Innernet: Journey into Awareness
and Anima Mundi

11
Jun
2010
0

La Quarta Via nel XXI secolo: una testimonianza

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Girard HavenCon 1500 membri e 60 centri sparsi in tutto il mondo, la Fellowship of Friends è attualmente la più grande scuola esistente ispirata agli insegnamenti della Quarta Via (introdotti in Occidente da George Gurdjieff e Peter Ouspensky).

In Italia, è stato pubblicato da Ubaldini il libro del suo fondatore Robert Earl Burton, “Il ricordo di sé”, che a tutt’oggi è l’unico testo dedicato interamente a questa tecnica. La sede della Fellowship è Apollo, in California. Qui vive Girard Haven, il “numero due” dell’organizzazione, oltre che un prolifico autore di libri sulla Quarta Via (sei volumi pubblicati in inglese sull’argomento, disponibili in Amazon), che noi abbiamo intervistato per Innernet.

Vedo che la scuola di cui fai parte ha diversi siti, chiamati “Presenza vivente”, “Essere presenti”, “La via verso la presenza”, “La presenza” (www.livingpresence.com, www.beingpresent.org, www.pathwaytopresence.org, www.la-presenza.it). Puoi spiegare, per favore, cosa vuol dire essere presenti, e perché una persona normale dovrebbe cercare di essere presente?

Essere presenti è l’arte di focalizzare la propria attenzione sul momento presente. Vuol dire essere consapevoli di ciò che si sta facendo, perché e dove lo si sta facendo, i suoi possibili effetti sugli altri e i propri vari scopi, e il suo rapporto con le forze superiori.

Quindi, è possibile pensare al passato o al futuro, o immaginare soluzioni a un problema, restando presenti, ma solo se si riesce a mantenere un’intensa consapevolezza di ciò che si sta facendo e del perché. Senza una tale intensa consapevolezza di se stessi nel momento, la nostra vita ci scivola sopra come un sogno, ed è semplicemente meglio essere svegli che addormentati.

Altre tradizioni spirituali, come il buddhismo e il sufismo, parlano dell’importanza di essere presenti. Cosa distingue la Quarta Via da queste altre tradizioni?

Se le comprendiamo nel modo giusto, tutte le tradizioni spirituali parlano dell’importanza della presenza come ponte tra l’umano e il divino. Le differenze stanno nei metodi e le tecniche usati per sviluppare la presenza. La Quarta Via, e in particolare la Fellowship of Friends, impiega metodi particolarmente adatti all’epoca contemporanea.

A tal proposito, molte persone trovano più facile essere presenti durante un’attività fisica che mentre stanno al computer (ovvero, per la maggior parte della loro giornata). Tu avresti qualche consiglio particolare per promuovere la presenza al PC?

La lotta per essere presenti è fondamentalmente la stessa in tutti i luoghi e momenti, e noi dobbiamo provare gratitudine per le varie opportunità di lavoro fornite dalle diverse circostanze (oltre a saperle usare). Nello specifico, l’opportunità costituita dall’uso di un computer consiste nella pratica dell’attenzione divisa, e uno dei modi più efficaci per fare ciò è introdurre sofferenza volontaria.

Questo vuol dire, per esempio, stare leggermente scomodi, seduti un po’ più vicino o lontano del solito dal computer, in una posizione leggermente disagevole, con dei vestiti un po’ troppo pesanti o la cintura appena troppo stretta. L’idea è quella di avere una leggera fonte di irritazione che ci dia qualcosa di cui essere consapevoli oltre al computer, ma non al punto da provocare danni o interferire con il nostro lavoro.

Si possono pure usare le impressioni, come ascoltare musica (anche una musica che non ci piace potrebbe fungere da sottile sofferenza volontaria) o rendere l’ambiente più bello. È possibile utilizzare un programma di pop-up che interrompa periodicamente le nostre identificazioni, riportandoci al presente. Come ha scritto Rodney Collin: “Il lavoro è il lavoro, e da un punto di vista più vasto, tutto dipende da colui che cerca di fare quanto è richiesto. Le scuse, per quanto raffinate, non contano”

Ho sentito dire che l’infarto che hai avuto nel 2000, quando stavi nella tua scuola già da vari decenni, è stato un evento importante per la tua evoluzione. Puoi dire in che modo hai “tratto profitto” (per dirla con Gurdjieff) da questo evento?

Prima dell’infarto, mi svegliavo al mattino, facevo ciò che dovevo fare durante il giorno, quindi andavo a letto. Dopo l’infarto, a parte qualche leggero cambiamento riguardo ciò che dovevo fare, è stato esattamente lo stesso. In altre parole, il mio corpo ha sofferto un infarto, ma io no. Non saprei dire se ho tratto profitto o meno dall’infarto, perché non posso sapere come sarebbe stata la mia vita se esso non fosse avvenuto.

Questo infarto ha ti ha reso semiparalizzato, giusto?

Per l’esattezza, solo la metà destra del mio corpo è rimasta parzialmente paralizzata. Per tornare alla tua domanda precedente, apparentemente gli altri sono rimasti più scioccati dall’infarto di me. Per me, è stato semplicemente un altro evento della mia vita, e poiché gli eventi della mia vita sono il materiale con cui lavoro per la mia evoluzione, l’infarto non ha fatto che fornire qualcos’altro su cui lavorare.

Allo stesso tempo, sono certo che tutto viene predisposto dalle forze superiori e che queste ultime mi forniscono il materiale necessario con cui lavorare. Se non ci fosse stato l’infarto, sarebbe arrivato qualcos’altro. La distinzione tra “buono” e “cattivo” dipende dal mio atteggiamento e dal modo in cui uso gli eventi della mia vita, esattamente come è stato per l’infarto.

Nella scuola di cui fai parte si parla della “trasformazione della sofferenza”. Puoi spiegare di che si tratta?

La sofferenza deriva dal desiderio che le cose siano diversamente da come sono, il che, ovviamente, è impossibile: ciò che è, è. Questo vale anche per i dolori o disagi più istintivi: uno non recrimina per la “sofferenza” causata da un lungo viaggio al caldo, se davvero desidera arrivare dove sta andando e non esistono alternative… In quei casi, nemmeno si va in immaginazione riguardo l’aria condizionata!

Quindi, il primo passo per acquisire la libertà (il che non implica la cessazione) dalla sofferenza è l’accettazione di ciò che è; in altre parole, il primo passo è la presenza. Ma la vera trasformazione è qualcosa di più di una neutra accettazione; si tratta, in realtà, di desiderare che le cose stiano esattamente così come sono.

Ciò richiede, primo, una forza di volontà, nel campo delle emozioni, sufficientemente grande da non permettere altri tipi di emozioni; secondo, una verifica e comprensione delle forze superiori tale da poterci fidare totalmente del fatto che tutto è stato predisposto per il nostro massimo bene. In tal modo, quella che chiamiamo sofferenza può essere trasformata nello stato di amore divino.

Perché, secondo te, una scuola suscita spesso un’opposizione accesa, anche veemente?

Lo scopo di una scuola non è aiutare una persona a diventare migliore (fatto che comunque avviene), ma aiutarla a diventare un essere completamente diverso. La maggior parte delle persone ha paura di cambiare veramente, e di solito le persone si oppongono a ciò che temono.

In Italia, Gurdjieff viene ormai considerato un uomo straordinario, un “risvegliato”. Altrettanto non si può dire di Ouspensky, che anzi è talvolta visto come un giuda che ha tradito il suo Maestro. So che tu hai un’alta considerazione di Ouspensky. Potresti per favore aiutare il pubblico italiano a capire perché, secondo te, anche lui era un risvegliato?

Il punto non è se lui fosse o meno un risvegliato, ma se lui (o i suoi insegnamenti) possono aiutare il mio risveglio. Io ho verificato, attraverso la mia esperienza, che il mio Maestro è una di queste persone, e lui ha detto che anche Ouspensky lo era. Ho pure verificato, sotto la guida del mio Maestro, che l’opera di Ouspensky è stata per me estremamente preziosa. Allora, perché dovrei dubitare di ciò che il mio Maestro ha detto di lui?

La tua scuola usa spesso l’arte e la contemplazione della bellezza. In che modo queste possono essere attività spirituali? Perché esporsi a belle impressioni può aiutare a “creare l’anima”, per citare il titolo di uno dei tuoi libri?

Non ci sono dubbi che lo stato di presenza sia uno stato meraviglioso. Di conseguenza, la contemplazione della bellezza ci consente di vivere un aspetto della presenza tramite esperienze che ci sono normalmente disponibili. Inoltre, nella nostra epoca abbiamo, come mai prima, la capacità di scegliere le impressioni di cui circondarci. Splendide riproduzioni dei maggiori capolavori artistici e di paesaggi naturali possono stare appese ai nostri muri o essere ammirate nei libri o in Rete.

Il nostro cibo e i nostri vestiti non devono più necessariamente essere prodotti nel raggio di pochi chilometri da dove abitiamo, e ogni volta che lo vogliamo possiamo ascoltare esecuzioni dei più grandi musicisti mondiali. Traendo vantaggio da queste opportunità, gli studenti di una scuola del risveglio del ventunesimo secolo possono manipolare le proprie esperienze in modi impossibili per le scuole del passato, e noi stiamo attivamente esplorando tali possibilità.

Un’ultima domanda: ho sentito dire che recentemente la tua scuola ha abbandonato il sistema, come fece Ouspensky negli ultimi mesi di vita. È vero? Se sì, qual è la nuova forma della tua scuola? Ma già che ci siamo: secondo te, Ouspensky ha davvero abbandonato il sistema?

Riguardo “l’abbandono del sistema”, una delle cose che penso è che il sistema – ma, in realtà, qualsiasi insegnamento – è come un ponteggio che si usa per costruire un edificio: una volta completato l’edificio, il ponteggio ha esaurito il suo compito e viene abbandonato. Un’altra analogia può essere quella delle casseforme in cui si versa il cemento e che vengono rimosse dopo che quest’ultimo si è solidificato. Infine, si può pensare alle fondamenta di un palazzo, che vengono nascoste dalla successiva costruzione di quest’ulimo.

In tutti i casi, quello che Ouspensky disse non implica che egli avesse dubbi sul Sistema, ma semplicemente che non ne aveva più bisogno.
In modo simile, per quasi trent’anni, la scuola di cui faccio parte si è concentrata su quegli aspetti del sistema di Ouspensky che il nostro Maestro riteneva i più pratici. Tuttavia, nell’ultimo decennio siamo andati al di là di essi. Il modo più facile per spiegare tale cambiamento è utilizzare l’analogia di Ouspensky del maggiordomo e del padrone di casa.

All’inizio, nella casa regna il caos e il maggiordomo deve far sì che i vari servitori siano al posto giusto e intenti ai loro compiti, in modo che la casa sia pronta all’arrivo del padrone. Il Sistema, almeno la parte che noi abbiamo usato, riguarda lo sviluppo del maggiordomo e l’ordinamento della casa. Ora che quei compiti sono stati sufficientemente eseguiti, la scuola ha rivolto la sua attenzione alle responsabilità del maggiordomo quando il padrone è in casa.

In altre parole, ci si aspetta che tutti conoscano il “sistema”, ovvero il proprio ruolo nell’ambito della corretta manutenzione della casa, per cui adesso bisogna semplicemente concentrarsi sul fare il proprio lavoro.
Abbandonando l’analogia, il punto oggi non è più promuovere il giusto lavoro interiore e attivare la presenza, bensì sostenere e prolungare quest’ultima. Lo studio del sistema può essere abbandonato – o lasciato indietro – per approfondirne invece gli usi pratici.

English version

The Fourth Way in the XXI Century: A Practitioner’s Perspective

With 1500 members and 60 centers all over the world, the Fellowship of Friends is today the biggest school taking inspiration from the Fourth Way teachings (brought to the West by George Gurdjieff and Peter Ouspensky).

Its teacher, Robert Earl Burton, wrote the book “Self Remembering”, that today is still the only book totally devoted to this ancient practice, translated into many languages. We went to the Fellowship home in Apollo, California. There we interviewed Girard Haven, the “number two” in the organization, and a prolific author of Fourth Way books (six books, available on Amazon). What follows is our interview.

I noticed that the school you are a part of is called “Living presence”, “Being Present,” “Pathway to Presence,” and “La Presenza.” (www.livingpresence.com, www.beingpresent.org, www.pathwaytopresence.org, www.la-presenza.it).  Can you please explain what being present means, and why a normal person should try to be present?

Being present is the art of focusing one’s attention in and on the present moment. It is being aware of what one is doing, why one is doing it, where one is doing it, its possible effects on others and on one’s various aims, and its relation to higher forces.

Thus, it is possible to think of the past or the future, or to imaginesolutions to a problem while one is being present, but only if one can maintain an intense awareness of the fact that one is doing that and the purpose for it. Without such an intense awareness of oneself in the moment, our lives pass us by as if in a dream, and it is simply better to be awake than asleep.

Other spiritual traditions, such as Buddhism and Sufism, speak of the importance of being present. What distinguishes the Fourth Way from these other traditions?

Rightly understood, all spiritual traditions stress the importance of presence as the gateway between the human and the divine. Where they differ is in the methods and techniques used to develop presence. The Fourth Way, and in particular the Fellowship of Friends, incorporates methods particularly suited to the times in which we live.

With regards to this, many people find easier to be present while they are doing some physical activity, and more difficult while they are at the computer (that is the biggest part of their day). Do you have any special suggestion for promoting presence while we are at the PC?

The struggle to be present is fundamentally the same at all times and in all places, and we must grateful for, and make use of, the various opportunities for work which are provided by different circumstances. The particular opportunity which is provided by using a computer is to practice divided attention, and one of the most effective ways to do this is to introduce voluntary suffering.

This involves making yourself a little uncomfortable, for instance, sitting a little too close to the computer or a little farther away from it, or in a slightly uncomfortable position, or dressing a little too warmly, or having your belt a little too tight. The idea is to create just enough of an irritant to be give oneself something to be aware of in addition to the computer, but not so much as to cause harm or even to interfere with one’s work.

One can also use impressions, such as actually listening to music (music one does not like can introduce a little voluntary suffering as well) or making the environment more beautiful. And a pop-up program can be used to periodically interrupt identification and bring one back to the present. In short, there is no easy answer. As Rodney Collin wrote, “Work is work, and from a larger point of view it is merely a question of who will try to do what is required. The delicacy of the excuse is not taken into account.”

I heard that the stroke that you had in 2000, when you had been in the school for several decades, was an important event in your spiritual evolution. Can you say how you “profited” (as Gurdjieff called it) from this situation?

Before the stroke, I would awake in the morning, do what needed to be done during the day, and then go the bed. After the stroke, except for some changes in the details of what needed to be done, it was exactly the same. In other words, my body suffered a stroke, but I was unaffected. Whether I profited from the stroke or not, I do not know, as I have no idea what my life would be like if the stroke had not happened.

It left half of your body paralyzed, is that right?

Actually, it is the right half of my body and it is only partially paralyzed. To go back to your previous question, other people seemed to be more shocked by the stroke than I was. To me, it was merely another event in my life, and since the events of my life are the material I work with for my evolution, the stroke merely provided something else to work with.

At the same time, I am certain that everything is arranged by higher forces, and they provide the necessary material for me to work with. If it had not been a stroke, it would have been something else. Whether that would have been ‘good’ or ‘bad’ would depend on my attitude toward it and the way in which I used it, just as was the case with the stroke.

In the School you are part they speak of the “transformation of suffering.”  Can you explain what this is?

Suffering results from a wish that things could be other than they are, which is, of course, impossible — what is, is. This is true even of most instinctive discomfort or pain: one does not object to the “suffering” of a long, hot drive if one really wants to get where one is going and there is no choice — and one does not have imagination about air conditioning!

Thus, the first level of gaining freedom from (in contrast to cessation of) suffering is acceptance of what is, that is, the first step is presence. But true transformation is more than neutral acceptance; it is actually wishing things to be exactly as they are. This requires, first, enough will with respect to one’s emotions to disallow any other emotions, and second, a sufficient verification and understanding of higher forces to have a complete and unquestioning trust that they have arranged everything for the greatest good. In this way, what we call suffering can be transformed into the state of divine love.

Why do you think that a School often attracts strong, even vehement, opposition?

The aim of a real school is not to help one become a better person (although that does happen); it is to help one to become an altogether different being. Most people are actually afraid of becoming truly different, and what people fear, they usually oppose.

In Italy, Gurdjieff is seen as an extraordinary figure – an “awakened” being. This is not the case for Ouspensky, who is even seen as having abandoned his Teacher. You seem to think highly of Ouspensky, and consider him awakened as well. Can you please speak about Ouspensky to the Italian readers to help them understand why, according to you, he is an awakened (conscious) being?

The real question is not whether someone was awakened himself; it is whether he (or his teachings) can help me to awaken. I have verified through my own experience that my Teacher is such a man, and he, in turn, has said that Ouspensky was such a man. What I have verified is that, under the guidance of my Teacher, Ouspensky’s works have been extremely valuable. Why, then, should I doubt what my Teacher has said about him?

Your school often uses art and the contemplation of beauty. In which way can this be a spiritual activity?  Why does exposing oneself to beautiful impressions help in “Creating a Soul,” as you have titled one of your books?

Without question, the state of presence is a beautiful experience. Consequently, appreciation of beauty allows us to experience an aspect of presence through experiences which are normally available to us. Moreover, in our age we have an unprecedented ability to choose the impressions with which we surround ourselves.

Magnificent reproductions of the world’s greatest art and natural beauty can be hung on our walls, or be found in books or on-line. Our food and clothing are no longer limited to what can be produced within a few miles of our homes, and we can hear performances by the world’s best musicians whenever we wish.

By taking advantage of these possibilities, students in a twenty-first century school of awakening can manipulate their experience in ways that we not possible for the schools of the past, and we are actively exploring those possibilities.

It is said that recently your School abandoned the System, as Ouspensky did in his last months of life. Is that true? What is the new form of your School? And by the way, did Ouspensky really abandon the System, according to you?

One way that I think about “abandoning the system” is that the system — or any teaching, for that matter — is like a scaffolding used in the construction of a building; once the building is complete, the scaffolding has served its purpose and is abandoned. Another analogy is provided by the forms which are used for pouring concrete and then removed once the concrete hardens.

And one can also view it in terms of the foundations for a building, which are then hidden by the subsequent construction. In any case, Ouspensky’s statement does not imply that he had any doubts about the System, but only that he no longer needed it.

Similarly, for a little over the first thirty years of its existence the School of which I am a part focused on those aspects of Ouspensky’s System which our teacher found most practical. However, in the last decade, we have moved beyond that. The easiest way to explain the change is in terms of Ouspensky’s analogy of the steward and the master in a large household.

At first, the house is in disarray and the steward must set the servants into their proper places doing their own jobs, so that the house will be ready for the master when he comes. The System, at least the part we used, is about the development of the steward and the ordering of the house.

Now that those tasks have been sufficiently taken care of, the School has turned its attention to the question of the steward’s responsibilities when the master is in residence. In other words, everyone is expected to know the ‘system’ — that is, what their role in the right work of the household is — and now they simply need to concentrate on doing their job.

Dropping the analogy, the focus now is no longer on the question of promoting right work internally and engaging presence, but on the that of supporting and prolonging presence. Study of the System can be abandoned — or left behind — in favor of training in its practical use.

341 Responses

  1. Do, e mando.

    Il significato delle parole e’ dato dalle parole stesse. Il problema e’ proprio l’interpretazione delle parole. Le parole hanno il loro proprio, specifico, preciso significato. Il fatto di esulare dal significato delle parole, attraverso la libera interpretazione, porta inesorabilmente lontani dalla loro verita’. Qualora questa verita’, come si e’ scoperto qui, fosse ”˜inesprimibile’, perche’ allora cimentarsi a farlo?
    Questo, infatti, e’ il caso di Eckhart. Per necessita’ di sbandierare la presunta e vantata conoscenza dell’ignoto, o ”˜consapevolezza’, il linguaggio non si poneva assolutamente come ostacolo, ma poi, per necessita’ di risolvere l’incompetenza dimostrata e conseguenti contraddizioni, il linguaggio si e’ improvvisamente rivelato inadeguato. Usare le parole per descrivere qualcosa che si crede di sapere e, accusarle di avere limitazioni per giustificarne l’insuccesso, e’, come si puo’ notare, abbastanza ingenuo.

    Anche per credere alle parole di Gurdjeff e Ouspensky, bisogna, appunto, ”˜credere’ alle loro parole.
    Per esempio, “Un nuovo documento” comincia esattamente cosi’:

    O:”La ricorrenza avviena nell’eternita’. Non fa parte di questa vita… C’e’ una teoria ammessa da questo sistema, per cui il tempo puo’ essere prolungato. Non ne ho alcuna prova. Molte sono le ricerche fatte dagli spiritisti e da altri riguaro al tempo, ma non ci sono prove.”

    Queste sue precise affermazioni non lo hanno certo fermato dall’ammettere nel sistema tale teoria, ne’ di scrivere un libro; ne’ tantomeno ha trattenuto i suoi seguaci dal credere alle sue parole. Ma le sue parole dicono chiaramente: “Non ne ho alcuna prova.” In quale modo si puo’ interpretare “Non ci sono prove”? Ogni interpretazione, quindi, puo’ essere guidata e sostenuta solamente dalla fede, ed e’ solo condividendo questa stessa fede che e’ possibile essere d’accordo con l’interpretazione.

    Forse il riferimento alla Quarta Via, alla quale e’ dedicato questo blog, dovrebbe essere piu’ esplicito, e devo anch’io sottolineare il fatto che ci siano alcuni, come mette in rilievo Paritoshluca, ”˜che di certi argomenti non hanno capito un bel nulla’. E’ ovvio che, con l’arrivo di Eckhart e non solo lui, e’ stato presentato il soggetto del ”˜mentire’, che rappresenta una delle idée fondamentali sulla quale fa perno la Quarta Via, in stretta connessione, inoltre, con l’idea di ”˜verifica’, e di ”˜respingenti’. Non essersi accorti di cio’ e’ infatti sintomo di inesperienza riguardo al soggetto. E’ da sottolineare, infine, che la stessa Quarta Via non riesce a liberarsi dal giogo del ”˜mentire’, e l’esempio riportato piu’ sopra e’ uno dei tanti fatti rappresentativi delle contraddizioni nella quale essa stessa costantemente incappa.

  2. Do, e mando.

    Riguardo “l’abbandono del sistema”, affermare, come dice Mr. Haven che “quello che Ouspensky disse non implica che egli avesse dubbi sul Sistema, ma semplicemente che non ne aveva più bisogno.” e’ un’altra delle libere interpretazioni delle parole di Ouspensky, ed e’ una libera interpretazione sostenuta dalla fede nel sistema. Tale speculazione, infatti, ha la stessa validita’ che dire: “Ouspensky ha abbandonato il sistema perche’, avendo perso la fede in esso, lo vedeva per quello che era: completamente inutile.”

    Mr. Haven inoltre afferma: “…per quasi trent’anni, la scuola di cui faccio parte si è concentrata su quegli aspetti del sistema di Ouspensky che il nostro Maestro riteneva i più pratici.” Egli sostiene che anche lui (Mr. Haven), come del resto la sua ‘scuola’ ha ottenuto dal sistema la ‘presenza’, e che “oggi non è più promuovere il giusto lavoro interiore e attivare la presenza, bensì sostenere e prolungare quest’ultima”. Se si e’ nella presenza, questo vuol dire che non se ne e’ al di fuori, vuol dire, quindi, che si e’ presenti. Perche’ allora sostenerla e prolungarla se si e’ gia’ in essa?

    Mr. Haven: “Lo studio del sistema può essere abbandonato ”“ o lasciato indietro ”“ per approfondirne invece gli usi pratici.”
    Ma non erano proprio gli stessi ‘usi pratici’ ritenuti tali ed usati dal suo maestro?
    Ammesso e non concesso che Mr. Burton sia un ‘essere conscio’, e che lo sia diventato attraverso il sistema della Quarta Via, se ha funzionato per lui, e per cui funziona, perche’ abbandonarlo?

    Ricordo che di fronte a domande simili, e all’impossibilita’ di fornire una risposta, i membri del ‘cerchio interno’ coniarono la seguente teoria: “Abbiamo considerato la domanda, e siamo arrivati alla conclusione che, essa stessa domanda, deve essere sbagliata.”

    Sono al corrente della natura schiva degli studenti della Fellowship of Friends, ma sarebbe possibile sottoporre nuovamente le suddette domande a Mr. Haven?

  3. eckhart

    ..forse tu fai lo scienziato Do e mando..
    parli di verifiche.. :-))
    Ho già detto in proposito che son discorsi inutili,senza che vi sia reciproca fiducia, esperimentazione e riconoscimento dell’esperire.
    Il linguaggio è quello che è in questi casi e
    come già detto, descrive una mappa che non è mai il territorio.
    L’importante dunque è sempre il come,non il quanto e il cosa.
    Ciò vale anche mille libri come per una semplice frase.

    Qui si gira in tondo..
    meglio passeggiare :-)))

  4. paritoshluca

    Do, e mando..
    Il significato delle parole e’ dato dalle parole stesse. Il problema e’ proprio l’interpretazione delle parole. Le parole hanno il loro proprio, specifico, preciso significato. Il fatto di esulare dal significato delle parole, attraverso la libera interpretazione, porta inesorabilmente lontani dalla loro verita
    paritoshluca

    Questa concezione implica l’assoluta uguaglianza degli uomini rispetto alla Verità..ma anche a ciò che costituisce in nostro mondo interiore..
    Gurdjieff osservava sette tipi di uomini..a seconda dei “centri ” da cui erano dominati..e le interpretazioni degli oggetti d’esperienza variavano a seconda della tipologia di appartenenza dello sperimentatore..
    Ma anche senza riferirsi a Gurdjieff..qualsiasi iniziazione ..cioè un percorso di “presa di coscienza”..si basa su differenze condizioni di comprensione..
    Le parole apprendista ..compagno e Maestro..oppure studente ..discepolo e Devoto..sono simili e rappresentano la stessa realtà che deve affrontare chi aspira alla “Luce”..o la fusione in Brahman..o nel Sé..
    Dire che le parole hanno lo stesso significato per chiunque..significa azzerare il concetto stesso di “risveglio”..di “lavoro interiore”..di gradi diversi di coscienza relativi al nostro livello di identificazione col Principio..o col Ricordo di Sé..posto come “termine assoluto” in quanto non interpretabile mentalmente se non in una condizione propedeutica..in quanto “realtà esperienziale”..evidenza immediata e metamentale..
    Forse si fa confusione con le religioni rivelate che hanno bisogno di “fede”..e la fede ha dei gradi opposti alla comprensione..la cristallizzazione cioè di qualcosa non verificabile e personale..un “dono”
    Nella “quarta via” non c’è fede..ma solo esperienza..esperienza interiore ..”ricordo di Sé”..come percezione di quell’Essere che è la “radice non manifesta” del nostro mondo..e che diviene “esistenza” all’esperienza sensibile..mentre l’Essere è evidenza interiore bel definita per chi pratica la meditazione senza oggetto se non “percepirsi esistenti”..in attesa di procedere verso quell’Infinito..Sconosciuto..perché non qualificabile in quanto oltre l’Essere..oltre ogni determinazione che lo limiterebbe..
    Così.nella “quarta via”..e per quarta via va intesa ogni Scuola che proceda sull’esperienza e non sulla fede..i significati delle parole variano a seconda del grado di “conoscenza interiore” delle persone..
    Dire Sé o ricordo di Sé..può significare “pensare il Sé” ai primi stadi..e poi diventare “percepire” il Sé in modo sporadico ..fino a possederlo o esserne posseduti negli stati superiori..
    Ciò avviene in tutte le iniziazioni che pongono la Verità nel Brahman Inqualificato..di cui noi siamo solo un aspetto..con vari gradi di illusione..
    Le parole allora indicano solo la “stazione” a noi più vicina..per alcuni il Sé è l’Essere..la “consapevolezza di esistere”..e per altri..pochi..i Maestri..sarà “oltre l’Essere”..in quel mistero di chi dire qualcosa è già troppo..ma che può solo essere indicato con ciò che non è..

  5. romano

    eckhart se non hai capito perché domando è diventato do e mando vuol dire (imo) che non hai prestato attenzione agli scambi. E io sono molto grato a do e mando per questo cambio perché dimostra che la comunicazione a qualcuno serve.
    Do Mando,
    quando si dicono le cose come stanno si viene sempre bollati come ”˜aridi’, e/o ”˜cinici’. Affidare all’indignazione la risposta e’ troppo poco.
    Sono assolutamente d’accordo che l’indignazione sia una risposta da poco: che invece le cose dette sono come le cose stanno…no.
    Giusto uno spunto : tenebre e luce in qualche altra realtà forse potranno essere uno,ma per ora sono distinte.
    Il lago è pieno d’acqua ma se non hai un contenitore per berla puoi morir di sete.
    Tener sotto acqua Atisha per 1 minuto e veder se riesce a ridere è un altro esperimento che mi piacerebbe fare.
    Paritosh invece gorgoglia bolle di parole: deve essere l’uomo N° sotto!

  6. romano

    Giusto per chiarire e non essere irrispettoso senza comunicare altro insieme allo sberleffo.
    Allora siamo Bramhan squalificato ?
    Dovevamo prendere il treno alla stazione e per un ritardo siamo arrivati troppo tardi ?
    Io…qui… ora… e il treno passa.
    Aspita! doveva essere :
    Io…lì…ora !
    Quale scarpa hai infilato per prima stamattina: la destra o la mancina ? Se non lo sai benvenuto nel club dei Brahman non pervenuti.
    Pervenuti non prevenuti.
    che fa rima con starnuti .
    e C e C e Ci (sta influenza )

  7. Do, e mando

    Dire che le parole hanno il loro proprio significato, non e’ lo stesso che dire: “le parole hanno lo stesso significato per chiunque”. Il fatto di essere diversi gli uni dagli altri non dovrebbe alterare il significato delle parole, ne’ di una ‘verita’. Il significato cambia a seconda dall’interpretazione, e chiunque ne possiede una.
    Tutto, quindi, si riduce all’esperienza…
    …ahhh, ”˜l’esperienza’!
    Ma di quale esperienza stiamo parlando? Chiunque ha avuto ”˜l’esperienza’: Robert Burton ha avuto ”˜l’esperienza’, Girard Haven ha avuto ”˜l’esperienza’, Gurdjeff e Ouspensky hanno avuto ”˜l’esperienza’, Paoletti ha avuto ”˜l’esperienza’, Nisargadatta ha avuto ”˜l’esperienza’, Hitler ha avuto ”˜l’esperienza’, Padre Pio ha avuto ”˜l’esperienza’, Meister Eckhart ha avuto ”˜l’esperienza’ e anch’io ho avuto ”˜l’esperienza’, sissignore, ma avere ”˜l’esperienza’ non vuol dire gran che. Dopo numerosi anni di ”˜esperienza’, ho avuto anche ”˜l’esperienza’ del ”˜dopo-esperienza’, ma anche questo non ha gran valore.
    Cercare di spiegare questa ”˜esperienza’, come esperienza interiore ..”ricordo di S锝..come percezione di quell’Essere che è la “radice non manifesta” del nostro mondo..e che diviene “esistenza” all’esperienza sensibile… non vuol dire nulla
    Dire che “l’Essere è evidenza interiore bel definita per chi pratica la meditazione senza oggetto se non “percepirsi esistenti”..in attesa di procedere verso quell’Infinito… Sconosciuto..perché non qualificabile in quanto oltre l’Essere..oltre ogni determinazione che lo limiterebbe…” non sono piu’ che chiacchiere.

    “… I significati delle parole variano a seconda del grado di “conoscenza interiore” delle persone…” perche’ per ognuno che abbia provato ”˜l’esperienza’ il significato stesso delle parole non e’ abbastanza, ed esso va infatti interpretato ed alterato per mezzo dell’esperienza. Pensare che il significato possa evolvere con la nostra evoluzione, e’ una pecca della volonta’ di desiderare di essere qualcosa di diverso da cio’ che siamo, della fede nel sognato risveglio.

    L’esperienza e’ una cosa puramente soggettiva e irrilevante che solamente chi ne condivide la fede in essa puo’ riconoscere. Non condividendo la fede che porta a sperimentare ”˜l’esperienza’, l’esperienza perde ogni significato e validita’. Accettare tale ”˜esperienza’ e’ possibile soltanto attraverso il credere in tale ”˜esperienza’, attraverso un atto di fede.

    Credere in un dogma significa proprio accettare attraverso le fede cio’ che il dogma stesso richiede di credere.
    La mente che ha esperito l’esperienza e’ posseduta e guidata da tale fede.
    Dicendo che il significato delle parole cambia con il percorrere il cammino intrapreso, serve solo a giustificare tale cammino, e alle scuole, sette e cenacoli esoterici serve a mantenere l’essenziale gerarchia, e l’assoggettamento del iniziato. Per l’iniziato, le parole sono ancora le parole, perche’ in lui la fede non ha ancora preso il completo sopravvento, ma sta ancora usando i residui di pensiero critico che sono in lui esistono. Man mano che la fede prende il soprevvento sulla mente critica, l’esperienza diventa sempre piu’ rilevante, fino a diventare assolutamente vera ed intoccabile.

    Mi rendo perfettamente conto che questo concetto non possa venir compreso da chi e’ narcotizzato da suddetta fede, ed il credere ciecamente in questo o quel dogma impedisce di ritornare al semplice significato delle parole. La fede quindi si sostituisce al linguaggio dell’esperienza. Le sette, le scuole, e i cenacoli esoterici sono necessari per preservare ”˜l’integrita’ di presunta esperienza e del suo linguaggio, perche’ al di fuori di esse tale esperienza cessa di avere ogni tipo di significato.
    Allo stesso modo, anche la Quarta Via ha bisogno di fede, altrimenti le verifiche non si attuerebbero. La verifica del sistema e’ una risultante della fede in esso.

    Ouspensky: “ Quando incontrai G. cominciai a lavorare con lui sulla base di certi principii che potevo capire ed accettare. Diceva: ’Prima di tutto non dovete credere a nulla, e secondo don dovete fare nulla che non comprendete.’ Lo accettai per questo. Dopo due o tre anni, ho visto che G. andava contro questi principii. Richiedeva alle persone di accettare cio’ che non capivano e di fare cio’ che non comprendevano. Non mi sento di offrire alcuna teoria sul perche’ qualcosa del genere possa essere successo.” (13/10/1937)

  8. eckhart

    Do e mando:”L’esperienza e’ una cosa puramente soggettiva e irrilevante che solamente chi ne condivide la fede in essa puo’ riconoscere. Non condividendo la fede che porta a sperimentare ”˜l’esperienza’, l’esperienza perde ogni significato e validita’. Accettare tale ”˜esperienza’ e’ possibile soltanto attraverso il credere in tale ”˜esperienza’, attraverso un atto di fede.”
    °°°
    Questa è una tua credenza a cui sei liberissimo di credere.
    Esistono dei “codici oggettivi” e le esperienze non sono nuvole che passano..ma trasformano.

  9. atisha

    romano:

    1).. se non impari a bere senza un contenitore è di certo che morirai di sete…
    2)… atisha probabilmente morirebbe, ma cosa avresti dimostrato.. con la forza?
    3) Paritosh gorgoglia bolle di parole.. perchè è un uomo N° sopra..

    Smile

  10. paritoshluca

    Dice mando..

    “Dire che le parole hanno il loro proprio significato, non e’ lo stesso che dire: “le parole hanno lo stesso significato per chiunque”. Il fatto di essere diversi gli uni dagli altri non dovrebbe alterare il significato delle parole, ne’ di una ”˜verita’”

    Infatti parole come “illuminazione” o “kundalini”.. hanno un significato bene preciso..
    ma per chi non ne ha avuto la benché più minima esperienza sono solo parole vuote..espressione di una mente bislacca quando non truffaldina..
    L’esempio del cieco che non crede all’esistenza della luce è un esempio vecchio ma sempre efficiente per capire che ognuno di noi vive nel suo mondo..e comunica con gli altri solo per quel qualcosa che abbiamo in comune..
    Con qualcuno abbiamo in comune il fatto di avere un corpo materiale..con altri abbiamo in comune interessi artistici o professionali..e con altri abbiamo in comune la percezione di quel mondo che i Maestri chiamano la “vera vita”….il Sé..
    il Centro..
    Naturalmente pronunciare le stesse parole significa che abbiamo in comune la lingua e non il significato..e dal momento che pochi riescono ad ammettere di non capire qualcosa..ecco che il non compreso si trasforma nel “non significato”..che poi sarebbe il giudizio della stragrande maggioranza degli esseri umani sui Maestri ..quelli veri intendo..che possono abbassarsi fino a un certo punto e non oltre che altrimenti la “dottrina” sarebbe storpiata..

    Alla fine insomma il linguaggio e le parole hanno un limite..dettato dalla nostra “comprensione”..
    e c’è poco da fare…inutile arrabbiarsi..

  11. Do, e mando

    E’ necessario ricordare che il soggetto e’ un ‘esperienza’ senza alcuna prova, come la ‘ricorrenza’ di Ouspensky; i cosiddetti ‘codici oggettivi’ dovrebbero essere per l’appunto oggettivi ossia una rappresentazione neutrale corrispondente alla realtà, al mondo oggettivo, per l’appunto imparziale.

    Se tali codici non sono imparziali, comprensibili, ne’ utilizzabili da chiunque, come possiamo definirli tali?

    Se quindi tale ‘esperienza’ puo’ essere compresa solo da pochi, tale qualita’ rende suddetta ‘esperienza’ soggettiva. La qualita’ dell’esperienza quindi e’ comprensibile soltanto attraverso le lenti della fede in essa.
    Le parole che descrivono ‘l’esperienza’ come ‘illuminazione’ o ‘kundalini’ hanno un significato ben preciso per chi ci crede, infatti al di fuori della fede in esse il significato non e’ per nulla preciso. Tutte le persone che credono in cio’ hanno in comune ‘l’esperienza’ guidata dal credo, esse sono per l’appunto condizionate, accecate dal mondo in cui credono e non riescono a vedere che e’ comunque ‘espressione di una mente bislacca quando non truffaldina’. Per questo dire di avere in comune ‘la percezione di quel mondo che i Maestri chiamano la “vera vita”….il Sé.. il Centro..’ vuol dire esattamente condividerne la fede.
    Per chi infatti non condivide tale fede, tutto cio’ non ha alcun significato, ed e’per questo che ‘l’esperienza’ perde ogni validita’.

    Perche’, se tale ‘esperienza’ e’ cosi’ chiara e piena di significati, puo’ essere compresa solo da qualcuno e da qualcun’altro no?

    Perche’ deve essere una mancanza il non poter o non voler prendere qualcosa per scontato?

    Un cieco e’ una persona che ha una percezione ottico-visiva ridottissima o nulla (cecità parziale o totale rispettivamente), ed e’ quindi ovvio che non puo’ avere un’idea di cosa siano luce o colori. Ma le persone dotate di stesse capacita’ dovrebbero essere in grado di ‘vedere’ cio’ di cui state parlando. (Le allegorie sono sempre convenienti, ma non sempre efficaci, chiedete a Romano).

    Quindi, per vedere qualcosa che non e’ percepibile con la vista ‘normale’, bisogna forse possedere poteri speciali? Una super-vista?

    E’ con questa super-vista che avete visto la ‘vera vita’, il Se’ o il ‘Centro’?

    Perche’, come domandato in precedenza, e’ cosi’ difficile ammettere di aver fede in qualcosa?

    Il punto infatti non e’ tanto il credere, perche’ in esso non v’e’ nulla di male, ma piuttosto il non ammetterlo, cercando disperatamente ed inutilmente di dimostrare che non e’ cosi’. Anch’io ho passato numerosi anni a sbandierare ‘l’esperienza’ come ‘certa’, anch’io ho creduto di aver visto il Se’, anch’io avuto fede, anch’io non riuscivo ad ammetterlo, ed e’ per questo che posso riconoscere le contraddizioni, le menzogne e le dinamiche qui dimostrate.

    Perche’ poi invocare al ‘giudizio’ quando qualcuno sinceramente non vede qualcosa?

    Gia’ che ci siamo: chi sono questi ‘veri maestri?

    Ne conoscete?

    Perche’ la ‘dottrina’ si storpierebbe se portata ad un livello ‘basso’?

    Visto che i mestri, quelli veri, ‘possono abbassarsi fino ad un certo punto’ non e’ un po’ discriminatorio dire che chi non puo’ condividere la dottrina e’ ad un livello basso, e chi invece la puo’ condividere e’ ad un livello alto?

    Domanda: “Da dove provenivano le scuole che hanno insegnato alla scuola di Gurdjieff?”

    Ouspensky: “E’ possibile che provenissero dall’Asia centrale, ma cosa fossero non lo so. Non era possibile andare a verificare per via della Rivoluzione. Se la vita fosse stata normale sarei andato a cercarla, ma probabilmente ora tutto e’ scomparso, e nulla rimane di tale scuola.”

    Perche’ parlarne?

  12. eckhart

    Do e mando:Un cieco e’ una persona che ha una percezione ottico-visiva ridottissima o nulla (cecità parziale o totale rispettivamente), ed e’ quindi ovvio che non puo’ avere un’idea di cosa siano luce o colori. Ma le persone dotate di stesse capacita’ dovrebbero essere in grado di ‘vedere’ cio’ di cui state parlando.
    °°
    ..eppure è quasi banale la risposta..
    un cieco è qui nella metafora chi ha le bende da togliere via tramite il Lavoro..
    Dunque potenzialmente si ha tutti le stesse capacità,anche se non tutti arrivano sino in fondo.
    Ribadisco che la fede intesa come credenza non c’entra nulla..
    Se leggi di un’esperienza e te ne dimentichi..perchè non la vedi..
    e rileggi a distanza di anni e la riconosci..allora..

  13. …anche la Quarta Via ha bisogno di fede, altrimenti le verifiche non si attuerebbero. La verifica del sistema e’ una risultante della fede in esso. (Do e Mando)

    Per esempio, nella Fellowship of Friends, il maestro Robert Burton mette spesso in rilievo che per rimanere nella scuola bisogna “verificare l’Influenza C”. Mentre altre verifiche (per esempio i centri inferiori, gli stati di coscienza, la legge del tre e via dicendo) sono fondate su basi più solide, la verifica dell’Influenza C come la propone Robert Burton non è altro che il puro e semplice convincersi che ciò che ci accade è guidato dalla volontà di invisibili esseri superiori che manovrano le nostre vite per aiutarci nel nostro cammino verso il risveglio. Ossia aver fede in ciò che lui dice.
    Ho visto tanti studenti, nel corso del tempo, assumere semplicemente questa fede. Dichiaravano, in buona fede appunto, di aver verificato l’Influenza C. Siccome io su questo punto sono sempre stato uno scetticone, non ho mancato di approfondire il soggetto. A Robert Burton ho chiesto direttamente se TUTTO ciò che ci accade è manovrato dall’Influenza C. Lui ha risposto un pieno e incondizionato si. Poi ho chiesto a molti studenti che cosa significava per loro che “avevano verificato l’Influenza C”. Gli studenti raccontavano episodi che non provavano un bel nulla, sul cui fondo si vedeva la loro voglia di aderire con il pensiero a quel modo di leggere la realtà che è proprio di Robert Burton. Per essere più chiaro vi espongo qualche episodio che mi è stato raccontato:
    Uno aveva verificato l’Influenza C quando, guidando l’automobile, aveva letto su un camion la scritta “usa i re dei centri”. Poi il camion si era mosso scoprendo anche le altre parole, e per il mio amico quella era una verifica di un messaggio inviatogli dall’Influenza C. Ovviamente, ne era risultato uno stato di intensa e prolungata consapevolezza.
    Un altro aveva una piccola collezione di “verifiche dell’Influenza C”, costituita da episodi tipo lo spegnersi di lampioni al suo passaggio e simili…
    Un altro era seduto a un concerto quando aveva sentito distintamente la presenza di un essere invisibile dietro di lui, che gli teneva la mano appoggiata sulla spalla.
    Altri vedevano la verifica dell’Influenza C in grandi fortune, o sfortune su cui avevano “lavorato”.
    La legge dell’accidente veniva messa da parte, e si assumeva la fiducia che tutto ciò che accade era manovrato dagli Dei. Non è fede questa?
    E a dimostrare ancor di più che è fede, vi è un’altra circostanza che adesso vi racconto:
    Per anni e anni, Robert Burton asseriva continuamente di essere un uomo numero 8 e di comunicare con gli Dei. Gli Dei comunicavano con lui sia indirettamente (targhe, scritte, coincidenze ecc.) sia parlandogli direttamente (come smentire una simile affermazione? Cristo, Leonardo Da Vinci, una volta perfino la Madonna, si materializzavano di fronte a lui e gli parlavano….).
    Dunque, nel comunicare con lui gli Esseri Superiori gli avevano detto in particolare che sarebbero accaduti i seguenti avvenimenti:
    1) Crisi economica mondiale con crollo delle borse nell’anno 1984;
    2) Big One con distruzione della California e miracoloso salvataggio di Apollo nel 1998;
    3) Fine del mondo per olocausto nucleare nel 2006 (A una cena a Milano circostanziò più precisamente che le bombe atomiche sganciate su quella città sarebbero state due. Glielo aveva detto Leonardo Da Vinci).
    Una ad una, queste predizioni non si sono avverate. Ma sembra che la mente e il cuore dei seguaci non sia stata sfiorata da alcuna contraddizione (non è incredibile, dear?).
    Ho detto abbastanza al riguardo per dare ragione a Do e Mando. Almeno in questo caso, è chiaro che la cosiddetta “verifica” (dell’Influenza C o di qualunque altro dogma o affermazione in realtà inverificabile) non è altro che il risultato della fede, della voglia di credere ed essere conformi alla dottrina del gruppo.

  14. atisha

    eck.. mi sa che è diventata una moda comuniare con gli.. Dei :))

    sinceramente, se già comunicassi con entità spiritualmente più evolute di me, di certo non lo direi a nessuno.. probabilmente nemmeno al mio più caro compagno di Via ;)

  15. paritoshluca

    Qui si fa confusione tra l’Essenza del messaggio e la cornice che lo sostiene..
    L’Essenza della quarta via è il “ricordo di sé”..cosa verificabile e non oggetto di fede..
    La cornice invece che sostiene in Gurdjieff l’Essenza..può essere il lavoro di scuola..gli idrogeni..e tutto l’apparato psico filosofico..vero cibo per tenere indaffarata la mente per non ostacolare il lavoro sulla “consapevolezza”
    Naturalmente le “cornic”i..siano quelle di Gurdjieff o buddiste o induiste o iniziatiche in senso stretto..sono prodotti della mente..sono solo aiuti funzionali ai tempi e ai luoghi..
    L’esempio del dito e della Luna è sempre valido..
    Esiste una sola Luna ma ci sono molte dita che la indicano..e spesso neanche in modo giusto..
    Separare il grano dall’oglio..l’Essenza dalla cornice..è possibile solo distinguendo ciò che è verificabile da noi..da ciò che invece è credenza..o “sistema”..
    I Maestri che non si vogliono impelagare in cose inverificabili..parlano solo di meditazione e di condizioni interiori..come Osho.. Ramana ..Krishnamurti ..visto che mi si chiedeva chi fossero in Maestri autentici..
    Il “sistema”..o tutto ciò che è tecnica o ideologia..viene superato quando il punto di riferimento non è più la mente ma il Sé..cosa che avviene dall’uomo n.5 in sù..secondo Gurdjieff

  16. atisha

    oh..là. Grazie Paritosh.. hai espresso al meglio anche il mio sentire..
    Bravo e grazie. :)