La Quarta Via nel XXI secolo: una testimonianza
Con 1500 membri e 60 centri sparsi in tutto il mondo, la Fellowship of Friends è attualmente la più grande scuola esistente ispirata agli insegnamenti della Quarta Via (introdotti in Occidente da George Gurdjieff e Peter Ouspensky).
In Italia, è stato pubblicato da Ubaldini il libro del suo fondatore Robert Earl Burton, “Il ricordo di sé”, che a tutt’oggi è l’unico testo dedicato interamente a questa tecnica. La sede della Fellowship è Apollo, in California. Qui vive Girard Haven, il “numero due” dell’organizzazione, oltre che un prolifico autore di libri sulla Quarta Via (sei volumi pubblicati in inglese sull’argomento, disponibili in Amazon), che noi abbiamo intervistato per Innernet.
Vedo che la scuola di cui fai parte ha diversi siti, chiamati “Presenza vivente”, “Essere presenti”, “La via verso la presenza”, “La presenza” (www.livingpresence.com, www.beingpresent.org, www.pathwaytopresence.org, www.la-presenza.it). Puoi spiegare, per favore, cosa vuol dire essere presenti, e perché una persona normale dovrebbe cercare di essere presente?
Essere presenti è l’arte di focalizzare la propria attenzione sul momento presente. Vuol dire essere consapevoli di ciò che si sta facendo, perché e dove lo si sta facendo, i suoi possibili effetti sugli altri e i propri vari scopi, e il suo rapporto con le forze superiori.
Quindi, è possibile pensare al passato o al futuro, o immaginare soluzioni a un problema, restando presenti, ma solo se si riesce a mantenere un’intensa consapevolezza di ciò che si sta facendo e del perché. Senza una tale intensa consapevolezza di se stessi nel momento, la nostra vita ci scivola sopra come un sogno, ed è semplicemente meglio essere svegli che addormentati.
Altre tradizioni spirituali, come il buddhismo e il sufismo, parlano dell’importanza di essere presenti. Cosa distingue la Quarta Via da queste altre tradizioni?
Se le comprendiamo nel modo giusto, tutte le tradizioni spirituali parlano dell’importanza della presenza come ponte tra l’umano e il divino. Le differenze stanno nei metodi e le tecniche usati per sviluppare la presenza. La Quarta Via, e in particolare la Fellowship of Friends, impiega metodi particolarmente adatti all’epoca contemporanea.
A tal proposito, molte persone trovano più facile essere presenti durante un’attività fisica che mentre stanno al computer (ovvero, per la maggior parte della loro giornata). Tu avresti qualche consiglio particolare per promuovere la presenza al PC?
La lotta per essere presenti è fondamentalmente la stessa in tutti i luoghi e momenti, e noi dobbiamo provare gratitudine per le varie opportunità di lavoro fornite dalle diverse circostanze (oltre a saperle usare). Nello specifico, l’opportunità costituita dall’uso di un computer consiste nella pratica dell’attenzione divisa, e uno dei modi più efficaci per fare ciò è introdurre sofferenza volontaria.
Questo vuol dire, per esempio, stare leggermente scomodi, seduti un po’ più vicino o lontano del solito dal computer, in una posizione leggermente disagevole, con dei vestiti un po’ troppo pesanti o la cintura appena troppo stretta. L’idea è quella di avere una leggera fonte di irritazione che ci dia qualcosa di cui essere consapevoli oltre al computer, ma non al punto da provocare danni o interferire con il nostro lavoro.
Si possono pure usare le impressioni, come ascoltare musica (anche una musica che non ci piace potrebbe fungere da sottile sofferenza volontaria) o rendere l’ambiente più bello. È possibile utilizzare un programma di pop-up che interrompa periodicamente le nostre identificazioni, riportandoci al presente. Come ha scritto Rodney Collin: “Il lavoro è il lavoro, e da un punto di vista più vasto, tutto dipende da colui che cerca di fare quanto è richiesto. Le scuse, per quanto raffinate, non contano”
Ho sentito dire che l’infarto che hai avuto nel 2000, quando stavi nella tua scuola già da vari decenni, è stato un evento importante per la tua evoluzione. Puoi dire in che modo hai “tratto profitto” (per dirla con Gurdjieff) da questo evento?
Prima dell’infarto, mi svegliavo al mattino, facevo ciò che dovevo fare durante il giorno, quindi andavo a letto. Dopo l’infarto, a parte qualche leggero cambiamento riguardo ciò che dovevo fare, è stato esattamente lo stesso. In altre parole, il mio corpo ha sofferto un infarto, ma io no. Non saprei dire se ho tratto profitto o meno dall’infarto, perché non posso sapere come sarebbe stata la mia vita se esso non fosse avvenuto.
Questo infarto ha ti ha reso semiparalizzato, giusto?
Per l’esattezza, solo la metà destra del mio corpo è rimasta parzialmente paralizzata. Per tornare alla tua domanda precedente, apparentemente gli altri sono rimasti più scioccati dall’infarto di me. Per me, è stato semplicemente un altro evento della mia vita, e poiché gli eventi della mia vita sono il materiale con cui lavoro per la mia evoluzione, l’infarto non ha fatto che fornire qualcos’altro su cui lavorare.
Allo stesso tempo, sono certo che tutto viene predisposto dalle forze superiori e che queste ultime mi forniscono il materiale necessario con cui lavorare. Se non ci fosse stato l’infarto, sarebbe arrivato qualcos’altro. La distinzione tra “buono” e “cattivo” dipende dal mio atteggiamento e dal modo in cui uso gli eventi della mia vita, esattamente come è stato per l’infarto.
Nella scuola di cui fai parte si parla della “trasformazione della sofferenza”. Puoi spiegare di che si tratta?
La sofferenza deriva dal desiderio che le cose siano diversamente da come sono, il che, ovviamente, è impossibile: ciò che è, è. Questo vale anche per i dolori o disagi più istintivi: uno non recrimina per la “sofferenza” causata da un lungo viaggio al caldo, se davvero desidera arrivare dove sta andando e non esistono alternative… In quei casi, nemmeno si va in immaginazione riguardo l’aria condizionata!
Quindi, il primo passo per acquisire la libertà (il che non implica la cessazione) dalla sofferenza è l’accettazione di ciò che è; in altre parole, il primo passo è la presenza. Ma la vera trasformazione è qualcosa di più di una neutra accettazione; si tratta, in realtà, di desiderare che le cose stiano esattamente così come sono.
Ciò richiede, primo, una forza di volontà, nel campo delle emozioni, sufficientemente grande da non permettere altri tipi di emozioni; secondo, una verifica e comprensione delle forze superiori tale da poterci fidare totalmente del fatto che tutto è stato predisposto per il nostro massimo bene. In tal modo, quella che chiamiamo sofferenza può essere trasformata nello stato di amore divino.
Perché, secondo te, una scuola suscita spesso un’opposizione accesa, anche veemente?
Lo scopo di una scuola non è aiutare una persona a diventare migliore (fatto che comunque avviene), ma aiutarla a diventare un essere completamente diverso. La maggior parte delle persone ha paura di cambiare veramente, e di solito le persone si oppongono a ciò che temono.
In Italia, Gurdjieff viene ormai considerato un uomo straordinario, un “risvegliato”. Altrettanto non si può dire di Ouspensky, che anzi è talvolta visto come un giuda che ha tradito il suo Maestro. So che tu hai un’alta considerazione di Ouspensky. Potresti per favore aiutare il pubblico italiano a capire perché, secondo te, anche lui era un risvegliato?
Il punto non è se lui fosse o meno un risvegliato, ma se lui (o i suoi insegnamenti) possono aiutare il mio risveglio. Io ho verificato, attraverso la mia esperienza, che il mio Maestro è una di queste persone, e lui ha detto che anche Ouspensky lo era. Ho pure verificato, sotto la guida del mio Maestro, che l’opera di Ouspensky è stata per me estremamente preziosa. Allora, perché dovrei dubitare di ciò che il mio Maestro ha detto di lui?
La tua scuola usa spesso l’arte e la contemplazione della bellezza. In che modo queste possono essere attività spirituali? Perché esporsi a belle impressioni può aiutare a “creare l’anima”, per citare il titolo di uno dei tuoi libri?
Non ci sono dubbi che lo stato di presenza sia uno stato meraviglioso. Di conseguenza, la contemplazione della bellezza ci consente di vivere un aspetto della presenza tramite esperienze che ci sono normalmente disponibili. Inoltre, nella nostra epoca abbiamo, come mai prima, la capacità di scegliere le impressioni di cui circondarci. Splendide riproduzioni dei maggiori capolavori artistici e di paesaggi naturali possono stare appese ai nostri muri o essere ammirate nei libri o in Rete.
Il nostro cibo e i nostri vestiti non devono più necessariamente essere prodotti nel raggio di pochi chilometri da dove abitiamo, e ogni volta che lo vogliamo possiamo ascoltare esecuzioni dei più grandi musicisti mondiali. Traendo vantaggio da queste opportunità, gli studenti di una scuola del risveglio del ventunesimo secolo possono manipolare le proprie esperienze in modi impossibili per le scuole del passato, e noi stiamo attivamente esplorando tali possibilità.
Un’ultima domanda: ho sentito dire che recentemente la tua scuola ha abbandonato il sistema, come fece Ouspensky negli ultimi mesi di vita. È vero? Se sì, qual è la nuova forma della tua scuola? Ma già che ci siamo: secondo te, Ouspensky ha davvero abbandonato il sistema?
Riguardo “l’abbandono del sistema”, una delle cose che penso è che il sistema – ma, in realtà, qualsiasi insegnamento – è come un ponteggio che si usa per costruire un edificio: una volta completato l’edificio, il ponteggio ha esaurito il suo compito e viene abbandonato. Un’altra analogia può essere quella delle casseforme in cui si versa il cemento e che vengono rimosse dopo che quest’ultimo si è solidificato. Infine, si può pensare alle fondamenta di un palazzo, che vengono nascoste dalla successiva costruzione di quest’ulimo.
In tutti i casi, quello che Ouspensky disse non implica che egli avesse dubbi sul Sistema, ma semplicemente che non ne aveva più bisogno.
In modo simile, per quasi trent’anni, la scuola di cui faccio parte si è concentrata su quegli aspetti del sistema di Ouspensky che il nostro Maestro riteneva i più pratici. Tuttavia, nell’ultimo decennio siamo andati al di là di essi. Il modo più facile per spiegare tale cambiamento è utilizzare l’analogia di Ouspensky del maggiordomo e del padrone di casa.
All’inizio, nella casa regna il caos e il maggiordomo deve far sì che i vari servitori siano al posto giusto e intenti ai loro compiti, in modo che la casa sia pronta all’arrivo del padrone. Il Sistema, almeno la parte che noi abbiamo usato, riguarda lo sviluppo del maggiordomo e l’ordinamento della casa. Ora che quei compiti sono stati sufficientemente eseguiti, la scuola ha rivolto la sua attenzione alle responsabilità del maggiordomo quando il padrone è in casa.
In altre parole, ci si aspetta che tutti conoscano il “sistema”, ovvero il proprio ruolo nell’ambito della corretta manutenzione della casa, per cui adesso bisogna semplicemente concentrarsi sul fare il proprio lavoro.
Abbandonando l’analogia, il punto oggi non è più promuovere il giusto lavoro interiore e attivare la presenza, bensì sostenere e prolungare quest’ultima. Lo studio del sistema può essere abbandonato – o lasciato indietro – per approfondirne invece gli usi pratici.
English version
The Fourth Way in the XXI Century: A Practitioner’s Perspective
With 1500 members and 60 centers all over the world, the Fellowship of Friends is today the biggest school taking inspiration from the Fourth Way teachings (brought to the West by George Gurdjieff and Peter Ouspensky).
Its teacher, Robert Earl Burton, wrote the book “Self Remembering”, that today is still the only book totally devoted to this ancient practice, translated into many languages. We went to the Fellowship home in Apollo, California. There we interviewed Girard Haven, the “number two” in the organization, and a prolific author of Fourth Way books (six books, available on Amazon). What follows is our interview.
I noticed that the school you are a part of is called “Living presence”, “Being Present,” “Pathway to Presence,” and “La Presenza.” (www.livingpresence.com, www.beingpresent.org, www.pathwaytopresence.org, www.la-presenza.it). Can you please explain what being present means, and why a normal person should try to be present?
Being present is the art of focusing one’s attention in and on the present moment. It is being aware of what one is doing, why one is doing it, where one is doing it, its possible effects on others and on one’s various aims, and its relation to higher forces.
Thus, it is possible to think of the past or the future, or to imaginesolutions to a problem while one is being present, but only if one can maintain an intense awareness of the fact that one is doing that and the purpose for it. Without such an intense awareness of oneself in the moment, our lives pass us by as if in a dream, and it is simply better to be awake than asleep.
Other spiritual traditions, such as Buddhism and Sufism, speak of the importance of being present. What distinguishes the Fourth Way from these other traditions?
Rightly understood, all spiritual traditions stress the importance of presence as the gateway between the human and the divine. Where they differ is in the methods and techniques used to develop presence. The Fourth Way, and in particular the Fellowship of Friends, incorporates methods particularly suited to the times in which we live.
With regards to this, many people find easier to be present while they are doing some physical activity, and more difficult while they are at the computer (that is the biggest part of their day). Do you have any special suggestion for promoting presence while we are at the PC?
The struggle to be present is fundamentally the same at all times and in all places, and we must grateful for, and make use of, the various opportunities for work which are provided by different circumstances. The particular opportunity which is provided by using a computer is to practice divided attention, and one of the most effective ways to do this is to introduce voluntary suffering.
This involves making yourself a little uncomfortable, for instance, sitting a little too close to the computer or a little farther away from it, or in a slightly uncomfortable position, or dressing a little too warmly, or having your belt a little too tight. The idea is to create just enough of an irritant to be give oneself something to be aware of in addition to the computer, but not so much as to cause harm or even to interfere with one’s work.
One can also use impressions, such as actually listening to music (music one does not like can introduce a little voluntary suffering as well) or making the environment more beautiful. And a pop-up program can be used to periodically interrupt identification and bring one back to the present. In short, there is no easy answer. As Rodney Collin wrote, “Work is work, and from a larger point of view it is merely a question of who will try to do what is required. The delicacy of the excuse is not taken into account.”
I heard that the stroke that you had in 2000, when you had been in the school for several decades, was an important event in your spiritual evolution. Can you say how you “profited” (as Gurdjieff called it) from this situation?
Before the stroke, I would awake in the morning, do what needed to be done during the day, and then go the bed. After the stroke, except for some changes in the details of what needed to be done, it was exactly the same. In other words, my body suffered a stroke, but I was unaffected. Whether I profited from the stroke or not, I do not know, as I have no idea what my life would be like if the stroke had not happened.
It left half of your body paralyzed, is that right?
Actually, it is the right half of my body and it is only partially paralyzed. To go back to your previous question, other people seemed to be more shocked by the stroke than I was. To me, it was merely another event in my life, and since the events of my life are the material I work with for my evolution, the stroke merely provided something else to work with.
At the same time, I am certain that everything is arranged by higher forces, and they provide the necessary material for me to work with. If it had not been a stroke, it would have been something else. Whether that would have been ‘good’ or ‘bad’ would depend on my attitude toward it and the way in which I used it, just as was the case with the stroke.
In the School you are part they speak of the “transformation of suffering.” Can you explain what this is?
Suffering results from a wish that things could be other than they are, which is, of course, impossible — what is, is. This is true even of most instinctive discomfort or pain: one does not object to the “suffering” of a long, hot drive if one really wants to get where one is going and there is no choice — and one does not have imagination about air conditioning!
Thus, the first level of gaining freedom from (in contrast to cessation of) suffering is acceptance of what is, that is, the first step is presence. But true transformation is more than neutral acceptance; it is actually wishing things to be exactly as they are. This requires, first, enough will with respect to one’s emotions to disallow any other emotions, and second, a sufficient verification and understanding of higher forces to have a complete and unquestioning trust that they have arranged everything for the greatest good. In this way, what we call suffering can be transformed into the state of divine love.
Why do you think that a School often attracts strong, even vehement, opposition?
The aim of a real school is not to help one become a better person (although that does happen); it is to help one to become an altogether different being. Most people are actually afraid of becoming truly different, and what people fear, they usually oppose.
In Italy, Gurdjieff is seen as an extraordinary figure – an “awakened” being. This is not the case for Ouspensky, who is even seen as having abandoned his Teacher. You seem to think highly of Ouspensky, and consider him awakened as well. Can you please speak about Ouspensky to the Italian readers to help them understand why, according to you, he is an awakened (conscious) being?
The real question is not whether someone was awakened himself; it is whether he (or his teachings) can help me to awaken. I have verified through my own experience that my Teacher is such a man, and he, in turn, has said that Ouspensky was such a man. What I have verified is that, under the guidance of my Teacher, Ouspensky’s works have been extremely valuable. Why, then, should I doubt what my Teacher has said about him?
Your school often uses art and the contemplation of beauty. In which way can this be a spiritual activity? Why does exposing oneself to beautiful impressions help in “Creating a Soul,” as you have titled one of your books?
Without question, the state of presence is a beautiful experience. Consequently, appreciation of beauty allows us to experience an aspect of presence through experiences which are normally available to us. Moreover, in our age we have an unprecedented ability to choose the impressions with which we surround ourselves.
Magnificent reproductions of the world’s greatest art and natural beauty can be hung on our walls, or be found in books or on-line. Our food and clothing are no longer limited to what can be produced within a few miles of our homes, and we can hear performances by the world’s best musicians whenever we wish.
By taking advantage of these possibilities, students in a twenty-first century school of awakening can manipulate their experience in ways that we not possible for the schools of the past, and we are actively exploring those possibilities.
It is said that recently your School abandoned the System, as Ouspensky did in his last months of life. Is that true? What is the new form of your School? And by the way, did Ouspensky really abandon the System, according to you?
One way that I think about “abandoning the system” is that the system — or any teaching, for that matter — is like a scaffolding used in the construction of a building; once the building is complete, the scaffolding has served its purpose and is abandoned. Another analogy is provided by the forms which are used for pouring concrete and then removed once the concrete hardens.
And one can also view it in terms of the foundations for a building, which are then hidden by the subsequent construction. In any case, Ouspensky’s statement does not imply that he had any doubts about the System, but only that he no longer needed it.
Similarly, for a little over the first thirty years of its existence the School of which I am a part focused on those aspects of Ouspensky’s System which our teacher found most practical. However, in the last decade, we have moved beyond that. The easiest way to explain the change is in terms of Ouspensky’s analogy of the steward and the master in a large household.
At first, the house is in disarray and the steward must set the servants into their proper places doing their own jobs, so that the house will be ready for the master when he comes. The System, at least the part we used, is about the development of the steward and the ordering of the house.
Now that those tasks have been sufficiently taken care of, the School has turned its attention to the question of the steward’s responsibilities when the master is in residence. In other words, everyone is expected to know the ‘system’ — that is, what their role in the right work of the household is — and now they simply need to concentrate on doing their job.
Dropping the analogy, the focus now is no longer on the question of promoting right work internally and engaging presence, but on the that of supporting and prolonging presence. Study of the System can be abandoned — or left behind — in favor of training in its practical use.
(premetto che la verità assoluta non è capibile ma solo sperimentabile ed impossibile da spiegare, si potrebbe dire che noi siamo un vuoto che contiene tutto, solo per opposti è possibile rappresentare l’uno nella dualità)
Sono divertenti questi scambi, perchè anche tu do e mando, dai importanza a BRIZZI, spendendo del tempo per criticarlo, fai un pochino come i testimoni di geova che non festeggiano il natale, non si rendono conto che così facendo riconoscono il giorno di natale.
certo che andavo a scuola, posso anche dirti che in prima superiore mi hanno bocciato…..( secondo te però avrebbero dovuto bocciarmi anche gli altri anni :-)
Quando giudichi brizzi, sei consapevole che non ti riferisci a quello che lui vuole dire ma solo a quello che tu pensi lui voglia dire?
passa una buona serata…(nel caso anche tu facessi qualche corso o pensi di avere delle cose da insegnare, sarei lieto di ascoltarti)
mi sembra che in tutte le divagazioni fatte da ogni fazione trapeli l’intento di far sopraffare la propria “idea”, la propria “versione”, il proprio Ego. Perché l’esigenza di difendere a spada tratta un argomento? Perché, dall’altra parte, il bisogno di infangarla con giochetti retorici? Datevi una risposta, meditateci su, nel frattempo io continuerò il mio percorso, ringraziando Brizzi, Gurdjeff e compagnia, ma anche chi offre un attrito su cui lavorare.
Anch’io mi chiedo da dove viene l’esigenza, manifestata da molti, di difendere a spada tratta e d’ufficio, pregiudizialmente, tutti i cult leader, che si chiamino Robert Burton, Osho o Salvatore Brizzi.
Mi sorge il dubbio che verrebbe difeso anche il leader di quella setta che concluse la sua parabola con un suicidio collettivo in Guyana…
dice Michele:Anch’io mi chiedo da dove viene l’esigenza, manifestata da molti, di difendere a spada tratta e d’ufficio, pregiudizialmente, tutti i cult leader, che si chiamino Robert Burton, Osho o Salvatore Brizzi.
Mi sorge il dubbio che verrebbe difeso anche il leader di quella setta che concluse la sua parabola con un suicidio collettivo in Guyana.
—
sì,ma vedi Michele, qui il punto è un altro invece,secondo me:
il meccanismo dell’attaccare (e che è anche ciò che tu stai nel momento mostrando) è soltanto il rovescio della medaglia di quello che fa scattare il difendere..
ambedue ,a questo livello,sono parte dello stesso meccanismo mentale ,e che si chiama fanatismo.
La setta del Guyana si difendeva e attaccava tutto il resto,ad esempio.
Esattamente come stai mostrando qui indiscriminatamente verso ogni leader spirituale che sia..
Un sorriso
http://www.youtube.com/watch?v=DJkhTVD8lxw
Fabrizio:
“la verità assoluta non è capibile ma solo sperimentabile ed impossibile da spiegare”
Però se ne può sempre parlare, e come! Le suddette sono parole inutili che albergano l’arroganza di sapere qualcosa come la verità assoluta senza dover spiegare altro… troppo facile. La menzogna si manifesta proprio così: “esiste qualcosa, ma non lo posso spiegare, son sicuro che esiste, te lo dico io che l’ho sperimentato, ma non si può comprendere. L’esperienza, ahhhh…. l’esperienza: che gran cosa! Dicendo di averla sperimentata non é più una bugia… e voilà!
“si potrebbe dire che noi siamo un vuoto che contiene tutto,”
Il vuoto é vuoto, se contenesse tutto non sarebbe vuoto.
“solo per opposti è possibile rappresentare l’uno nella dualità”
… e allora?
Parlare di cose che non si conoscono, ripetere frasi che si son lette o cose che si son sentite dire…È vero, Brizzi é uno dei miei tanti divertenti passatempi.
“Quando giudichi brizzi, sei consapevole che non ti riferisci a quello che lui vuole dire ma solo a quello che tu pensi lui voglia dire?”
Ah, già!… lui é un vero enigma, c’é la vera interpretazione… bisogna saper leggere fra le righe, bisogna capire ciò che vuole dire ignorando a priori le sue parole. Quello che dice non é quello che vuole dire; quando da lui pronunciate le sue parole si spogliano del proprio significato per assumerne un altro, più alto… me meschino, e io che ascolto solo ciò che dice e leggo solo ciò che scrive.
Come ho già detto non ho intenzione di leggere fra le righe del dato per scontato, ma sono consapevole che questo tu non lo possa capire, perché pensi di sapere quello che io voglio dire… capito?
Sei lieto di ascoltarmi anche se non ho nulla da insegnare?
Ale:
la divagazione fatta dalla mia fazione è basata esclusivamente sulle parole ”˜rivelatrici’ usate per spiegare lo sconosciuto. Sebbene parliamo la stessa lingua riconosco che il linguaggio sia un ostacolo quando la fede che le pronuncia ne trasforma magicamente il significato, quando si dice qualcosa, ma se ne intende un’altra per giustificare le proprie bugie e contraddizioni. Nessuno è meglio dell’altro, c’e’ ben poco su cui meditare, ma nel frattempo fai bene a porti al di sopra di queste scempiaggini, fra le mura trasparenti del non-giudizio.
Eckhart:
Senza ricorrere ad analogie estreme (anche se la psicologia è la stessa penso che siamo ancora lontani dalla fondazione di ”˜Brizziville’), secondo te il punto sarebbe quindi che se Mr. Jones desiderasse festeggiare con un suicidio di massa la propria follia, andrebbe lasciato in santa pace perchè altrimenti, cercando di impedirglielo, si mostrerebbe l’altra faccia della stessa medaglia?
Arco:
carino il disegno animato.
Iistruzioni per l’uso:
Step 1 – Quando un’autorità annuncia una virtù, non hai visto tutto quello che ti hanno falsificato e tutto ciò che dici sono concetti prestati, che leggesti in qualche libro, o che hai ascoltato da altri che lo avevano letto in qualche libro, ti fanno credere che questo è vivere la vita e ti fanno perseguire un mondo di illusioni… sogni che hai accettato… davanti l’innegabile verità che blinda l’intelligenza, non la credenza, ciechi quando si tratta di vedere una nuova realtà che può essere vista solo con gli occhi dell ’intelligenza (in sottofondo: ”˜non la credenza’) l’intelligenza che andrà a lottare gli argomenti logori e marciti degli sciocchi e degli ignoranti qui sta la vera battaglia che devi liberare quella che vince l’ignoranza e distrugge il fanatismo.
Step 2 – Usando lo stesso non-giudizio tornare ora allo ”˜Step 1’.
Step 3 ”“ Ripetere ”˜Step 1’ e ”˜Step 2’.
Step 4 ”“ Ripetere ”˜Step 3’… e così via.
Do e mando: se Mr. Jones desiderasse festeggiare con un suicidio di massa la propria follia, andrebbe lasciato in santa pace perchè altrimenti, cercando di impedirglielo, si mostrerebbe l’altra faccia della stessa medaglia?
—
che c’entra..
in questo caso agisco semplicemente ad evitare un atto insano,e non a contrastare o contrabbattere l’idelogia che la sostiene tramite un’altra ideologia opposta..
Caro Eckhart, mi sa che non è propio esatto ciò che dici di me. Io parlo di Robert Burton perchè lo conosco, sono stato a lungo suo seguace, come il mio amico Do e Mando. Degli altri non parlo, se non nella misura in cui riconosco gli stessi meccanismi di dinamica settaria che ho conosciuto nella Fellowship of Friends, e ne parlo senza la presunzione di avere raggiunto la verità.
Purtroppo la dinamica settaria è qualcosa di cui non si può parlare con chi ne è coinvolto. È un tabù. Mi sbaglio?
Michele..la tua testimonianza si fermerebbe al Burton se non sbaglio..
dunque che centrano Brizzi e Osho..
ne hai testimonianza diretta per poterne parlare?
Fare calderoni non serve alla verità…
:-)
“Che cosa c’è di più futile, più futile, che creare resistenza interiore a qualcosa che già esiste?” (Eckart Tolle).
Domanda: Eckart Tolle può essere considerato un group leader?
S.Brizzi senza dubbio è qualcosa che già esiste, e non è mai stato incriminato o sospettato di alcun genere di reato.
Do, e mando: invece di scrivere su un blog, non hai mai pensato di tenere conferenze e scrivere libri anche tu, per ricordare alle masse di non sviluppare il culto del leader? E’ un problema annoso:
“…egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.” (Mc 6,34)
E’ solo ironia, pace, se siete reduci della FoF avete tutta la mia comprensione: ci vorrà un po’ a rimettersi in sesto.
Caro Eckart,
ho testimonianza diretta di che cosa è una setta. Certo che fare calderoni non serve alla verità, ma io non faccio calderoni, e faccio ogni sforzo possibile per tenermi lontano dal pregiudizio.
Cosa succede quando un gruppo di persone si sviluppa attorno a un leader adorandolo? È una dinamica molto particolare, di gruppo, che è fondata sull’imitazione e porta come frutto l’omogeinizzazione del pensiero e delle emozioni. Se si segue la quarta via, dove è fondamentale lo studio di sè, dei respingenti, della meccanicità, non si può ignorare questi fatti. Comprenderli è un passo fondamentale della propria evoluzione.
Io sono stato nella Fellowship of Friends, dove Robert Burton viene adorato come un essere superiore, come un dio (anzi, come dice lui, una dea). Da tanti, chiari indizi, riconosco che lo stesso avviene nelle altre sette. Sicuramente avveniva con Osho, nella chiesa del reverendo Moon, in Scientology, e credo che avvenga anche con Salvatore Brizzi o che comunque egli abbia gettato le basi perchè ciò avvenga. Mi sbaglio? Se mi sbaglio ditemelo, seguaci che vi siete affacciati dopo la provocazione di Do e Mando. Non ho la verità in tasca, sono pronto a ricredermi.
Se un essere umano ha qualcosa da insegnare, e se altri esseri umani trovano in lui qualcosa da apprendere, io non ci trovo nulla di male. Se si proclama essere superiore, questo può anche essere vero (sottinteso: può anche essere falso). Se avvolge la sua figura di mistero, questo è un indizio (non una prova) che vuole vendere il rame per oro. Se usa il suo insegnamento per fare un sacco di soldi, per avere servitù gratuita, per sfruttare sessualmente i seguaci, per ricevere adorazione, questo è un chiaro indizio che la ragione per la quale “insegna” non è pulita (come a mio parere dovrebbe essere: ne convenite?).
Se il leader è subdolo (perchè ci sono dei leader subdoli, ne convenite?) rafforzerà il suo potere usando per i suoi fini il sistema – magari in se stesso buono – che è alla base del gruppo. Ho visto fare questo a Robert Burton con il sistema di Gurdjieff e Ouspensky. I seguaci sono molto motivati e determinati, vogliono mettere in pratica e verificare delle teorie che li hanno affascinati. Come dargli torto? Anch’io sono stato così, e non ne sono affatto pentito. Non c’è nulla di male infatti a sottoporsi a una disciplina, c’è solo da stare attenti che non venga usata subdolamente per manipolare le persone (e questa è una possibilità, ne convenite?).
Nella Fellowship of Friends, gli “esercizi” (altolà, mente formatoria: io non sono contro gli esercizi, non ne disconosco l’utilità!) vengono usati anche con subdoli secondi fini: primo tra tutti quello di isolare il seguace, di limitare sostanzialmente i suoi scambi alla cerchia del gruppo. Viene introdotta la censura verso chi esce, si invita a minimizzare i rapporti con le “persone della vita”, a leggere solo determinati libri invece che altri. I contenuti degli scambi tra seguaci sono sottoposti a un certo livello di controllo, ci sono argomenti che non si possono toccare mentre per altri argomenti è previsto un continuo approfondimento. Si tengono così le briglie del pensiero del gruppo nel suo insieme: e l’individuo all’interno del gruppo si trova ristretto in quei termini senza rendersene conto. Già, perchè è questa la vera magia: quando sei dentro non ti rendi conto di come sei manipolato. Una artefatta struttura di pregiudizi ti rende sordo e cieco. Chi vede questo fenomeno dal di fuori parla di lavaggio del cervello. Chi lo vive dal di dentro, chiude la porta ogni volta che si sente attaccato, sentendo di vivere in un’isola privilegiata circondata da un mondo di macchine addormentate e formatorie.
La dinamica settaria è un argomento di cui non si può parlare con chi ne è coinvolto. Non viene capito, viene scartato con fastidio. È un tabù. Mi sbaglio?
Michele, forse semplicemente generalizzi, o, come dice qualcuno ‘proietti’ su altri la tua esperienza soggettiva.
Per quanto mi riguarda, invece la cosa è un pò diversa.
Sono stato per parecchi anni in una di quelle che, le cosiddette teste libere e pensanti, definiscono setta. Sono stato discepolo di Osho e ho frequentato alcune comunità che si rifanno al suo insegnamento. Ho visitato anche gli Ashram di Poona e dell’ Oregon. Ora, dato che si sente spesso parlare di plagio di aderenti alla setta, vorrei invece ribadire pubblicamente che nessuno in quel ambiente mi ha mai condizionato a fare niente che non volessi fare. La mia adesione al movimento è stata volontaria e per nulla forzata.
Nessuno mi ha mai chiesto soldi. Nessuno mi ha trattenuto quando mi sono allontanato per cercare nuovi percorsi: addirittura non mi hanno nemmeno chiesto le ragioni della mia scelta.
Non mi hanno mai nemmeno cercato, tanto ero “schiavo o succube” del potere della setta. Lo stesso vale per tante altre persone che ho conosciuto, anche se non posso affermare la cosa in assoluto. Aggiungo, per avvalorare la mia testimonianza, che non sono mai stato un giovane sprovveduto e un individuo disinserito da una normale vita sociale e lavorativa. Come mai non mi hanno lavato il cervello, se sono così subdoli? Anzi, quella esperienza mi ha reso mentalmente più efficiente ed emotivamente equilibrato, per non parlare della maturità spirituale avvenuta in quel contesto.
Per cui non rinnego nulla del mio percorso interiore: è stato un splendido cammino propedeutico ad un’ulteriore evoluzione interiore, di cui la mia specifica natura aveva bisogno per crescere.
Da ciò discende una profonda gratitudine per l’esperienze che quel ambiente mi ha permesso di fare. Per non parlare di ciò che spiritualmente mi ha trasmesso il Maestro.
Qui però il discorso diventa particolare e non è il caso di approfondire in questa sede. Lo può capire bene solo chi non ha pregiudizi ed è un autentico ricercatore del Sè.
Mi domando allora perchè i mass media e organizzazioni di tutela delle persone ‘deboli’ non parlano anche di gente come me e non solo con dei disagiati che lamentano manipolazioni, soprusi subiti, vessazioni, ricatti e ipnosi varie?
Per me ciò andrette fatto: così, solo per onestà intellettuale, per obiettività statistica, per una informazione più completa, oggettiva. Ma sembra che questo non interessi. A qualcuno piacciono solo le denunce di situazioni limite, casi assurdi e inqualificabili, e non la normalità della maggioranza delle esperienze. L’importante sembra che sia solo il demonizzare certe realtà spirituali e religiose non ortodosse e non mostrare anche gli aspetti positivi delle storie e i relativi cambiamenti in meglio delle persone.
Questi signori specialisti, professionisti, tutori dei cosiddetti incapaci d’intendere e volere vanno sempre e solo a cercare anomalie, patologie, casi particolari per mettere in evidenza la loro critica ideologica. Ascoltano solo quello che fa comodo loro ascoltare, con il pretesto di salvare le persone dagli abusi della cosiddetta setta e per fare notizia, audience.
Però, per analogia, avendo spesso sentito parlare a sproposito dell’ambiente che frequentavo, come un covo di gente che faceva solo sesso sfrenato e si drogava ed era in balia del demonio, mi viene da prendere con cautela anche un certo tipo di caccia alle streghe, di campagne antisetta che vedo ogni tanto riemergere nei mass media.
Mi viene da pensare che allora questa sia solo disinformazione interessata o informazione strumentale, avendo vissuto da “arancione” queste campagne denigratorie ai tempi in cui stavo in una cosiddetta setta, discepolo di un cosiddetto santone truffaldino.
In conclusione dico però che la mia è, ovviamente, solo una testimonianza che riguarda l’ambiente che si rifà all’insegnamento di Osho, quello che ho conosciuto abbastanza da vicino.
Di altre realtà non posso parlare, non ho competenza. Mi andava però di fare questa doverosa esternazione. Ora sono solo un tranquillo e ‘maturo’ contemplatore, sereno e contento del suo cervello lavato.
Un sorriso e grazie per l’ospitalità.
Praj :-)
Per quanto riguarda la posizione di Do, e mando, credo sia molto utile per filtrare il rischio del fanatismo – sia religioso che ideologico – che può sempre albergare nell’orgoglio e nella vanità dell’essere umano.
Il fastidio che possono procurare le sue argute e acute osservazioni è proporzionale alla misura delle nostre identificazioni.
Michele, confessa: le esperienze che riferisci non le hai fatte nella scuola di Robert Burton, ma in quella di Patrizio Paoletti!
Praj, scusa, non ho ben chiare le implicazioni del tuo intervento:
il non trascurabile numero di persone che riportano dalla frequentazione di un gruppo settario organizzato dei danni psicologici ed economici, sarebbero stati su un livello evolutivo troppo basso in partenza per trasmutare il piombo in oro?
Donna di quadri, volevo solo rimarcare che non è sempre così: per questo ho portato la mia personale testimonianza.
Inoltre, non nego che ci siano, o ci siano state, persone danneggiate dalla frequentazione di ‘sette’ o circoli spirituali.
Vorrei però aggiungere che tra le frequentazioni che possono procurare eventuali danni psicologici ed economici è pieno il mondo. Quindi, tali problematiche non sono ascrivibili solo a gruppi religiosi settari.
Vogliamo parlare anche di grandi organizzazioni che danno a bere favole ideologiche e idiozie dogmatiche a non finire, oltre al fatto che, direttamente o indirettamente, metteno le mani nelle nostre tasche?
Per il resto non so risponderti: anche perchè mi sono liberato da tutti quei concetti che parlano di livelli evolutivi, di alchimie trasformative, ecc… per accettarmi finalmente e totalmente per quel che sono, così come sono, qui e adesso.
Praj, ti ringrazio della tua risposta tranquilla e matura; vorrei soltanto sottolineare che il mondo è pieno di una quantità di cose analoghe, questa considerazione abbastanza ovvia e alla portata di qualsiasi uomo della strada non ci aiuta molto a discernere.
In altre parole, con la tua serenità contemplativa, nella risposta non hai espresso alcun significato.
A proposito di globalizzazioni, quale sarebbe l’equivalente italiano di “Praj”?
Donna di quadri, ‘Praj’ è solo un semplice nickname, come i vostri, che non ha equivalente in italiano, senza pretese…
Per il resto, sono un ordinario uomo della strada, con le sue esperienze… come tutti, ovviamente.
Quella strada da me percorsa non è certamente la Quarta via, forse è una semplice via di mezzo.
Forse non è nemmeno una via: diciamo che è la mia vita.
A ciascuna le sua.
Non capisco poi cosa tu voglia discernere sul tema in questione, oltre quello che ho già esposto.
..ogni Strada che porta a Casa è sempre una “quarta via”.. che comprende le altre tre..
Praj, il mio nick in italiano equivale a una figura del mazzo delle carte francesi, che come ha individuato subito Do, e mando raffigura secondo alcune scuole un tipo psicologico in cui prevale la parte emotiva del centro intellettuale.
In altre parole si può essere una Donna, anche senza essere fisicamente una donna: nel mio caso le due circostanze coincidono.
Il tema in questione, credevo fosse l’atteggiamento verso i vari leader spirituali, reali, se-dicenti o presunti che siano.
Di quello che hai esposto, a me è arrivato che questo non costituisce un problema, perchè il mondo di per sè è pieno di problemi: questo mi sembra un intervento alla Corrado Guzzanti, senza offesa, molto divertente nel suo nonsense.
Mi fa piacere che l’intervento ti abbia divertito, Donna di quadri.
Riguardo al nonsense… è una tua opinione.
Forse altri, invece, vi troveranno un senso. Chi lo sa?
L’atteggiamento di creduloneria, di dipendenza, verso qualsiasi leader – spirituale e non – è un riflesso delle nostre mancanze, insicurezze… immaturità.
Ognuno va a trovarsi consolazioni, stimoli o credenze dove gli è più consono, affine, in quel momento della vita, finchè non ‘matura’ e si libera anche da quelle stampelle psicologiche. Se non lo fa, si vede che lo dovrà ancora portare, comunque. Se non appoggiandosi a un leader, lo farà con un altro che rispecchia il suo bisogno psicologico-spirituale ancora infantile.
Invece, se cresciuto nell’esperienza, riconosciuti gli strumenti usati, adesso non più necessari, va tranquillo sulle sue gambe.
Se è diventato spiritualmente libero, se ha compreso il senso del suo cammino, non sputa certamente nel piatto in cui ha mangiato. Anzi, ringrazia… e saluta con amichevolezza.