La Quarta Via nel XXI secolo: una testimonianza
Con 1500 membri e 60 centri sparsi in tutto il mondo, la Fellowship of Friends è attualmente la più grande scuola esistente ispirata agli insegnamenti della Quarta Via (introdotti in Occidente da George Gurdjieff e Peter Ouspensky).
In Italia, è stato pubblicato da Ubaldini il libro del suo fondatore Robert Earl Burton, “Il ricordo di sé”, che a tutt’oggi è l’unico testo dedicato interamente a questa tecnica. La sede della Fellowship è Apollo, in California. Qui vive Girard Haven, il “numero due” dell’organizzazione, oltre che un prolifico autore di libri sulla Quarta Via (sei volumi pubblicati in inglese sull’argomento, disponibili in Amazon), che noi abbiamo intervistato per Innernet.
Vedo che la scuola di cui fai parte ha diversi siti, chiamati “Presenza vivente”, “Essere presenti”, “La via verso la presenza”, “La presenza” (www.livingpresence.com, www.beingpresent.org, www.pathwaytopresence.org, www.la-presenza.it). Puoi spiegare, per favore, cosa vuol dire essere presenti, e perché una persona normale dovrebbe cercare di essere presente?
Essere presenti è l’arte di focalizzare la propria attenzione sul momento presente. Vuol dire essere consapevoli di ciò che si sta facendo, perché e dove lo si sta facendo, i suoi possibili effetti sugli altri e i propri vari scopi, e il suo rapporto con le forze superiori.
Quindi, è possibile pensare al passato o al futuro, o immaginare soluzioni a un problema, restando presenti, ma solo se si riesce a mantenere un’intensa consapevolezza di ciò che si sta facendo e del perché. Senza una tale intensa consapevolezza di se stessi nel momento, la nostra vita ci scivola sopra come un sogno, ed è semplicemente meglio essere svegli che addormentati.
Altre tradizioni spirituali, come il buddhismo e il sufismo, parlano dell’importanza di essere presenti. Cosa distingue la Quarta Via da queste altre tradizioni?
Se le comprendiamo nel modo giusto, tutte le tradizioni spirituali parlano dell’importanza della presenza come ponte tra l’umano e il divino. Le differenze stanno nei metodi e le tecniche usati per sviluppare la presenza. La Quarta Via, e in particolare la Fellowship of Friends, impiega metodi particolarmente adatti all’epoca contemporanea.
A tal proposito, molte persone trovano più facile essere presenti durante un’attività fisica che mentre stanno al computer (ovvero, per la maggior parte della loro giornata). Tu avresti qualche consiglio particolare per promuovere la presenza al PC?
La lotta per essere presenti è fondamentalmente la stessa in tutti i luoghi e momenti, e noi dobbiamo provare gratitudine per le varie opportunità di lavoro fornite dalle diverse circostanze (oltre a saperle usare). Nello specifico, l’opportunità costituita dall’uso di un computer consiste nella pratica dell’attenzione divisa, e uno dei modi più efficaci per fare ciò è introdurre sofferenza volontaria.
Questo vuol dire, per esempio, stare leggermente scomodi, seduti un po’ più vicino o lontano del solito dal computer, in una posizione leggermente disagevole, con dei vestiti un po’ troppo pesanti o la cintura appena troppo stretta. L’idea è quella di avere una leggera fonte di irritazione che ci dia qualcosa di cui essere consapevoli oltre al computer, ma non al punto da provocare danni o interferire con il nostro lavoro.
Si possono pure usare le impressioni, come ascoltare musica (anche una musica che non ci piace potrebbe fungere da sottile sofferenza volontaria) o rendere l’ambiente più bello. È possibile utilizzare un programma di pop-up che interrompa periodicamente le nostre identificazioni, riportandoci al presente. Come ha scritto Rodney Collin: “Il lavoro è il lavoro, e da un punto di vista più vasto, tutto dipende da colui che cerca di fare quanto è richiesto. Le scuse, per quanto raffinate, non contano”
Ho sentito dire che l’infarto che hai avuto nel 2000, quando stavi nella tua scuola già da vari decenni, è stato un evento importante per la tua evoluzione. Puoi dire in che modo hai “tratto profitto” (per dirla con Gurdjieff) da questo evento?
Prima dell’infarto, mi svegliavo al mattino, facevo ciò che dovevo fare durante il giorno, quindi andavo a letto. Dopo l’infarto, a parte qualche leggero cambiamento riguardo ciò che dovevo fare, è stato esattamente lo stesso. In altre parole, il mio corpo ha sofferto un infarto, ma io no. Non saprei dire se ho tratto profitto o meno dall’infarto, perché non posso sapere come sarebbe stata la mia vita se esso non fosse avvenuto.
Questo infarto ha ti ha reso semiparalizzato, giusto?
Per l’esattezza, solo la metà destra del mio corpo è rimasta parzialmente paralizzata. Per tornare alla tua domanda precedente, apparentemente gli altri sono rimasti più scioccati dall’infarto di me. Per me, è stato semplicemente un altro evento della mia vita, e poiché gli eventi della mia vita sono il materiale con cui lavoro per la mia evoluzione, l’infarto non ha fatto che fornire qualcos’altro su cui lavorare.
Allo stesso tempo, sono certo che tutto viene predisposto dalle forze superiori e che queste ultime mi forniscono il materiale necessario con cui lavorare. Se non ci fosse stato l’infarto, sarebbe arrivato qualcos’altro. La distinzione tra “buono” e “cattivo” dipende dal mio atteggiamento e dal modo in cui uso gli eventi della mia vita, esattamente come è stato per l’infarto.
Nella scuola di cui fai parte si parla della “trasformazione della sofferenza”. Puoi spiegare di che si tratta?
La sofferenza deriva dal desiderio che le cose siano diversamente da come sono, il che, ovviamente, è impossibile: ciò che è, è. Questo vale anche per i dolori o disagi più istintivi: uno non recrimina per la “sofferenza” causata da un lungo viaggio al caldo, se davvero desidera arrivare dove sta andando e non esistono alternative… In quei casi, nemmeno si va in immaginazione riguardo l’aria condizionata!
Quindi, il primo passo per acquisire la libertà (il che non implica la cessazione) dalla sofferenza è l’accettazione di ciò che è; in altre parole, il primo passo è la presenza. Ma la vera trasformazione è qualcosa di più di una neutra accettazione; si tratta, in realtà, di desiderare che le cose stiano esattamente così come sono.
Ciò richiede, primo, una forza di volontà, nel campo delle emozioni, sufficientemente grande da non permettere altri tipi di emozioni; secondo, una verifica e comprensione delle forze superiori tale da poterci fidare totalmente del fatto che tutto è stato predisposto per il nostro massimo bene. In tal modo, quella che chiamiamo sofferenza può essere trasformata nello stato di amore divino.
Perché, secondo te, una scuola suscita spesso un’opposizione accesa, anche veemente?
Lo scopo di una scuola non è aiutare una persona a diventare migliore (fatto che comunque avviene), ma aiutarla a diventare un essere completamente diverso. La maggior parte delle persone ha paura di cambiare veramente, e di solito le persone si oppongono a ciò che temono.
In Italia, Gurdjieff viene ormai considerato un uomo straordinario, un “risvegliato”. Altrettanto non si può dire di Ouspensky, che anzi è talvolta visto come un giuda che ha tradito il suo Maestro. So che tu hai un’alta considerazione di Ouspensky. Potresti per favore aiutare il pubblico italiano a capire perché, secondo te, anche lui era un risvegliato?
Il punto non è se lui fosse o meno un risvegliato, ma se lui (o i suoi insegnamenti) possono aiutare il mio risveglio. Io ho verificato, attraverso la mia esperienza, che il mio Maestro è una di queste persone, e lui ha detto che anche Ouspensky lo era. Ho pure verificato, sotto la guida del mio Maestro, che l’opera di Ouspensky è stata per me estremamente preziosa. Allora, perché dovrei dubitare di ciò che il mio Maestro ha detto di lui?
La tua scuola usa spesso l’arte e la contemplazione della bellezza. In che modo queste possono essere attività spirituali? Perché esporsi a belle impressioni può aiutare a “creare l’anima”, per citare il titolo di uno dei tuoi libri?
Non ci sono dubbi che lo stato di presenza sia uno stato meraviglioso. Di conseguenza, la contemplazione della bellezza ci consente di vivere un aspetto della presenza tramite esperienze che ci sono normalmente disponibili. Inoltre, nella nostra epoca abbiamo, come mai prima, la capacità di scegliere le impressioni di cui circondarci. Splendide riproduzioni dei maggiori capolavori artistici e di paesaggi naturali possono stare appese ai nostri muri o essere ammirate nei libri o in Rete.
Il nostro cibo e i nostri vestiti non devono più necessariamente essere prodotti nel raggio di pochi chilometri da dove abitiamo, e ogni volta che lo vogliamo possiamo ascoltare esecuzioni dei più grandi musicisti mondiali. Traendo vantaggio da queste opportunità, gli studenti di una scuola del risveglio del ventunesimo secolo possono manipolare le proprie esperienze in modi impossibili per le scuole del passato, e noi stiamo attivamente esplorando tali possibilità.
Un’ultima domanda: ho sentito dire che recentemente la tua scuola ha abbandonato il sistema, come fece Ouspensky negli ultimi mesi di vita. È vero? Se sì, qual è la nuova forma della tua scuola? Ma già che ci siamo: secondo te, Ouspensky ha davvero abbandonato il sistema?
Riguardo “l’abbandono del sistema”, una delle cose che penso è che il sistema – ma, in realtà, qualsiasi insegnamento – è come un ponteggio che si usa per costruire un edificio: una volta completato l’edificio, il ponteggio ha esaurito il suo compito e viene abbandonato. Un’altra analogia può essere quella delle casseforme in cui si versa il cemento e che vengono rimosse dopo che quest’ultimo si è solidificato. Infine, si può pensare alle fondamenta di un palazzo, che vengono nascoste dalla successiva costruzione di quest’ulimo.
In tutti i casi, quello che Ouspensky disse non implica che egli avesse dubbi sul Sistema, ma semplicemente che non ne aveva più bisogno.
In modo simile, per quasi trent’anni, la scuola di cui faccio parte si è concentrata su quegli aspetti del sistema di Ouspensky che il nostro Maestro riteneva i più pratici. Tuttavia, nell’ultimo decennio siamo andati al di là di essi. Il modo più facile per spiegare tale cambiamento è utilizzare l’analogia di Ouspensky del maggiordomo e del padrone di casa.
All’inizio, nella casa regna il caos e il maggiordomo deve far sì che i vari servitori siano al posto giusto e intenti ai loro compiti, in modo che la casa sia pronta all’arrivo del padrone. Il Sistema, almeno la parte che noi abbiamo usato, riguarda lo sviluppo del maggiordomo e l’ordinamento della casa. Ora che quei compiti sono stati sufficientemente eseguiti, la scuola ha rivolto la sua attenzione alle responsabilità del maggiordomo quando il padrone è in casa.
In altre parole, ci si aspetta che tutti conoscano il “sistema”, ovvero il proprio ruolo nell’ambito della corretta manutenzione della casa, per cui adesso bisogna semplicemente concentrarsi sul fare il proprio lavoro.
Abbandonando l’analogia, il punto oggi non è più promuovere il giusto lavoro interiore e attivare la presenza, bensì sostenere e prolungare quest’ultima. Lo studio del sistema può essere abbandonato – o lasciato indietro – per approfondirne invece gli usi pratici.
English version
The Fourth Way in the XXI Century: A Practitioner’s Perspective
With 1500 members and 60 centers all over the world, the Fellowship of Friends is today the biggest school taking inspiration from the Fourth Way teachings (brought to the West by George Gurdjieff and Peter Ouspensky).
Its teacher, Robert Earl Burton, wrote the book “Self Remembering”, that today is still the only book totally devoted to this ancient practice, translated into many languages. We went to the Fellowship home in Apollo, California. There we interviewed Girard Haven, the “number two” in the organization, and a prolific author of Fourth Way books (six books, available on Amazon). What follows is our interview.
I noticed that the school you are a part of is called “Living presence”, “Being Present,” “Pathway to Presence,” and “La Presenza.” (www.livingpresence.com, www.beingpresent.org, www.pathwaytopresence.org, www.la-presenza.it). Can you please explain what being present means, and why a normal person should try to be present?
Being present is the art of focusing one’s attention in and on the present moment. It is being aware of what one is doing, why one is doing it, where one is doing it, its possible effects on others and on one’s various aims, and its relation to higher forces.
Thus, it is possible to think of the past or the future, or to imaginesolutions to a problem while one is being present, but only if one can maintain an intense awareness of the fact that one is doing that and the purpose for it. Without such an intense awareness of oneself in the moment, our lives pass us by as if in a dream, and it is simply better to be awake than asleep.
Other spiritual traditions, such as Buddhism and Sufism, speak of the importance of being present. What distinguishes the Fourth Way from these other traditions?
Rightly understood, all spiritual traditions stress the importance of presence as the gateway between the human and the divine. Where they differ is in the methods and techniques used to develop presence. The Fourth Way, and in particular the Fellowship of Friends, incorporates methods particularly suited to the times in which we live.
With regards to this, many people find easier to be present while they are doing some physical activity, and more difficult while they are at the computer (that is the biggest part of their day). Do you have any special suggestion for promoting presence while we are at the PC?
The struggle to be present is fundamentally the same at all times and in all places, and we must grateful for, and make use of, the various opportunities for work which are provided by different circumstances. The particular opportunity which is provided by using a computer is to practice divided attention, and one of the most effective ways to do this is to introduce voluntary suffering.
This involves making yourself a little uncomfortable, for instance, sitting a little too close to the computer or a little farther away from it, or in a slightly uncomfortable position, or dressing a little too warmly, or having your belt a little too tight. The idea is to create just enough of an irritant to be give oneself something to be aware of in addition to the computer, but not so much as to cause harm or even to interfere with one’s work.
One can also use impressions, such as actually listening to music (music one does not like can introduce a little voluntary suffering as well) or making the environment more beautiful. And a pop-up program can be used to periodically interrupt identification and bring one back to the present. In short, there is no easy answer. As Rodney Collin wrote, “Work is work, and from a larger point of view it is merely a question of who will try to do what is required. The delicacy of the excuse is not taken into account.”
I heard that the stroke that you had in 2000, when you had been in the school for several decades, was an important event in your spiritual evolution. Can you say how you “profited” (as Gurdjieff called it) from this situation?
Before the stroke, I would awake in the morning, do what needed to be done during the day, and then go the bed. After the stroke, except for some changes in the details of what needed to be done, it was exactly the same. In other words, my body suffered a stroke, but I was unaffected. Whether I profited from the stroke or not, I do not know, as I have no idea what my life would be like if the stroke had not happened.
It left half of your body paralyzed, is that right?
Actually, it is the right half of my body and it is only partially paralyzed. To go back to your previous question, other people seemed to be more shocked by the stroke than I was. To me, it was merely another event in my life, and since the events of my life are the material I work with for my evolution, the stroke merely provided something else to work with.
At the same time, I am certain that everything is arranged by higher forces, and they provide the necessary material for me to work with. If it had not been a stroke, it would have been something else. Whether that would have been ‘good’ or ‘bad’ would depend on my attitude toward it and the way in which I used it, just as was the case with the stroke.
In the School you are part they speak of the “transformation of suffering.” Can you explain what this is?
Suffering results from a wish that things could be other than they are, which is, of course, impossible — what is, is. This is true even of most instinctive discomfort or pain: one does not object to the “suffering” of a long, hot drive if one really wants to get where one is going and there is no choice — and one does not have imagination about air conditioning!
Thus, the first level of gaining freedom from (in contrast to cessation of) suffering is acceptance of what is, that is, the first step is presence. But true transformation is more than neutral acceptance; it is actually wishing things to be exactly as they are. This requires, first, enough will with respect to one’s emotions to disallow any other emotions, and second, a sufficient verification and understanding of higher forces to have a complete and unquestioning trust that they have arranged everything for the greatest good. In this way, what we call suffering can be transformed into the state of divine love.
Why do you think that a School often attracts strong, even vehement, opposition?
The aim of a real school is not to help one become a better person (although that does happen); it is to help one to become an altogether different being. Most people are actually afraid of becoming truly different, and what people fear, they usually oppose.
In Italy, Gurdjieff is seen as an extraordinary figure – an “awakened” being. This is not the case for Ouspensky, who is even seen as having abandoned his Teacher. You seem to think highly of Ouspensky, and consider him awakened as well. Can you please speak about Ouspensky to the Italian readers to help them understand why, according to you, he is an awakened (conscious) being?
The real question is not whether someone was awakened himself; it is whether he (or his teachings) can help me to awaken. I have verified through my own experience that my Teacher is such a man, and he, in turn, has said that Ouspensky was such a man. What I have verified is that, under the guidance of my Teacher, Ouspensky’s works have been extremely valuable. Why, then, should I doubt what my Teacher has said about him?
Your school often uses art and the contemplation of beauty. In which way can this be a spiritual activity? Why does exposing oneself to beautiful impressions help in “Creating a Soul,” as you have titled one of your books?
Without question, the state of presence is a beautiful experience. Consequently, appreciation of beauty allows us to experience an aspect of presence through experiences which are normally available to us. Moreover, in our age we have an unprecedented ability to choose the impressions with which we surround ourselves.
Magnificent reproductions of the world’s greatest art and natural beauty can be hung on our walls, or be found in books or on-line. Our food and clothing are no longer limited to what can be produced within a few miles of our homes, and we can hear performances by the world’s best musicians whenever we wish.
By taking advantage of these possibilities, students in a twenty-first century school of awakening can manipulate their experience in ways that we not possible for the schools of the past, and we are actively exploring those possibilities.
It is said that recently your School abandoned the System, as Ouspensky did in his last months of life. Is that true? What is the new form of your School? And by the way, did Ouspensky really abandon the System, according to you?
One way that I think about “abandoning the system” is that the system — or any teaching, for that matter — is like a scaffolding used in the construction of a building; once the building is complete, the scaffolding has served its purpose and is abandoned. Another analogy is provided by the forms which are used for pouring concrete and then removed once the concrete hardens.
And one can also view it in terms of the foundations for a building, which are then hidden by the subsequent construction. In any case, Ouspensky’s statement does not imply that he had any doubts about the System, but only that he no longer needed it.
Similarly, for a little over the first thirty years of its existence the School of which I am a part focused on those aspects of Ouspensky’s System which our teacher found most practical. However, in the last decade, we have moved beyond that. The easiest way to explain the change is in terms of Ouspensky’s analogy of the steward and the master in a large household.
At first, the house is in disarray and the steward must set the servants into their proper places doing their own jobs, so that the house will be ready for the master when he comes. The System, at least the part we used, is about the development of the steward and the ordering of the house.
Now that those tasks have been sufficiently taken care of, the School has turned its attention to the question of the steward’s responsibilities when the master is in residence. In other words, everyone is expected to know the ‘system’ — that is, what their role in the right work of the household is — and now they simply need to concentrate on doing their job.
Dropping the analogy, the focus now is no longer on the question of promoting right work internally and engaging presence, but on the that of supporting and prolonging presence. Study of the System can be abandoned — or left behind — in favor of training in its practical use.
PS ..sai..anch’io è da un pò che mi chiedo quanti anni hai ,do e mando..anche se talvolta ho visto menti immature e cerebrali in persone anagraficamente vecchie,dunque so che è una curiosità della mente ..infruttuosa e pregiudicante..
Grazie E., le vostre (menzogne e contraddizioni) sono piu’ che sufficienti.
Riguardo all’eta’, alludevo a quanto dimostri non certo alla tua eta’ anagrafica; il senso dell’umorismo vi si e’ atrofizzato tra puntini e parentesi.
:-) ;))) :D *-} I-] !-))) (:=O ):>( ^-?
P.S. te lo farei sentire io il suono di una sola mano!
Ah,Ah,Ah, (risata seria della non-mente).
..ecco l’aggressività che fuoriesce.. il tipico atteggiamento finale..
la tua risata caro Do mando è totalmente mentale.. totalmente fatta con il “pugno chiuso” e denti stretti..
mentre chi medita ed impara a ri-conoscere l’uso della “non-mente” impara a lasciar andare..
a tenere la mano aperta in sostanza.. e solo da ciò puoi iniziare a vedere qualcosa di te che sia diverso, che si avvicini minimamente a quello che viene chiamata “ricerca interiore”..
fino a trascendere quella mente rigida che confuta e mette in discussione ciò che non conosce affatto..
L’intelligenza, a mio vedere, non sta nell’usare la parola per disfare ciò che viene detto, ma sta nella capacità di sperimentare ciò che si dice..
in questo caso la “non-mente” che deve rimanere priva di tutto.. di immagini e di forme, in contemplazione del Vuoto, dell’immutabile.. ma la paura della mente è quella di perdersi e di non potersi più “ritrovare”.. la mente va in panico, ha paura d’impazzire, ed ha paura della sua “essenzialità” ed allora cerca di annullare con la sua piccola logica e meccanica verbale e nozionistica ciò che la spaventa..
Avvicinarsi alla non mente è da coraggiosi..
Ciò che stai dimostrando ai miei occhi è la tua paura.
Do mandati da dove nasce la paura ed avrai trovato qualcosa di interessante da fare per i prossimi anni..
Buona Vita :)
Do e mando:
Qualche giorno fà ero ad una conferenza di Matthieu ricard,(ricercatore scientifico francese che nel 1972 abbandona la carriera per praticare il buddhismo tibetano).La conferenza trattava della pratica spirituale e delle ultime scoperte delle neuroscienze.
Uno dei tanti che si è “bevuto il cervello”così come gli stessi ricercatori che affermano esserci dei riscontri scientifici alle millenarie pratiche spirituali.
Numerosi “grandi intelletti”,in ogni periodo storico,hanno creduto e si sono dedicati alla pratica “spirituale”.
Credo sia quantomeno ingenuo liquidare tutto come credinate,ma se per qualcuno è così,pazienza.
Che ogniuno possa percorrere la propria strada
un saluto a tutti
Atisha, ma come… eppure era la non-mente che non-rideva in modo non-austero… non-l’hai ri-conosciuta… non-ci-sei-cascata eh? Del resto, come si potrebbe…
Per essere “priva di tutto” e sperimentata, questa non-mente sembra piena di tentativi di ragionamenti, spiegazioni, descrizioni, contraddizioni e giustificazioni. Il fatto stesso che se ne parli, ne rivela le fattezze che dovrebbe non-avere.
Tu noti innocentemente l’aggressivita’ perche’ ti senti attaccata, e ti devi difendere. Devi difendere la tua convinzione: la tua fede non puo’ essere messa in dubbio, chiunque lo faccia non puo’ che essere ‘l’aggressore’. Quello che tu chiami aggressivita’, io la definirei compassione.
Anch’io sono stato per anni un ‘ricercatore’. Come hai detto e fatto tu, al tempo, per intraprendere il viaggio, buttai la paura a mare e lasciai addirittura il confortevole suolo natio. Ma non era la paura che lasciavo dietro di me, ma piuttosto il buon senso. La paura si era mascherata da ingenuita’, fede e scelleratezza, perche’ in fin dei conti era sempre proprio la paura stessa a mostrarmi il cammino: la paura di accettare se stessi ed il mondo semplicemente cosi’ come sono; paura che non ci fosse una scappatoia, una vita alternativa, virtuale, invisibile; paura che se non si conoscesse e sperimentasse l’ignoto, o la non-mente, inevitabilmente sarebbe rimasta solo la morte.
Un epica battaglia di questa portata da soli non la si puo’ vincere, ma di alleati sciagurati a quel modo ce n’e’ pieno il mondo, e tutti chiusi nella loro piccola stanza imbottita.
La psicologia del ‘ricercatore’ lo fa nascondere dietro all’invisibile, al vuoto, all’ignoto immutabile, perche’ si vale del fatto che non si puo’ confutare qualcosa che non c’e’. Giusto? Ma al contrario, e’ futile nascondersi, perche’ il vuoto invisibile che sta’ davanti a noi e’ altrettanto trasparente, e ci si puo’ vedere attraverso, e dietro cosa si vede?
Toh! Il ricercatore, che crede anch’esso di essere diventato leggero ed invisibile, tutt’uno col vuoto.
Devo dire che sono stati anni spesi bene… quantomeno per riconoscere la follia!
Grazie Sandros,
… e’ un vero enigma…
Do e mando: la paura di accettare se stessi ed il mondo semplicemente cosi’ come sono; paura che non ci fosse una scappatoia, una vita alternativa, virtuale, invisibile; paura che se non si conoscesse e sperimentasse l’ignoto, o la non-mente, inevitabilmente sarebbe rimasta solo la morte
°°°
Esatto la morte.
Di cosa pensi si stia parlando del paradiso terrestre (o celeste)?
Mi sembra chiaro che tu sia sfuggito all’idea della morte.
Ma hai ragione ad affermare che non avevi buon senso visto che cercavi una scappatoia alla morte nel qui e ora..
Do e mando.. mostri di essere il classico ricercatore incazzato con la ricerca..
che gli è scivolato di mano il punto.. che non ha mai rilassato la mente, anzi l’ha rafforzata..
in sostanza che non ha mai meditato veramente.. e che specchia la porpria paura nelle paure altrui.. si specchia e combatte la sua stessa immagine..
un ricercatore che non ha mai trovato Fiducia.. perchè la Fiducia fa andare avanti, non fa arretrare.. fa andare oltre anche a Gurdjieff stesso.. a qualsiasi quarta via..
ma ognuno caro Do e mando.. trova ciò che vuole.. ciò che dovrà sperimentare per andare oltre..
ed oltre tutto ciò, oltre l’ignoto temuto c’è quel qualcosa d’intoccabile d’impercettibile per la mente logica.
Mi spiace tu sia finito in mani “sbagliate” anche se siamo noi stessi ad attrarre ciò che sotto sotto cerchiamo.. questo va compreso, è una legge universale (o se vuoi chiamarla psicologica..)
Vedi.. io non mi sono mossa da casa, non ho seguito nessun guru di fama e non sono fuggita alla Paura.. non l’ho mai mascherata.. e l’ho sconfitta..
l’unica “paura” che ho è dell’inconsapevolezza.. ma avendo strumenti in mano posso anche allontanarmi dalle situazioni che una volta mi avrebbero creato conflitto..
ecco cosa serve ConoscerSi.. accettarsi.. pacificare i propri passi.. i propri sensi e saper trasformare le proprie energie.. al di là della Paura..
ma bisogna entrarvi dentro, non affidarsi al solo guru di turno..
bisogna scendere in cantina.. con la torcia accesa e con la mappa..
quella mappa è la conoscenza di ciò che si sta esplorando.. e la torcia è la meditazione..
Stammi bene.. :)
Atisha:
E’ cosi’ vero che la rana ha il pelo.
Con le chiacchere non si impastano frittelle.
Eckhart:
Per voler sapere di tutto, si sa anche dello stupido;
il letame piu’ lo muovi e piu’ puzza.
Beh, ho visitato il sito ed ho anche chiesto se potevo avere notizie piu’ dettagliate riguardo al ”˜responsabile internazionale’ Giovanni M. Quinti, con chi ha studiato etc. , ma i responsabili mi hanno gentilmente e diabolicamente ridiretto alla pagina che riporto qui sotto… forse e’ un segreto che solo a chi e’ nella stanza della ”˜ricerca’ o nella teca della teca puo’ essere svelato.
Premetto che GMQ e’ coinvolto in sensibili questioni sociali e di questo bisogna dargliene atto. Del resto, un mucchio di persone fanno lo stesso, per cui prima di definirlo ”˜extraordinario’ tuffiamoci un po’ nello spirituale.
Riporto qui sotto la presentazione di GMQ: l’iscrizione sopra l’ingresso alla teca. Per i deboli di stomaco, i possessori di un cervello e Atisha, ne’ sconsiglio la lettura.
“Gentile Visitatore, il corpo trema, negli istanti silenziosi, quando ci avvolge la consapevolezza di dover dire addio alle cose. Ci ha mai pensato?”
Perche’? Veramente, no. ma aspetta… intendi la morte? No!
Vuole dare ad intendere che lui ha vissuto quel momento? E’ morto e ritornato per raccontarlo?
“O anche lei, come molti di noi, é spesso fuggito lontano, allontanando più possibile il pensiero con una frase del tipo: “Quando sarà il momento ci penserò”?”
Beh, si. Questo vuol dire anche che siccome ora non e’ il momento, se ci penso e’ tutta immaginazione. E’ non vivere in immaginazione una cosa cosi’ sbagliata da fare?
“Tutti noi, coscientemente o meno, con il coraggio di riconoscerlo o no, costruiamo stratagemmi per sfuggire al vuoto. “
Con “tutti noi” intende dire che conosce proprio tutti noi? E’ il vuoto sempre quel qualcosa che non e’ davanti a noi in questo momento?
“Questo, da quando sono fanciullo, mi è sempre apparso un ridicolo atteggiamento della natura umana. Spinto, sin dai miei 11 anni, a non voler fare altrettanto, mi sono messo alla ricerca.”
Undici anni!!! Un vero ”˜enfant prodige’. Ad undici anni il piccolo Giovanni aveva gia’ capito la natura umana. Questo si che e’ ”˜extraordinario’! Essendo la ”˜ricerca’ una stanza chiusa, senza finestre e tutta imbottita, la domanda e’: il fanciullo Giovanni si mise alla ”˜ricerca’ da solo, o ci fu messo nella ”˜ricerca’?
“Ho cercato nelle religioni, negli esoterismi delle religioni, nei libri, negli occhi di monaci e maestri. “
Sempre a undici anni? Wow! Monaci e maestri sicuramente autoritari, ma sicuramente bassi di statura!
“Ho trovato la mia strada: mi riconosco nel linguaggio di Gurdjieff, nella sua terminologia, nel suo approccio al Sacro Mistero della vita e al suo tentativo di svelarlo. Ma non sono un gurdjieffiano. “
Ah no? Usa lo stesso linguaggio, i suoi termini, il suo approccio, ma non andate a dirgli che non ha trovato la sua strada originale, per carita’, non sta bene.
“Non credo che ogni cosa che lui abbia detto o fatto sia sempre stata illuminata (come ammettono anche le sue dirette discendenti Luba e Margarita Gurdjieff), ma non posso fare a meno di stimarne il carattere e la logica: mi appartengono.”
Come lo giustifichiamo allora? Non importa quello che G. abbia fatto, a GMQ gli appartengono carattere e logica… oh, oh!
“Un sogno: mi piacerebbe davvero che le scuole di Quarta Via si unissero, ognuna col proprio approccio, anche solo una volta l’anno, nel profondo rispetto delle diversità. “
Un nobile, amorevole e delicato sognatore. Sarebbe bello sradicare le scuole della Quarta Via dalle loro stanze imbottite e riunirle, magari in un grande istituto dove di stanze ce ne possono entrare a centinaia… ma aspetta un attimo… ma e’ gia’ cosi’! La Quarta Via e’ gia’ quell’istituto. Il profondo rispetto delle diversita’ non tiene conto che le diversita’ stesse le hanno chiuse nelle loro stanzette non comunicanti e non ne escono pui’.
“Mi piacerebbe che ci si potesse silenziosamente, ma con amicizia, guardare negli occhi e aiutarsi vicendevolmente a rimanere sul retto sentiero, gratuitamente e con spontaneità; senza prevaricazioni, né giudizi o aspettative. “
Silenziosamente, nel senso che si sta’ tutti zitti? Aiutandoci a rimenere ognuno nella propria stanzetta comunicando solo col pensiero? Senza aspettative? Perche’ farlo allora? … ah gia’ era solo un sogno.
“Forse è un sogno irrealizzabile, in fin dei conti in ognuno di noi vi è un faraone assiso su un trono che pensa di essere sempre migliore degli altri.”
Un faraone assiso? In ognuno di noi? Ma come fa a saperlo, e’ un indovino, un veggente, un visionario? …meno male che e’ solo un sogno.
”Grazie per avermi letto sin qui. “
Prego, …che faticaccia pero’.
“E’ con grande onore che ho il piacere di presentarle il Portale Internet dell’Istituto per lo Sviluppo Armonico LA TECA, che sia piacevole la sua permanenza nel nostro spazio web.”
NOOOOOOOOOO….!!!!!!
P.S. Questo e’ quanto, per ora. Essendo l’internet un mostro a 6 bilioni di teste, chissa’ cosa uscira’ fuori
..se fossi il webmaster chiuderei qui…
Atisha, posso farti anch’io qualche osservazione?
Ognuno.. – dici – trova ciò che vuole.. ciò che dovrà sperimentare per andare oltre..
Quel “trova ciò che vuole” mi perplime. Mi fa venire in mente che alcuni trovano grandi praterie di sogni e fantasie in cui avventurarsi felici. E che sono sogni e fantasie non se ne avvedono più, cercando di toccare l’intoccabile e di percepire l’impercettibile, cercando di andare oltre i limiti della mente (logica).
Non sarà il tuo caso, ma io nella Fellowship ho visto un sacco di gente coltivare fantasie a rimorchio dell’esoterico insegnamento… Per me, l’essenza della via è semmai in un sano e umano rendersi conto, capire, comprendere. Con la mente e con il cuore, il nostro normale cuore e la nostra normale mente.
“Siamo noi stessi ad attrarre ciò che sotto sotto cerchiamo, è una legge universale – psicologica”. Se anche in parte è vero, esiste anche la legge dell’accidente. Tantissime cose accadono per caso. Sei d’accordo?
“l’unica ‘paura’ che ho è dell’inconsapevolezza.. ma avendo strumenti in mano posso anche allontanarmi dalle situazioni che una volta mi avrebbero creato conflitto..”
Questa frase mi lascia molto perplesso. Allontanarti dalle situazioni che una volta ti avrebbero creato conflitto… Ma sei proprio sicura sicura sicura di essere nella via?
MICHELE… ..la legge dell’accidente accade solo se si è inconsapevoli.. ed allora ci si “incidenta” si soffre in sostanza sia fisicamente che psicologicamente.. ma se la stessa scena, lo stesso incidente lo vediano da un piano più alto, da una vista superiore possiamo capire che non poteva che così accadere… e si tratta di quello che comunemente chiamiamo “il caso”..
ma il caso in se stesso non esiste.. esiste la nostra scarsa visione delle cose..
L’esempio del meteorite che cade sulla nostra testa può essere considerato un caso.. una sfiga.. ma se ci ponessimo con la vista al di sopra dello stesso vedremmo la sua direzione e dove sta dirigendosi, in che zona.. e non potremo più dire che è un caso, ma una legge di causa/effetto..
Altra cosa… “Ognuno.. ”“ dici ”“ trova ciò che vuole.. ciò che dovrà sperimentare per andare oltre..”..
questo punto può essere fastidioso ma è così.. noi attraiamo tutto ciò che serve alla nostra Anima (coscienza o chiamala come vuoi) per elevarsi, completarsi.. per un lavoro di riconversione…
ma l’ego, la personalità non lo sa, la personalità sa solo piangere, lamentarsi.. giudicare.
Chi è diciamo “sulla Via” invece accoglie ogni problematica con visione opposta.. sapendo che ciò che ha attratto a sé serve per comprendere la natura stessa di quel dato problema.. e ne fa esperienza..
scrivi: “in Fellowship ho visto un sacco di gente coltivare fantasie a rimorchio dell’esoterico insegnamento”..
certo.. questo è sempre il solito aspetto dove in molti cadono.. ma così è da ogni parte, anceh nelal politica, nel sociale ed anche nellos pirituale.. perchè c’è sempre l’ego che ancora comanda e vuole guadagnarsi il Potere..
a noi non dovrebbe interessare affatto di ciò che accade agli altri, ma solo a cosa la tale esperienza ci fa vedere e a che serve a noi stessi..
anche un falso maestro, un falso compagno di viaggio può indicarci la Via.. sta a noi percorrerla questa Via.. con la nostra intelligenza e Volontà verso il risveglio..
“Non ti preoccupare dei difetti del maestro.
Se sei saggio saprai trarre quel che di buono c’è in lui.
Quando devi attraversare un fiume, anche se la barca è dipinta con un brutto colore sei contento che ti porti all’altra riva.”
(Dattatreya)
ciao :)
MICHELE: “Questa frase mi lascia molto perplesso. Allontanarti dalle situazioni che una volta ti avrebbero creato conflitto… Ma sei proprio sicura sicura sicura di essere nella via?”
che significato ha per te essere sulla Via? :)
Michele conosce l’onda del mare, ne conosce il rumore, conosce l’acqua e capisce che è pericoloro buttarsi in mare con le onde alte, anche se è pur sempre acqua..
Un gruppo di amici incitano Michele a buttarsi ed a sfidare il mare..
che fa Michele? si butta?
Non credo.. ora Michele comprende il pericolo e lo evita..
mentre una volta si sarebbe buttato a dimostrazione e orgoglio di saper nuotare bene sfidando la paura ma solo per farsi accettare dal branco…
L’amministratore di questo sito ha detto: “La moderazione non è censura perché non vi è una “linea” da difendere in Innernet quindi il dissenso non esiste come concetto, è anzi benvenuto…”
Non lo ha solo detto, ma lo sta anche dimostrando… lui
Se tu fossi stata la webmaster l’avresti chiuso qui (anzi forse anche prima); ed ecco la psicologia settaria riaffiorare di nuovo allo scoperto. Non puoi accettare il dissenso, non puoi lasciare che si tocchi il ”˜sacro’ in cui credi e non riesci ad uscire da tale psicologia. Hai detto: “io non mi sono mossa da casa.” Beh, chi non fa non pecca. Credere di impegnarsi nell’intraprendere un viaggio spogliandosi di tutte le paure e poi prendere la laurea in consapevolezza per corrispondenza ha i suoi rischi. Se non volevi essere contrariata e mortificata, avresti fatto meglio a rimanere a casa al sicuro, chiusa nella tua stanzetta a crogiolarti nel guardare il tuo diploma appeso al muro, di sicuro non saresti dovuta venire qui al parco pubblico a giocare.
… e non dire che non eri stata avvertita.
Atisha dice:
“la legge dell’accidente accade solo se si è inconsapevoli.. ed allora ci si “incidenta” si soffre in sostanza sia fisicamente che psicologicamente.. ma se la stessa scena, lo stesso incidente lo vediano da un piano più alto, da una vista superiore possiamo capire che non poteva che così accadere… e si tratta di quello che comunemente chiamiamo “il caso”..
Vorrei chiedere come si acquista la ‘vista superiore’ ma non lo faccio.
Se anche con la ‘super vista’ capissimo che “non poteva che cosi’ accadere” cosa lo rende diverso da un accidente? Con la consapevolezza la testa rotta non e’ piu’ una testa rotta? Non si soffre piu’ fisicamente? Il meteorite non e’ piu’ meteorite? In che modo cambierebbe le cose? A cosa serve? Per poter speculare e fantasticare del perche’ un meteorite ti e’ caduto sulla testa? Non pensi che questo tipo di consapevolezza possa essere acquisita solo dopo che il meteorite abbia colpito?
Vuoi anche dire che se siamo consapevoli cambia il caso ed un accidente non e’ piu’ un accidente? Ottenendo la ‘super-vista’ e’ possibile vedere la mano di chi ha scagliato il meteorite e capirne il motivo? E quindi? La consapevolezza ci manda forse il bollettino del dove e quando i meteoriti cadranno? O con la consapevolezza possiamo giocare all’imperatore e far finta di vestire abiti piu’ nuovi e piu’ eleganti?
“Non ti preoccupare dei difetti del maestro.
Se sei saggio saprai trarre quel che di buono c’è in lui.
Quando devi attraversare un fiume, anche se la barca è dipinta con un brutto colore sei contento che ti porti all’altra riva.”
(Dattatreya)
E se il ‘difetto’ della barca fosse quello di avere una falla?
tu credi troppe cose Do mando..
immagini
deduci
pensi..
sorrido.
se fossi il webmaster chiuderei per il semplice fatto che il trehad era indirizzato a Fellowship of Friends …e non alla Teca..
quando si dedicherà un trehad alla Teca sarà altra cosa..
Notte.
Atisha:
“se fossi il webmaster chiuderei per il semplice fatto che il trehad era indirizzato a Fellowship of Friends …e non alla Teca..
quando si dedicherà un trehad alla Teca sarà altra cosa..”
Titolo del thread: “La Quarta Via nel XXI secolo: una testimonianza.”
“La teca”: associazione attiva nel XXI sec. che usa il metodo della Quarta Via.
Il thread, quindi, e’ dedicato anche a “La teca”.
Atisha:
“Chi è diciamo “sulla Via” invece accoglie ogni problematica con visione opposta.. sapendo che ciò che ha attratto a sé serve per comprendere la natura stessa di quel dato problema.. e ne fa esperienza.. ”
Belle parole… ma come al solito due pesi e due misure. Torna sempre a galla la psicologia del pidocchio rifatto, e tuo malgrado hai fornito ancora una volta un ottimo esempio della nobile e superiore ipocrisia del credino/a.
A vivere con la testa nel sacco, e’ capace ogni macaco.