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In genere, la meditazione viene considerata un mezzo finalizzato a un obiettivo. Per questo è facile pensare che ci sia una progressione lineare dall’ignoranza all’illuminazione, e che tutto ciò che un meditatore deve fare per raggiungere l’obiettivo è seguire le istruzioni. Tale concezione ha provocato un grande fraintendimento per tutto quello che riguarda lo sviluppo naturale del processo meditativo.

Un processo meditativo naturale, secondo la mia opinione, è composto di tre fasi successive: eliminazione, coltivazione e sviluppo. Esse possono comparire in qualsiasi momento, a qualsiasi grado di intensità. Attraverso lo sviluppo di facoltà meditative, la mente diventa più capace di utilizzare queste attività interiori progressive quando compaiono.

Eliminazione e coltivazione

Per cominciare, lo scopo della meditazione non è “eliminare” direttamente delle qualità negative. Piuttosto, la direzione è verso una “coltivazione” della consapevolezza, grazie alla quale diventa possibile la vera eliminazione di stati mentali negativi e conflittuali.

Quando fai esperienza di un “eccellente” stato mentale (ovvero, di uno stato che ritieni sano e positivo), esso può momentaneamente sospendere quegli stati che non lo sono. Quando poi sorgono stati mentali non creatori di benessere, può avvenire un controbilanciamento di quegli stati con questi “eccellenti” stati benefici. Ciò non si otterrà tramite un atto di volontà, come per esempio avere intenzionalmente pensieri amichevoli verso qualcuno con cui sei arrabbiato; piuttosto, sorgerà a volte nei momenti di rabbia, spingendoti ad avere un comportamento diverso, più gentile. Per esempio, un meditatore può pensare che la sua rabbia sia giusta, ma in seguito, attraverso un’osservazione molto più attenta, può capire che l’espressione di essa provoca un dolore (a lui e agli altri) maggiore che non il suo contenimento in piena consapevolezza.

Coltivando gli stati sani nei momenti in cui essi affiorano spontaneamente in meditazione, quelli non sani perderanno il proprio potere sulla mente, anche se forse sembreranno ancora frequenti e potenti come prima.

Questo è ciò che intendo con “lavoro”. Altri approcci, come lo sforzarsi di abbandonare o ignorare gli stati negativi, possono liberare temporaneamente la mente da tali pensieri e sentimenti, ma non offrono una soluzione reale. Infatti, ciò di cui stiamo parlando non è un cammino di soppressione violenta, ma di apertura e onestà verso il proprio mondo interiore; in questo cammino, grazie alla meditazione, vengono coltivate le qualità mancanti in quel mondo. Tali “eccellenti” qualità possono fungere da antidoto per l’agitazione, i traumi e le ferite dentro di noi.

Attraverso questo processo meditativo non tutte le abitudini sgradite o negative verranno eliminate. È possibile che alcune sembrino addirittura rinforzarsi. E questo accade perché le radici di tutte queste abitudini e tendenze sono molto più potenti e penetranti di quanto inizialmente, e ingenuamente, credevamo. Se pensi di vincere le tre radici nocive (rabbia, desiderio e confusione) subito all’inizio della tua pratica meditativa, ti stai illudendo. Un segno di progresso è sapere quanto si è lontani dall’eliminazione di queste tre radici, e conoscere la loro forza e profondità.

Ricorda che tutti i cambiamenti importanti avvengono attraverso la rinuncia naturale e tempestiva dei punti di vista. Questo vuol dire che non sarà la rabbia a essere eliminata, ma certi modi di vedere le cose, che formano e perpetuano la rabbia. Il pensiero “Ho sempre ragione ad aggredire qualcuno quando sono arrabbiato” dovrà avere meno potere su di te, prima che la rabbia possa anche solo diminuire.

Sviluppo

La meditazione progredisce attraverso fasi. Ogni fase è uno stato più o meno determinato di consapevolezza, in cui la mente agisce in certi modi e non in altri. In ciascuna fase, la tua capacità di seguire certe istruzioni muta. In una fase puoi sperimentare un rapido insorgere e scomparire di pensieri, senza che essi si trattengano né si formino completamente. In un’altra fase, puoi avere la sensazione che, per quanti sforzi tu faccia, non riesci a cancellare un certo stato d’animo. Non puoi lavorare in queste due fasi allo stesso modo.

Ogni fase ha un periodo iniziale in cui è grezza e rudimentale. In tale fase, il meditatore ha di solito la sensazione di essere regredito o di aver perso ciò che aveva ottenuto nella fase precedente. Con lo sviluppo della fase, sorgono nuove esperienze (talvolta accompagnate dall’acquisizione di nuove facoltà o comprensioni), che hanno un impatto sul meditatore. Così, le fasi cominciano come esperienze grossolane che di solito appaiono mascherate, ma col tempo, grazie a un’attenzione corretta, mostrano caratteristiche sottili che invitano a un’esplorazione più penetrante. La progressione da una fase all’altra è talvolta lineare, talvolta casuale.

Possono esserci periodi in cui esci da una fase ed entri in un’altra, per ritrovarti nella fase passata già nella sessione successiva. Possono anche esserci momenti in cui una fase che era già seguita a un’altra fase non torna più, e al suo posto compare una terza fase. Comunque, è meglio non fare previsioni sulle esperienze future, in quanto non esistono certezze assolute sulla progressione da una fase all’altra.

Lo sviluppo della meditazione avviene come se fosse qualcos’altro, alle tue spalle, a farlo accadere. Non esistono motivi apparenti per cui una sessione si deve evolvere in un determinato modo, e i nostri tentativi di interpretare questo processo e attribuirvi delle cause spesso conducono a teorie lontane dall’esperienza concreta. È qui che si sviluppa la fiducia nella direzione presa dal mondo interiore attraverso la meditazione.

Copyright originale: Jason Siff.
www.meditationproject.org
Traduzione di Gagan Daniele Pietrini.
Copyright per la traduzione Italiana: Innernet.

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