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due omini.gifDopo aver saputo che il bambino che portava in grembo aveva la sindrome di Down, Martha Beck ha imparato che quando abbiamo tutto da perdere, abbiamo anche tutto da guadagnare.

Avevo venticinque anni e stavo per laurearmi a Oxford quando mi dissero che il mio secondo figlio, che ancora portavo in grembo e che avevo già chiamato Adam, aveva la sindrome di Down. I dottori e i consulenti mi raccomandarono caldamente un aborto terapeutico, anche se ero incinta da molti mesi. Avevo solo poche ore per prendere una decisione scioccante: crescere e mantenere un bambino mentalmente ritardato, o abortire il bambino che avevo già imparato ad amare?

Mentre consideravo le possibilità che avevo davanti a me, accadde qualcosa di singolare al mio modo di vedere la vita. Gli altri pensavano che era meglio che Adam non nascesse mai, perché gli mancavano qualità che la società giudicava importanti: un bell’aspetto, la possibilità di guadagnare bene, “savoir faire” e così via.

Ma a pensarci bene, conoscevo anche molte persone “normali” che non avevano queste qualità: per esempio, me stessa. Inoltre, anche gli individui più dotati potevano perdere i loro vantaggi a causa di incidenti, di malattie o dell’invecchiamento. I pochi fortunati che avrebbero evitato tutte queste disgrazie avrebbero sempre trovato la morte ad attenderli alla fine della loro incantevole vita.

Negli intensi momenti in cui dovevo decidere per la vita o la morte, tutti i valori del “mondo reale” in cui avevo sempre creduto si dissolsero come neve al sole. Ciò che persi quel giorno non fu solo la speranza di avere un bambino perfetto, ma anche l’illusione che qualcuno possieda mai qualcosa o qualcun altro. Mi trovai faccia a faccia con la verità che non esiste nulla cui possiamo aggrapparci per sempre, e niente che possiamo essere, fare o possedere, che non perderemo.

Decisi di non abortire, non per una valutazione morale, ma per il mio legame emotivo con Adam e per il mio nuovo desiderio di accettare il fatto che il corso di qualsiasi vita (non solo quella di una persona handicappata) è fondamentalmente imprevedibile. Ciò provocò un periodo di sofferenza profonda. Per mesi, dentro di me ripetevo un’incoerente, angosciata Elegia per ogni cosa, per la caducità e l’impermanenza di tutto ciò da cui una volta dipendevo.

Ma poi dalle macerie dei miei pregiudizi cominciò a emergere qualcosa di inaspettato: una nuova, strana sensazione di pace. Avevo la sensazione che, benché fossi saltata nel dirupo e il pensiero della caduta fosse spaventoso, il suolo non arrivava mai. Non avevo nulla cui aggrapparmi, ma la sensazione di non avere il terreno sotto i piedi non era tanto brutta quanto mi sarei aspettata. Scoprii che lasciare andare il desiderio di risultati, di successo, di prestigio, di soldi ecc. aveva una risonanza curativa che non conoscevo.

Quindici anni dopo la nascita di Adam, è ormai chiaro che egli è una sorta di maestro zen travestito da ragazzo-biondo-mentalmente-ritardato. Il suo atteggiamento verso la vita è libero da rigidità concettuali o da aspettative; semplicemente, egli prende l’esperienza così come viene, momento dopo momento. Talvolta c’è dolore, talaltra piacere, ma non c’è bisogno di giudicare queste cose o di fingere che non siano ciò che sono.

In una delle mie storie taoiste preferite, un uomo anziano stupisce gli astanti nuotando felicemente sotto un’impetuosa cascata. Come fa? “È semplice”, spiega l’uomo. “Vado su quando l’acqua va su, vado giù quando l’acqua va giù”. Questo è l’atteggiamento di Adam verso la vita, e anche se ho difficoltà di apprendimento in questa area, ho imparato molto dal suo esempio.

Una volta, Pema Chödrön ha detto che ciò che ci accadrà nel resto di questa giornata ci è tanto sconosciuto quanto ciò che ci accadrà al momento della morte. Questo pensiero mi è tanto piaciuto che lo ho ripetuto a un paio di amici, i quali sono rimasti turbati e mi hanno chiesto di tacere. Quel momento mi ha ricordato tutto ciò che ho guadagnato perdendo tutto. Quando avevo paura di perdere qualcosa, la vita assomigliava sempre a una prigione, soprattutto perché era evidente che la perdita era inevitabile. Ho sperimentato una liberazione enorme nell’accettare il mondo così come è: caduco, fluido, incontrollabile, pieno non solo di pericoli, ma anche di bellezza, avventure e piaceri che ti levano il fiato.

Una delle poche certezze su cui possiamo fare affidamento è che prima o poi tutti avremo un Adam, ovvero un evento che ci fa mancare il terreno sotto i piedi, lasciandoci senza nulla cui aggrapparci. È un’esperienza che non augurerei al peggior nemico, ma che ho spesso desiderato per i migliori amici. Se non ti è ancora accaduta, siediti e rilassati. Ti prometto che molto presto arriverà.

Andare avanti

Il dolore è come un fiume che attraversa la nostra vita, ed è importante comprendere che non sparirà. Il dolore dura tutta la vita, ma il nostro rapporto con esso cambia. Andare avanti è la chiave che scioglie il nodo del tuo dolore. È il tempo del cambiamento. Non un ritorno alla vita che conducevi prima dell’esperienza della morte: non puoi andare indietro, ora sei una persona diversa, trasformata dal viaggio attraverso il dolore.

Ma puoi cominciare ad abbracciare di nuovo la vita, puoi tornare a sentirti vivo. L’intensità delle emozioni ha sopraffatto alcuni. È possibile ricordare l’evento doloroso senza farsi travolgere da un dolore terribile. L’armatura intorno al nostro cuore comincia a sciogliersi, e nell’andare avanti, l’energia che veniva consumata nella resistenza diventa disponibile per vivere. Adesso andiamo avanti, ma non stiamo abbandonando colui che amiamo.

Comprendiamo che anche quando muore qualcuno, la relazione continua. È solo che la persona non si trova più al di fuori di noi. Stiamo sviluppando quella che potremmo definire una relazione interiore con questa persona, che ci permette di reinvestire nella nostra vita. Se seguiamo il cammino dal dolore all’integrità, potremmo scoprire un amore eterno.

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Martha Beck. Expecting Adam: A True Story of Birth, Rebirth, and Everyday Magic. Berkley Pub Group; Reissue edition. 2000. ISBN: 0425174484

Martha Beck. Finding Your Own North Star: Claiming the Life You Were Meant to Live. Three Rivers Press. 2002. ISBN: 0812932188

Originalmente pubblicato su Tricycle magazine, www.tricycle.com
Copyright originale Martha Beck, per gentile concessione.
Traduzione di Gagan Daniele Pietrini
Copyright per l’edizione Italiana: Innernet.

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