellezza…

A parte ciò è comunque vero che oggi fare una rivoluzione culturale è decisamente più difficile rispetto anche solo a qualche decennio fa. Non mi supisce il fatto che due giochi come il Meccano e il Monopoli siano nati più o meno nello stesso periodo, ma il Meccano sia ormai fuori produzione, mentre il Monopoli si è espanso anche in Oriente. Sono due giochi che rappresentano due paradigmi sociali possibili: l’uno basato sull’ingegno, l’altro sulla rincorsa al profitto. Tutti sappiamo bene dei due quale ha trionfato nel mondo e quale ceduto il passo.

Nel codice genetico mutante di questo tempo assordante e bulimico l’ingegno ha assunti caratteri aberranti, che poco o nulla hanno ancora a che fare con l’arte e la creatività e sono lontani anni luce dal tipo di ingegno alimentato dal Meccano. È difficile oggi immaginare un libro che abbia realmente la forza di scuotere le coscienze; una musica che susciti stupore e meraviglia per la sua novità; un’artista che trovi un linguaggio talmente originale da aprire un nuovo orizzonte… Difficile non tanto per la mancanza di idee rivoluzionarie nel mondo, ma per l’indifferenza con la quale le persone ci passano sopra.

Se dentro alla mia scatola gigante di Meccano, quella ipotetica con un miliardo di pezzi, ci fosse stato un pezzo specialissimo, che so, una “puleggia anti-gravità” o un “cristallo smaterializzante”, forse non me ne sarei nemmeno accorto. Forse lo avrei preso in mano, dopo aver rovistato fra centinaia di migliaia di altri pezzi ordinari e, annoiato, lo avrei rimesso nella scatola. Uno dei peggiori effetti collaterali dell’avere troppe opzioni è la perdita della capacità di discernimento: tutto è uguale a tutto. Il troppo genera accidia, inedia: quando sono troppi, i pezzi sono tutti uguali. E quando trionfa la noia anche l’incontro con il genio lascia indifferenti.

Se nascesse oggi Leonardo sarebbe costretto a lavorare nell’industria della telefonia; Mozart andrebbe a Sanremo; Dante scriverebbe sceneggiature per le fiction Tv e Omero sarebbe un giornalista. E sarebbero, probabilmente, talmente frustrati e privi di entusiasmo che userebbero soltanto il 2% del loro genio, lasciando nel mondo platonico delle idee il loro straordinario contributo all’evoluzione umana.

Questi sono tempi incredibilmente scoraggianti per gli artisti e i geni. Tutto viene appiattito e questo crea le condizioni più favorevoli per una trionfale instaturazione della mediocrità in ogni ambito della società. Quest’epoca verrà ricordata per i campioni di mediocrità che presero il potere nel mondo, nei parlamenti, nelle accademie, nei templi… (vien quasi voglia di sospettare che abbiano ragione coloro che credono vi sia in corso una invasione extraterrestre occulta che agisce mediante un’escaltion di alieni nei posti chiavi del potere, i quali mandano poi avanti degli umani-fantoccio per non farsi scoprire…)

Non sapremo mai quanti grandi artisti sono oggi in circolazione – e ce ne sono certamente –, perché sono inattivi, costretti a usare soltanto il 2% del loro talento in quanto vivono in un mondo talmente addormentato da non essere più in grado di riconoscere il talento, quando lo incontra… artisti di talento sconosciuti forse a cominciare da sé stessi. E mi chiedo anche: non sarà che questo ottundimento sociale diffuso non è un caso, ma fa parte di un piano strategico a lungo termine che punta a saturare con il nulla l’inconscio collettivo?

Non è un cervello vuoto, ma un cervello stracolmo di cazzate che mi fa davvero paura. Perché in un cervello siffatto non c’è alcuna speranza di far entrare più nulla di buono. E, diciamolo onestamente, siamo sommersi di cazzate. Pensateci un attimo e guardatevi intorno. È dagli anni ’80 che ci sommergono di cazzate. La nostra vita è farcita di cazzate al cubo, idee vuote e sterili, nulla a go-go tutto intorno a noi: nella politica, nella cultura, nell’arte, nella società, nella letteratura, nella musica, nel giornalismo…

Noi che siamo nati prima di quegli anni almeno abbiamo fatto in tempo a vedere e sentire la differenza ma, mi chiedo, quando al mondo ci saranno solo quelli che sono nati dopo, che razza di mondo sarà? Nick Mason, il batterista dei Pink Floyd, nel suo libro autobiografico (“Inside Out”, Rizzoli) ha scritto: «Quelli che avevano fatto tappezzeria ed erano stati tagliati fuori dal divertimento degli anni Sessanta, fecero ritorno negli anni Ottanta, ottenendo il controllo del paese e distruggendo il servizio sanitario, l’istruzione, le biblioteche e qualsiasi istituzione culturale su cui riuscirono a mettere le mani».

Un giorno, sicuramente dopo il 2012, un archeologo, sotto un cumulo di macerie tecnologiche e lamiere d’automobili  scoprirà una copia del Piccolo Principe, una di Ommadawn e una scatola del Meccano e allora penserà: “Capperi! quindi non sono sempre stati degli zombie i nostri progenitori, è esistita davvero un’epoca pre-rincoglionimento di massa…”

Pubblicato su Ellin Selae n. 89

10 Responses to “L’insegnamento perduto del Meccano”

  1. sada ha detto:

    COME BAMBINA NON USAVO IL MECCANO, MA MI RICORDO MOLTO BENE LA BELLEZZA DELLO SCOPRIRE IL MONDO DEGLI ADULTI, DI QUELLO CHE ERA DISPONIBILE. TUTTO ERA MOLTO PIU SEMPLICE,E SI ASPETTAVA PER COMPRARE QUALCOSA O VEDERE UN FILM, PER MANGIARE UN GELATO, AL MOMENTO GIUSTO.
    NIENTE ERA DOVUTO,E QUINDI LA SODDISFAZIONE ERA MAGGIORE. E’ VERO SIAMO TROPPO STIMOLATI E NIENTE CREA STUPORE O MERAVIGLIA, SOLO FORSE L’OSSERVAZIONE ATTENTA DELLA NATURA.SE CE NE DIAMO IL PERMESSO.
    QUELLI DELLA MIA GENERAZIONE FORSE RICERCANO QUELLE SENSAZIONI DI SEMPLICITA’ IN CERTI LUOGHI APPARTATI, DOVE NON E’ IMPORTANTE MOSTRARE O FARSI VEDERE COSI EFFICENTI.
    IL MONDO E’ TROPPO VELOCE,TROPPE COSE DA FARE O DA VEDERE,TUTTO PASSA SUBITO, I DESIDERI DURANO UN SECONDO,VENGONO SODDISFATTI E VIA………..AL PROSSIMO.
    NON MI VIENE IN MENTE NESSUNA SOLUZIONE,SE NON NELL’INDIVIDUALE E PERSONALE, OGNUNO SI SCELGA IL PROPRIO RITMO, QUELLO CHE LO FA’ STARE MEGLIO.

  2. luciana mangano ha detto:

    perchè non pensare che il meglio deve ancora venire?????
    perchè pensare che sia stato già inventato e scritto tutto e ditutto?
    Se finora abbiamo usato solo una piccolissima percentuale della nostra creatività i nuovi bambini certamente ne avranno
    di più e useranno al meglio i loro talenti per evitare
    che fra qualche anno siamo sommersi da rifiuti teconologici…
    Io spero e credo nelle nuove generazioni!

  3. watts ha detto:

    La “nostalgia” che trapela dall’ articolo non e’ solo la nostalgia del buon tempo passato o di qualche cosa che si è perso (come è il significato letterale del termine, messo a punto nel 1688 da Johannes Hofer nella sua Dissertazio Medica: «la tristezza ingenerata dall’ ardente brama di tornare in patria»), ma piuttosto di qualche cosa che ha finito per diventare un surrogato della realtà.
    Sostituendo il ricordo e la memoria con la nostalgia si ottiene da una parte di favorire quei processi psicologici legati alla necessità di affrontare le paure e i disagi del presente : coltivando un qualche tipo di apprezzamento per il nostro passato e «schermando» quanto c’ è di spiacevole e vergognoso nella memoria, la nostalgia favorisce l’ autoconservazione dell’ individuo.
    Quindi e’ un sentimento particolarmente legato alla persistenza dell’ ego e come tale non accetta che qualcosa di nuovo possa effettivamente verificarsi (mentre e’ evidente che la realta’ e’ sempre nuova e “diversa”) .
    Come dice bene Luciana , chi e’ pervaso da tale sentimento, ritiene che tutto cio’ che “conta” sia gia’ stato inventato o scritto.

  4. Alba Giorgetti ha detto:

    E’ vero che nell’attualità sembra non prodursi alcunchè di nuovo, che la creatività sembra venir soffocata dalla inettitudine, ma non è vero in assoluto. Ciò che è vero è che l’attuale sistema di pensiero è ormai giunto a compimento proprio perchè dal 1987 si è instaurato il nuovo sistema di pensiero che è la Logica Unitaria. Logica espressa attraverso tutti i libri scritti da Silvia Montefoschi. Chi ha la fortuna di incontrarsi con tale lettura e percorrere il cammino che essa indica riesce a vedere il mondo nella sua totalità e sopratutto riesce a comprendere quanto l’esistenza di ognuno di noi sia significativa all’unico progetto universale.
    Che poi il mondo vada così come ci tocca vedere ogni giorno, ha in sè una spiegazione logica che va oltre l’apparenza dei sentimenti dei soli cinque sensi. Se in ciascun essere umano non c’è l’istanza di verità , allora la vita di questo essere umano è soltanto fine a se stessa e come tale morirà nell’inconsapevolezza del senso della vita stessa, ovvero della direzione verso cui la vita stessa tende. Vita che non è la vita privata o propria soltanto di ognuno di noi che vive per il niente dell’esistenza soltanto terrena, ma vita per la vera Vita infinita ! E’ solo attraverso la Logica Unitaria che si arriva a fare l’esperienza concreta del vero significato della Vita infinita.

  5. eckhart ha detto:

    Sto lasciando ammuffire i vecchi dischi in vinile giù in cantina:è già tanto che non li abbia già gettati via..sembra vi sia legata più mia madre ormai che ogni tanto li spolvera ..
    forse le danno sicurezza di ciò che ero..
    come se ciò che sono adesso sia una storia che si compone e che prosegua rispetto a quel punto..
    Non credo assolutamente che la creatività abbia difficoltà ad emergere oggi:
    vi sono molte più opportunità,linguaggi da esperimentare..
    C’è da dire che il tempo dell’anima non coincide con la compulsività vorace dei nostri tempi e il web sembra invece voler vampirizzare tutto..ma è dal caos superficiale che nasce maggiore luce e questi sembrano tempi di transizione più che di raccolta o creazione,ma non ho occhi per vedere ciò..
    non ho questa presunzione..ma di qualche cosa bisogna pur parlare e gettarvi l’attenzione.
    So solo che adesso non ho più copertine da sfogliare e conservare gelosamente e tutto è raccolto, compattato in miriadi di byte in MP3 che quasi mai ascolto e che tra qualche anno getterò via perché inascoltabili.
    Neanche il Partenone o il Mosè di Michelangelo,d’altronde ,sono eterni.

  6. Ansu ha detto:

    Seppur si muove

    Nell’invito che offre l”˜ascolto al paradiso sulla terra,
    si ritrova la forza per far lievitare orme di piombo in un ringraziare ad occhi aperti e senza l’etichetta di un informazione che in fondo si morde la coda..
    La bellezza è insita a partire dal fango per la ninfea
    Così la sensibilità affina il suo interagire arcobaleno nelle oscure velleità della notte, da cui, seppur si muove, l’uomo rimane disilluso e incolto, lacrime segnano profondi e antichi solchi, asserragliate ferite che inutilmente si tenta di colmare con cementizie visioni di asfittiche comodità, apatie che diventano l’edera apocalittica del nostro interiore muoverci e chiarezze e ecosistemi si ribaltano in un nero brancolare troppo assorto e circonciso da occulte operazioni che risultano in atto da millenni.
    L’Indaco cielo è disceso fin d’ora, quanta bellezza c’è ancora da concedere ai propri occhi, quanti respiri nella trama d’aria, permeata da molteplici e sempre freschi profumi. Tra di noi molti gusci che rivendicano un vacuo esistere, eppur, seppur si muove, tutto ritorna in seno al vuoto, come una notte di riposo che distilla e rinfresca l’incedere del tempo verso noi.
    A me, a voi che scrivo frangenti dell’irripetibile esistenza che seppur si muove risulta imperturbata al movimento, allo scatenarsi del caos…quali radici offriamo alla luminosa tempesta?
    Rifugi, condizionamenti, serramenti, avversi strumenti di un profondo inquieto vivere…mi sveglio, che ogni falla ricorda l’inesorabile forza del mare, mareggiate che irrompono su spoglie spiagge e dighe lacerate da fiumi incontenibili, maree che riconquistano valli artificiali…come trovare posto?
    Nell’emergere dell’impeto semplice e naturale aprire la coscienza come un fiore a quell’attimo che ritorna come ape, come s’apre al soffio il dente di leone…
    per non inseguire ho scoperto il seminare:
    raccogliere, dare.
    Sembra ingenuo questo ciclo, ed è antico più del mondo, esistenza che trabocca di stella in stella, da stelo a petali nel raccogliersi a corona.
    Alterato interiormente scopro molle, cariche latenti, che sovvertono il naturale tingersi del tempo. Quale misura abbiamo ancora del nostro corpo? Il passo? Allora danziamo; il sesso? Allora esprimiamo; il respiro? Ancora preghiamo per attendere un divino sospiro, ma dove lo accogliamo se il cuore del nostro tempio è una fossa senza anelito, che almeno fosse rovina si aprirebbe ad un raggio…
    In ciabatte qui, trascrivo, e guarda..vado chissà dove in questo “Seppur si muove”, posso essere onesto e riconoscermi senza illusione da buon terrestre, eppure come amo lanciare una pietra nello stagno e vederne il liquido propagarsi a cerchio, così amare è per me quell’impatto di luce, pioggia o notturno che dolce penetra del marino le silenziose profondità e per sfumatura il lago, rotoli di cristalline increspature accarezzabili,
    che in fondo il prisma è l’aquilone del raggio
    e il ghiaccio l’opale eterno di un lungo inverno
    che conserva e sciolto dissigilla l’ordine in torrente
    Così si lava vita.
    Detergere colate di nero dal profondo straripato sussistere meccanico, cerchi senza armonia si incatenano anziché protrarsi continui a uno dentro l’altro, così sovrapposti e aggrovigliati come si può essere spontanei?
    Ecco si riparte da sempre dal centro, goccia lasciatasi andare, nè tenta nè insegue, solo osserva il sorgere e tramontare per filo e per segno,
    nel dettaglio perfino la stella
    Che più si va dentro e più si dilunga l’eterno
    Silenzio accogli e contraddizioni sciogli
    In contemporanea il filo d’erba e il cosmico evento
    E noi
    Li in mezzo, tra file e greggi
    Individui integri, radenti alla fonte, pronti e senza leve
    Di volto elastico nel colmo d’amore incido lieve
    E tremulo s’alza il vento,
    Potenza in tale cuore di risveglio,
    Ascolta,
    Che anche un seme è ricolmo eppur dorme,
    Seppur si muove il cielo.

  7. fresia 99 ha detto:

    Due aspetti affiorano:
    quello emotivo: eh si… tutto vero… i ricordi..la cassetta degli attrezzi (fisici e mentali)
    poi l’altro: l’attaccamento egoico a cose-fatti-persone-tempi
    Che dire: sono duale e me ne sto a guardare questi elementi che, in ogni caso, sono lì a farci fare esperienza

  8. Paolo ha detto:

    Che fare allora?
    Anche secondo me questa è transizione, dolorosa transizione. E il passaggio ad una “nuova era” sarà doloroso, devastante? Sarà fisico, cioè ci sarà una distruzione (2012) ed una rinascita?
    Vero è che di ogni epoca che viviamo riusciamo a dire che è la peggiore e solo quando ne siamo fuori ricordiamo le cose positive di tempi passati. Ogni volta tocchiamo il fondo o crediamo di averlo toccato e forse dovremo ancora toccarlo. Credo che provare a dire bisogna essere così o bisogna fare colà non serva a niente. Ciò che abbiamo sono gli istanti/momenti/giornate di felicità che sono quelli che ci fanno sentire al di fuori di ogni tempo e situazione dolorosa.
    Buoni momenti a tutti.

  9. Silvia ha detto:

    Da bambina mi hanno regalato il meccano e ci ho giocato tantissimo!
    Ho costruito l’ascensore per la casa di Barbie (un condominio di tre piani fatto con scatole di cartone e strapieno di confort fatti da me) e anche la sua macchina. Inotre ci ho riparato i pattini a rotelle a cui si svitava sempre il freno anteriore.
    Mi sono tagliuzzata le dita con il cacciavite che mi scappava sempre di mano e quando è arrivata l’Ikea in italia mi sono riempita di scaffali solo per avere la scusa di avvitare di nuovo.
    Bellissimo!
    Possedere un Meccano dovrebbe essere un diritto inalienabile per ogni essere umano :)

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