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12
Aug
2024
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Crocevia della Compassione: i Percorsi Intrecciati del Cristianesimo e del Buddhismo a Chiang Mai

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Mentre guidavo il mio scooter verso il centro della Wildflower Home Foundation di Sister Anurak, portando doni per gli orfani e le madri bisognose sotto la sua cura, rimasi colpito dalla sua profonda dedizione alla comunità di Chiang Mai.


Lungo la strada, un cartello per il “Centro di Ricerca e Formazione per le Comunità Religiose-Culturali” ha suscitato la mia curiosità, suggerendo un’altra sfaccettatura del vibrante arazzo culturale/spirituale della regione.

Guidato dalla curiosità, sono entrato e ho incontrato una cappella che ospitava una straordinaria statua di Cristo in una posa di meditazione del loto, una rappresentazione insolita nel cristianesimo tradizionale.

All’arrivo alla Wildflower Home Foundation, ho chiesto a Sister Anurak informazioni sull’intrigante struttura, che mi ha spiegato essere gestita da Padre Niphot, un saggio anziano sacerdote. Desideroso di approfondire, ho richiesto i suoi contatti, esprimendo il desiderio di discutere il suo lavoro. Sister Anarak mi ha assicurato la sua disponibilità a condividere idee.

Il centro di Padre Niphot “Centro di ricerca e formazione per le comunità religioso-culturali”

Sebbene sia stato battezzato come cristiano cattolico, il mio percorso spirituale si è allineato in gran parte con le filosofie orientali e nutro un profondo rispetto per qualsiasi ricerca che persegua la verità e incarni un amore profondo per l’umanità.

La scultura di Cristo nella cappella del centro

Ho presto organizzato un incontro con Padre Niphot, portando con me mio figlio Leo, di 13 anni, sperando che arricchisse la sua comprensione di una vita guidata dal servizio e dalla compassione.

Durante la nostra visita, Padre Niphot ha condiviso il suo percorso verso il sacerdozio, fondendo elementi cristiani e buddhisti con grazia. La sua genealogia era un intreccio di credenze: suo padre, un medico-soldato cattolico durante la Seconda Guerra Mondiale, e sua madre, una buddhista della cultura Lanna del nord della Thailandia. Questa fusione era vividamente simboleggiata nella statua di Cristo nella cappella, creata da un artista filippino per raffigurare il soggiorno meditativo di Cristo nel deserto, simile al ritiro nella foresta di Buddha, fondamentale per la sua metamorfosi spirituale.

Padre Niphot ha spiegato come questa statua risuonasse con i suoi studenti delle tribù del nord della Thailandia, vedendo in essa un potente emblema di unità spirituale.

Influenzato dalla “Pedagogia degli Oppressi” di Paulo Freire e dai dialoghi aperti del concilio Vaticano II, Padre Niphot ha abbracciato il divino esistente nelle culture locali, evitando l’imposizione di un unico punto di vista cristiano.

Il suo lavoro pastorale trascendeva il mero studio o sermone: si trattava di connessioni reali con le persone, specialmente i poveri, incarnando il viaggio sacrificale di Cristo verso l’umanità. Ha paragonato il suo approccio all’aprire gli occhi alla realtà, le orecchie alla comunità, il cuore alla sua sofferenza e le mani all’aiuto pratico. Padre Niphot poneva un’enfasi significativa sul periodo iniziale di impegno con una tribù, sostenendo una fase di ascolto profondo e rispettoso che poteva durare da uno a due anni. Credeva che prima di poter insegnare o predicare in modo significativo, fosse cruciale comprendere appieno la cultura, i valori e le sfide della tribù direttamente dalle loro prospettive. Questa pratica comportava l’immersione sua e del suo team nelle vite quotidiane dei membri della tribù, partecipando ai loro rituali, osservando le loro interazioni e ascoltando le loro storie e saggezze senza giudizi prematuri o imporre credenze esterne.

Questo approccio permetteva a Padre Niphot di costruire fiducia e rapporti con la comunità, assicurando che qualsiasi sforzo spirituale o educativo fosse radicato nelle esperienze e nei bisogni espressi della comunità stessa. Prioritizzando l’ascolto, mirava a promuovere un dialogo genuino che riconoscesse e rispettasse i valori intrinseci e le intuizioni spirituali della tribù, aprendo così la strada a uno scambio di idee più integrativo e rispettoso. Questo metodo non riguardava solo la raccolta di informazioni, ma mostrava rispetto per l’autonomia e la saggezza della tribù, facilitando una collaborazione più efficace e significativa.


Padre Niphot e il suo team hanno dedicato l’intera vita a servire le comunità locali, una missione plasmata dalla guida del vescovo Lucion Lacoste quando ha ordinato Padre Niphot. Il vescovo Lucion Lacoste ha enfatizzato l’importanza di essere veramente responsabili del benessere della gente locale. Durante questo periodo, la conclusione della Guerra del Vietnam ha aumentato i timori tra i governi occidentali di un potenziale “effetto domino comunista”, che avrebbe potuto vedere il comunismo diffondersi in più paesi. Di conseguenza, qualsiasi sforzo per migliorare la giustizia o aiutare lo sviluppo delle comunità impoverite era spesso visto con sospetto, percepito come potenzialmente favorevole alle ideologie comuniste.

Nonostante queste tensioni geopolitiche, Padre Niphot era fermo nel suo impegno ad aiutare i diseredati. Dal 1975, ha iniziato e guidato numerosi progetti volti a fornire assistenza diretta e a promuovere uno sviluppo sostenibile. Durante una grave siccità che ha aggravato la povertà e costretto molti a indebitarsi per sopravvivere, Padre Niphot ha personalmente consegnato riso alle comunità montane colpite. Riconoscendo la necessità di soluzioni a lungo termine, non si è fermato alla sola assistenza immediata. Ha introdotto strumenti e formazione per aiutare queste comunità a sviluppare economie autosufficienti, permettendo loro di migliorare i propri mezzi di sussistenza alle proprie condizioni.

Inoltre, Padre Niphot e il suo team di collaboratori hanno istituito un ospedale da campo con 100 posti letto per prendersi cura dei rifugiati dal Laos durante la Guerra del Vietnam. Questa iniziativa non solo affrontava i bisogni sanitari immediati, ma fungeva anche da rifugio per coloro che erano stati sfollati dal conflitto. Lavorando direttamente sul campo, interagendo strettamente con coloro che erano colpiti sia da crisi naturali che umane, Padre Niphot rifletteva profondamente sull’integrazione dei valori tradizionali nei suoi insegnamenti. Questa esperienza pratica rafforzava la sua convinzione nell’importanza di rispettare e preservare le culture e la saggezza locali, plasmando il suo approccio sia alla leadership spirituale che allo sviluppo comunitario.

L’integrazione del buddhismo e del cristianesimo nelle pratiche delle comunità indigene e marginalizzate, in particolare la tribù Karen del nord della Thailandia, da parte di Padre Niphot, sottolinea una profonda filosofia radicata nella compassione e nella consapevolezza ecologica. Il popolo Karen, che risiede nelle regioni montuose, adotta un approccio centrato sulla comunità per il benessere, particolarmente evidente nella loro cura per i bambini, le vedove e i bisognosi. In ogni villaggio, le risorse come il cibo sono condivise collettivamente; le famiglie donano riso per assicurarsi che nessuno rimanga affamato, favorendo uno spirito di supporto comunitario che si estende anche tra diversi villaggi.

La loro filosofia sottolinea anche una profonda connessione con la natura. Ad esempio, un rituale unico prevede il collegare un neonato a un robusto albero, simboleggiando un legame in cui all’albero si chiede di impartire la sua forza e resilienza al bambino, considerato un fratello minore. Questo atto riflette la visione della tribù della natura come parte integrante della loro comunità e vita familiare.

Un altro aspetto critico è il loro approccio alle risorse, esemplificato dalla tradizionale cultura del riso. Il concetto di “banca del riso” è stato trasformato per rimuovere qualsiasi connotazione di profitto, che si scontra con i loro valori comunitari. Per i Karen, il riso non è solo un alimento di base, ma porta con sé valori multipli: sostentamento per sé stessi, per la propria famiglia e per la comunità più ampia, un mezzo di scambio, una parte delle offerte religiose e ancestrali e un simbolo di speranza per una società migliore.

Inoltre, l’etos Karen favorisce la cooperazione sulla competizione, un contrasto nettamente illustrato attraverso la loro critica ai sistemi monetari. Rappresentano la ricerca del denaro come un ciclo distruttivo: iniziando con il desiderio scatenato dalla vista, crescendo in un desiderio più profondo nel cuore, portando ad azioni fisiche per acquisirlo e culminando nel possesso. Questo ciclo è in netto contrasto con lo spirito cooperativo che ha visto la comunità Karen prosperare, specialmente durante tempi difficili come la pandemia di Covid, grazie alla loro natura collaborativa e alla connessione intrinseca con la loro terra.

I nove valori del riso.

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Il ciclo di vita della cooperazione.
Il ciclo distruttivo della competizione.


Questa filosofia è in netto contrasto con le tendenze prevalenti nell’educazione moderna e nei valori sociali, che trascurano largamente l’interconnessione sacra tra natura, esseri umani e il divino. L’attuale paradigma prioritizza una crescita economica illimitata, spesso a scapito della sostenibilità, spingendo per una produzione continua indipendentemente dalle conseguenze ambientali. In questa visione, la natura è semplicemente una risorsa da sfruttare, priva di qualsiasi significato spirituale.

A mio avviso, le interpretazioni tradizionali all’interno del cristianesimo, come plasmate dalle letture della Bibbia, hanno influenzato questa disconnessione. Il racconto scritturale che pone la creazione degli esseri umani al culmine dell’opera creativa di Dio è spesso stato interpretato come significante che la natura, non avendo alcuna scintilla divina, esiste solo per l’uso umano. Questa prospettiva vede il mondo naturale come fondamentalmente separato dall’umanità, che è creata a immagine di Dio, stabilendo così una gerarchia in cui la natura è subordinata ai bisogni umani.

Tuttavia, questa interpretazione sta evolvendo. Recenti cambiamenti teologici nella comunità cristiana riconoscono la sacralità del mondo naturale, riconoscendo il suo valore intrinseco e le profonde connessioni tra tutte le forme di vita. La Chiesa sta sempre più impegnandosi con e imparando da culture che venerano la sacralità della natura, promuovendo un approccio più inclusivo e consapevole dell’ambiente. Questa visione evolutiva evidenzia un importante passo verso l’integrazione del rispetto per la natura con la vita spirituale e comunitaria, sfidando la dicotomia che ha a lungo separato gli esseri umani dal loro ambiente.

L’impegno di Padre Niphot a rivitalizzare il rispetto per la natura nei suoi insegnamenti lo ha portato a sviluppare il concetto di “Intellettuale Organico”. Questa filosofia addestra i leader comunitari e di villaggio a integrare il loro patrimonio culturale, la loro visione del mondo, la natura e Dio in modo olistico, mirando a reincantare la cultura comunitaria locale con le dimensioni spirituali insite nelle loro tradizioni. Dal 1980, ha formato con successo oltre 200 persone affinché diventassero leader locali che incarnano questi principi.

La visione del mondo dell'”Intellettuale Organico” abbraccia la presenza di ‘Kwan’—uno spirito consapevole—dentro la natura, il suolo, l’acqua e gli esseri umani. Questa prospettiva assicura che anche le pratiche agricole moderne, come la coltivazione di ortaggi con strumenti avanzati, siano impregnate di valori religiosi. Ad esempio, i praticanti esprimono gratitudine al divino per assicurarsi un raccolto di successo, evidenziando l’unione tra spiritualità e agricoltura.

Tra i rituali che esemplificano questa filosofia, le tribù Karen conducono offerte allo spirito dell’acqua potabile, riconoscendo e chiedendo perdono per le restrizioni innaturali imposte all’acqua dalle infrastrutture moderne. Questi rituali sottolineano un profondo rispetto per la tendenza naturale dell’acqua a fluire verso il basso, ora interrotta dall’intervento umano.

Invece delle transazioni monetarie, la comunità valorizza ciò che l’Intellettuale Organico di Padre Niphot definisce come “quattro banche”: la banca del cibo, la banca della salute (concentrata sulla medicina erboristica), la banca dell’ossigeno (alberi) e la banca del bene comune, che beneficiano collettivamente la società, simile a uno stato sociale. Queste banche rappresentano un approccio sostenibile e allineato spiritualmente alla vita comunitaria.

Attraverso questi insegnamenti, Padre Niphot e il suo team sfruttano la saggezza delle tribù del nord della Thailandia per affrontare sfide sociali ed economiche, permettendo agli individui di diventare architetti della propria storia e leader spirituali incaricati di restaurare la sacralità del mondo.

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