Innernet: Journey into Awareness
and Anima Mundi

11
Jun
2010
0

La Quarta Via nel XXI secolo: una testimonianza

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Girard HavenCon 1500 membri e 60 centri sparsi in tutto il mondo, la Fellowship of Friends è attualmente la più grande scuola esistente ispirata agli insegnamenti della Quarta Via (introdotti in Occidente da George Gurdjieff e Peter Ouspensky).

In Italia, è stato pubblicato da Ubaldini il libro del suo fondatore Robert Earl Burton, “Il ricordo di sé”, che a tutt’oggi è l’unico testo dedicato interamente a questa tecnica. La sede della Fellowship è Apollo, in California. Qui vive Girard Haven, il “numero due” dell’organizzazione, oltre che un prolifico autore di libri sulla Quarta Via (sei volumi pubblicati in inglese sull’argomento, disponibili in Amazon), che noi abbiamo intervistato per Innernet.

Vedo che la scuola di cui fai parte ha diversi siti, chiamati “Presenza vivente”, “Essere presenti”, “La via verso la presenza”, “La presenza” (www.livingpresence.com, www.beingpresent.org, www.pathwaytopresence.org, www.la-presenza.it). Puoi spiegare, per favore, cosa vuol dire essere presenti, e perché una persona normale dovrebbe cercare di essere presente?

Essere presenti è l’arte di focalizzare la propria attenzione sul momento presente. Vuol dire essere consapevoli di ciò che si sta facendo, perché e dove lo si sta facendo, i suoi possibili effetti sugli altri e i propri vari scopi, e il suo rapporto con le forze superiori.

Quindi, è possibile pensare al passato o al futuro, o immaginare soluzioni a un problema, restando presenti, ma solo se si riesce a mantenere un’intensa consapevolezza di ciò che si sta facendo e del perché. Senza una tale intensa consapevolezza di se stessi nel momento, la nostra vita ci scivola sopra come un sogno, ed è semplicemente meglio essere svegli che addormentati.

Altre tradizioni spirituali, come il buddhismo e il sufismo, parlano dell’importanza di essere presenti. Cosa distingue la Quarta Via da queste altre tradizioni?

Se le comprendiamo nel modo giusto, tutte le tradizioni spirituali parlano dell’importanza della presenza come ponte tra l’umano e il divino. Le differenze stanno nei metodi e le tecniche usati per sviluppare la presenza. La Quarta Via, e in particolare la Fellowship of Friends, impiega metodi particolarmente adatti all’epoca contemporanea.

A tal proposito, molte persone trovano più facile essere presenti durante un’attività fisica che mentre stanno al computer (ovvero, per la maggior parte della loro giornata). Tu avresti qualche consiglio particolare per promuovere la presenza al PC?

La lotta per essere presenti è fondamentalmente la stessa in tutti i luoghi e momenti, e noi dobbiamo provare gratitudine per le varie opportunità di lavoro fornite dalle diverse circostanze (oltre a saperle usare). Nello specifico, l’opportunità costituita dall’uso di un computer consiste nella pratica dell’attenzione divisa, e uno dei modi più efficaci per fare ciò è introdurre sofferenza volontaria.

Questo vuol dire, per esempio, stare leggermente scomodi, seduti un po’ più vicino o lontano del solito dal computer, in una posizione leggermente disagevole, con dei vestiti un po’ troppo pesanti o la cintura appena troppo stretta. L’idea è quella di avere una leggera fonte di irritazione che ci dia qualcosa di cui essere consapevoli oltre al computer, ma non al punto da provocare danni o interferire con il nostro lavoro.

Si possono pure usare le impressioni, come ascoltare musica (anche una musica che non ci piace potrebbe fungere da sottile sofferenza volontaria) o rendere l’ambiente più bello. È possibile utilizzare un programma di pop-up che interrompa periodicamente le nostre identificazioni, riportandoci al presente. Come ha scritto Rodney Collin: “Il lavoro è il lavoro, e da un punto di vista più vasto, tutto dipende da colui che cerca di fare quanto è richiesto. Le scuse, per quanto raffinate, non contano”

Ho sentito dire che l’infarto che hai avuto nel 2000, quando stavi nella tua scuola già da vari decenni, è stato un evento importante per la tua evoluzione. Puoi dire in che modo hai “tratto profitto” (per dirla con Gurdjieff) da questo evento?

Prima dell’infarto, mi svegliavo al mattino, facevo ciò che dovevo fare durante il giorno, quindi andavo a letto. Dopo l’infarto, a parte qualche leggero cambiamento riguardo ciò che dovevo fare, è stato esattamente lo stesso. In altre parole, il mio corpo ha sofferto un infarto, ma io no. Non saprei dire se ho tratto profitto o meno dall’infarto, perché non posso sapere come sarebbe stata la mia vita se esso non fosse avvenuto.

Questo infarto ha ti ha reso semiparalizzato, giusto?

Per l’esattezza, solo la metà destra del mio corpo è rimasta parzialmente paralizzata. Per tornare alla tua domanda precedente, apparentemente gli altri sono rimasti più scioccati dall’infarto di me. Per me, è stato semplicemente un altro evento della mia vita, e poiché gli eventi della mia vita sono il materiale con cui lavoro per la mia evoluzione, l’infarto non ha fatto che fornire qualcos’altro su cui lavorare.

Allo stesso tempo, sono certo che tutto viene predisposto dalle forze superiori e che queste ultime mi forniscono il materiale necessario con cui lavorare. Se non ci fosse stato l’infarto, sarebbe arrivato qualcos’altro. La distinzione tra “buono” e “cattivo” dipende dal mio atteggiamento e dal modo in cui uso gli eventi della mia vita, esattamente come è stato per l’infarto.

Nella scuola di cui fai parte si parla della “trasformazione della sofferenza”. Puoi spiegare di che si tratta?

La sofferenza deriva dal desiderio che le cose siano diversamente da come sono, il che, ovviamente, è impossibile: ciò che è, è. Questo vale anche per i dolori o disagi più istintivi: uno non recrimina per la “sofferenza” causata da un lungo viaggio al caldo, se davvero desidera arrivare dove sta andando e non esistono alternative… In quei casi, nemmeno si va in immaginazione riguardo l’aria condizionata!

Quindi, il primo passo per acquisire la libertà (il che non implica la cessazione) dalla sofferenza è l’accettazione di ciò che è; in altre parole, il primo passo è la presenza. Ma la vera trasformazione è qualcosa di più di una neutra accettazione; si tratta, in realtà, di desiderare che le cose stiano esattamente così come sono.

Ciò richiede, primo, una forza di volontà, nel campo delle emozioni, sufficientemente grande da non permettere altri tipi di emozioni; secondo, una verifica e comprensione delle forze superiori tale da poterci fidare totalmente del fatto che tutto è stato predisposto per il nostro massimo bene. In tal modo, quella che chiamiamo sofferenza può essere trasformata nello stato di amore divino.

Perché, secondo te, una scuola suscita spesso un’opposizione accesa, anche veemente?

Lo scopo di una scuola non è aiutare una persona a diventare migliore (fatto che comunque avviene), ma aiutarla a diventare un essere completamente diverso. La maggior parte delle persone ha paura di cambiare veramente, e di solito le persone si oppongono a ciò che temono.

In Italia, Gurdjieff viene ormai considerato un uomo straordinario, un “risvegliato”. Altrettanto non si può dire di Ouspensky, che anzi è talvolta visto come un giuda che ha tradito il suo Maestro. So che tu hai un’alta considerazione di Ouspensky. Potresti per favore aiutare il pubblico italiano a capire perché, secondo te, anche lui era un risvegliato?

Il punto non è se lui fosse o meno un risvegliato, ma se lui (o i suoi insegnamenti) possono aiutare il mio risveglio. Io ho verificato, attraverso la mia esperienza, che il mio Maestro è una di queste persone, e lui ha detto che anche Ouspensky lo era. Ho pure verificato, sotto la guida del mio Maestro, che l’opera di Ouspensky è stata per me estremamente preziosa. Allora, perché dovrei dubitare di ciò che il mio Maestro ha detto di lui?

La tua scuola usa spesso l’arte e la contemplazione della bellezza. In che modo queste possono essere attività spirituali? Perché esporsi a belle impressioni può aiutare a “creare l’anima”, per citare il titolo di uno dei tuoi libri?

Non ci sono dubbi che lo stato di presenza sia uno stato meraviglioso. Di conseguenza, la contemplazione della bellezza ci consente di vivere un aspetto della presenza tramite esperienze che ci sono normalmente disponibili. Inoltre, nella nostra epoca abbiamo, come mai prima, la capacità di scegliere le impressioni di cui circondarci. Splendide riproduzioni dei maggiori capolavori artistici e di paesaggi naturali possono stare appese ai nostri muri o essere ammirate nei libri o in Rete.

Il nostro cibo e i nostri vestiti non devono più necessariamente essere prodotti nel raggio di pochi chilometri da dove abitiamo, e ogni volta che lo vogliamo possiamo ascoltare esecuzioni dei più grandi musicisti mondiali. Traendo vantaggio da queste opportunità, gli studenti di una scuola del risveglio del ventunesimo secolo possono manipolare le proprie esperienze in modi impossibili per le scuole del passato, e noi stiamo attivamente esplorando tali possibilità.

Un’ultima domanda: ho sentito dire che recentemente la tua scuola ha abbandonato il sistema, come fece Ouspensky negli ultimi mesi di vita. È vero? Se sì, qual è la nuova forma della tua scuola? Ma già che ci siamo: secondo te, Ouspensky ha davvero abbandonato il sistema?

Riguardo “l’abbandono del sistema”, una delle cose che penso è che il sistema – ma, in realtà, qualsiasi insegnamento – è come un ponteggio che si usa per costruire un edificio: una volta completato l’edificio, il ponteggio ha esaurito il suo compito e viene abbandonato. Un’altra analogia può essere quella delle casseforme in cui si versa il cemento e che vengono rimosse dopo che quest’ultimo si è solidificato. Infine, si può pensare alle fondamenta di un palazzo, che vengono nascoste dalla successiva costruzione di quest’ulimo.

In tutti i casi, quello che Ouspensky disse non implica che egli avesse dubbi sul Sistema, ma semplicemente che non ne aveva più bisogno.
In modo simile, per quasi trent’anni, la scuola di cui faccio parte si è concentrata su quegli aspetti del sistema di Ouspensky che il nostro Maestro riteneva i più pratici. Tuttavia, nell’ultimo decennio siamo andati al di là di essi. Il modo più facile per spiegare tale cambiamento è utilizzare l’analogia di Ouspensky del maggiordomo e del padrone di casa.

All’inizio, nella casa regna il caos e il maggiordomo deve far sì che i vari servitori siano al posto giusto e intenti ai loro compiti, in modo che la casa sia pronta all’arrivo del padrone. Il Sistema, almeno la parte che noi abbiamo usato, riguarda lo sviluppo del maggiordomo e l’ordinamento della casa. Ora che quei compiti sono stati sufficientemente eseguiti, la scuola ha rivolto la sua attenzione alle responsabilità del maggiordomo quando il padrone è in casa.

In altre parole, ci si aspetta che tutti conoscano il “sistema”, ovvero il proprio ruolo nell’ambito della corretta manutenzione della casa, per cui adesso bisogna semplicemente concentrarsi sul fare il proprio lavoro.
Abbandonando l’analogia, il punto oggi non è più promuovere il giusto lavoro interiore e attivare la presenza, bensì sostenere e prolungare quest’ultima. Lo studio del sistema può essere abbandonato – o lasciato indietro – per approfondirne invece gli usi pratici.

English version

The Fourth Way in the XXI Century: A Practitioner’s Perspective

With 1500 members and 60 centers all over the world, the Fellowship of Friends is today the biggest school taking inspiration from the Fourth Way teachings (brought to the West by George Gurdjieff and Peter Ouspensky).

Its teacher, Robert Earl Burton, wrote the book “Self Remembering”, that today is still the only book totally devoted to this ancient practice, translated into many languages. We went to the Fellowship home in Apollo, California. There we interviewed Girard Haven, the “number two” in the organization, and a prolific author of Fourth Way books (six books, available on Amazon). What follows is our interview.

I noticed that the school you are a part of is called “Living presence”, “Being Present,” “Pathway to Presence,” and “La Presenza.” (www.livingpresence.com, www.beingpresent.org, www.pathwaytopresence.org, www.la-presenza.it).  Can you please explain what being present means, and why a normal person should try to be present?

Being present is the art of focusing one’s attention in and on the present moment. It is being aware of what one is doing, why one is doing it, where one is doing it, its possible effects on others and on one’s various aims, and its relation to higher forces.

Thus, it is possible to think of the past or the future, or to imaginesolutions to a problem while one is being present, but only if one can maintain an intense awareness of the fact that one is doing that and the purpose for it. Without such an intense awareness of oneself in the moment, our lives pass us by as if in a dream, and it is simply better to be awake than asleep.

Other spiritual traditions, such as Buddhism and Sufism, speak of the importance of being present. What distinguishes the Fourth Way from these other traditions?

Rightly understood, all spiritual traditions stress the importance of presence as the gateway between the human and the divine. Where they differ is in the methods and techniques used to develop presence. The Fourth Way, and in particular the Fellowship of Friends, incorporates methods particularly suited to the times in which we live.

With regards to this, many people find easier to be present while they are doing some physical activity, and more difficult while they are at the computer (that is the biggest part of their day). Do you have any special suggestion for promoting presence while we are at the PC?

The struggle to be present is fundamentally the same at all times and in all places, and we must grateful for, and make use of, the various opportunities for work which are provided by different circumstances. The particular opportunity which is provided by using a computer is to practice divided attention, and one of the most effective ways to do this is to introduce voluntary suffering.

This involves making yourself a little uncomfortable, for instance, sitting a little too close to the computer or a little farther away from it, or in a slightly uncomfortable position, or dressing a little too warmly, or having your belt a little too tight. The idea is to create just enough of an irritant to be give oneself something to be aware of in addition to the computer, but not so much as to cause harm or even to interfere with one’s work.

One can also use impressions, such as actually listening to music (music one does not like can introduce a little voluntary suffering as well) or making the environment more beautiful. And a pop-up program can be used to periodically interrupt identification and bring one back to the present. In short, there is no easy answer. As Rodney Collin wrote, “Work is work, and from a larger point of view it is merely a question of who will try to do what is required. The delicacy of the excuse is not taken into account.”

I heard that the stroke that you had in 2000, when you had been in the school for several decades, was an important event in your spiritual evolution. Can you say how you “profited” (as Gurdjieff called it) from this situation?

Before the stroke, I would awake in the morning, do what needed to be done during the day, and then go the bed. After the stroke, except for some changes in the details of what needed to be done, it was exactly the same. In other words, my body suffered a stroke, but I was unaffected. Whether I profited from the stroke or not, I do not know, as I have no idea what my life would be like if the stroke had not happened.

It left half of your body paralyzed, is that right?

Actually, it is the right half of my body and it is only partially paralyzed. To go back to your previous question, other people seemed to be more shocked by the stroke than I was. To me, it was merely another event in my life, and since the events of my life are the material I work with for my evolution, the stroke merely provided something else to work with.

At the same time, I am certain that everything is arranged by higher forces, and they provide the necessary material for me to work with. If it had not been a stroke, it would have been something else. Whether that would have been ‘good’ or ‘bad’ would depend on my attitude toward it and the way in which I used it, just as was the case with the stroke.

In the School you are part they speak of the “transformation of suffering.”  Can you explain what this is?

Suffering results from a wish that things could be other than they are, which is, of course, impossible — what is, is. This is true even of most instinctive discomfort or pain: one does not object to the “suffering” of a long, hot drive if one really wants to get where one is going and there is no choice — and one does not have imagination about air conditioning!

Thus, the first level of gaining freedom from (in contrast to cessation of) suffering is acceptance of what is, that is, the first step is presence. But true transformation is more than neutral acceptance; it is actually wishing things to be exactly as they are. This requires, first, enough will with respect to one’s emotions to disallow any other emotions, and second, a sufficient verification and understanding of higher forces to have a complete and unquestioning trust that they have arranged everything for the greatest good. In this way, what we call suffering can be transformed into the state of divine love.

Why do you think that a School often attracts strong, even vehement, opposition?

The aim of a real school is not to help one become a better person (although that does happen); it is to help one to become an altogether different being. Most people are actually afraid of becoming truly different, and what people fear, they usually oppose.

In Italy, Gurdjieff is seen as an extraordinary figure – an “awakened” being. This is not the case for Ouspensky, who is even seen as having abandoned his Teacher. You seem to think highly of Ouspensky, and consider him awakened as well. Can you please speak about Ouspensky to the Italian readers to help them understand why, according to you, he is an awakened (conscious) being?

The real question is not whether someone was awakened himself; it is whether he (or his teachings) can help me to awaken. I have verified through my own experience that my Teacher is such a man, and he, in turn, has said that Ouspensky was such a man. What I have verified is that, under the guidance of my Teacher, Ouspensky’s works have been extremely valuable. Why, then, should I doubt what my Teacher has said about him?

Your school often uses art and the contemplation of beauty. In which way can this be a spiritual activity?  Why does exposing oneself to beautiful impressions help in “Creating a Soul,” as you have titled one of your books?

Without question, the state of presence is a beautiful experience. Consequently, appreciation of beauty allows us to experience an aspect of presence through experiences which are normally available to us. Moreover, in our age we have an unprecedented ability to choose the impressions with which we surround ourselves.

Magnificent reproductions of the world’s greatest art and natural beauty can be hung on our walls, or be found in books or on-line. Our food and clothing are no longer limited to what can be produced within a few miles of our homes, and we can hear performances by the world’s best musicians whenever we wish.

By taking advantage of these possibilities, students in a twenty-first century school of awakening can manipulate their experience in ways that we not possible for the schools of the past, and we are actively exploring those possibilities.

It is said that recently your School abandoned the System, as Ouspensky did in his last months of life. Is that true? What is the new form of your School? And by the way, did Ouspensky really abandon the System, according to you?

One way that I think about “abandoning the system” is that the system — or any teaching, for that matter — is like a scaffolding used in the construction of a building; once the building is complete, the scaffolding has served its purpose and is abandoned. Another analogy is provided by the forms which are used for pouring concrete and then removed once the concrete hardens.

And one can also view it in terms of the foundations for a building, which are then hidden by the subsequent construction. In any case, Ouspensky’s statement does not imply that he had any doubts about the System, but only that he no longer needed it.

Similarly, for a little over the first thirty years of its existence the School of which I am a part focused on those aspects of Ouspensky’s System which our teacher found most practical. However, in the last decade, we have moved beyond that. The easiest way to explain the change is in terms of Ouspensky’s analogy of the steward and the master in a large household.

At first, the house is in disarray and the steward must set the servants into their proper places doing their own jobs, so that the house will be ready for the master when he comes. The System, at least the part we used, is about the development of the steward and the ordering of the house.

Now that those tasks have been sufficiently taken care of, the School has turned its attention to the question of the steward’s responsibilities when the master is in residence. In other words, everyone is expected to know the ‘system’ — that is, what their role in the right work of the household is — and now they simply need to concentrate on doing their job.

Dropping the analogy, the focus now is no longer on the question of promoting right work internally and engaging presence, but on the that of supporting and prolonging presence. Study of the System can be abandoned — or left behind — in favor of training in its practical use.

341 Responses

  1. Domando

    G. Haven ha detto (riguardo alla trasformazione della sofferenza):
    “La sofferenza deriva dal desiderio che le cose siano diversamente da come sono, il che, ovviamente, è impossibile: ciò che è, è.”

    Se la sofferenza diventa “amore divino”, si trasforma in qualcosa che non e’, e come fa qualcosa che e’ a diventare qualcosa che non e’?
    Non aveva detto che cio’ era impossibile?

    Come fa il “desiderare che le cose stiano esattamente così come sono”, a cambiarne la loro natura?

    Tralasciando per il momento il discorso sulla “volontà, nel campo delle emozioni”, come e’ possibile ad avere “verifica e comprensione delle forze superiori tale da poterci fidare totalmente del fatto che tutto è stato predisposto per il nostro massimo bene”?

  2. eckhart

    Domando:come e’ possibile ad avere “verifica e comprensione delle forze superiori tale da poterci fidare totalmente del fatto che tutto è stato predisposto per il nostro massimo bene”?

    °°°
    Se c’è fiducia non può esserci spazio,prima di questa,per la verifica e comprensione..
    non sarebbe più fiducia,ma calcolo logico..

  3. eckhart

    Domando:Essendo l’ignoto sconosciuto, ovvero non-noto, e’ forse a te noto?
    E come, con qualcosa che scatta nel cuore?
    Adesso anche il cuore puo’ ”˜esperire’?
    Quali ”˜altre risposte conseguono da questa’?

    ***
    La conoscenza non può essere trasformata in sapienza,quindi rimane ignota.Conoscenza è esserCi in questo unico momento integralmente,ma non è del tempo,non è una mappa percorribile come fosse il Territorio..
    Esiste eccome un esperire del cuore,una forma d’intuito che nasce e che si sente proprio lì e che non è dualistica,ma un tutt’uno con l’esperito.
    Per questo ho concluso che le risposte derivano da questo stato,quindi cambiando “punto di visione” e non altrimenti.. :-)

  4. “Conoscenza è esserCi in questo unico momento integralmente, ma non è del tempo, non è una mappa percorribile come fosse il Territorio… Esiste eccome un esperire del cuore, una forma d’intuito che nasce e che si sente proprio lì e che non è dualistica, ma un tutt’uno con l’esperito.” (by Eckhart).
    Bellissima frase (non solo in senso estetico, ma anche e-statico: e siamo in estate…). È la chiosa perfetta al mio “Cos’e’ la consapevolezza? È un ’sapere con’, cioè un sapere olistico, in cui c’è coesistenza esplicita e coerente tra corpo, anima (psiche, mente) ed essenza (spirito, Sé). È intuizione, attenzione e intenzione focalizzata al ”˜qui e ora’. È uno stato di uptime, ossia di apertura, sia ”˜presente’ sia estatica (ed ”˜estetica’), dell’essere. È, per dirla con Heidegger, una ”˜in-abitazione’ nell’essere, una ”˜penetrazione nell’essere’, uno stato di ”˜realizzazione’ e ”˜autoappropriazione’. È un ”˜essere all’opera’ e un ”˜essere all’interno dell’opera’…” (del 19 u.s.).
    Quanto a Domando (nomen est omen, amen!) è chiaro che nello (pseudo)nome c’è la risposta. Domando è un ‘trickster’ (nel senso positivo del termine). Vuole mettervi alla prova: si sa che domanda (se è un ‘trick’) chiama altra domanda, in un loop autostringentesi. Se riuscite a sfuggire ai suoi ‘trick’ (quanto meno ‘doppi legami’). riuscirete a raggiungere la “radura luminosa”… Ma di notte: sapete, “il sapere è una farfalla notturna”.

  5. Domando

    Eckhart:
    Il soggetto non era la ‘verifica e comprensione delle forze superiori’?
    Tu le hai verificate?
    E come?
    Le hai prima verificate e poi comprese?
    Scrivi: “Se c’è fiducia non può esserci spazio,prima di questa,per la verifica e comprensione.. non sarebbe più fiducia,ma calcolo logico..”
    Cosa vuol dire?

  6. Domando

    Eckhart:
    “La conoscenza non può essere trasformata in sapienza,quindi rimane ignota.”
    Puoi spiegare per favore?
    Di quale conoscenza stai parlando?
    Conoscenza (tra l’altro) delle forze superiori?

    Dici:” Conoscenza è esserCi in questo unico momento integralmente,ma non è del tempo,non è una mappa percorribile come fosse il Territorio..
    Esiste eccome un esperire del cuore,una forma d’intuito che nasce e che si sente proprio lì e che non è dualistica,ma un tutt’uno con l’esperito.”
    Essendo ignota, sai di cosa stai parlando?
    Per essere una conoscenza ignota, come fai ad avere cosi’ tante vaghe informazioni?

    “Per questo ho concluso che le risposte derivano da questo stato,quindi cambiando “punto di visione” e non altrimenti..”
    L’hai concluso tutto da solo, con l’aiuto di libri, o di una ‘guida’?
    Come sei arrivato a questa conclusione?
    Come fai a cambiare a comando “punto di visione”?

  7. Domando

    Nicola:
    Il parametro per definire una frase “bellissima” e’ basato forse sulla qualita’ di non dire nulla?
    Perche’ esistono tante definizioni e descrizioni di qualcosa di ignoto (non conoscibile) sul quale tutti possono giurare sulla sua veridicita’?
    Come mai questo “ignoto” e’ allo stesso tempo “noto” ed e’ descritto in diverse maniere come se fosse un’altra cosa?
    Esistono “ignoti” diversi?
    Esistono “ignoti” personalizzabili?

    Come hai fatto a capire che tutte queste domande servono per “mettervi alla prova”?
    Perche’ si sa che “domanda (se è un ”˜trick’) chiama altra domanda, in un loop autostringentesi” e non si sa che domanda chiamerebbe risposta?
    Bisogna non rispondere per raggiungere la “radura luminosa”?
    Visto che ne parli e ci sei ovviamente gia’ stato, cos’e’ la “radura luminosa”?

  8. eckhart

    Domando:Come fai a cambiare a comando “punto di visione”?
    ***
    perchè non conosco solo quello che stai utilizzando, e entro il quale non vi sono le adeguate risposte alle tue domande.
    Per questo ti avevo detto che questa conversazione non aveva sbocchi..non si autosolveva da sè..
    Se non ti rispondo più è soltanto per questo..
    ciao :-)

  9. Domando è il maestro del www (why, why, why?). Avrebbe fatto impazzire (di gioia?) il buon Sigmund (un po’ meno Jung, per niente Milton Erickson e Richard Bandler. Quanto a Monsieur G. e Ouspensky, sono sicuro che sarebbero sfuggiti come anguille al suo cappio/loop e ai suoi doppi/tripli legami).

  10. Domando

    Eckhart:
    “non conosco solo quello che stai utilizzando, e entro il quale non vi sono le adeguate risposte alle tue domande.”
    Cos’altro conosci?
    E’ il famoso ‘ignoto’ che, avendo perso la sua natura, per te non ha piu’ segreti?
    E visto che lo conosci, non hai allora accesso alle “adeguate risposte”?
    Non pensi che qualora una domande sia posta ad un certo livello, tale livello ne contienga anche la risposta?
    Non rispondi piu’ perche’ sei addirittura ad un altro livello?

  11. Domando

    Nicola:
    Conosci personalmente cosi’ bene: Sigmund, Jung, Milton Erickson e Richard Bandler, Monsieur G. e Ouspensky…, da poterne descrivere le personali dinamiche psicologiche?
    Era un soggetto di cui se ne parlava tutti insieme al Bar?
    O te ne hanno personalmente rivelato gli intimi segreti fra le righe dei loro scritti?

    Pensi che si sarebbero accorti (loro), che a mettervi (tutti i fedeli intervenuti) alla prova e’ bastato soltanto porgere la prima di tutte le domande?
    Pensi che si sarebbero accorti (loro), che la vanita’ di mostrare di sapere, non vi ha permesso di non rispondere?
    Pensi che si sarebbero accorti (loro), che ogni risposta che avete tentato di fornire ha rafforzato l’idea che non sapete assolutamente di cosa state parlando?
    Pensi che si sarebbero accorti (loro), che tutte le domande che hanno seguito non hanno stimolato altro, se non il prendervi in giro da soli?
    Pensi che si sarebbero accorti (loro), che chi si trova d’accordo con voi qui e’ in ugual misura un fedele nella vostra stessa situazione?
    Pensi che si sarebbero accorti (loro), che tutte le argomentazioni da voi qui riportate sono ‘menzogne’ adoperate per giustificare un atto di fede?

    Pensi che si sarebbero accorti (loro), di tutto cio’?

  12. Per Domando. Touché. Non condivido (se non in alcuni ‘spunti’) le tue ‘conclusioni’ (poste sub specie questionis), ma ti riconosco l’onore delle armi. Il tuo è un loop che, non solo stringe, ma può portare alla ‘liberazione’… Certo che mi sono accorto sin quasi dall’inizio (perché quasi, e non in toto mi domanderesti tu…) che a metterci (tutti i ‘fedeli’ intervenuti: fedeli d’amore? d’amore e d’accordo!) alla prova e’ bastato soltanto porgere la prima di tutte le domande. Ma come avrebbe detto Totò: volevo vedere fin dove saresti arrivato…

  13. Domando

    Nicola:
    Dici: “Non condivido (se non in alcuni ’spunti’) le tue ”˜conclusioni’ (poste sub specie questionis)…”
    A quali ‘conclusioni’ ti riferisci, ed a quali ‘spunti’?
    Quando dici: ” Il tuo è un loop che, non solo stringe, ma può portare alla ”˜liberazione’…” cosa intendi?
    Dici: “…volevo vedere fin dove saresti arrivato…”
    Fin dove sono arrivato?
    Hai anche visto, inoltre, dove tu sei arrivato?
    Visto che ti sei accorto ‘sin quasi dall’inizio’, ovvero solo dopo aver contratto il virus del ‘senno di poi’, perche’ hai comunque continuato a rispondere?
    Non e’ forse per i motivi da me elencati piu’ sopra?
    Piuttosto che ‘fedeli d’amore? d’amore e d’accordo!’, non hai pensato all’ipotesi ‘fedeli di un dogma’?

  14. romano

    Domando , se permetti tu a che punto sei ?
    Solo punto interrogativo ?
    … puntini di sospensione…
    ; mai saputo che farmene se non a strizzare l’occhio;
    Ma un punto esclamativo ! ce l’hai !
    Anche un : andrebbero bene (sono dualisti)
    E il punto fermo anch’io non lo metto mai a fine frase e che è ? che vuoi fermare, la vita ? Controllo controllo questa è la grande illusione( non ti rispondo se non rispondi. Do ut deus((l’ho imparato nel Silenzio degli innocenti,

  15. Domando

    Romano:
    dici: “Ma un punto esclamativo ! ce l’hai !”

    Essendo questa una conversazione imperniata sulla fede, ovvero sul credere in concetti, dogmi o assunti in base alla sola convinzione personale o alla sola autorità di chi ha enunciato tali concetti o assunti, al di là dell’esistenza o meno di prove pro o contro tali idee e affermazioni, com’e’ possibile anche solo pensare di avere un ‘punto esclamativo’ riguardo a tali dogmi, concetti o assunti?

  16. eckhart

    Domando:Essendo questa una conversazione imperniata sulla fede, ovvero sul credere in concetti, dogmi o assunti in base alla sola convinzione personale o alla sola autorità di chi ha enunciato tali concetti o assunti, al di là dell’esistenza o meno di prove pro o contro tali idee e affermazioni
    °°°
    Scusa Domando,ma che genere di prove cerchi?
    Logiche?
    Fenomenologiche?
    Oppure?
    Come vedi,ben 4 punti di domanda,per un unica domanda..:-))

  17. Per Domando.
    Tu dici: “Piuttosto che ”˜fedeli d’amore? d’amore e d’accordo!’, non hai pensato all’ipotesi ”˜fedeli di un dogma’?”
    Non mi sono mai attenuto fedelmente, se non per scelta personale (e con tutte le variazioni da me apportate), a un dogma. Mi sembra invece che tu ti attenga pedissequamente (e senza variazioni, se non di superficie) al dogma dei continui ‘perché’ (d’altronde sei Domando…). In ogni caso, anche Freud insegna che c’è una fase ‘orale’, c’è una fase a…, una fase f…, poi una l… e una g…. Scegli tu a quale ‘fase’ appartieni, ma ricorda che, ogni tanto, occorrerebbe ‘sfasarsi’ (serve per la crescita).

  18. eckhart

    Dice Nicola:Non mi sono mai attenuto fedelmente, se non per scelta personale (e con tutte le variazioni da me apportate), a un dogma.
    **
    Credi sia così facile conoscere il confine tra scelta personale e non?
    Cosa la determinerebbe?
    Anche qui si possono annidare credenze e dogmi..
    Comunque.. si può avere fiducia,senza per questo seguire un dogma.
    è un’apertura di non conoscenza,
    un lasciar crescere una risonanza che è riconoscimento (Autoriconoscersi) e null’altro.
    :-)

  19. romano

    Domando scrive:
    Romano:
    dici: “Ma un punto esclamativo ! ce l’hai !”
    Essendo questa una conversazione imperniata sulla fede, ovvero sul credere in concetti, dogmi o assunti in base alla sola convinzione personale o alla sola autorità di chi ha enunciato tali concetti o assunti, al di là dell’esistenza o meno di prove pro o contro tali idee e affermazioni, com’e’ possibile anche solo pensare di avere un ”˜punto esclamativo’ riguardo a tali dogmi, concetti o assunti ?
    Un punto esclamativo non è un punto fermo.
    Semmai è una scommessa emozionale per quel momento che il tuo sapere ti possa aiutare a ..fare qualcosa. Ora io mi sono un po’ perso in questo scambio di frasi.
    Il mio punto esclamativo è che credo la Vita abbia un senso e che subiamo dei condizionamenti che ci impediscono di vivere questo senso. Allora la seconda parte direi che l’ho verificata,mentre invece l’interpretazione di come è possibile venirne fuori(bruttissima frase di cui potresti benissimo domandarne il senso ) è ancora legata a sistemi interpretativi ( compreso cui la quarta via). In questo percorso di credenza,svelare la credenza,pensare di aver scoperto un comodino per poi riscoprirlo credenza io mi faccio e faccio ad altri le tue stesse domande. Ma non credo diciamo al relativismo assoluto.(Leggiti Philip Dick e il relativismo di Hofff così ci capiamo meglio.
    Tutto é cosi falso e falsato e falsabile che l’unica cosa a cui credo in una comunicazione in internet è il cercare di raccontare esperienze,fatti vissuti.
    Tutto quello che ho scritto precedentemente ( i post precedenti) è basato sulla mia storia personale. Quindi spudoratamente e col cuore in mano chiedo di credere che tra noi qui si VOGLIA comunicare qualcosa. Mancando questa qualsiasi sia la nostra visione incontro sempre la cecità, altra visione dell’altro.
    Siamo partiti da Girard Haven che secondo me (che non l’ho mai conosciuto,ma di cui conosco
    alcuni fatti e alcune interpretazioni in un contesto che sono le moltissime persone che facevano parte di quel mondo) è un mostro, creato da una degenerazione di un tentativo di ricerca finito in una religione dogmatica e feroce. Che il signor Haven dopo 30 anni di FOF si ritrovi a passare le ore a guardare pornografia non è gossip,ma la dimostrazione che esistono le ottave involutive. i signori che trovano eccessive le domande di Domando potrebbero porsi da soli la domanda: Se è vero(possibile )ciò che ci racconta Romano cosa significa ? Può avere una relazione con la mia vita ?