Crediamo davvero di poterci risvegliare? Oggi, uno dei più famosi insegnanti buddisti di San Francisco non è un lama tibetano o un maestro zen tradizionale, ma un americano laico e anticonformista chiamato Adyashanti, intervistato da Stephan Bodian. I suoi discorsi pubblici (che egli chiama “satsang”, secondo la tradizione advaita o nonduale dell’India) attirano centinaia di ricercatori, buddisti e non buddisti.
In un satsang cui ho recentemente partecipato, in una chiesa vicino Lake Merrit, al centro di Oakland, Adyashanti sedeva su una grande poltrona a un’estremità della sala, circondato dai seguaci. Dopo un periodo di silenzio e un discorso sul dharma in cui ha parlato della “futilità di cercare ciò che già siamo”, ha invitato il pubblico a porgli degli domande.
Qualcuno ha chiesto di parlare del valore di una pratica regolare di meditazione, e Adyashanti ha risposto: “Ogni volta che non manipoli la tua esperienza, stai meditando. Non appena mediti perché pensi di doverlo fare, stai di nuovo controllando l’esperienza, e privi la tua meditazione di ogni valore”.
Più di una volta egli ha invitato gli studenti a entrare in contatto diretto, nel momento, con la verità manifesta della loro natura intrinseca; per usare le sue parole, con colui che “in ogni momento sta guardando attraverso i tuoi occhi”. L’intensità e l’intimità di questi incontri mi hanno fatto pensare a una sorta di pubblico “dokusan”, il dialogo personale tra maestro e discepolo nello zen tradizionale.
Anche se in questi giorni Adyashanti parla raramente dello zen o del buddismo, egli ha studiato e meditato per più di dodici anni sotto la guida di Arvis Justi, un’insegnante laica della scuola del maestro zen Taizan Maezumi, il fondatore dello Zen Center di Los Angeles. All’età di diciannove anni, Steve Gray (come allora si chiamava Adyashanti) abbandonò la passione giovanile per il ciclismo e il sacco a pelo per mettersi alla ricerca dell’illuminazione. Cominciò a frequentare gli incontri settimanali nella casa di Justi, i ritiri di sette giorni con Jakusho Kwong Roshi (un discepolo di Shunryi Suzuki Roshi) e a passare tre o quattro ore al giorno in una capanna per la meditazione che aveva costruito nel cortile della casa dei genitori. Continue Reading »